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giovedì 27 febbraio 2025

Mattina di febbraio


Dinnanzi al foglio bianco, è un po’ che aspetto
le parole. Che però non arrivano.
Non ottengo che, docili, si posino
sul quaderno e che dicano quel che ora
tento di dire: che questa mattina
il sole di febbraio gioca sopra
i tetti del quartiere, che in un cielo
così azzurro ci sono solo due
o tre nuvole bianche,
che suona mezzogiorno all'orologio
della parrocchia e allegro
un passero si posa all'improvviso
sulla ringhiera del balcone:
batte
le ali, saltella, col becco si liscia
le piume, guarda, inquieto,
di qua, di là, e, d’un tratto,
gaio riprende il volo nella luce del giorno.

Eloy Sánchez Rosillo
Las cosas como fueron
Traduzione di Francesco Dalessandro
Tusquets, 2004

mercoledì 15 febbraio 2023

Come se la vita ti dicesse: eccomi qua, provaci ancora



Quelle mattine

d’inverno
alle prime ore.

Le strade ancora bagnate,
l’aria fresca,
pulita,
l’odore di croissant nelle caffetterie,
la follia,
gli uccelli…

Come se la vita ti dicesse:
eccomi qua,
provaci ancora.

Karmelo C. Iribarren
Trad. Milton Fernández

domenica 27 febbraio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/721. Dinanzi al foglio bianco, è un po’ che aspetto le parole

 


È domenica mattina, una mattina che immagino sarà interessante, visto che continuerò il laboratorio con Fiammetta. Mille e mille informazioni mi arrivano da tutti i media che vado a consultare, non riesco a farne a meno, l’angoscia sale insieme al senso di impotenza. Ma il tempo passa e vorrei che il mondo tornasse indietro, alla settimana scorsa, quando avevamo “solo” la pandemia da affrontare. Intanto che cerco uno spunto non guerresco per scrivere la Cronaca 721 di domenica 27 febbraio del terzo senza Carnevale e con la guerra, ritrovo questa poesia, una poesia che profuma di quiete e di serenità e tanto mi basta per oggi.

 

 

Mattina di febbraio

 

Dinnanzi al foglio bianco, è un po’ che aspetto

le parole. Che però non arrivano.

Non ottengo che, docili, si posino

sul quaderno e che dicano quel che ora

tento di dire: che questa mattina

il sole di febbraio gioca sopra

i tetti del quartiere, che in un cielo

così azzurro ci sono solo due

o tre nuvole bianche,

che suona mezzogiorno all'orologio

della parrocchia e allegro

un passero si posa all'improvviso

sulla ringhiera del balcone:

batte

le ali, saltella, col becco si liscia

le piume, guarda, inquieto,

di qua, di là, e, d’un tratto,

gaio riprende il volo nella luce del giorno.

 

 

Ecco la luce del giorno sta svanendo, arriva una nuova notte, per alcuni sarà l’ultima notte, alcuni di quelli che stanno cercando di sfuggire alla guerra e non ci riusciranno.

La poesia è di Eloy Sánchez Rosillo, tratta da Las cosas como fueron, traduzione di Francesco Dalessandro, Tusquets, 2004

mercoledì 13 ottobre 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/584. Qui le pareti mute, là lo spazio, alto e azzurro cupo

 


Un giorno nuovo, una pausa tra due notti, un giorno sempre più breve perché l’autunno avanza e divora la luce. In cambio deposita sui rami i frutti della stagione di mezzo, melograni, cachi e castagne. È un prodigio che si rinnova ogni anno, la dolcezza di questa stagione che crediamo di conoscere e, invece, riesce sempre a stupirci. Ogni mattino entriamo nell’ora azzurra e lasciamo che il cielo invada il nostro sguardo e renda trasparente la pelle, ogni giorno contiamo le vene sulle mani e sugli avambracci, pronti a iniziare un giorno di lavoro che non sappiamo dove ci porterà. Così mi fermo oggi su questa poesia che mi è arrivata da un passato lontano.

