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mercoledì 1 giugno 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/815. Il tuo sguardo è la forza del mio vedere

 

 


 

I gelsomini sono in piena fioritura, la guerra non accenna a trovare un esito rapido, inizia il mese in cui festeggerò il mio compleanno, avvenimento che mi mette sempre allegria. E oggi è stata una giornata lieta, di incontri piacevoli, molti libri e molte chiacchiere. Prima Mirella e Carolina alla Libreria delle donne dove abbiamo parlato moltissimo di Etty Hillesum, poi un caffè con Giorgio che si occupa di formazione, un incontro mancato con Elvio che non era in ufficio, un incontro casuale con Lorenzo, che legge magnificamente Cime tempestose ad alta voce, ma più di tutto l’incontro con Rossana, la mia beneamata amica, grande lettrice e appassionata quanto me di libri e borse. Abbiamo passato un’altra serata magica, parlato moltissimo della guerra in Ucraina, che sempre più appare come una lenta caduta, di Maria Zambrano e Amelia Rosselli, di figli, nipoti e vacanze. Anche nella brevità di questi momenti, la cosa sorprendente è stata l’intensità di ciascun incontro, anche nella brevità del momento. Era da millenni che non avevo la possibilità di incontrare così tanti amici lo stesso giorno ed è stato davvero bellissimo. L’amicizia è davvero uno degli elementi che rendono la vita bella e interessante, forse è anche uno dei legami più forti che noi umani tessiamo per dare un senso al nostro esistere, al nostro stare al mondo.

 

 

 

Canto primaverile per la mia amica Rossana

 

Se guardo il cielo e tu lo guardi

con me, il cielo è più azzurro,

più vasto lo spazio, più folli

gli uccelli che si gettano in

picchiata contro le nuvole e

i rami. Perché il tuo sguardo

è la forza del mio vedere,

perché la tua luce risplende

forte accanto alla mia e insieme

sappiamo che due è molto più

della somma di uno più uno.

 

 

 

Che bella, intensa giornata questo mercoledì 1 giugno del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 815 risplende come questa giornata che non dimenticheremo.

martedì 31 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/814. Abbiamo vissuto nell’ordine del tempo

 

 


 

La pittura è stata spesso foriera di folgorazioni nel corso della mia vita ed è accaduto di nuovo anche oggi alla mostra Tiziano e l’immagine della donna nel Cinquecento Veneziano. Sono esposti anche quadri di Tintoretto, Paolo Veronese, Giorgione, Palma il Vecchio e molte delle opere sono di grande bellezza. Ma la forza espressiva di Tarquinio e Lucrezia, dipinto tra il 1570 e il 1576, probabilmente l’ultimo quadro dell’artista, mi ha fatto molto riflettere sulla potenza espressiva dell’ultima fase della vita. Perché è vero, così come esistono artisti che brillano nel loro massimo fulgore durante la giovinezza, Rimbaud vale per tutti, ci sono artisti che cambiano, maturano, crescono anno dopo anno. Crescere non è forse il verbo adatto, utilizzare la parola crescita come sinonimo di miglioramento è una stortura della mentalità economicista della nostra epoca. Nel suo ultimo dipinto Tiziano ha rinunciato, o forse dovuto rinunciare, alla chiarezza del tratto, alla limpidezza dei lineamenti, ma quanta potenza emerge da una scena di violenza senza tempo? È come se il tempo fosse un setaccio e attraverso le sue maglie sempre più strette, solo le cose più importanti arrivano a risplendere proprio mentre è la luce del tramonto che illumina la vita. Un altro quadro meraviglioso è di Palma il Vecchio, un ritratto di donna nota come “la Bella” e la sua bellezza davvero ci giunge intatta dai quasi cinquecento anni che ci separano.

 

Quando la luce svanisce

 

 

Se guardo il tuo viso

liscio, privo di rughe,

riesco a immaginare

tutti i sentieri che saranno

scolpiti dalla vita. Se

guardo il tuo viso segnato

e sfioro i segni del tempo,

so che hai vissuto e

che nell’ordine del tempo

sei entrato. Un tempo

che era nostro, che è

nostro anche se la luce

scema sul filo dell’orizzonte.

