mercoledì 31 dicembre 2014

Tutto intorno all'orizzonte c'è solo una profonda notte stellata

Ora ogni segno del giorno è svanito. Tutto intorno all'orizzonte c'è solo una profonda notte stellata. La luna corre senza soste lungo la sua traiettoria circolare (...) E' come se ci dissolvessimo nel chiaro di luna, come se il chiaro ci inghiottisse (...) sembra che la luce mi segua ovunque. La nostra coscienza è pervasa del suo splendore, come se venissimo attirati nella luna stessa. Non possiamo sfuggire allo splendore.

Christiane Ritter
Una donna nella notte polare
traduzione di Gian Paolo Milli
Marvino 1953

martedì 30 dicembre 2014

Brillano per un attimo i nomi poi a un tratto si spengono

XVI

Alla fine del secolo: la strada così breve
il tempo così basso - come un cielo -
su una strada angusta. Brillano per un attimo i nomi
poi a un tratto si spengono.
Sono muti sul buio doppio del mille.
Erano nel crinale del tempo
a gonfiare un'attesa sulla carta dei libri.

Alla cima del secolo non resta che lo spazio.
La cima ha fatto spazio
rodendo piano le ere
ha declinato gli anni con un suono di sabbia
grano a grano in un secco ablativo.
30 dicembre del 99: perché esista una rima
bisogna recidere le cifre.


Ajaccio 1993 – Roma 1999
Antonella Anedda
Notti di pace occidentale
Donzelli editore 1999

lunedì 29 dicembre 2014

Ti distendi e respiri nei colori

Inverno a Luino

Ti distendi e respiri nei colori.
Nel golfo irrequieto,
nei cumuli di carbone irti al sole
sfavilla e s’abbandona
l’estremità del borgo.
Colgo il tuo cuore
se nell’alto silenzio mi commuove
un bisbiglio di gente per le strade.
Morto in tramonti nebbiosi d’altri cieli
sopravvivo alle tue sere celesti,
ai radi battelli del tardi
di luminarie fioriti.
Quando pieghi al sonno
e dài suoni di zoccoli e canzoni
e m’attardo smarrito ai tuoi bivi
m’accendi nel buio d’una piazza
una luce di calma, una vetrina.

Vittorio Sereni
Frontiera
1941

domenica 28 dicembre 2014

Socchiuso tra i fogli dei giorni

Ci sarà un incubo peggiore
socchiuso tra i fogli dei giorni
non sbatterà nessuna porta
e i chiodi
piantati all'inizio della vita
si piegheranno appena.
Ci sarà un assassino disteso sul ballatoio
il viso tra le lenzuola, l’arma posata di lato.
Lentamente si schiuderà la cucina
senza fragore di vetri infranti, nel silenzio del pomeriggio invernale.
Non sarà l’amarezza, né il rancore, solo
per un attimo le stoviglie
si faranno immense di splendore marino.
Allora occorrerà avvicinarsi, forse salire
là dove il futuro si restringe
alla mensola fitta di vasi
all'aria rovesciata del cortile
al volo senza slargo dell’oca,
con la malinconia del pattinatore notturno che a un tratto conosce
il verso del corpo e del ghiaccio
voltarsi appena,
andare.

Antonella Anedda, Residenze invernali, Crocetti 2008

sabato 27 dicembre 2014

é impossibile costuire il silenzio

Non esiste uno spazio vuoto o un tempo vuoto. C'è sempre qualcosa da vedere, qualcosa da sentire. Di fatto, per quanto ci sforziamo di costruire un silenzio, non ci riusciamo (...) Fino a quando morirò ci saranno suoni. E continueranno dopo la mia morte. Non c'è da temere per il futuro della musica.

John Cage
Silence. Lecture and Writingss by John Cage
Wesleyan University Press 11961

venerdì 26 dicembre 2014

La voce più chiara è pioggia sulle tende

Sainte-Barbe du Thélat, inverno 1944

Sfumano i volti diletti, io resto solo
con un gorgo di voci faticose.
E la voce più chiara non è più
che un trepestio di pioggia sulle tende,
un’ultima fronda sonora
su queste paludi del sonno
corse a volte da un sogno.