 

Ora azzurra

 

I.

Entro nell’ora dell’azzurro cupo –

ecco l’andito, si salda la catena,

nella stanza c’è un rosso su una bocca,

un vaso, rose tarde – tu!

 

Entrambi lo sappiamo, le parole

che tante volte ad altri abbiamo offerto

sono fra noi un nulla e un fuori luogo:

questo è tutto ed è l’ultima mossa.

 

Il tacere si è spinto così avanti,

riempie la stanza, si mura in un pensiero,

l’ora – nulla sperato né sofferto –

col suo vaso di rose tarde – tu.

 

II.

La tua testa si sfuoca, si ritrae, s’imbianca,

sulla tua bocca intanto si raduna

tutta la brama, la porpora e il germoglio

dalla corrente che monta dai tuoi avi.

 

Sei così bianca, forse ora ti sfasci

per troppa neve, troppo essere fiore,

rose bianche di morte, lembo a lembo –

coralli solo i labbri, una ferita.

 

Sei così morbida, che porti con te il senso

di una felicità di rischi e naufragi

in un’ora d’azzurro, azzurro cupo

che quand’è andata non sai più se è stata.

 

III.

Io ti domando: tu appartieni a un altro,

cosa vieni da me con tarde rose?

Tu dici: i sogni vanno, le ore migrano,

e tutto che cos’è: lui, io, tu?

 

«Ciò che s’innalza vuole anche finire,

ciò che si prova – chi lo sa per certo?

Si salda la catena, qui le pareti mute,

là lo spazio, alto e azzurro cupo».

 


Oggi posso sostare in questa poesia, rimanere in queste parole, in questo paesaggio che appartiene a un’altra mente, a un altro sguardo. E non avere, così, bisogno, di scrivere altre parole mie.

Questa Cronaca 584 di mercoledì 13 ottobre del secondo anno senza Carnevale, e la sua poesia, appartengono a Gottfried Benn. La poesia Ora azzurra  è stata composta all’inizio del 1950 e tradotta da Anna Maria Carpi in Frammenti e distillazioni, Einaudi, 2004.

sabato 30 dicembre 2017

In giornate identiche a nuvole

Ricordi? Era una mattina come questa, di cielo chiaro e luce trasparente. L’inganno della primavera bisbigliava agli alberi le prime gemme sui rami. Ogni angolo della città gridava gioventù e bellezza. Ero partita all'alba, mentre andavo a piedi verso la stazione, otto chilometri dalla mia casa, non avevo incontrato una sola persona con i capelli grigi o bianchi. Prima della lunga strada che segnava il triangolo del confine occidentale, dovevo attraversare il pioppeto che era stato la foresta della mia infanzia. Poche foglie secche scricchiolavano al mio passaggio e nessuna foglia nuova si profilava dal ramo verso la fiamma dei lampioni. Tra quegli alberi ormai giganteschi si rincorrevano ancora i fantasmi dei bambini che eravamo stati, dei bambini che alcuni sarebbero rimasti per sempre.

(incipit)

Ecco che l'anno si chiude con il nuovo romanzo.

Elena Petrassi
In giornate identiche a nuvole
Atì editore 2017


domenica 27 agosto 2017

il silenzio della domenica mattina

Vuoi vedere insieme a me? 
Il paesaggio dove si svolge questa musica? 
Aria, steli verdi, la distesa del mare, il silenzio della domenica mattina.

Clarice Lispector
Acqua viva
traduzione di Roberto Francavilla
Adelphi 2017

giovedì 2 febbraio 2017

c'era un silenzio quella mattina a Milano

Quella mattina a Milano
 
L’estremo viaggio si svolse
come aveva predisposto Verdi:
nessuno a seguire il feretro
niente musica nell’aria.
Ma per le strade la gente assiepata
testa a testa,
e c’era un silenzio,
quella mattina a Milano,
diverso da tutti quelli di prima
e di dopo.