 

 



Così anche questo mese finisce e oggi, martedì 31 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra, ha raggiunto il limite dell’orizzonte e si congeda con questa Cronaca 814, rugosa e allegra.

sabato 14 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/797. L’odore di casa e d’infanzia

 

 


 

Ecco abbiamo quasi finito, la luce del pomeriggio entra morbida da Ovest e quando dico la parola casa, sono queste le stanze che subito mi saltano negli occhi. Certo non ci sono più i rumori noti, il suono dei vostri passi, le vostre risa, le voci sommesse che parlavano di notte al di là del muro, il respiro lieve del fratellino che dormiva accanto nella culla che pure era stata mia. È una belva feroce il tempo, una belva che ci lascia crescere e nell’ombra aspetta solo il momento per gettarsi su di noi e riprendere tutto quello che ci aveva dato. Ammesso che davvero qualcosa ci fosse arrivato tra le pieghe grigie della vita quotidiana. Ma è tutto finito, solo noi sappiamo quel che ho detto il giorno in cui ci portasti a vedere la casa. In punta di piedi davanti alla finestra della cameretta ti chiesi, papà: “Ma è tutta mia?”. “Tua e del fratellino” mi rispondesti mentre il fratellino se ne stava beato nel gorgogliare dei suoi sette mesi e guardava innocente quelle mura che sarebbero state davvero sue solo venti anni dopo. Ci sono stati lutti, commiati e distacchi in questi anni. E anche se so che le cose sono soltanto cose, staccarmi da qui è una delle prove più dure.

 

 

Una cosa, una cosa è rimasta

 

Ora che la casa è tutta in ordine

e pulita, ora che i vostri oggetti

preferiti hanno trovato dimora

nelle nostre case, posso salutare

le ombre e lasciarle scivolare via.

Ormai non riconosco più

queste mura, non riconosco

l’impronta dei vostri corpi sul

letto e nelle poltrone. Ma resta

una cosa, una cosa è rimasta:

è il vostro odore, l’odore di casa

e d’infanzia.

 

 

Lo so che siamo stati fortunati per averla avuta questa casa, per avere avuto una famiglia e molti ricordi. Dolori non sono mancati ma anche tanta gioia, gli alberi nel giardino e un luogo dove poter ritornare ogni giorno e ogni giorno dire: casa!

Oggi è sabato 14 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 797 odora di casa e d’infanzia.

mercoledì 11 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/794. Quel ridere di bimbo… che attraversa il fulmine

 

 


 

Quando si avvicina un temporale me ne accorgo ore e ore prima perché sento quei minimi cambiamenti nell’aria e nella pressione che ne sono i messaggeri. Nel momento preciso in cui sento che pioverà, non sempre decido di tornare a casa o di cercare un riparo al chiuso. Spesso me sto per strada e continuo a camminare come se la pioggia non mi riguardasse, come se non stesse piovendo e fosse solo l’aria ad avere acquisito una diversa consistenza.  Respirare la pioggia è come respirare il mare senza il salato, me lo dico tutte le volte. Poi quando il battere delle gocce sul selciato si acquieta, riprendo la strada di casa e mi avvio, con passo lento, lenta nei movimenti perché i vestiti inzuppati mi fasciano come se fossi una mummia. Quando arrivo a casa mi spoglio non appena entrata, poi mi infilo sotto la doccia calda e lascio che il sangue ricominci a circolare a una velocità normale.

 

 

Poetica delle gocce di pioggia

 

Non ha scelta la pioggia,

non hanno forma le gocce

prima di cadere. Solo quando

arriva l’istante del lancio

scoprono di essere più lunghe

che tonde. Non decide mai di

piovere la pioggia, solo è

pioggia, acqua impetuosa,

pensieri disordinati che

cercano una posizione nel

pensiero dominante del mondo

che è orizzontale, mentre

la pioggia cade solo in verticale.

