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martedì 21 maggio 2024

Adesso, guardando più chiaramente attraverso questo e quell’altro mondo e le sue stagioni, vengo anch’io guardata più chiaramente.

 (Quando l’autunno è passato e le foglie sono cadute dagli alberi e solo gli scuri sempreverdi conservano la loro chioma che è al tempo stesso riparo e ostacolo al passaggio della luce, ci accorgiamo di non essere mai stati soli nella foresta. Emergono le forme delle case, la gente che vive la propria vita quotidiana; c’è una nuova prospettiva delle distanze, la scoperta di orizzonti che non si sarebbero mai potuti scorgere in primavera e in estate, ma solo immaginare durante l’autunno. Guarda quegli alti camini che si alzano da fuochi che non sapevamo fossero mai stati accesi, eppure ardono, alimentati in segreto! Guarda i sentieri appena rivelati! Adesso, guardando più chiaramente attraverso questo e quell’altro mondo e le sue stagioni, vengo anch’io guardata più chiaramente. L’ambiente che mi circonda ha perso il suo travestimento; io stessa ho perso il mio. C’è persino la possibilità di nidi, nuovi o abbandonati, sul mio albero!)

Janet Frame

Un angelo alla mia tavola

traduzione di Lidia Conetti Zazo

Neri Pozza Editore 2010

lunedì 20 maggio 2024

Il coro delle nuvole impazzite

Ho appena saputo che è mancato Renzo Favaron, un vecchio amico e poeta straordinario. Ci siamo frequentati parecchio in tempo remoto, ricordo i suoi racconti sulla Croazia, la mostra di Corot che avevamo visitato insieme a Maddalena Cavalleri a Verona nel dicembre 2009, è stato un amico, tanto che gli ho dedicato due poesie che copio qui per ricordarlo, insieme a quei giorni di sabato straordinari di un'estate di tanti anni fa.


Il coro delle nuvole impazzite

a Renzo Favaron

L’ora del tempo e la dolce stagione

non chiediamo altro al coro delle

nuvole impazzite e cortigiane

di questo vento che nega

la primavera ai fiori prima

ancora che a noi smemorati

e pieni di ogni luce negli

occhi caparbi nell’attesa

intenti nell’intagliare a

questo giorno una figura

memorabile nella teoria

degli anni, miserabili

frammenti delle stelle

che mai saremo, ma potremo

ricordare quel grande

albero in Croazia anche

se mai lo avremo veduto

e solo uno tra noi

lo ha cantato.


dalla raccolta Scrivere il vento

Atì editore 2016



Variazioni su nuvole, luce e ombra

a Renzo F.

Un presagio per il giorno che

verrà è un’invenzione di nuvole

in quel cielo che mai vedremo,

in un luogo privo di memoria,

ai nostri sguardi solo quel cielo

è rimasto della città antica,

il cielo che le mani capricciose

del tempo e della ragione

appendono sulla mia giornata.

Guardo ancora e le nuvole

di Corot si dissolvono con

l’eleganza di un segreto custodito

nel cuore della luce che veloce

si alza a oriente. È un mattino

nuovo, memoria della notte, fiato

lungo nei passi, sempre più

piano avvolti nella brina,

inondati di luce sino alla fine

della stessa strada.


dalla raccolta Figure del silenzio. Atì editore 2010

sabato 11 giugno 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/825. Una lingua millenaria che solo gli alberi conoscono

 


 

I viaggi lenti sono i miei preferiti, i viaggi in treno soprattutto, perché posso guardare il mutare del paesaggio, fantasticare, dormire, leggere e contare le stazioni che mancano all’arrivo. È stato un viaggio lento quello odierno in compagnia di Elisabetta e Roberta e la meta era una regione remota dell’Italia centrale a me sconosciuta, gli Abruzzi che al plurale mi piace di più. Siamo partite all’inizio del pomeriggio e arrivate in tarda serata. Poi abbiamo depositato i bagagli in albergo e raggiunto le amiche e gli amici per bere qualcosa. Il profumo del mare si mescolava con quello della pineta che separa il lungomare dalla strada principale che attraversa il paese. Gli invitati del Nord erano arrivati tutti, c’era un’allegria diffusa e quando i quasi sposi sono arrivati, abbiamo notato subito che lei sprizzava gioia come una ragazzina. Abbiamo tirato tardi ridendo e scherzando e poi siamo tornati in albergo. Dal balconcino della mia camera vedo le colline illuminate, l’aria è sempre profumata e il paesaggio mi ricorda quello calabrese della mia infanzia. Si sta bene sul balconcino, così prendo uno dei quattro libri che mi accompagnano in questo viaggio e leggo una poesia, quella sulla copertina della raccolta Quando non ci sono:

 

Vogliamo imparare in due giorni

una lingua millenaria

che solo gli alberi conoscono:

lasciarsi cullare dall’aria,

mentre le foglie dicono me ne vado

e le radici resto qui.

 

 

Una giornata lunga e bella questo sabato 11 giugno del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa breve Cronaca 825 si accontenta di tutta la bellezza che abbiamo condiviso.

sabato 7 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/790. Nel profumo del limone maturo noi siamo creature d’infanzia e di lontananza


 


 

Di che colore è la lontananza? Azzurra, azzurra mi risponde la poetessa Anne mentre continua a vagare nella via nomade che l’ha rapita per sempre. Esiste dunque un per sempre? Solo nella poesia, solo nella letteratura mi dico. Una cosa accade, un amore inizia e inizia di nuovo e per sempre. Una cosa finisce, finisce un amore e per sempre continuerà a finire, per questo posso continuare a scriverti nell’azzurro delle lontananze. Posso poi fermarmi sul limitare della sera e aspettare che le stelle inizino a brillare per poter intessere anche il mio scialletto che diventerà così un manto regale. E con le stelle mi fermerò a respirare la notte, a lasciare che tutto il tempo scivoli nel tempo, come acqua che ritorna nel pozzo senza che nessuno se ne sia dissetato. Così verremo trascinati verso le sorgenti del giorno e potremo fermarci ad ascoltare il canto del merlo e scambiarlo per quello dell’allodola.

 

Così scrive Anne Perrier nel libro La via nomade:

 

Alzata prima dell’alba

getto al vento queste parole

manciata di semi dedicati

al mondo alato del giorno.

 

 

Per questo sabato di studio e di psicoanalisi ho scelto come compagna la poesia di Anne Perrier e come mi parlano le sue poesie!

 

Così nelle pause leggo e rileggo questi versi brevi e fulminanti e ne offro alcuni anche a voi lettori:

 

Nell’attimo in cui un limone maturo cade

sul palmo del giorno

i miei occhi ritrovano la freschezza

dell’infanzia.

 

 

Sì è proprio così, basta un limone e noi siamo creature d’infanzia e di lontananza. Anche in questo sabato 7 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 790 profuma come un limone bello grosso e succoso.

venerdì 6 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/789. Un giorno di piccole cose e di quiete

 