Vittorio Sereni
Diario d'Algeria
1947




giovedì 25 dicembre 2014

l'ombra ci ha colpito indistinta vuota - e senza odio


a Mario Mormile

Non è vero che di nuovo la stanza striderà nel vento
come ora tra gli uccelli autunnali
che basterà scegliere i cenni
e oscillando sulla sedia pensare
che la pioggia disperda
il male di un intero pomeriggio.

Non sarà l'assenza di fessure di ogni vita
le foglie moltiplicate sui soffitti
il tremendo ascoltarci chini gli uni sugli altri
mentre rabbrividendo corriamo verso casa.
Nessuno ci farà percorrere di nuovo una ferita
avanti e indietro senza chiuderne il solco.

Dovremo imparare, una volta soltanto:
restare quieti
come quando d'inverno manca a lungo la luce
sapere che non c'è stata offesa
che l'ombra ci ha colpito indistinta

vuota - e senza odio.

Antonella Anedda
Notti di pace occidentale
Donzelli editore 1999

mercoledì 24 dicembre 2014

Una storia di Natale

Sono uscita di casa che era ancora buio. I lampioni e le luminarie della città illuminavano ancora le strade deserte. I milanesi dormono fino a tardi o sono tutti in vacanza? Mi sono fermata nella solita pasticceria a bere il caffè e poi a passo di crociera sono arrivata in metropolitana. L'edicola è sempre aperta e mi sono fermata a chiacchierare un po' con i due simpaticissimi edicolanti, ho comprato Repubblica e sono scesa nella galleria. Anche lì solo due persone in attesa, la metro è arrivata subito e sono riuscita a sedermi senza problemi. Avevo appena iniziato a sfogliare il giornale che una voce ridente mi ha chiamata. Era la mia amica Angela che immaginavo, invece, fosse in vacanza. Siamo scoppiate a ridere e abbiamo iniziato a parlare fitto fitto, raccontandoci gli ultimi avvenimenti. E lei mi ha raccontato la mia storia di Natale, un po' come accade nel film e nel racconto Smoke di Paul Auster e Wayne Wang, quando alla fine il tabaccaio Auggie Wren racconta allo scrittore Paul Benjamin una bella storia che diventerà un racconto.
La nostra storia di Natale inizia in metropolitana quando due amiche si incontrano e iniziano a raccontare.
Oggi Angela è in ferie, ma sta andando in ufficio per finire l'editing di un libro scritto da un vecchio, vecchissimo zio ultranovantenne che, l'anno scorso, dopo essere miracolosamente guarito dopo una lunga permanenza in ospedale, ha deciso di scrivere la sua vita e le ha dato qualche pagina di leggere. Lei lo ha incoraggiato a continuare e lui sta scrivendo la sua autobiografia a mano, con una grafia minuta e tremolante, mescolando italiano e un dialetto pugliese. 
Il tempo fugge e Angela è impaziente di mandare in stampa il libro il prima possibile. 
Alle nipoti solerti e ai vecchi zii, ai figli che stanno coi vecchi genitori anziché andare in vacanza, a quelli che odiano il Natale e preferiscono stare da soli, a quelli che non lo festeggiano perché non sono cristiani, ai bambini che credono ancora a Babbo Natale e Gesù Bambino auguri, auguri a tutti.
Perché siamo nel cuore dell'inverno e il freddo e il buio ci fanno ancora paura e abbiamo bisogno di stare vicini alle persone che amiamo o ai nostri ricordi.

E.P.