 

 

Oggi pioveva nella mia memoria, ha piovuto nei sogni e nei miei passi. Perché non occorre aspettare che davvero il temporale arrivi sino a noi. Basta chiamarlo nella nostra testa e lasciare che la pioggia ci bagni come fossimo terra arida da rianimare. Oggi è mercoledì 11 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 794 è corsa in casa a prendere l’ombrello, mentre il suo titolo è il frammento di un verso di Anne Perrier.

martedì 10 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/793. La porta tra il mondo dei sogni e il mondo di qua

 

 


 

La forma del mondo è mutevole quanto il cielo e le nuvole. Al risveglio pensiamo di ritrovare ciò che abbiamo lasciato la sera prima, ma non è mai così. Perché la trama dei sogni si è intrecciata con la trama del mondo e ne ha cambiato forme e colori. Così l’albero bellissimo che abbiamo lasciato quasi implume ieri, non appena scesa la notte, oggi è ricoperto di foglie nuove, così tante foglie nuove, come non ne avevamo viste nelle stagioni passate. Se ci guardiamo allo specchio con attenzione, anche sul nostro viso troveremo dei mutamenti. Perché avremo dato al sogno l’incarnato del giorno prima e avremo lasciato che il sogno ci donasse il suo colore. Così non siamo mai veramente solo noi del mondo di qua, siamo noi e anche l’altro noi che ha vissuto nella terra dei sogni ed è tornato nel mondo di qua. In questi giorni ho sognato spesso la prima casa della mia giovinezza, quella dove ho vissuto dopo avere lasciato la seconda casa dell’infanzia. Ogni volta ritrovo quelle stanze e ogni volta ce n’è una che è diversa e arredata con oggetti che non ho mai posseduto e ogni volta mi chiedo perché la casa è ancora lì e nessuno lo sa. Non lo so nemmeno io, potrei azzardare un’interpretazione di questo sogno, ma non ne scriverò in una Cronaca. È comunque bello ritrovare quell’atmosfera e spesso anche le persone che frequentavo in quel periodo.

 

 

Il volto nuovo del mattino

 

La porta tra i mondi

si apre ogni notte e

non abbiamo bisogno

di bussare o spingerla.

Perché la porta ci

chiama per nome e

noi non possiamo

fare altro che rispondere,

accettare l’invito e

quel volto nuovo che

ci attende al mattino.

 

 

Anche oggi è stata una giornata di riflessioni più che di azioni, oggi dopo il lavoro mi sono limitata a buttare anche qualche foglio d’archivio, immaginando che fossero foglie e non carta e i miei cassetti un albero d’autunno. Oggi è martedì 10 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 793 è già andata a dormire.

lunedì 9 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/792. Una giornata di pioggia e di poesia

 


 

 

Ogni giorno mi chiedo, già subito al risveglio, cosa accadrà, non tanto di nuovo, ma di inaspettato. Mi sveglio quasi sempre con dei versi che mi ronzano in testa, prendo appunti e li metto da parte nel granaio dell’immaginazione. Esco molto presto a passeggiare, respiro l’aria incerta, scruto il cielo e mi chiedo se farà pioggia o bel tempo, in quegli istanti dove ancora il sole non è alto nel cielo e dove la luce potrebbe virare sul grigio o sull’azzurro in qualunque momento. Mi piacciono queste mie oziose passeggiate, fatte come se il mondo fosse solo un posto bello e sereno, gioioso. Il mattino presto vedo sempre le rondini sfrecciare e questo è un altro motivo di allegria. Così intanto che cammino lascio che i versi arrivino così come fanno le onde piccole sulla spiaggia ancora deserta.

 

 

Una goccia lucente e questa poesia

 

Di che colore è la poesia stamane?

Nasce azzurra, striata d’argento,

cresce nel tempo e attraversa

le nuvole, sussurra al vento

queste parole nuove e noi,

sulla terra restiamo in attesa

della pioggia e dell’ispirazione.

Pioverà allora? Dipende dal vento

e dal poeta, ha risposto il cielo

e ci ha mandato una goccia lucente

e questa poesia.

