lunedì 30 giugno 2014

La notte dalle molte stanze

NOTTURNO

Il giorno come un fiore d’oro scolora sul suo letto cremisi;
poiché la notte dalle molte stanze si schiude a serrarne la dolcezza;
da cielo e terra stretti insieme si spande una quiete opprimente,
da una coppa ricolma bevono i nostri cuori l’oscuro splendore.

Poiché il fiato sospeso della bellezza fa rabbrividire le sacre caverne della notte,
venti celesti calano dolcemente luccicando e mani misteriose accarezzano
le nostre pallide fronti con l’estasi rinfrescante della tenue luce stellare
stillante dalle azzurre pareti della notte in veli d’infinito incanto.

Isaac Rosenberg
The collected works
Chatto and Windus
Traduzione di Francesco Dalessandro

domenica 29 giugno 2014

Ovunque io sia io sono ciò che manca

TENERE INSIEME LE COSE

In un campo
io sono l’assenza
del campo.
È
sempre così.

Ovunque io sia
io sono ciò che manca.

Quando cammino
divido l’aria
e sempre
l’aria rifluisce
a riempire gli spazi
in cui era stato il mio corpo.


Abbiamo tutti motivi
per muoverci.
Io mi muovo
per tenere insieme le cose.

Mark Strand
L’uomo che cam­mina un passo avanti al buio
Poe­sie 1964–2006
tra­du­zione di Damiano Abeni
Mon­da­dori 2011

sabato 28 giugno 2014

Essere poeta non è una mia ambizione. È la mia maniera di stare solo

Non ho ambizioni né desideri.

Essere poeta non è una mia ambizione.
È la mia maniera di stare solo.
E se mi càpita di desiderare,
per pura immaginazione, di essere un agnello
(o il gregge intero
per sparpagliarmi su tutto il colle
e sentirmi contemporaneamente più cose felici),
è solo perché sento ciò che scrivo al tramonto
o quando una nuvola passa una mano sulla luce
e scivola un silenzio sull’erba.
Quando mi siedo a scrivere versi
oppure, passeggiando per viottoli e sentieri,
scrivo versi sul foglio che mi porto nel pensiero,
sento di avere in mano un vincastro
e vedo un profilo di me stesso
in cima alla collina,
sorvegliando il mio gregge e guardando le mie idee,
sorvegliando le mie idee e guardando il mio gregge
e sorridendo vagamente come chi non capisce ciò che si dice
e vuole far finta di capire.
Saluto tutti coloro che mi leggeranno,
togliendomi il cappello a larghe falde,
quando mi vedono sulla mia porta
appena la diligenza spunta in cima al colle.
Li saluto e auguro loro sole,
e pioggia, quando la pioggia è necessaria,
e che nelle loro case, presso
una finestra aperta,
ci sia una sedia prediletta
ove possano sedersi leggendo i miei versi.
E che leggendo i miei versi pensino
che io sono una cosa naturale:
quell’albero antico, per esempio,
sotto la cui ombra si sedevano da bambini,
con un tonfo, stanchi di giocare,
e si asciugavano il sudore della fronte accaldata
con la manica del grembiule a righe.
[…]

Fernando Pessoa

venerdì 27 giugno 2014

Scrivere è sapere che dall’altro lato delle parole c’è qualcosa che cerca d’uscire dal silenzio

Nella mia esperienza la spinta a scrivere è sempre legata alla mancanza di qualcosa che si vorrebbe conoscere e possedere, qualcosa che ci sfugge. E siccome conosco bene questo tipo di spinta, mi sembra di poterla riconoscere anche nei grandi scrittori le cui voci sembrano giungerci dalla cima d’una esperienza assoluta. Quello che essi ci trasmettono è il senso dell’approccio all’esperienza, più che il senso dell’esperienza raggiunta; il loro segreto è il saper conservare intatta la forza del desiderio.
In un certo senso, credo che sempre scriviamo di qualcosa che non sappiamo: scriviamo per rendere possibile al mondo non scritto di esprimersi attraverso di noi. Nel momento in cui la mia attenzione si sposta dall’ordine regolare delle righe scritte e segue la mobile complessità che nessuna frase può contenere o esaurire, mi sento vicino a capire che dall’altro lato delle parole c’è qualcosa che cerca d’uscire dal silenzio, di significare attraverso il linguaggio, come battendo colpi su un muro di prigione”.
Italo Calvino 
Mondo scritto e mondo non scritto 
Mondadori 1983

giovedì 26 giugno 2014

Questo non è un romanzo: è uno scintillante libro

Questo scintillante libro, che sta in audace equilibrio tra il saggio e la commedia, grazie a Dio non è un romanzo: non lo è più nel senso in cui Goethe disse che tutto ciò che nel suo genere è compiuto deve necessariamente uscire dal suo genere e diventare qualcosa di non paragonabile.