Rainer Malkowski 
traduzione di Carmine Chiellino


il 2 febbraio 1901 Milano salutò il maestro Giuseppe Verdi, sulla storia dei due funerali leggi l'articolo su Rock it.it

martedì 10 gennaio 2017

io ardevo per un bel sogno

Mattina d'inverno

Quando mi sono svegliato, oggi, i vetri erano gelati, 
ma io ardevo per un bel sogno. 
E la stufa diffondeva nella stanza il calore 

di un ceppo di cui si era nutrita durante la notte. 

Olav H. Hauge
La terra azzurra
traduzione di Fulvio Ferrari
Crocetti editore 2008

lunedì 26 settembre 2016

Una giornata nuova di zecca

Svegliandomi questa mattina, sorrido. Ventiquattro ore nuove di zecca sono davanti a me.

Thích Nhat Hanh

lunedì 1 agosto 2016

Terra


Guardava verso la riva – 

guardava ancora e ancora: l’aria calda
il pasto avanzato,
il furgoncino che porta legna da ardere,
la stoffa ruvida della camicia bianca.

Laggiù, non ti preoccupare, aveva detto,

laggiù c’è la terra,
ma le correnti, qui sono forti.
Più forti che in qualunque altro mare.
Con la sua giacca sportiva e
gli occhi scuri che si levano dal fumo – 
la schiena appoggiata al parapetto.

Vidi un grosso pesce che vorticava

in un angolo,
un mulinello dai cerchi opachi.
E tre ragazzi con le loro lenze
che andavano sott'acqua
e ai piedi una mezza dozzina di sardine
agonizzanti.

L'aria calda, i galleggianti

filavano in superficie:
una grossa luna
senz'altro appoggio,
come fosse mattina.


Annalisa Comes

Fuori dalla terraferma 
Gazebo 2011

giovedì 30 giugno 2016

Ricordo senza limiti, ricordo senza corpi né ombre

Bruciata la materia del ricordo ma non il ricordo.
Il ricordo impera ugualmente. È lui
che oltre la storia e oltre la finita reminiscenza
lungo tutta la lunga mattinata estiva osserva
la piazza prima in ombra inondata dalla trasparenza
tramutarsi in un vaso di fulgore offuscato dall'accecamento
con nient’altro tra ripa e ripa di pietra e marmo che la sua forza.
Lui solo e da sotto le tegole una buba
di colombi che quasi di troppa beatitudine la scolma.
Ricordo senza limiti, ricordo senza corpi né ombre.

Mario Luzi
Per il battesimo dei nostri frammenti
Garzanti 1985

mercoledì 4 maggio 2016

La stanza era piena di luce e sulla scrivania danzavano le ombre delle foglie


Andai nel giardino sul retro, sul quale si affacciava lo studio di Virginia Woolf, e sbirciai dalla finestra. Era una mattina ventosa e i rami degli alberi davanti alla casa si muovevano. La luce filtrava dalle foglie e attraversava la finestra. 
La stanza era piena di luce e sulla scrivania di Virginia Woolf danzavano le ombre delle foglie... La luce che entrava dalla finestra sul retro era molto forte, non era il mio genere di luce, e le immagini erano difficilmente leggibili, ma ho colto un riflesso dello scorcio su un vetro. Si distingue a malapena la scrivania. Sopra c’erano alcuni oggetti, inclusi gli occhiali di Virginia Woolf

Virginia scriveva la prima stesura al mattino su un grande pannello di compensato su cui aveva incollato un porta calamaio. Sedeva in una poltrona sfondata tenendo il pannello sulle ginocchia. In seguito batteva a macchina quello che aveva scritto e faceva la revisione direttamente a macchina. Scriveva tutti i giorni.

A Monks House Virginia Woolf scrisse La stanza di Jacob, La signora Dalloway, Gita al faro, Orlando, Le onde, Tra un atto e l’altro e centinaia di racconti, saggi e recensioni.

