In queste giornate gelide di fine gennaio, nel triste rituale delle elezioni del Presidente della Repubblica, (qualcuno glielo dice ai nostri 1.009 grandi elettori che i nomi scritti a casaccio non fanno ridere nessuno?) mi ritrovo a desiderare un tempo meno compatto, qualche sbalzo, qualche sorpresa. Così vado a leggere poesia russa, perché gli eccessi delle Russia mi sono cari quanto la mia amica Rossana che è per me, lei da sola, l’incarnazione della Russia e dei suoi scrittori e poeti. Comincio con la Achmatova che mi rincuora, così copio una sua poesia e distorco i suoi versi per scrivere il titolo della Cronaca.
Quasi in un album
Sentirai il tuono e mi rammenterai,
penserai: desiderava la bufera…
Sarà una striscia di cielo accesa di rosso,
e il cuore come allora in fiamme.
E ciò accadrà nel giorno moscovita
in cui abbandonerò per sempre la città,
muoverò verso il bramato riparo,
lasciando in mezzo a voi ancora la mia ombra.
Sentire Rossana parlare della Achmatova e della Cvetaeva
è un’esperienza bellissima, voi potete leggere sull’Enciclopedia delle donne le
voci che ha scritto su di loro. A proposito di Enciclopedia delle donne, sono
andata a rileggere la voce che ho scritto su Virginia Woolf perché oggi è il
suo compleanno e in rete è tutto un fiorire di citazioni. Ovunque mi giri sento
forte intorno a me il conforto dei libri e della letteratura, la bellezza di
poter vivere sempre in un altro luogo e in un altro tempo. Nel tardo pomeriggio
finisco di scrivere il programma per gli incontri che terrò nella Biblioteca di
Sesto San Giovanni in marzo e aprile dedicati a Sylvia Plath, Piera Oppezzo e
Anne Sexton. Ma scriverò le informazioni complete più avanti. Continuo a
girovagare tra i libri di carta e la rete dove si trovano tante cose belle e leggo
altre poesie a caso della Achmatova, della Cvetaeva e della Berberova ed è sua
la seconda poesia che ho scelto per oggi.
Pietroburgo
Là gettò l’ancora una tranquilla città
e si fece vascello immobile,
tutt’intorno allargò le sue rive
e trasfigurò ogni cosa attorno.
E ora gli alberi maestri concentrano
il loro incantevole ardore
e guardano il buio, e conficcano nel buio
il rabesco che scintilla.
Non si distinguono i deserti confini −
dove sono le strade, dove le rive?
Tra cortili, piazze, gallerie,
un unico brivido, un’unica tormenta.
Anch’io non molto tempo fa vivevo
su quell’enorme vascello,
e attorno al più bello dei suoi alberi
camminavo e aspettavo nella nebbia.
Sapevo meravigliosamente
obliare che vivessimo sul mare,
quando nel corridoio deserto
tu mi venisti incontro.
Ricorda ora come ci faceva barcollare,
come si frangeva contro i bordi la tempesta,
quando ti sembravano pochi
il silenzio e la quiete.
Così, per continuare a frequentare questi mondi
alternativi, stasera finirò di guardare il film Colette di Wash Westmoreland e poi finirò di leggere Istantanee di Alain Robbe-Grillett.
Naturalmente dopo avere finito di scrivere questa Cronaca 688 di martedì 25
gennaio del terzo anno senza Carnevale.
La poesia di Anna Achmatova è tradotta da Michele
Colucci, La corsa del tempo, Einaudi,
1992.
La poesia di Nina Berberova è tradotta da Maurizia
Calusio, Antologia Personale. Poesie
1921-1933, Passigli Poesia, 2004.
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