Thomas Mann 
a proposito di L'uomo senza qualità di Robert Musil

mercoledì 25 giugno 2014

Scrivere è cercare l'istante in cui le parole appaiono, luminose e distinte

Una notte, una delle tante notti in cui giacque nel letto sputando sangue,
febbricitante e senza fiato, Robert Louis Stevensonaveva allora 38 anni, sognò una terrificante tonalità di marrone. Fin dalla sua prima infanzia, Stevenson aveva definito i suoi frequenti terrori notturni come «le visite dell’Arpia della Notte», che solo la voce della sua bambinaia poteva calmare con fiabe e canti scozzesi. Le apparizioni dell’Arpia della Notte, tuttavia, continuarono a ripetersi, e Stevenson scoprì che poteva trarle a suo vantaggio esorcizzandole con le parole. L’orrendo colore marrone del suo incubo si trasformò dunque in un racconto. E fu così, ci dice, che nacque la storia del Dr. Jekyll e del signor Hyde.
(...)
Dante, riconoscendosi colpevole del peccato di superbia, implora prima le muse e poi Apollo di ispirarlo, ma sebbene ponga queste invocazioni all’inizio del Purgatorio e del Paradiso, il lettore sente che si tratta di riflessioni successive, che i primi barlumi di quel viaggio prodigioso vengono da qualcosa
di meno elevato e di molto più banale, forse dal primo giorno in cui si rese conto che non avrebbe mai più rivisto la sua amata Firenze, forse dal primo momento in cui mandò papa Bonifacio all'inferno. Gli scrittori si stupiscono quanto i loro lettori dell’esistenza di creazioni letterarie di successo.
La storia del cavaliere errante in cerca di giustizia venne in mente a
Cervantes, come egli racconta, mentre l’autore languiva ingiustamente
in prigione; il racconto delle tragiche conseguenze, per Madame Bovary, del sogno di una vita diversa fu ispirato a Flaubertsi dice, dalla lettura di un articolo di giornale. Bradbury spiega che i primi indizi dello spaventoso mondo di Fahrenheit 451 si affacciarono nella sua mente nei primi anni Cinquanta, dopo aver visto una coppia camminare mano nella mano su un marciapiede di Los Angeles, ciascuno intento ad ascoltare la sua radiolina con l’auricolare.
(...)
Nella maggior parte dei casi, tuttavia, il momento della creazione letteraria ci è sconosciuto quanto quello dell’universo. Siamo in grado di studiare ogni istante dopo il Big Bang perché possiamo leggere (gli scrittori una volta le conservavano) ogni stesura di un libro come A la recherche du temps perdu o le varie versioni dell’Amletoma il momento della nascita della maggior parte dei nostri libri più amati è ancor più misterioso.
Possiamo venire a sapere ciò che un autore ci dice sulle circostanze che circondano l’atto della creazione, che libri ha letto, quali fossero le minuzie quotidiane della sua vita, il suo stato di salute, il colore dei suoi sogni. Tutto,
tranne l’istante in cui le parole apparvero, luminose e distinte, nella mente del poeta, e la sua mano cominciò a scrivere: «Nel mezzo del cammin di nostra vita...»