 

 

Tutta questa giornata, lunedì 9 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra si è avvolta intorno a questi versi e poi li ha lasciati in questa Cronaca 792 bagnata dalla pioggia e dalla poesia.

domenica 8 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/791. L’amore delle madri si posa sui figli come le api sui fiori

 

 


 

Così un’altra domenica è arrivata, trascorsa e passata, ma tra l’aurora e l’imbrunire quante e quante cose sono accadute. A occhi chiusi ho attraversato un prato fiorito, non so se davvero l’ho mai visto o l’ho soltanto sognato. C’erano famiglie sedute su teli colorati che consumavano un pranzo domenicale, un poco discosta stava una bambina che li guardava e voleva stare proprio lontano per segnare uno spazio ma non ancora la resa. Perché accettare di stare dentro il cerchio amoroso della famiglia significa accettarne le regole e i divieti e lei fuggiva, non tanto dalle regole, ma dai divieti sì. Ho ascoltato il sussurro allegro del ruscello, il canto degli uccellini, le grida gioiose degli altri bambini. Ho ascoltato i racconti di un’amica, storie di cavalli e scrittura negata, l’amore delle madri che si posa sui figli come fanno le api coi fiori. Solo alcuni le attirano, gli altri devono arrangiarsi come possono. Alla fine quelli che raccontano le storie sono quelli che avevano colori meno vistosi e profumi meno intensi e invitanti. Per una strana legge del contrappasso non sono mai i figli prediletti a segnare la genealogia di una famiglia. Anche se quel giorno è passato come passano tutti i giorni, indugio ancora nel ricordo dei suoni, delle voci, della luce.

 

 

Come prepararsi alla notte avida di sogni

 

Com’era trasparente l’aria

stamane, com’era chiara e

distante la nostra attesa.

Abbiamo pescato a caso

nel fiume del tempo e i pesci

argentei degli istanti si

sono buttati a capofitto

nella nostra rete. Erano

variopinti anche quegli istanti

e pieni di allegria. Così

abbiamo lasciato che la parola

si stendesse come una

coperta intessuta di stelle

per prepararci insieme

alla notte avida di sogni.

 

 

Questa giornata di racconti condivisi e stelle è domenica 8 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 791 ha atteso la notte sdraiata sul prato dei ricordi.

giovedì 5 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/788. Non troppa luce, non troppa ombra, così la poesia chiama il poeta

 


La chiarezza non appartiene alle ore dense che circondano l’ulivo nel sole del mezzogiorno. La troppa luce rende ciechi tanto quanto l’oscurità, mi disse il pastore seduto all’ombra dell’albero centenario. Senza chiedere se avessi sete mi porse l’orcio di terracotta dove l’acqua manteneva la freschezza della fonte. Il campo di grano prossimo alla maturazione era punteggiato di papaveri rossi e di fiordalisi blu, che una mano sapiente aveva sparso in maniera tale che ciascun colore avesse il suo spazio e non sovrastasse l’altro. Il coro delle cicale ancora non era iniziato, ci voleva qualche settimana, e poi l’estate avrebbe divorato la verdità della primavera, i teneri germogli e la promessa dei frutti. Dal punto in cui eravamo seduti era facile seguire il movimento del gregge. Le pecorelle si muovevano placide brucando le erbe sul confine tra i campi, ma senza toccare il grano. Il cane bianco e nero aveva poco lavoro perché nessuna si allontanava troppo dalle altre. Eravamo in questo tempo e in questo luogo e in un tempo remoto e millenario, dove la vita scorreva guidata solo dalle stagioni e dai frutti della terra, ci guardavamo intorno, in silenzio, non c’era bisogno di altre parole.

 

 

In uno sguardo e in una voce

 

Non la notte più scura,

non la luce implacabile

del mezzogiorno. Perché

la regola dello sguardo stava

nel margine dove l’occhio

poteva muoversi senza

cadere nei due baratri che,

pure, lo attiravano. Non

troppa luce, non troppa

ombra, così la poesia

chiama il poeta, così

il silenzio trova rifugio

e ristoro. In uno sguardo

e in una voce, la tua voce.

 

 

Mi piace passare queste ore silenziose con questo pastore che ancora non ha dieci anni, che è intento e serio, un pastorello che un giorno sarà mio padre.

Oggi è giovedì 5 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 788 sente tutta la grecità del momento.

mercoledì 4 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/787. Un ramo di glicine spezzato che appartiene al giorno di ieri

 



Ci sono giorni come questo in cui non è semplice trovare un bandolo nella matassa delle ore e scegliere, alla fine della giornata, qualcosa di significativo che conservi il peso e il colore, la consistenza degli attimi e l’oblio che subito ne inghiotte la maggior parte. Così, decido di chiudere questa giornata come era iniziata.