La svelata bellezza dell'inverno

Inverno
. . . . . . . . . . . .
ma se ti volgi e guardi
nubi nel grigio
esprimono le fonti dietro te,
le montagne nel ghiaccio s’inazzurrano.
Opaca un’onda mormorò
chiamandoti: ma ferma—ora
nel ghiaccio s’increspò
poi che ti volgi
e guardi
la svelata bellezza dell’inverno.
Armoniosi aspetti sorgono
in fissità, nel gelo: ed hai
un gesto vago
come di fronte a chi ti sorridesse
di sotto un lago di calma,
mentre ulula il tuo battello lontano
laggiù, dove s’addensano le nebbie.

Vittorio Sereni
Frontiera
1941

martedì 23 dicembre 2014

Cosa leggono i milanesi a dicembre

L'altro giorno ero in posta per spedire un pacchetto. C'erano tantissime persone, molti anziani, molte mamme con bambini piccoli, molti immigrati. Una vecchietta gentile cercava di aiutare un signore un po' più giovane di lei a compilare una ricevuta per una raccomandata estera. In tanti entravano a chiedere i francobolli perché il tabaccaio accanto li aveva finiti. Quel signore parlava italiano cercava di far capire alla vecchietta che non aveva bisogno di tutto quell'aiuto.
"Da dove viene?" - "E da quanti anni vive in Italia?" - "E' sposato? E quanti figli ha?" - "E perché è venuto proprio in Italia?".
Quando, finalmente, hanno chiamato il suo numero l'uomo e tutti quelli seduti intorno hanno tirato un sospiro di sollievo. I bambini intorno erano calmi e silenziosi, giocavano senza fare capricci e senza litigare. 
In quella sospensione del tempo metropolitano è entrata una ragazza minuta, con occhiali enormi, una gonna pantalone larghissima, una borsa di cuoio a tracolla e un libro della collana bianca Einaudi in mano. 
Ha iniziato a leggere con le labbra e poi via via ha alzato la voce e fermato ogni movimento intorno a sé.
Le parole di Qohélet o l'Ecclesiaste «Non si dà sotto il sole / La novità» hanno attraversato la stanza e rimbalzato sui muri e sono cadute ai nostri piedi con la velocità di una pietra e la grazia di una piuma. Rapida come era entrata la ragazza è uscita e si è mescolata ai passanti. 
Ho sopportato il resto della coda rivivendo quella scena e guardando la ragazza da più angolazioni. Perché lo aveva fatto? C'era qualcuno nascosto a riprenderla con uno smartphone? Era un'attrice? Era un po' matta? Molto sola? O forse una poetessa? O una fanatica religiosa?
La scelta del libro doveva avere un significato preciso e ancora non so darmi una spiegazione plausibile. 
Non avevo nessuna certezza ma solo molteplici ipotesi tutte plausibili.
Poi questa mattina, nella metro quasi vuota, c'era un uomo di mezza età che stava leggendo un libro della collana di saggistica Einaudi, quella bianca con il quadrato blu. Il libro era Della certezza di Wittgenstein
I lettori in metropolitana mi sorprendono sempre anche se sono ormai una minoranza dei passeggeri. Ogni 7 persone appiccicate allo smartphone a chiacchierare ce ne sono altrettante che giocano e poi un paio di lettori di libri di carta e ogni tanto qualcuno che legge sul tablet. Il vero evento è vedere qualcuno dispiegare una copia di Repubblica o del Corriere della Sera.
Ma per fortuna accade ancora. Questo non è tempo di certezze ma di dubbi reiterati perché, come scriveva Wittgenstein «Il dubbio viene dopo la credenza».
In questo dicembre nebbioso e spoglio continuo a passare tra le dita i grani delle mie incertezze che incespicano nella sabbia del tempo che passa.

E.P.

Fuori la neve, la notte azzurra

LO SGUARDO


Una sera che ti parlavo di Baudelaire,

tu mi guardavi coi tuoi occhi chiari
limpidi azzurri come l’acqua o il ghiaccio
(io sono abituato ad occhi neri,
vellutati, profondi).