Cerco immagini dell’amore che mi aiutino a rasserenare l’anima in tumulto a causa della guerra e dell’orizzonte della pace che resta invisibile. Come se stessero giocano a un nuovo videogioco, politici e giornalisti, affastellano dichiarazioni e analisi che stanno costruendo, insieme alla crudele nudità delle immagini dei bombardamenti, delle case sventrate, dei carrarmati in fiamme, il nostro panorama interiore, non solo quello che ci circonda. Un panorama cui non si può sfuggire e al quale di finisce con l’assuefarsi. Forse è proprio vero che gli umani si abituano a vivere e sopravvivere in pressoché tutte le condizioni. Anche noi cittadini del Ventunesimo secolo, che qualche anno fa ci piaceva immaginare come il futuro della globalizzazione felice, facciamo invece parte di un incubo infinito iniziato con la Grande Guerra nel Ventesimo secolo. Ecco è proprio questa la cosa che mi fa impazzire e disperare, che il Ventesimo secolo non solo non è finito ma sta divorando anche il Ventunesimo. Come difendersi dalla sragione della guerra? Come portare gli aggressori a ritirarsi? Esiste un modo pacifico per farlo? Sono queste le domande che mi assillano e non ho risposte, perché insieme allo sgomento è proprio la mancanza di risposte il minimo comune multiplo di questi tempi di guerra e di violenza che spira come un vento su ogni terra. Per trovare immagini che escano da questa narrazione, posso rivolgermi al cielo e cercare il rapido passaggio delle rondini, posso affidarmi ai prati che anche qui nella città mai più silenziosa sono punteggiati di papaveri e fiordalisi. Posso per un’intera giornata stare lontana dalle notizie e dalle immagini di guerra. Posso camminare lenta per la città, guardare i cuccioli e i neonati nei passeggini, i garzoni che fanno le consegne del pane nei ristoranti del quartiere, l’aroma inconfondibile che si diffonde intorno. Dalle parti dell’albero bellissimo incrocio uno scoiattolo grigio, non ne avevo mai visti nella via e all’improvviso mi ritrovo in un bosco incantato come quello che c’era sulle rovine della fabbrica De Angeli-Frua. Mi piaceva molto di più una volta il borgo della Maddalena, mi piacevano le rovine, il bosco spontaneo, i negozietti di quartiere, l’assenza delle auto. Era un tempo di ragione e di speranze il tempo di trent’anni fa. Sono accadute così tante cose, è così cambiato il mondo, è così cambiato il mio sguardo su di esso. Lo scoiattolo ha trovato la noce che qualcuno che lo aveva già visto gli ha portato. Si ferma un attimo a guardarmi e poi rapido si infila tra i rami dell’acero accanto. È una Cronaca di piccole cose questa Cronaca 789, ma la quiete dei minuti trascorsi con lo scoiattolo mi hanno anche portato la quiete che stavo cercando e così mi accontento, oggi venerdì 6 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra.

lunedì 18 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/771. Dondolarsi ancora sul ramo più basso, anche se la notte è già scesa

 



 

È lunedì e di lunedì il mondo tace, la dolcezza del fine settimana è solo un ricordo, bisogna ricominciare a stare nella vita quotidiana, anche se la vita quotidiana è imbrigliata nella pandemia che diminuisce, ma non abbastanza, e nella guerra. Non è facile imparare a stare in questo mondo che non ci assomiglia, che non vorremmo fosse così com’è e che vorremmo diverso. Ma quanto possiamo davvero fare, se non porgere la nostra testimonianza? Oltre ai gesti di solidarietà possibile con la raccolta di denaro, abiti, cibo, medicine e coperte, non sono poi molte le azioni che possono fare la differenza. Possiamo però essere gentili con il nostro prossimo, con le persone a noi più vicine, possiamo donarci il bene quotidiano, sorriderci, accettare la fatica e continuare a sperare. In una fase storica come quella che stiamo vivendo è solo la speranza che può dare linfa al nostro vivere.

 

 

Conversazione con un albero e le sue foglie

 

Mi fermo sotto l’acero,

proprio quello che di

solito ammiro dalla

finestra. È sempre

lo stesso albero e

ogni giorno è diverso.

Le foglie sono più aperte,

il loro verde ancor più

brillante. Chiedo all’albero:

“Chi ti guarderà con questi

occhi amorosi quando io

non ci sarò più?”.

Sento una risposta che

le foglie si passano l’un

l’altra: “Quelli che leggeranno,

ci vedranno ancora tenere e

appena sbocciate come siamo.

Perché la poesia è un traghetto

del tempo presente nel futuro.

In un tempo che è un otto

rovesciato e che ritorna sempre

nel tempo in cui è partito”.

Avranno ragione le foglie?

Resisterà al tempo il mio albero?

Accarezzo il tronco, proprio

dove la corteccia tiene l’impronta

della mia mano e come un gatto,

l’albero risponde e rabbrividisce.

“Tornerò domani – gli dico – tornerò

e sarò nuova anch’io!”.

 

 

Oggi è lunedì 18 aprile del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca si dondola ancora sul ramo più basso, anche se la notte è già scesa.  

domenica 17 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/770. Come una preghiera, una meditazione e una pratica

 

 


 

Oggi è Pasqua, e la Cronaca sarà questa poesia che ho scritto per gli amici e le amiche di Philo. Una poesia che ho iniziato a scrivere domenica scorsa e che mi è passata tra le dita come un rosario, che ho sussurrato prima a me stessa come una preghiera, che ho accarezzato come una meditazione. Che ho scritto in bilico sul mio tavolo come una pratica intrecciata alla filosofia.