Alberto Manguel
frammenti dell'articolo 
Il grande mistero. Dai sogni di Stevenson ai giornali di Flaubert
Repubblica domenica 22 giugno 2014

martedì 24 giugno 2014

Narrare storie è una disciplina magica, spietata

Spesso, i miei soggetti sono le cose più semplici del mondo: la gioia, la famiglia, il clima, le case, le strade. Niente di fantastico. E quando mi siedo al tavolo con questi soggetti, il mio obiettivo è la chiarezza. Cerco di eliminare un po’ della confusione che ho in testa (in effetti, c’è un grande disordine nella mia testa). A volte penso che tutta la mia vita professionale si sia basata su questa intuizione che ebbi all'inizio, e cioè che molte persone si sentono confuse come me, e potrebbero essere felici di seguirmi in questa ricerca della chiarezza, della precisione. È un aspetto che amo della scrittura. Niente mi rende più felice di sentire un lettore che mi dice: «È proprio quello che ho sempre provato anch'io, ma tu lo hai detto in un modo chiaro».
(...)
La storia più inverosimile della mia vita è quella di una ragazza di Willesden, (un quartiere operaio nel distretto londinese di Brent, ndt). C'era una volta, che avevo nove anni. Era estate in Inghilterra, il cielo era blu, ma anche pieno di nuvole. Non ero – come dire – stracarica di amici. Faceva caldo, ma la scuola non era ancora finita, e questo ripresentava l’irrisolto problema della ricreazione, perché non puoi aggirati all'infinito per il cortile facendo finta di cercare i tuoi compagni. Per nascondere la mia solitudine, passavo un sacco di tempo a guardare le nuvole, e una strana torre coperta di edera che si trovava accanto alla nostra scuola. Decisi che, in cima a quella torre, una giovane donna viveva la sua tragedia, prigioniera di un dio che voleva impedirle di sposare il suo vero amore, Superman. Non aveva senso, ma era una storia e diventai brava a raccontarla. 
(...) 
Vi giuro che c’è una giovane donna lassù, e manda in cielo segnali di fumo, sotto forma di nuvole: se ne vedi una che assomiglia a Superman, mettiti una puntina sotto la scarpa. Più persone avranno delle puntine sotto le scarpe, più rumore faranno camminando, e più rumore faranno camminando... oh, non mi ricordo! Doveva avere una sua logica, ma non ricordo più quale. In ogni caso, il messaggio era: puntina sotto la scarpa. Devi metterti una puntina sotto la scarpa o quella poveretta morirà! È vero! Lo giuro su mia madre! 
(...)
Narrare storie è una disciplina magica, spietata. Chi racconta storie è spesso tentato di creare una gerarchia nella sua vita, in cui le storie vengono prima di ogni altra cosa, comprese le persone. Parte della mia ansia, rispetto alla narrazione, sta nella consapevolezza di quella parte monomaniacale di me che è disposta a  bloccare a terra una bambina pur di preservare l’integrità di una storia. So che questa parte di me esiste, ma cerco davvero di sopprimerla, perché voglio trovare un compromesso tra il raccontare storie sulla vita e viverla bene.

Zadie Smith
frammenti dell'articolo 
Dove nascono le storie. Dalla realtà o dall'inconscio? Dall'esperienza o dall'infanzia? Dalla paura o dal piacere?  Viaggio alla ricerca dell'origine dell'ispirazione.
Repubblica domenica 22 giugno 2014

lunedì 23 giugno 2014

Il grande scrittore è un incantatore

Sono tre i punti di vista dai quali si può considerare uno scrittore: lo si può considerare un affabulatore, un insegnante o un incantatore. Un grande scrittore associa in sé queste tre qualità: affabulatore, insegnante e incantatore; ma è l’incantatore che predomina in lui e ne fa un grande scrittore.

Vladimir Nabokov
Lezioni di letteratura russa
traduzione di Ettore Capriolo
Garzanti 1987