Così mi guardavi anche la volta

ch'io dicevo la vera filosofia
esser la scienza
(la taverna del Lyskamm scintillava;
fuori la neve, la notte azzurra, le luci
di Gressoney; dentro si rideva
in tanti e l’amico mondano, eterno oggetto
della mia invidia, esortandoti
a sedere tra noi, mentre tu andavi
e venivi dal bar perché portassero
subito lo champagne, esclamava: “Vogliamo
te!” E chi non ti vorrebbe,
bella come un novello albero, un fiore,
seria come il cielo stellato, luminosa
come la brezza che percorre il mare!).
Tu mi rispondevi ch'eri d’accordo,
ma lo dicesti con tal sicurezza
ch'io credetti scherzassi,
                                                        e tu guardavi
appunto con quegli occhi aperti chiari
come l’acqua l’argento il ghiaccio il cielo,
il mare.

Alessandro Peregalli

da La cronaca. Poema 1939-1982 
il Saggiatore 2003

lunedì 22 dicembre 2014

Scrivere è sempre uno scrivere "dopo"

Resta comunque il fatto che scrivere, di qualsiasi argomento, per qualsiasi ragione e con qualsiasi finalità si scriva, è ed è sempre stato uno scrivere dopo. Dopo che si è imparato a scrivere, tanto per dirne una, e quindi dopo aver assunto un sia pur minimo bagaglio di nozioni, sentimenti e ricordi.
Dopo avere avvertito la necessità di scrivere: per annotare quanto non va dimenticato, per rivelarsi a se stessi, per inserire la propria testimonianza nella scia di una tradizione amata, per comunicare con gli altri. 

Giacoma Limentani
Scrivere dopo per scrivere prima
riflessioni e scritti
La Giuntina 1997

domenica 21 dicembre 2014

Sulla soglia d'inverno

Sporca pioggia sul fuoco dei boschi,
neve in tem­pe­sta al di sopra delle nebbie.

Ma oggi qual­cosa si sve­glia, pro­prio quando
si pre­su­meva di atten­dere, rischiando di invecchiare:
legni bagnati, fumo, sonnolenze
ras­se­gnate. E non c’era oriz­zonte, né gioia: le cose meste
mesta­mente acca­de­vano, rospi
cuci­nati in mille salse. Senza scopo, ora,
né rotta, qual­cosa si sve­glia, si annuncia,
che ancora c’è. E cia­scuno esce
da molte soli­tu­dini, timi­da­mente parla
con gli altri. Un attimo prima della morsa,
della stretta: sono ancora lì le tena­glie, schierati
gli armi­geri. Ma qual­cosa si sveglia,
non una forza eppure già ener­gia. Qual­cosa pulsa
da un folto di radici. Inverno, vieni,
noi siamo quasi pronti. Umili e pronti. Disarmati.

Fabio Pusterla
Folla som­mersa
Mar­cos y Mar­cos 2004

sabato 20 dicembre 2014

Il plot e la storia risiedono nelle parole e nello stile

Hanno definito i miei libri "poesie messe in prosa". Lo stesso accade ai romanzi del gigante norvegese Knut Hamsun, di José Saramago, Javier Marías ed Herta Müller. Autori differenti per i quali il linguaggio gioca un grosso ruolo, più importante della trama. Non mi sto paragonando a loro, ma secondo me il plot e la storia risiedono nelle parole e nello stile. Un binomio che può commuovere i lettori, risvegliarli, toccare le corde più profonde.

Jón Kalman Stefánsson

venerdì 19 dicembre 2014

Una stella è caduta nel mio giardino

Le stelle


Quando viene la notte,
io sto sulla scala e ascolto,
le stelle sciamano in giardino
ed io sto nel buio.
Senti, una stella è caduta risuonando!
Non andare a piedi nudi sull'erba;
il mio giardino è pieno di schegge.