 

 

Sotto il peso di tutti i nostri sogni

 

Non vi ho sentiti ritornare,

così come non vi avevo

sentiti partire. Non ci sono

state premonizioni o avvisi,

neon una sirena ha infranto

la nebbia del porto, non

una luce improvvisa che ha

sfregiato la notte. Solo non

c’eravate più e la vostra assenza

era un lupo triste nella

prateria e una stagione di

mirtilli e foglie lacere già

si nascondeva oltre la linea

chiara dell’orizzonte. Poi

ho trovato le tracce, incise

sulla corteccia e sulla pietra,

potevo iniziare a seguirvi,

potevo iniziare a cercarvi.

Fuori l’alba annaspava sotto

il peso di tutti i nostri sogni.

 

 

Tra i sogno e il suo ricordo ieri ho trascorso una giornata sul lago, il tempo non era clemente, c’era un vento gelido e non sono riuscita a fermarmi troppo  a lungo seduta sotto i glicini a leggere. Non avevo voglia di scriverne e così lo faccio con un giorno di ritardo

Oggi è mercoledì 4 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo giorno di guerra e questa Cronaca 787 sta annusando il ramo di glicine spezzato dal vento che abbiamo raccolto ieri.

lunedì 2 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/785. Dove le nuvole si adeguano al cielo urbano



Scelgo la materia con cui costruire questo giorno: pietre, alberi, nuvole, il mio sguardo sul cielo. Dalla strada, che sta nel mondo più in basso, all’albero, creatura del regno intermedio, alle nuvole, che ci costringono a chinare il capo all’indietro per poterle guardare, o a sdraiarci su un prato e lasciare che il loro movimento, lento o veloce non importa, ci rubi lo sguardo e allo stesso tempo lo intessa di nuova luce e nuove percezioni.

Anche se si tratta di pietre, alberi e nuvole che appartengono alla città mai più silenziosa riesco, all’interno di questo paesaggio urbano, a ritagliare un paesaggio senza tempo che mi protegge lo sguardo e mi rallegra. Le nuvole urbane sanno di avere un cielo più piccolo a disposizione e si adeguano nelle forme per riuscire a mostrarsi comunque nella loro effimera bellezza.

 

 

In attesa di un nuovo stupore

 

Una margherita, il muso

di un cane, una pecora,

queste sono le nuvole

che attraversano il mio

cielo. Poi risplende il

fiore di un’immensa

gonna di taffetà, e così

una nuova favola attraversa

il vento e arriva sin quaggiù,

dove noi siamo sempre

in attesa di un nuovo stupore.

 

 

Così ho trascorso l’intera giornata ad ascoltare questa nuova favola, a catturare il canto del vento tra le foglie e a stupirmi della bellezza del mondo, nonostante la guerra, nonostante il dolore.

Oggi è lunedì 2 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra. Questa Cronaca 785 ancora svolazza insieme alle nuvole e alle favole.

sabato 30 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/783. Un profumo di glicine a primavera in una strada di Parigi

 



Non tutti i giorni lasceranno tracce nella nostra memoria, ma ogni istante avrà lasciato una traccia, solo che noi non sappiamo più vederlo. Perché dopo lo sguardo e la percezione del mondo intorno e dentro di noi, le forze dell’oblio sono più veloci di quelle del ricordo e ci sembrerà di non avere molto da dire sul giorno appena trascorso, presi come siamo stati dalle mille faccende della vita quotidiana, dalle preoccupazioni causate dalla pandemia e dalla guerra. Eppure restano in noi molte più cose, immagini e profumi che si riveleranno col passare degli anni. perché anche i ricordi hanno un loro periodo di maturazione, proprio come i frutti sugli alberi, e i ricordi sono i frutti della vita stessa. Così ne dice il filosofo Vladimir Jankélévitch nel libro Da qualche parte nell’incompiuto, (Einaudi, 2012):

 

“[…] se dobbiamo distinguere il contatto grossolano dal tocco leggero diciamo: la reminiscenza non ha il peso del ricordo, è piuttosto il tocco fuggevole che ci sfiora, spesso anche a nostra insaputa. Ne resta qualcosa e al contempo non ne resta niente, ne resta qualcosa che non è niente; è una traccia che non lascia tracce! Un profumo di glicine a primavera in una strada di Parigi, l’odore della pioggia in ottobre sul ferro dei balconi, un sentore di erbe riarse nei campi, una drogheria di villaggio che sa di pepe e naftalina ed eccoci invasi ad un tratto da un languore inspiegabile, abitati da queste presenze infime e intime che non si osa chiamare ricordi. È questo il profumo del tempo. […] indefinita malinconia”.