domenica 22 giugno 2014

L’essenziale non è la scrittura, è la visione

È uno sforzo, una sofferenza, lo scrivere?
No, è un lavoro, ma è anche quasi un gioco, e una gioia, perché l’essenziale non è la scrittura, è la visione. Ho sempre scritto i miei libri col pensiero, prima di trascriverli sulla carta, e a volte li ho perfino dimenticati per dieci anni prima di dar loro una forma scritta. La scena tra Zénon e il canonico, ad esempio, io l’ho vista (potrei quasi dire che l’ho scritta nella mia testa) ascoltando musica, Bach mi pare, in casa di un amico, un pomeriggio del 1954 o giù di lì. Sono uscita da quella casa dicendo a me stessa: “Non ho né tempo né modo di scrivere questa cosa adesso, e magari non l’avrò per mesi, o addirittura per anni. Me ne ricorderò o non me ne ricorderò…vedremo” E poi, a distanza di anni, tutto mi è apparso davanti. Nel 1957 – ricordo esattamente la data per via di un viaggio che me la richiama alla memoria – ero andata a fare delle conferenze in Canada; non stavo molto bene, e avevo dovuto prendere un treno in una stazioncina sperduta, da qualche parte negli Stati Uniti. Il treno partiva intorno alle tre del mattino, e mi sono fatta dare una camera in una specie di locanda. Ricordo che faceva freddo, e che mi sono distesa sul letto senza disfarlo. Durante quelle tre ore, ho scritto, col pensiero, tutta la lunga novella di La mort conduit l’attelage. Questo avveniva nel 1957. E ho ripreso in mano il progetto solo l’anno scorso. Me ne sono ricordata come di una storia che mi sarebbe stata raccontata, come se il flusso ricominciasse a scorrere dopo essere stato congelato per più di vent'anni.


Conversazioni tra Matthieu Galey e Marguerite Yourcenar 
Ad occhi aperti
traduzione di Laura Guarino
Bompiani 1986

sabato 21 giugno 2014

Estate pioggia ciclone

Estate pioggia ciclone
pane sentiero vergogna.

Abraham B. Yehoshua
Il poeta continua a tacere
traduzione di Alessandro Guetta
Giuntina 1988

venerdì 20 giugno 2014

Il miglior allenamento per scrivere? Leggere, leggere, leggere

D: Come sceglie le parole? 
W.F.: Nella foga di buttarle giù ne vengono fuori molte. Se ci torni sopra, ci lavori e suonano ancora vere allora lasciale.  

D: In Le palme selvagge la tecnica che usa è automatica? Se è così, perché?  
W.F.: Ho usato quella tecnica semplicemente come un espediente automatico per dare forma alla storia che volevo raccontare, la storia di due diversi tipi di amore. Un uomo che rinuncia a tutto per amore di una donna e un altro che rinuncia a tutto per fuggire dall’amore.  

D: Che cosa sa del libro che verrà fuori prima di iniziare a scriverlo?  
W.F.: Molto poco. Semplicemente comincio a scrivere. Il personaggio si sviluppa insieme al libro e il libro si sviluppa scrivendolo. [...] 

D: Come trova il tempo per entrare in un’atmosfera e in uno stato d’animo che conciliano la scrittura?  
W.F.: Bisogna sempre trovare il tempo per scrivere. Chiunque dica che non ha tempo vive in una finzione. Da questo deriva l’ispirazione. Non aspettare. Quando hai un’ispirazione buttala giù in fretta. Prima la butti giù più forte sarà l’immagine. Non aspettare che passi per cercare di ricatturarne la sensazione e il colore.  

D: Qual è il miglior allenamento per scrivere? Corsi, esperienza, o cosa?  
W.F.: Leggere, leggere, leggere. Leggere tutto – robaccia, classici, buoni e cattivi, e vedere come fanno. Come un falegname che lavora come apprendista e studia il maestro. Leggete! Assorbirete. Poi scrivete. Se è buono lo vedrete. Se non lo è, buttate tutto dalla finestra.  

D: Va bene copiare uno stile?  
W.F.: No. Se avete qualcosa da dire, usate il vostro stile. Sarà la storia a scegliere il suo stile narrativo. Quello che vi piace si manifesterà attraverso lo stile. [...] 

Frammenti delle interviste a William Faulkner  contenute nel volume
Il gioco dell’apprendista. Dieci interviste con William Faulkner
Traduzione di Giulia Rossi
Medusa 2014

In libreria da oggi 20 giugno

giovedì 19 giugno 2014

Scrivere è un processo lento e misterioso

Quanto ci mette, il «mondo di ieri», a morire? 
Non è cosa di un’ora, o di un giorno: è un processo lento e misterioso, un’agonia distratta, malinconica e comunque, qua e là, toccata perfino dall'allegria. 
Non c’è una data che possa dire dove finisce un’epoca e s’inizia l’altra, ma nel luogo di transito tra l’una e l’altra gli scrittori possono sostare a lungo: fino a farne il paesaggio della propria vita. 
Così Gregor von Rezzori, che avrebbe appena compiuto cent’anni, quest’uomo di confine nato a un soffio dalla Prima Guerra Mondiale e morto a fine Novecento, questo apolide poliglotta ha costruito - libro dopo libro - il fermo immagine di un crollo.

