venerdì 21 gennaio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/684. La voce delle cose che sentiamo solo noi

 


 

 

Archeologia del tempo, archeologia dei giorni, disseppellire un mazzetto di vecchie foto in bianco e nero, dimenticate in mezzo ai libri. Ritrovare un paio di orecchini, regalo di un’amica perduta, una volta di più mi fa pensare che il nostro attaccamento umano agli oggetti non è per gli oggetti in sé, ma perché ogni oggetto porta con sé un significato che trascende la mera consistenza della forma e del materiale. Quando facciamo un regalo una parte di noi la trasferiamo al ricevente, una parte di noi che resterà attaccata per sempre a quell’oggetto. Vi ricordate di quando, qualche anno fa, si parlava di memoria dell’acqua? Ecco la memoria degli oggetti è certa, perché frammenti della nostra anima vanno a sistemarsi tra le pieghe delle materia come in un mosaico di cui ancora non conosciamo il disegno completo. Forse è anche per questo motivo che alcuni tra noi diventano accaniti collezionisti anche delle cose più bizzarre e inutili. Perché in quella serie di oggetti accomunati dall’uso, dalla forma, dalla provenienza, noi rispecchiamo una parte di chi siamo o di chi siamo stati. Un oggetto antico porta con sé tanto di quel tempo e di quell’energia. Per questo conservo un vaso di terracotta che stava nella cucina di mia nonna in Calabria e conservo anche un coprimaterasso di cotone a righe bianche e blu tessuto al telaio negli anni Venti del secolo scorso dalla nonna pugliese. Non ha importanza il valore commerciale delle cose, ciò che conta è il valore sentimentale, un valore che solo noi possiamo conferire e anche ritirare. Perché a volte gli oggetti diventano ricordo di qualcuno che non vogliamo più ricordare e per farlo è necessario sbarazzarsi proprio di quell’oggetto che un tempo era importante avere tenuto con sé.

  

Il miele della nostalgia

 

Li tengo sulla mensola,

uno dietro l’altro i vostri

oggetti che ho voluto

tenere. Un portasigari

di radica, un ditale di

ottone, un rocchetto di filo,

due fotografie di voi a

vent’anni, ma quanto

vi assomiglio? Ci sono

tutte le ombre del tempo

dietro ognuna di queste

cose e io sono rimasta

l’unica, l’unica testimone

di quel gesto della vostra

mano e tanto basta

perché la notte sia meno

scura e la nostalgia una

tazza di tè addolcito

col miele.

 

 

Ho trascorso molte ore di questa giornata a spolverare e sistemare oggetti che conosco da quando sono nata e oggetti che sono entrati nella mia vita in varie fasi e qui sono rimasti, come quando un naufrago ha trovato la salvezza di un’isola e non cerca il modo per andare via, ma il modo per restare giorno dopo giorno.

 Oggi è venerdì 21 gennaio del terzo anno senza Carnevale e questa Cronaca 684 indossa un cappello vintage saltato fuori da non so più quale armadio.

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