 

 

Ricordi che non erano miei

 

Sollevo un velo e non

resta che il gesto.

Sfioro un margine non

scritto e subito si

nostrano segni solo

pensati.

Allora scrivo e penso

a questo giorno di

immagini e profumi

che non erano miei

e ora lo sono.

 

 

Così di questo giorno appena concluso, abitato da una lunga passeggiata, dalle faccende della vita domestica, dal rito della spesa e della cucina, e poi di una cena in famiglia in un bel ristorante in una zona poco alla moda di Milano, ecco che ancora non so cosa ritornerà a me negli anni. Ma la memoria è un esercizio di pazienza, una pesca a strascico nell’oceano del tempo e la scrittura, questo scrivere quotidiano, è al contempo la rete e il pescato.

Oggi è sabato 30 aprile del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 783 ancora si aggira tra la riva e questo mare ancora così ignoto.

venerdì 29 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/782. Felice come una rana seduta sulla sua foglia di ninfea

 


Giornata lieve e piacevole, molto lavoro come sempre, ma anche piacevole compagnia, buon cibo e chiacchiere e poi una lunga passeggiata per tornare a casa, prima in tram e poi a piedi. L’aria è cambiata bruscamente perché dal tepore primaverile siamo passati allo strano freschetto causato dal vento gelido che ogni tanto spira a folate. La parte di viaggio che ho fatto in tram, invece, è stata perfetta perché non c’era quasi nessuno e ho attraversato lunghe vie fiancheggiate da alberi maestosi e antichi, soprattutto platani e ippocastani. Andare in tram e in treno ha sempre un effetto particolare sulla mia mente perché mi predispone alla creazione, soprattutto alla creazione poetica. Così mi è venuto in mente il titolo (possibile) della mia nuova raccolta di poesie e poi, nel tram tutto verde, ho immaginato una rana felice seduta sulla sua foglia di ninfea. E sono diventata quella rana felice e ho sentito il rumore lieve dell’acqua, il soffio delicato della brezza e il gracidare sommesso delle altre rane. Era un laghetto in estremo Oriente, ho visto giusto nei giorni scorsi un documentario ambientato in Vietnam, e forse ero proprio laggiù. E tutte queste percezioni e immaginazioni mi hanno regalato un buonumore infinito, una gioia profonda che sta nel mio laghetto interiore con tutte le rane e le ninfee che ci vivono comodamente e placidamente.

 

 

Fino all’oceano dell’immaginazione

 

 

Ora è bianca, ora

rosa e riluce d’acqua,

ondeggia con il vento

e accoglie il riposo

della ranocchia curiosa,

questa ninfea felice.

Io mi accingo a far

loro compagnia, ho

la mia foglia in questo

lago che sfocia in

un fiume che sfocia

nel mare e poi nell’oceano

dell’immaginazione.

 

 

Ecco che posso portare tutta questa bella giornata, i vestiti nuovi verdi e azzurri di Elisabetta, una misteriosa bevanda che sa di cioccolata e cannella anche se è bianca e lattiginosa e chiama alla mente il fiore prezioso dell’orchidea. E anche i libri amati di Grazia Livi, Nicole Krauss, Kate Millet, Connie Palmen e Alison Lurie in questa nuova Cronaca 782 di venerdì 29 aprile del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra.

domenica 24 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/777. Dove lo specchio di Alice si è rovesciato nel mondo di qua

 


 