incipit dell'articolo di Paolo di Paolo dedicato a Gregor Von Rezzori
La Stampa mercoledì 11 giugno 2014

mercoledì 18 giugno 2014

Il luogo comune linguaggio della fine

"Il luogo comune, sciagura a noi, è il linguaggio, ormai, è il parlato italiano della fine.
(...)
Cominciamo dal più logoro, dal più scopino di latrina infetta, dal rifugio di tutti i predicanti: rimboccarsi le maniche!
Posso dire che, nella mia lunghissima carriera scribacchina, non l’ho mai usato: lo scrivo adesso soltanto per svergognarlo, additarlo al disprezzo, schernirlo.


È il re dei luoghi comuni, un non invidiabile trono. È il transito obbligatorio di tutte le scempiaggini politiche. Signore Iddio, sappiamo quanto sei tirchio nell’elargire salvezze, ma dà orecchio a questo granellino di senape di supplica: liberaci dalle maniche rimboccate, dai loro rimboccatori, dall’ideologia rimbocchista, dal rimbocchimento generale dell’italiano medio e universitario.
(...)
Ritagliatevi questa superba colonna e tenete le maniche al loro posto, lontano dalle tentazioni del Maligno.
Ve ne servo altre, tutti ad altissima diffusione mediatica, scolastica, famigliare, buoni per tutte le occasioni, sempreverdi per tutte le interviste, disseminati in tutti i convegni culturali.
Il contesto globale. In quest’ottica. Si assumano le loro responsabilità. A trecentosessanta gradi. Va focalizzato. La piccola e media impresa. È nel nostro Dna. È calato nei sondaggi. Al minimo storico. Su base annua. Fuori dal tunnel. La locomotiva tira. Giovani e meno giovani. Lo Stato è presente. Si sono chiamati fuori. Un vera chicca. Si sta ancora scavando in cerca di altre vittime. Le sinergie presenti sul territorio. Nel mirino degli inquirenti. La fuga dei cervelli. Vai su WU-WU-WU. Siamo un polo di eccellenza. Subito le riforme. Le soglie di povertà. Spalmati sul territorio. Una gigantesca caccia all’uomo. Le fasce a rischio. La dieta mediterranea. Di tutto e di più. Tutto e il contrario di tutto. Le criticità. Gli uomini-radar. L’emergenza rifiuti. Ci vuole un nuovo soggetto politico. (...)
Dare un segnale forte.Si commenta da sé. Non ho la palla di cristallo. Ci sono luci e ombre. Approcciarsi alle problematiche. Le quote rosa. Bere molta acqua. Gli intrecci mafia-politica. La malasanità. Errore umano. Molta frutta e verdura. A tasso zero. Accetto per il bene del Paese. È un Far West. È un film dell’orrore. L’ospizio-lager. Da lasciare ai giovani. Non arrivano alla fine del mese. Più tecnologia. La stanza dei bottoni. La costituzione più bella del mondo. (...)
Assolutamente sì."
frammenti del corsivo di oggi su Repubblica di un impagabile Guido Ceronetti che racconta la stanchezza della lingua italiana

Lo stile è una qualità della visione, la rivelazione di un universo particolare

Lo stile non è affatto un abbellimento come credono certe persone, non è neppure una questione di tecnica, è – come il colore per i pittori – una qualità della visione, la rivelazione dell’universo particolare che ciascuno di noi vede, e che gli altri non vedono.

Marcel Proust
tratto da “Swann spiegato da Proust”
Scritti mondani e letterari
Einaudi 1984

martedì 17 giugno 2014

C'è un ordine segreto. I libri non puoi metterli a caso

Ho imparato ad amare i libri. Oggi mi sorprendo a volte a spostarli nella mia biblioteca. 

