Archeologia
del tempo, archeologia dei giorni, disseppellire un mazzetto di vecchie foto in
bianco e nero, dimenticate in mezzo ai libri. Ritrovare un paio di orecchini,
regalo di un’amica perduta, una volta di più mi fa pensare che il nostro
attaccamento umano agli oggetti non è per gli oggetti in sé, ma perché ogni
oggetto porta con sé un significato che trascende la mera consistenza della
forma e del materiale. Quando facciamo un regalo una parte di noi la
trasferiamo al ricevente, una parte di noi che resterà attaccata per sempre a
quell’oggetto. Vi ricordate di quando, qualche anno fa, si parlava di memoria
dell’acqua? Ecco la memoria degli oggetti è certa, perché frammenti della
nostra anima vanno a sistemarsi tra le pieghe delle materia come in un mosaico
di cui ancora non conosciamo il disegno completo. Forse è anche per questo
motivo che alcuni tra noi diventano accaniti collezionisti anche delle cose più
bizzarre e inutili. Perché in quella serie di oggetti accomunati dall’uso,
dalla forma, dalla provenienza, noi rispecchiamo una parte di chi siamo o di
chi siamo stati. Un oggetto antico porta con sé tanto di quel tempo e di quell’energia.
Per questo conservo un vaso di terracotta che stava nella cucina di mia nonna
in Calabria e conservo anche un coprimaterasso di cotone a righe bianche e blu
tessuto al telaio negli anni Venti del secolo scorso dalla nonna pugliese. Non ha
importanza il valore commerciale delle cose, ciò che conta è il valore
sentimentale, un valore che solo noi possiamo conferire e anche ritirare. Perché
a volte gli oggetti diventano ricordo di qualcuno che non vogliamo più
ricordare e per farlo è necessario sbarazzarsi proprio di quell’oggetto che un
tempo era importante avere tenuto con sé.
Il miele della nostalgia
Li
tengo sulla mensola,
uno
dietro l’altro i vostri
oggetti
che ho voluto
tenere.
Un portasigari
di
radica, un ditale di
ottone,
un rocchetto di filo,
due
fotografie di voi a
vent’anni,
ma quanto
vi
assomiglio? Ci sono
tutte
le ombre del tempo
dietro
ognuna di queste
cose
e io sono rimasta
l’unica,
l’unica testimone
di
quel gesto della vostra
mano
e tanto basta
perché
la notte sia meno
scura
e la nostalgia una
tazza
di tè addolcito
col
miele.
Ho trascorso molte ore di questa giornata a spolverare e sistemare oggetti che conosco da quando sono nata e oggetti che sono entrati nella mia vita in varie fasi e qui sono rimasti, come quando un naufrago ha trovato la salvezza di un’isola e non cerca il modo per andare via, ma il modo per restare giorno dopo giorno.
Oggi è venerdì 21 gennaio del terzo anno senza Carnevale e questa Cronaca 684 indossa un cappello vintage saltato fuori da non so più quale armadio.
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