Annie Leibovitz
Pilgrimage
traduzione di G. Arenare e C. Cavallaro
De Agostini 2011

venerdì 29 aprile 2016

la mattina dentro la quale io entro

MATTINA

Come un frutto che mostra
Aperto a metà
La freschezza del centro
Così è la mattina
Dentro la quale io entro

Sophia de Mello Breyner Andresen
12 poesie tratte da Livro Sexto
traduzione di Roberto Maggiani
Semicerchio - rivista di poesia comparata
XXXIX 2008


MANHÃ

Como um fruto que mostra
Aberto pelo meio
A frescura do centro
Assim é a manhã

Dentro da qual eu entro

sabato 23 aprile 2016

La pioggia crea la sua notte

La pioggia crea la sua notte, lunghe mattinate con le lampade
    accese.
Erba lunga di spiaggia incollata al pavimento vicino alle tue
    scarpe,
polline della scorsa estate si alza da zanzariere bagnate.

Questo è ordine, questi cumuli che riempiono spiazzi fra noi,
indumenti aggrappati alle sedie, le tue scarpe in un guscio
   di fango.

La pioggia forte ha un odore come se venisse dalla terra.
La luce umana dentro le nostre finestre, calma aranciata
di stanze viste dall'esterno. Il posto dove ci diamo da soli,
dandoci al sonno. Circondati dalla garanzia verde di una foresta,
dal tulle di ferro di cielo e mare,
mentre la notte, la pioggia, fila giù attraverso gli alberi.


Anne Michaels
Quello che la luce insegna
traduzione e cura di Francesca Romana Paci
Giunti 2000

Rain Makes Its Own Night
Rain makes its own night, long mornings with the lamp left
on.
Lean bean grass sticks to the floor near your shoes,
last summer’s pollen rises from damp metal screens.

This is order, this clutter that fills clearings between us,
clothes clinging to chairs, your shoes in a muddy grip.

The hard rain smells like it comes from the earth.
the human light in our windows, the orange stillness
of rooms seen from outside. The place we fall to alone,
falling to sleep. Surrounded by a forest’s green assurance,
the iron gauze of sky and sea,
while night, the rain, pulls itself down through the trees.

martedì 5 aprile 2016

mi sono affidato alla custodia di questa mattina piovosa

Pioggia

Mi sono svegliato stamattina con
una gran voglia di restare tutto il giorno a letto
a leggere. Ho cercato di combatterla per un minuto.

Poi ho guardato fuori dalla finestra alla pioggia.
E mi sono arreso. Mi sono affidato totalmente
alla custodia di questa mattinata piovosa.

Rivivrei la mia vita un'altra volta?
Rifarei gli stessi imperdonabili errori?
Sì, se appena potessi, sì. Li rifarei.


Raymond Carver
Racconti in forma di poesia
traduzione di Riccardo Duranti
minimum fax 1999


Rain

Woke up this morning with
a terrific urge to lie in bed all day
and read. Fought against it for a minute.

Then looked out the window at the rain.
And gave over. Put myself entirely
in the keep of this rainy morning.

Would I live my life over again?
Make the same unforgiveable mistakes?
Yes, given half a chance. Yes.

domenica 22 novembre 2015

L'impossibilità di non scrivere: Marina Cvetaeva e la poesia

La vita di una donna che per prima cosa ogni mattina, mettendo da parte tutte le faccende e le urgenze, a mente fresca, e pancia vuota, scrive. “Si versava una tazzina di caffè bollente e la posava sullo scrittoio, al quale andava ogni giorno della sua vita, come un operaio alla macchina: con lo stesso senso di responsabilità, ineluttabilità, impossibilità di fare altrimenti”.