Perché? 
Perché c'è un ordine segreto. I libri non puoi metterli a caso. L'altro giorno ho riposto Cervantes accanto a Tolstoj. E ho pensato: se vicino ad Anna Karenina c' è Don Chisciotte, di sicuro quest'ultimo farà di tutto per salvarla.

frammento dell'intervista di Antonio Gnoli al regista Ettore Scola
Repubblica 13 gennaio 2013

lunedì 16 giugno 2014

Le abitudini servono a intrappolare il tempo

Stasera dovevamo andare a cena in un posto che aveva scoperto, in una piazzetta di Brera che le ricordava Montmartre. Uscivamo insieme ogni giovedì, quando non avevamo altri impegni, sempre negli stessi posti, per intrappolare il tempo.
Come ha detto?
Intrappolare il tempo. L'aveva inventato lei: sosteneva che le abitudini danno una sensazione di immobilità. Come se si fermasse tutto. Non è così?

Renato Olivieri
Villa liberty
(un'inchiesta del commissario Ambrosio)
Mondadori 1993

domenica 15 giugno 2014

Per capire le cose ho bisogno di scriverle

È per questo che sto scrivendo. Sono uno di quelli che per capire le cose ha assolutamente bisogno di scriverle.

Murakami Haruki 

Norwegian Wood 
già Tokyo Blues
Einaudi 1993

sabato 14 giugno 2014

Un mare di luce, un mare d'ombra

Una luce radente spianava il mare e lo sollevava nelle insenature; anche al largo esso si alzava sino a cozzare contro il cielo. Un altro mare, d’ombra, scendeva dalle catene rocciose.

Francesco Biamonti
L'angelo di Avrigue
Einaudi 1983

venerdì 13 giugno 2014

Parla per me, silenzio, ch'io non posso

Oggi non era un giorno di parole,
con mire di poesie o di discorsi,
né c'era strada che fosse la nostra.
A definirci bastava solo un atto,
e visto che a parole non mi salvo,
parla per me, silenzio, ch'io non posso.

José Saramago 

Le poesie
a cura di Fernanda Toriello
Einaudi 2007

giovedì 12 giugno 2014

Tradurre è far cambiare casa alle parole

L’imballatore
Cos’è la tra­du­zione? Su un vas­soio
La testa pal­lida e fiam­mante d’un poeta
Vladimir Nabo­kov
L’imballatore chino
che mi svuota la stanza
fa il mio stesso lavoro.
Anch'io fac­cio cam­biare casa
alle parole, alle parole
che non sono mie,
e metto mano a ciò
che non cono­sco senza capire
cosa sto spo­stando.
Sto spo­stando me stesso
tra­du­cendo il pas­sato in un pre­sente
che viag­gia sigil­lato
rac­chiuso den­tro pagine
o den­tro casse con la scritta
“Fra­gile” di cui ignoro l’interno.
È que­sto il futuro, la spola, il tra­slato,
il tempo mano­vale e cite­riore,
tra­sfe­ri­mento e tropo,
la ditta di trasloco.
Valerio Magrelli
Eser­cizi di Tip­to­lo­gia
Mondadori 1992

mercoledì 11 giugno 2014

La giornata riuscita

Nella giornata riuscita si farà di nuovo giorno nel mezzo della giornata. Qualcosa mi smuoverà, e sarà una duplice mossa: che andrà di là di me, e dentro di me, interamente. Alla fine della giornata riuscita alzerò la fronte per dire che una buona volta ho vissuto come si deve, e lo dirò a fronte così alta che questa sfrontatezza sarà l'esatto opposto del mio guscio innato.

Peter Handke 
Saggio sulla giornata riuscita
traduzione di Rolando Zorzi
Garzanti 2005

martedì 10 giugno 2014

È curioso uno scrittore. È una contraddizione e anche un nonsenso

È curioso uno scrittore. È una contraddizione e anche un nonsenso. Scrivere è anche non parlare. È tacere, è urlare senza rumore. 
È riposante uno scrittore, ascolta di continuo. Non parla molto perché è impossibile parlare a qualcuno di un libro che si è scritto e soprattutto di un libro che si sta scrivendo. È impossibile, è il contrario del cinema, del teatro e di altri spettacoli, è il contrario di ogni lettura. È la cosa più difficile di tutte, la peggiore. Perché un libro è l’ignoto, è il buio, è chiuso. Il libro avanza, cresce, va nelle direzioni che crediamo di aver esplorato, avanza verso il suo destino e quello dell’autore, annientato dalla sua pubblicazione: il distacco da lui, il libro sognato, come il bambino più piccolo, sempre il più amato.