Anche oggi sono stata indaffarata con i soliti infiniti e sfibranti lavori di selezione di oggetti, libri e vestiti, così anche oggi non sono riuscita a partecipare al laboratorio con Fiammetta sul sublime contemporaneo. Cercherò di recuperare con le registrazioni, anche se non è mai la stessa cosa. Sto scrivendo qualcosa in merito al mio giardino ideale, un giardino che è fatto dei giardini che ho amato o anche solo immaginato, come il giardino che circonda la Casa delle Parole nella terra delle Montagne della Nebbia che, purtroppo, non frequento tanto spesso come durante il primo anno della Cronache, durante l’eterno lockdown, quando pensavamo che sarebbero bastate quelle poche settimane chiusi in casa per debellare il maledetto virus che ci aveva presi di sprovvista poche settimane prima e che ancora impazza per il mondo. Ormai è certo che la variante Omicron, nelle sue svariate manifestazioni oltrepassa la barriera anche della tripla vaccinazione. Sono sempre più amici e conoscenti che si chiudono in casa perché scoprono di essere positivi anche con sintomi molto lievi, febbriciattola, raffreddore, un po’ di ossa rotte. Tra i contagiati che sono sempre nell’ordine delle decine di migliaia, spicca il numero dei morti che si aggira più o meno, ogni giorno, intorno ai duecento. Intanto, mentre la Cina segrega milioni e milioni di persone a Shangai e Pechino, nel resto del mondo le misure di prevenzione e contenimento vengono via via revocate. Lasciando così orfani di argomentazioni i no-vax nostrani che in moltissimi giustificano ora l’invasione dell’Ucraina e in ancor di più hanno trovato in questa guerra una fonte di ispirazione per una nuova battaglia anti-governativa, anti-sistema, anti-tutto. Sarebbe interessante andare a vedere le reali motivazioni di ciascuno, a capire quali siano le ragioni profonde di queste prese di posizione estreme. Forse un giorno lo faranno psicologi, psichiatri e storici, oggi dobbiamo fare ipotesi basate sulla conoscenza diretta di alcuni di questi individui. Avrei cose da scrivere su alcuni amici perduti nei loro deliri complottisti e no-vax, così qualcosa la scrivo, a futura memoria. Di una di loro so che appoggia l’operazione speciale del dittatore russo. Ma che tristezza mi fanno queste persone che pure, in un tempo lontano, erano amici e amiche con cui ho condiviso molto. Erano diversi quando eravamo giovani? Erano più razionali? L’unica cosa che mi sento di dire è che si tratta di persone irrisolte che nella vita non hanno trovato, almeno da giovani, un reale interesse, una passione da coltivare e che quando sono stati illuminati dalla pandemia, magicamente hanno capito tutto del grande complotto in corso contro l’umanità di cui noi poveri sciocchi siamo vittime e neanche ce ne accorgiamo. Eppure sono certa che si tratti di persone che amano leggere, alla signora ho regalato decine di libri quando eravamo giovani e poi quando ha pubblicato lei il suo primo libro per mandarmelo mi ha chiesto il prezzo di copertina più le spese di spedizione, l’altro amico è anche laureato, ma insegue da anni teorie e corsi delle più esoteriche discipline che ho fatto sempre più fatica a seguirlo nelle sue peregrinazioni. E ricordo anche che da giovani erano di sinistra e uno discendente di un ombroso partigiano di cui credo di non avere mai sentito la voce quando andavo a casa loro a studiare. Ecco, il mondo è diventato come se lo specchio di Alice si fosse rovesciato da questa parte, perché tutto è scombussolato e i punti fermi sono pochi, le informazioni arrivano a ondate e ci lasciano storditi e spaventati, con la bocca e il naso pieni di acqua e sale. Ma non siamo ancora affogati, meglio tenersi un po’ alla larga dalla riva e andare a pescare nei laghi interni del pensiero e dei libri.

Un ultimo pensiero lo dedico alla mia amica del cuore dell’adolescenza: oggi avrebbe compiuto un altro decennio tondo. Cara Antonia ti penso con affetto e nostalgia per quei pomeriggi trascorsi a raccontarci i nostri sogni e a imbastire racconti epici con protagonisti i due fratelli di cui eravamo cotte all’epoca.