L’impossibilità di non scrivere ha segnato la vita di Marina Cvetaeva, nella povertà, nell’esilio, nella mancata pubblicazione dei versi, durante la Rivoluzione, durante la morte della sua figlia più piccola, nella sparizione degli amici, degli amori, e nella solitudine più dolorosa. Anche nella giovinezza allegra, quando le serviva molto poco per essere felice: “A Dio io chiedo / una stanza – qualunque – / un buco – da sola! – / un posto – per me! – / quattro pareti per / il silenzio”.

(...)

Marina Cvetaeva, che aveva pubblicato la prima raccolta di poesie a diciott’anni, scriveva come gli altri respirano, per restare viva. “Perché scrivo? Scrivo perché non posso non scrivere. Alla domanda sullo scopo – risposta sulla causa. E non può essercene altra”. Osservare e descrivere, cercare la verità, contemplare, scolpire. Per fare questo aveva un bisogno carnale delle parole degli altri (“trovate parole che mi incantino, credo soltanto agli incantesimi”), si innamorava di tutti, tendeva le braccia, inondava le persone e chiedeva loro di inondarla. Cercava interlocutori alla sua altezza, persone che sapessero ascoltare, cercava un’eco alle sue parole, un’anima gemella vivente, o più di una, aveva bisogno di versi e di scintille, ma le persone si stancavano in fretta della fatica a cui lei costringeva la loro mente e tutti i muscoli dell’anima, e si ritraevano spaventate, stordite.

Un bellissimo ritratto di Marina Cvetaeva scritto da Annalena Benini
tratto dal blog minimaemoralia

martedì 16 giugno 2015

Estate, stagione delle albe senza rumore

Estiva

Distesa estate, 
stagione dei densi climi

dei grandi mattini 
dell'albe senza rumore -

ci si risveglia come in un acquario - 
dei giorni identici, astrali,

stagione la meno dolente 
d'oscuramenti e di crisi,

felicità degli spazi, 
nessuna promessa terrena

può dare pace al mio cuore 
quanto la certezza di sole

che dal tuo cielo trabocca, 
stagione estrema, che cadi

prostrata in riposi enormi, 
dai oro ai più vasti sogni,

stagione che porti la luce 
a distendere il tempo

di là dai confini del giorno, 
e sembri mettere a volte

nell'ordine che procede 
qualche cadenza dell'indugio eterno.

Vincenzo Cardarelli
Poesie
Mondadori 1942

lunedì 1 giugno 2015

ora sto scrivendo più rapidamente e liberamente di quanto non mi sia mai accaduto in vita mia

Sono scossa come una vecchio bandiera per via del romanzo. Si tratta di To the Lighthouse. Penso che valga la pena di dire a mio proprio vantaggio che finalmente finalmente, dopo la battaglia di Jacob's Room, dopo il tormento - un tormento continuo eccetto la fine - di Mrs Dalloway, ora sto scrivendo più rapidamente e liberamente di quanto non mi sia mai accaduto in vita mia; molto di più - venti volte di più - che per qualsiasi altro romanzo. Questa è la prova che sono sulla strada giusta, credo; e quale che sia il frutto maturato della mia anima, esso deve essere raggiunto per questa strada. È buffo ma ora invento delle teorie secondo le quali la fertilità e la facilità sono l'essenziale: mentre un tempo mi dichiaravo a favore di uno sforzo di concisione, di nitore. In ogni caso vado avanti così per tutta la mattina; e faccio una fatica del diavolo a non spronare il cervello per tutto il pomeriggio. Vivo completamente immersa in questo libro e quando risalgo piuttosto faticosamente alla superficie sono spesse incapace di trovare qualcosa da dire mentre passeggio intorno allo Square; non è una buona cosa lo so. Forse però può essere un buon segno per il libro. Naturalmente conosco benissimo tutto questo: è stato così per tutti i miei romanzi. Ora riesco a far affiorare ogni cosa alla superficie; e "ogni cosa" significa una folla e un peso e una confusione in testa.

Martedì 23 febbraio 1926


Virginia Woolf
Diari. 1925-1930
a cura di Bianca Tarozzi
BUR 2012