Marguerite Duras
Scrivere
traduzione di Leonella Prato Caruso
Feltrinelli 1994

lunedì 9 giugno 2014

Dipingere, comporre, scrivere: percorrermi

Scrivo per percorrermi. Dipingere, comporre, scrivere: percorrermi. È lì l'avventura d'essere in vita.

J'écris pour me parcourir. Peindre, composer, écrire: me parcourir. Là est l'aventure d'être en vie.

Henri Michaux
Observations  
in Passages
1950

domenica 8 giugno 2014

Scrivere è tendere un filo d'acciaio tra una parola e l'altra

Samuel Beckett mi spiegò che quando scriveva una commedia, la vedeva come una serie di tensioni, nel senso di fili d’acciaio tesi a congiungere un’unità con quella successiva.
Così i cinque atti di un dramma di Shakespeare formano una lunga frase; una frase che accelera, rallenta, fa una pausa, ma che non si ferma mai. Quando la prima parola è pronunciata, una bobina invisibile comincia a srotolarsi.

Peter Brook 
I fili del tempo. Memorie di una vita.
Feltrinelli 2001

sabato 7 giugno 2014

Un romanzo o una poesia sono il prodotto di una reciproca solitudine

Un romanzo o una poesia non sono un monologo, bensì una conversazione tra uno scrittore e un lettore: una conversazione del tutto privata, che esclude tutti gli altri - un atto, se si vuole, di reciproca misantropia.
E nel momento in cui questa conversazione avviene lo scrittore è uguale al lettore, come del resto viceversa, e non importa che lo scrittore sia grande o meno. Questa uguaglianza è l'uguaglianza della coscienza.
Essa rimane in una persona per il resto della vita sotto forma di ricordo, nebuloso o preciso; e presto o tardi, a proposito o a sproposito, condiziona la condotta dell'individuo.

[...]

Un romanzo o una poesia sono il prodotto di una reciproca solitudine - quella di uno scrittore e quella di un lettore.

Iosif Brodskij

venerdì 6 giugno 2014

La poesia ci sveglia e ci riscuote nel bel mezzo della parola

Quando pronunciamo, ad esempio, la parola “sole, non liberiamo un significato bell'e pronto, ma passiamo attraverso un ciclo tutto particolare
Ogni parola è un fascio di significati, e un significato affiora da esso per irradiarsi in varie direzioni, senza mai convergere in un solo punto ufficiale. Pronunciando "sole", noi compiamo una sorta di enorme tragitto a cui siamo talmente abituati che viaggiamo immersi nel sonno. 
La poesia si distingue dal linguaggio automatico proprio in quanto ci sveglia e ci riscuote nel bel mezzo della parola.
Questa risulta allora molto più lunga di quanto pensassimo, e ci rammentiamo che parlare significa essere sempre in cammino. 

Osip Mandel'štam 
Conversazioni su Dante
traduzione di R. Faccani e R. Giaquinta
Il melangolo 1994

giovedì 5 giugno 2014

L'ordine, la forma, la tessitura dei miei romanzi

C'è un'idea, in quello che scrivo, senza la quale non avrei dato un centesimo per l'intero lavoro. 
È l'idea più bella e piena, e il suo prendere corpo è un trionfo di pazienza e di ingegno. Dovrei lasciare a qualcun altro il compito di dirlo: ma il fatto che nessuno lo dica è precisamente ciò di cui stiamo parlando. 
È la piccola magia che scorre da un capo all'altro dei miei libri; il resto, al confronto, si ferma alla superficie. 
L'ordine, la forma, la tessitura dei miei romanzi saranno forse un giorno, per gli iniziati, una rappresentazione completa di tutto ciò. Dunque, è questo che i critici devono cercare. Direi addirittura - soggiunse con un sorriso - che è quello che i critici devono trovare.