Oggi è domenica 24 aprile del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 777 continua a girare e rigirare lo specchio, cercando il verso giusto.

sabato 23 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/776. Apparteniamo al paesaggio d’infanzia, gli altri paesaggi sono doni della comparazione e della differenza

 



Sono giorni che mi sveglio sempre prima della sveglia e prestissimo esco a godermi il silenzio della città, questa solitudine urbana che mi canta intorno come un intero coro di stelle o di folletti. Dopo la passeggiata sono andata in giro per commissioni con fratello e cognata e siamo andati a Baggio vecchia a fare la spesa da un fruttivendolo strepitoso che mi incanta ogni volta che ci vado. Ho fatto scorta di frutta e verdura per tutta la prossima settimana e comprato anche qualche delizia di fine stagione come le cime di rapa che ho deciso di fare fritte con olio evo e peperoncino rosso piccante, una delle ricette apprese da mia madre. È stata una giornata molto impegnativa, non di riposo, passata a selezionare oggetti, vestiti e libri. che sembra si moltiplichino da una volta all’altra. Sì è proprio così, le cose si moltiplicano per partenogenesi, non c’è nessun bisogno che le riproduciamo noi. Sono molto stanca, però è stato bello girare per le vie deserte e respirare quell’atmosfera che si trova solo nei vecchi quartiere di Milano, nei quartieri che un tempo erano comuni autonomi dalla grande città.

 

 

 

Il canto del città di sabato mattina

 

Vorrei comprendere in

quale lingua canta questa

mia città, ma non è una

lingua umana, così posso

solo immaginare e poi

cantare a squarciagola

la gioia semplice di essere

qui di essere viva, di

respirare, di camminare

e guardare la bellezza

umana che mi circonda.

 

 

 

Non c’è niente da fare, quando penso alla mia città divento sempre sentimentale e non riesco a non pensare com’era bello quando si tornava dalle lunghe vacanze estive e la pianura Padana ci accoglieva con la sua coltre di nebbiolina e smog, con l’odore della benzina nei distributori sull’autostrada, con la frenesia del casello di Melegnano e il cappuccino dell’ultimo Autogrill.

Forse è vero che apparteniamo soltanto al paesaggio della nostra infanzia, ai suoi colori, ai suoi odori. Tutti gli altri paesaggi li impariamo per comparazione e differenze.

Oggi è sabato 23 aprile del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 776 ancora gironzola per le viette di Baggio vecchia.

venerdì 22 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/775. Non ci sono profumi, né pioggia, né tepore nell’aria

 


 

 

Oggi un sacco di cose da fare e poi nel tardo pomeriggio studio matto per l’incontro di stasera con il mio gruppo di studio dedicato al libro Il vivente e il sacro di Domenico Chianese. È un libro di una tale densità e ricchezza che ancora non mi sento di scriverne, ma penso che più avanti lo farò. Qui nella città non silenziosa c’è il solito clima bislacco di luce e vento freddo, una strana primavera questa, una primavera che forse ha deciso di non arrivare visti i mala tempora in cui viviamo. Anche sulla ritrosia della primavera ho cose da dire, ma preferisco esprimerle con una poesia.

 

Quel luccicore sulle foglie nuove

 

Non è per timidezza che

non si mostra. Ha già

lasciato che le avanguardie

di fiori e germogli andassero

a tinteggiare la città. Poi

sono arrivate le rondini,

un po’ ritardo ma le sentiamo

sfrecciare al mattino presto

e poco prima del tramonto.

Quel che mancano sono

l’aria tiepida e la pioggia

primaverile, quel luccicore

sulle foglie nuove, quel

profumo misterioso che

che ci fa girare la testa

e cercare dove siano

sbocciati i fiori. Ma

non ci sono profumi, né

pioggia, né tepore.

Li tiene la pace con sé,

la pace che aneliamo

più della primavera.

 

 

Immersa in questo desiderio divorante di pace, di bellezza, di tranquillità, cerco di vivere con gioia ogni giorno, di affrontare le difficoltà, di pregare ogni Dio di cui ho sentito parlare perché la guerra finisca, finisca presto e il male vanga sconfitto e che i malvagi siano costretti a guardare negli occhi le loro vittime per l’eternità.

Oggi è venerdì 22 aprile del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 775 mi consola e si fa consolare.