 

Trittico degli alberi e della pace

 

Milano 9-16 aprile 2022


Primo movimento

 

Gli alberi hanno un amico:

il vento che soffia gentile e

porta le voci tra i rami e

scompiglia ogni foglia che

nasce e accompagna ogni

foglia che cade. È una danza

la caduta, un movimento

gentile che apre alla trasformazione.

La foglia sarà terra, la pioggia

sarà linfa, la luce sarà colore.

 

Gli alberi hanno un nemico:

il vento che soffia impietoso

e strappa i nidi e i rami,

divelle le radici, scortica

la corteccia e cieco continua

la corsa da lupo inferocito.

Dopo la furia resta il silenzio,

gli alberi coricati sul fianco,

la grande quercia rossa piegata

nel cuore della città vecchia.

Il vento è tempo che reclama

il prezzo della vita.

 

Secondo movimento


Ogni albero è figlio del

caso, ogni albero è figlio

dell’intenzione. Chi ha

piantato il seme, chi

innestato la talea? Non

crescono frutti dove

l’esperienza non è intervenuta

a insegnare il gesto appropriato.

Le generazioni consegnano alle

generazioni la sapienza dei

semi e delle mani, noi impariamo.

 

Ogni albero è padre della

tempesta, ogni albero è

madre della notte. I rami

sono il setaccio del desiderio,

ci insegnano a scrivere nel

cielo, ci insegnano a

disimparare ogni regola

conosciuta. Perché l’alfabeto

dei cieli è nelle nuvole e

va appreso a ogni cambio

di vento e di luce.

 

Terzo movimento


Abbiamo camminato in

una città spoglia e

addormentata, abbiamo

cercato la giusta andatura,

i passi per dire pace, il silenzio

per dare vita alla pace,

una pace occidentale fatta

di intenzioni e pochi gesti.

Così ho imparato che

la via misteriosa che mi

porta nel luogo della condivisione,

nasconde una via parallela, di

affacci e cortili su una campagna

che conosce la pace dei decenni.

Ho guardato gli alberi e ho compreso

che la pace è loro amica, che

nella pace gli alberi sfidano

il cielo e i suoi significati.


Siamo ritornati dalla

quiete della campagna nascosta

dopo avere chiuso un cerchio.

I nostri pensieri erano grappoli

rimasti appesi negli alberi

pacificati della domenica mattina.

Non conoscono questi alberi

il clamore dei razzi e delle

bombe, non conoscono

i tronchi anneriti, le foglie

bruciate, i nidi sconvolti

e il silenzio dove nessun

uccello tornerà a cantare.

La guerra è nemica anche

degli alberi, di ogni ombra

e della sua luce. Ma restano

i pensieri buoni, le intenzioni

e quel salto verso l’infinito

altrove che cerchiamo sempre

insieme, ancora, insieme. 

 

 

Oggi è domenica 17 aprile del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 770 è più silenziosa e più poetica del solito.

domenica 10 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/763. Dove chiamo gli alberi per nome e il silenzio mi risponde

 

Sono tornate le rondini anche qui, nella città mai più silenziosa. A dire il vero già le avevo sentite ieri mattina, ma oggi le ho viste sfrecciare sopra il cortile mentre uscivo molto presto per il nuovo giorno di scuola. Una delle caratteristiche di questa frequentazione è il continuo spiazzamento, così oggi per circa 40 minuti ce ne siamo andati in giro per il quartiere, là dove la città sparisce e gli alberi si affacciano sui prati e sulla ferrovia, i cortili respirano con gli alberi e aspettano, abbiamo fatto questa passeggiata solitaria e silenziosa, ciascuno per proprio conto, a favore della pace. Consapevoli che si tratta di una testimonianza più che di un’azione, ma di una testimonianza che ha un suo senso e una sua forza. Proprio mentre camminavo mi è venuto in mente che possiamo desumere gli anni di pace in cui ha vissuto una terra proprio osservando l’altezza e la maestosità degli alberi. Gli alberi sono creature della pace e del vento. Crescono solo dove la guerra non c’è, così come noi umani cresciamo e respiriamo dove la guerra non c’è. Mentre guardo gli alberi pieni di gemme, foglioline e nidi di uccelli canterini, anche le rondini mi sfrecciano di nuovo sulla testa e scrivono nel cielo la partitura di questa giornata tutta nuova e misteriosa che andremo svelando ora dopo ora.