Henry James
La figura nel tappeto
a cura di Benedetta Bini
Sellerio 2002

mercoledì 4 giugno 2014

Il silenzio si addensa nel ticchettio degli astri

Il canto è al di fuori del gallo;
goccia a goccia sta cadendo nel suo corpo,
ora che dorme sull'albero.
Sotto la notte cade, non smette di cadere
dall'ombra tra le sue vene e le sue ali. 
Il canto sta riempiendo, incontenibile,
il gallo come fosse un'anfora;
riempie le sue piume, la sua cresta, i suoi speroni,
fino a straripare e si ode immenso il grido
che attraverso il mondo si sparge senza tregua.
Poi il battito delle ali torna alla sua quiete
e il silenzio si addensa.
Nuovamente il canto resta fuori
diffuso all'ombra dell'aria.
Dentro al gallo ci sono solo viscere e sonno
e una goccia che cade nella notte profonda,
silenziosamente, al ticchettio degli astri.

Eugenio Montejo
La lenta luce del tropicoAntologia poetica 
traduzione di Luca Rosi
Le Lettere 2006 

EL CANTO DEL GALLO
      a Adriano González León
El canto está fuera del gallo;
está cayendo gota a gota entre su cuerpo,
ahora que duerme en el árbol.
Bajo la noche cae, no cesa de caer
desde la sombra entre sus venas y sus alas.
El canto está llenando, incontenible,
al gallo como un cántaro;
llena sus plumas, su cresta, sus espuelas,
hasta que lo desborda y suena inmenso el grito
que a lo largo del mundo sin tregua se derrama.
Después el aleteo retorna a su reposo
y el silencio se vuelve compacto.
El canto de nuevo queda fuera
esparcido a la sombra del aire.
Dentro del gallo sólo hay vísceras y sueño
y una gota que cae en la noche profunda,
silenciosamente, al tic-tac de los astros.

(de Alfabeto del mundo, 1986)

martedì 3 giugno 2014

Se niente è ombra se tutto è cieco

Disgiunzioni

il reale è una corda che aspetta d’essere tesa 
di vuoto in vuoto come un filo di ragno
o per caso la luce che alimenta ogni cosa 
se niente è ombra se tutto è cieco

Guillermo Boido
traduzione di Antonio Bux dal suo blog


Disyunciones

lo real es una cuerda que aguarda ser tendida
de vacío en vacío como un hilo de araña

o acaso es la luz que alimenta toda cosa
si nada es sombra si todo es ciego

lunedì 2 giugno 2014

Luce è linguaggio per un uomo di fuoco

Della luce del sole si può dire
più di quanto si dica del linguaggio: ma linguaggio
e luce, a vicenda
aiutandosi – francese l’uno e l’altra -
non han disonorato un aggettivo
che rimane ancora radicato.
Sì, luce è linguaggio. Libera franca
imparziale luce di sole, luce di luna,
luce di stelle, luce di faro,
sono linguaggio. E il faro
di Creach’h d’Ouessant,
sulla sua indifesa
scaglia di roccia, è il discendente di Voltaire,
la cui giustizia fiammeggiante andò
a raggiungere un uomo già colpito:
dall’inerme
Montaigne, il cui equilibrio,
conservato malgrado la durezza
del bandito, accese la scintilla
salvatrice del rimorso; di Émile Littré,
mosso dalla passione filologica,
ammaliato dagli otto volumi
d’Ippocrate, il suo
autore. Era
un uomo di fuoco, uno scienziato
della libertà, questo tenace Maximilien
Paul Émile Littré. Se l’Inghilterra
è difesa dal mare,
noi, con la consolidata Libertà
di Bartholdi, che regge alta
la torcia accanto al porto, udiamo
l’ingiunzione della Francia: “Ditemi
la verità, e specialmente quando
sia spiacevole”. E noi,
noi possiamo rispondere soltanto:
“Questa parola Francia vuole dire
affrancamento: vuole dire una
che “rianima chiunque pensi a lei”.

Marianne Moore
Le poesie
a cura di Lina Angioletti e Gilberto Forti
con due saggi di T.S. Eliot e W.H. Auden.

Adelphi 1991

domenica 1 giugno 2014

La poesia è l'ombra della gran cicatrice nell'aria

Starsene lì, all'ombra
della gran cicatrice nell'aria.

Uno stare per nessuno, e per nulla.
Sconosciuto,
solo
per te.


Con quanto lì trova spazio,
anche senza
lingua.

Paul Celan
Traduzione di Giuseppe Bevilacqua