Come
scegliere cosa tenere e cosa gettare? Metterò mai più quel lungo abito color
avorio? Rileggerò quel romanzo che mi era piaciuto così tanto? Ha senso
continuare a conservare i ritagli delle recensioni più interessanti a libri che
poi non abbiamo mai comprato? E quelle vecchie fotografie sfocate di gente che
non abbiamo visto mai più, che senso ha tenerle ancora? Sono domande che mi
pongo tutte le volte che faccio ordine negli armadi, nei cassetti e nelle
librerie e più passa il tempo più mi rendo conto che il senso non esiste se non
perché ogni oggetto è la chiave di una diversa porta che ci conduce nel
passato, un passato di cui non siamo più consapevoli, salvo quando prendiamo in
mano quel romanzo leggero e piacevole e ci ricordiamo anche della piacevolezza
di quel pomeriggio in spiaggia stesi a leggere e a guardare il mare. Oppure quando
riguardiamo le fotografie di vecchi colleghi con cui non lavoriamo più da anni
ma, che nel tempo che abbiamo condiviso sono stati importanti. Allora cosa
tengo e cosa butto? La biblioteca accetterà anche questi romanzi remoti? Le fotografie
le conservo ancora, dei libri ho imparato a fare a meno e a regalarli, perché possano
continuare a seminare piacere e curiosità anche in altre menti, soprattutto
quando ho la certezza che non li rileggerò mai più. La cosa stupefacente di
ogni riordino è che, nonostante la quantità di libri e oggetti regalati o
buttati via, secondo la ben nota legge della carta polistirolo, sul ripiano
della libreria non ci sarà comunque nessuno spazio per un libro nuovo. Questo è
uno dei misteri della fisica quantistica dei libri, soprattutto quando siamo
certi di avere finalmente riposto in ordine di pubblicazione tutti i libri di
Paul Auster e, non si sa come, troviamo in mezzo un Philip Roth che, a parte la
condivisione della casa editrice italiana, non centra proprio nulla. Lo stesso
accade quando riordiniamo tutti i libri di e su Katherine Mansfield e Virginia
Woolf. Sono sempre molti, molti di più di quanto non ricordassimo, così
dobbiamo fare e disfare l’ordine dieci volte prima di averli raggruppati
secondo un ordine solo a noi noto e che presto avremo dimenticato e rimettere
le mani su quei ripiani sarà sempre come partire per una caccia nella jungla
nera e selvaggia. Il segreto che tutti gli amanti dei libri conoscono è che i
libri parlano tra loro e si raccontano di notte con voci sussurranti che le
nostre orecchie sensibili di lettori e maniaci riusciamo a sentire. Per questo
impariamo molto più di quanto una semplice lettura potrà mai darci. Perché i
libri sono come i gatti, affamati e riconoscenti, fanno le fusa per attirare la
nostra attenzione e quando cadiamo tra le loro sgrinfie, non possiamo resistere
alla loro malia.
Navigare nel mare
dell’infanzia
Con
ogni libro costruisco
un
mondo o lo distruggo.
Volo
su un magico tappeto
e
solco l’oceano più periglioso
mentre
Nemo si inabissa tra
le
onde dell’infanzia e la foresta
continua
a richiamare non solo
cani
e lupi, ma anche noi
bambini,
quei bambini che
stanno
sdraiati interi pomeriggi
e
quando finiscono un libro,
lo
iniziano da capo.
Che
tenerezza avere ritrovato i libri che leggevo da bambina, sfogliarli e poi
riporli in un ripiano speciale, quello dove stanno i libri che vogliamo
continuino a farci compagnia. Una compagnia imperdibile di cui ci è impossibile
fare a meno. Oggi è lunedì 31 gennaio del terzo anno senza Carnevale e questa
Cronaca 694 ancora una volta ha smesso di spolverare i libri e si è messa a
pancia in giù sul tappeto a rileggere Il
giro del mondo in ottanta giorni, cosa che, a questo punto, penso farò anch’io.
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