 

Ci saranno un nuovo inizio, una nuova speranza

 

La pace è linfa, è nutrimento.

Non vedi come cambia l’albero

se cresce in questa assenza

di conflitti? Dove il nome

del conflitto diventa guerra

gli alberi arretrano e si

disperano, tutte le creature

si disperano, ma non tutti

noi umani, perché ci sono

gioie sconosciute negli occhi

di chi ama la violenza e il sangue.

Mi fermo a riposare sotto un albero,

lo chiamo per nome, osservo le

foglioline miti e verdi, tenere, ricordo

le consorelle dell’autunno scorso

che danzavano nell’aria prima

della caduta. Erano rosse e

marroni, gialle. Il verde era

solo il ricordo della stagione

finita. Ma ci sono le foglie nuove

e la guerra finirà. Ci saranno

un nuovo inizio, una

nuova speranza.

 

 

Oggi è domenica 10 aprile del terzo anno senza Carnevale e del prima anno di guerra e questa Cronaca 763 ha fatto il nido insieme alle rondini.

venerdì 1 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/754. Com’è incerto in aprile, l’albero da frutto

 

 


 

Un mese finisce, un mese inizia, siamo in primavera, anche se il tempo ancora non lo sa. Fa freddo, oggi piove, ed è bello vedere come la pioggia faccia risplendere i fiori nuovi che ora abitano nella stessa nostra casa. Tra una pioggia e l’altra sono stata a Sesto San Giovanni a parlare di Anne Sexton, poetessa che amo da sempre, da quando l’ho scoperta nel lontanissimo maggio 1986 grazie al poemetto La doppia radice, scoperto alla Libreria delle donne di Milano e qualche mese dopo alla canzone 45 Mercy Street di Peter Gabriel. Fu un anno bellissimo quello, l’anno della mia prima casa, di un nuovo viaggio in Danimarca e del primo viaggio in Provenza. L’anno in cui vidi per l’ultima volta gli amici di Losanna e per le penultima le amiche, l’anno in cui mi preparai al primo cambio di lavoro importante. Ero giovane, piena di entusiasmo e convinta che nella vita tutto sarebbe arrivato, anche come dicono questi versi di Char:

 

 

Amo l’uomo incerto dei suoi fini.

Come lo è, in aprile, l’albero da frutto.

 

 

I desideri e i progetti erano di gran lunga più numerosi delle certezze e della consapevolezza di sé che ci aiuta a progettare il futuro. Quell’anno, in giugno, lessi per la prima volta anche l’autobiografia di Jung Ricordi, sogni, riflessioni, un libro capitale che mi portò a fare sogni che ricordo ancora oggi e a prendere decisioni che hanno riverberato su tutto quello che sarebbe stato il mio futuro. Sì era proprio l’aprile della mia vita quel periodo, il mese in cui non avevo certezze sui miei frutti. Che già allora, nella mia immaginazione, erano i libri che avrei scritto. Mi piace iniziare questo nuovo mese pensando ai miei sogni giovanili, alla grazia di averli avuti quei sogni e di averli visti, almeno in parte, realizzarsi. Però c’è un segreto che mi sento di condividere. Quell’incertezza dei frutti, quell’allegria della creazione, quel desiderio di scrivere, non sono mai venuti meno in tutti questi anni. per questo continuo a scrivere con ostinazione, e poca disciplina in questo periodo, queste Cronache dagli anni senza Carnevale e questa che è la numero 754, appartiene a venerdì 1, il primo giorno di aprile del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra. 

P.S. Dopo la conferenza sono andata a mangiare una pizza con Mirella della Libreria delle donne, lei è un vero spasso... dovrebbe scrivere racconti, mi ha raccontato delle storie pazzesche...

mercoledì 30 marzo 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/752. Il frutto è cieco. Solo l’albero ha occhi

 


 

Gli occhi degli alberi sono invisibili ai nostri occhi. Sono occhi assai mobili, dimorano sulle punte dei rami e nelle foglie, nella corteccia e nei germogli, nei fiori poi. Ma non nei frutti, perché l’albero sa che il frutto è destinato al raccolto e non dovrà guardare il tragitto tra il ramo e la nostra bocca vorace. Anche il mio acero bellissimo si è riempito di germogli e in queste ultime ore di sole, così dicono le previsioni meteo, mi fermo ad ascoltare lo scorrere quieto della linfa e lascio che il calore finissimo di questo inizio di primavera mi riscaldi il viso e le mani, le uniche parti del corpo che non sono protette da strati e strati stoffa. Senza il supporto della vista mi esercito a sentire il mondo solo con l’ausilio di udito e tatto. Soprattutto l’udito mi aiuta, perché pian piano inizia a separare un rumore dall’altro, come se il suono del mondo fosse una fine tessitura che possiamo disfare e rifare ogni volta che vogliamo.

 

 

 

La primavera sta nel coro delle voci

 

Il primo filo è il canto

di un passero. Il secondo

filo è l’usignolo, non so

quando ho imparato a

distinguerli, ma ora

so che sono due e non

uno soltanto. Riconosco

poi il vento che scuote

prima l’acero e poi

l’enorme ippocastano

che sta sull’angolo della

via, sono diversi i rami,

saranno diverse le foglie

e anche i frutti. Riconosco

il suono della campanella

e poi le voci dei bambini

che sciamano fuori dalla

scuola. Sono allegri come

api questi dirimpettai vivaci

e allegri. La voce di questa

primavera ancora fredda sta

tutta nel coro delle loro voci.

 

 

 

Bisognerà che ogni giorno io mi ricordi di chiudere gli occhi per qualche istante e ogni giorno reimpari ad ascoltare il mondo, a farmi frutto. Questa è la Cronaca 752 di mercoledì 30 marzo del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra. Anche oggi il titolo è un verso di René Char.

domenica 27 marzo 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/749. Nato nella città dei ciliegi selvatici e dei girasoli dai duri semi

 

 


 

La domenica è il giorno del riposo e della quiete, vecchie riviste sfilano sul tavolo, si offrono ai miei occhi e poi si avviano meste, quasi tutte, verso il sacco della carta. Non sono poi molte le riviste che continuo a leggere in cartaceo, una è Internazionale, che leggo dal primo numero, cui sono abbonata e che insisto a leggere sulla carta e che poi regalo ai miei nipoti. È una delle riviste più interessanti i circolazione a mio avviso, anche se l’effetto che mi fa, settimana dopo settimana è quello di aumentare i miei livelli di angoscia cosmica. Il tempo delle riviste passa abbastanza veloce, poi decido di rileggere un libro di poesia e scelgo di nuovo lui, l’adorato e compianto Adam Zagajewski, nato a Leopoli in Ucraina nel 1945 e morto a Cracovia nel 2021. La sua famiglia fu costretta a trasferirsi in Polonia a causa delle politiche di trasferimento forzato decise dalle autorità sovietiche alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Questa poesia è tratta dalla raccolta Dalla vita degli oggetti, a cura di Krystyna Jaworska, Adelphi 2012.

 

 

Presenza

 

Sono nato nella città dei ciliegi selvatici 

e dei girasoli dai duri semi 

(a metà strada fra l’Occidente e l’Oriente, 

come si soleva credere allora; globi 

verderame vigilavano sbadati sulle case).

Solo l’assenza può essere perfetta?

La presenza è infatti contagiata dal peccato 

originale dell’esistere - dall’eccesso, da un selvaggio 

orgoglio orientale, mentre il bello, come un coltellino 

da frutta, si accontenta di un ritaglio di pienezza.

La vita si accumula nelle peschiere 

delle generazioni e non svanisce del tutto 

quando queste scompaiono, 

ma diventa secca e leggera, ricorda 

una preghiera distratta, le labbra screpolate 

di un ragazzo che si confessa per la prima volta 

e sente il legno del confessionale 

scricchiolare sotto le ginocchia.

A sera giunge l’autunno e porta via 

le messi, gialle, mature per la fiamma.

So che le realtà sono almeno quattro, 

e non già una, e si compenetrano 

a vicenda, come i Vangeli.

So di essere solo e al tempo stesso unito 

a te, per sempre, nel dolore e nella gioia. 

So che immortali sono solo i misteri.

 

 

 

Questa poesia racchiude il senso di questa domenica 27 marzo del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 749 sogna la città dei ciliegi selvatici e dei girasoli dai duri semi.

giovedì 24 marzo 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/746. Chiara voce dell’alba, prologo di ogni mattino

 

 


Quando la notte prende il sopravvento e ci tiene tra le sue braccia, ecco che una nuova possibilità si apre. Mentre l’oscurità sfuma nell’argento dell’alba, noi possiamo anche udirne la voce, che è la voce degli uccellini sopravvissuti all’inverno. Ancora i suoni dell’umanità non si manifestano e si può restare ad aspettarli, perché cresceranno con l’avanzare della luce. L’alba è il primo evento di ogni giorno, ogni giorno è la speranza che ogni cosa vada bene, che ogni cosa vada meglio del giorno che l’ha preceduta. È cristallina la voce dell’alba, è alta e chiara e invita il sole a mostrarsi nei suoi drappi rossi e argentati.

Guardo fuori dalla finestra aperta, non importa se fa ancora freddo. Sdraiata sul divano, avvolta in un plaid di lana, guardo il colore degli alberi che trasmuta dal nero della notte che li confondeva con sé, al timido marrone appena scheggiato dalle gemme nuove. Di notte gli alberi sono come parole ancora immerse nell’inchiostro. È solo la luce che riesce a scrivere nel cielo e a rendere la natura partecipe del progetto misterioso di ogni giorno che inizia.

 

 

Prima che la parola sia stata pronunciata

 

Chiedo alla luce questa

prima parola, la chiedo

perché la luce conosce

la differenza tra un silenzio

che precede la parola e

il silenzio che la segue.

Così avviene ogni giorno

questo miracolo: sentire

l’eco di ogni intenzione

prima ancora che la parola

sia stata pronunciata.

 

 

Così è trascorso questo giovedì 24 marzo del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 746 si esercita ancora al silenzio, lei che vorrebbe solo trillare con gli uccellini che hanno cantato tutto il giorno in fondo al giardino.

domenica 20 marzo 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/742. Ci sono nuvole lanceolate, voli, resti di amore

 


Oggi è il primo giorno di primavera, l’equinozio è arrivato. La giornata internazionale della poesia sarà domani, ma la primavera la festeggiamo oggi. La primavera è arrivata, ma il mondo crolla  e non ho altre parole che questa poesia oggi, in questa domenica ancora gelida, dove i fiori non sanno che noi abbiamo freddo, che nevica nei nostri cuori e nelle nostre anime. Mentre la mente cerca di dare una cornice di senso a quanto sta accadendo nel mondo. Così scelgo questa poesia di Juan Cobos Wilkins che ho già pubblicato sul blog alcune volte in passato.

 

 

Biografia impura

 

Un poeta non deve in primavera

passare da solo per i parchi.

 

Sotto i rami si abbracciano le coppie

e l’erba è umida.

 

Non deve attraversare

da solo i parchi in primavera.

 

Ci sono nuvole lanceolate, voli, resti

di amore usato già in terra, e i lillà,

i lillà così dolci, come feriscono.

 

In primavera è pericoloso il mondo.

 

 

Siamo impreparati e indifesi di fronte alla primavera? Sì, lo siamo, siamo vulnerabili, perché siamo pronti all’amore e alla speranza. Andiamo avanti perché abbiamo la speranza che combatte l’orrore. Oggi è domenica 20 marzo del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 742 ancora raccoglie lillà in fondo al giardino. Di seguito la versione originale della poesia.

 

Biografia impura

 

Un poeta no debe en primavera

cruzar solo la tarde de los parques.

 

Bajo las ramas se abrazan las parejas

y la yerba humedece.

 

No debe pasear

en primavera solo por los parques.

 

Hay nubes lanceoladas, vuelos, restos

de amor usado ya en la tierra, y las lilas,

tan suaves las lilas, cómo hieren.

 

En primavera es peligroso el mundo.