Edith Irene Södergran

giovedì 18 dicembre 2014

I fogli socchiusi in una pietroburgese residenza invernale

III

Prima di cena, prima che le lampade scaldino i letti e il fogliame degli alberi sia verde-buio e la notte deserta. Nel breve spazio del crepuscolo passano intere sconosciute stagioni; allora il cielo si carica di nubi, di correnti che sollevano ceppi e rovi. Contro i vetri della finestra batte l’ombra di una misteriosa bufera. L’acqua rovescia i cespugli, le bestie barcollano sulle foglie bagnate. L’ombra dei pini si abbatte sui pavimenti; l’acqua è gelata, di foresta: il tempo sosta, dilegua. Di colpo, nella quiete solenne dei viali, nel vuoto delle fontane, nei padiglioni illuminati per tutta la notte, l'ospedale ha lo sfolgorio di una pietroburghese residenza invernale.

Ci sarà un incubo peggiore
socchiuso tra i fogli dei giorni
non sbatterà nessuna porta
e i chiodi
piantati all’inizio della vita
si piegheranno appena.
Ci sarà un assassino disteso sul ballatoio
il viso tra le lenzuola, l’arma posata di lato.
Lentamente si schiuderà la cucina
senza fragore di vetri infranti, nel silenzio del pomeriggio invernale.
Non sarà l’amarezza, né il rancore, solo
per un attimo le stoviglie
si faranno immense di splendore marino.
Allora occorrerà avvicinarsi, forse salire
là dove il futuro si restringe
alla mensola fitta di vasi
all’aria rovesciata del cortile
al volo senza slargo dell’oca,
con la malinconia del pattinatore notturno che a un tratto conosce
il verso del corpo e del ghiaccio
voltarsi appena,
andare.

Antonella Anedda
Residenze invernali
Crocetti Editore 1992

potete ascoltare Antonella Anedda che legge questa poesia 
sul sito Lyrikline - listen to the poet

mercoledì 17 dicembre 2014

È la luce che scrive

Raccontiamo quello che vediamo, dice la regola, e noi vediamo quello che sta alla luce: dunque è la luce che scrive, noi siamo la pellicola che si impressiona.
La luce modella il paesaggio, dà forma ai volti dei personaggi, passa sulle cose offrendole agli occhi.

Paolo Cognetti
A pesca nelle pozze più profonde
Meditazioni sull'arte di scrivere racconti
minimum fax 2014

martedì 16 dicembre 2014

Cos'è in fondo la poesia?

Il grande poeta ritorna

Quando la luce si riversò da uno spiraglio fra le nubi,
capimmo che il grande poeta si sarebbe mostrato. E così fu.
Scese da una limousine con le gomme bianche e vetri
fumé, quindi con andatura nitida e felpata,
entrò nella hall. Si fece silenzio. Aveva ali grandi.
Il taglio dell'abito, la larghezza della cravatta, erano datati.
Quando parlò, l'aria parve sbiancata da grida immaginarie.
Il tarlo del desiderio penetrò nel cuore di tutti i presenti.
Avevano le lacrime agli occhi. Il grand'uomo era al massimo.
"Non c'è fretta," disse concludendo la lettura "la fine
del mondo è solo la fine del mondo che conoscete."
Tipico di lui, pensarono tutti. Poi non lo si vide più,
e il mondo fu vuoto. Faceva freddo e l'aria era ferma.
Ditemi, voi laggiù, cos'è in fondo la poesia?
         
È possibile morire senza averne almeno un po'?

Mark Strand
L'inizio di una sedia
a cura di Damiano Abeni

The Great Poet Returns

When the light poured down through the holes in the clouds,
We knew the great poet was going to show. And he did
A limousine with all white tires and stained-glass windows
Dropped him off. And then, with a clear and soundless fluency,
He strode into the hall. There was a hush.His wings were big.
The cut of his suit,the width of his tie, were out of date.
When he spoke,the air seemed whitened by imagined cries.
The worm of desire bore into the heart of everyone there.
There were tears in their eyes.The great one was better than ever.
“No need to rush”, he said at the close of the reading,”the end
Of the world is only the end of the world as you know it.”
How like him,everyone thought.Then he was gone,
And the world was a blank. It was cold and the air was still.
Tell me, you people out there, what is poetry anyway?
Can anyone die without even a little?

lunedì 15 dicembre 2014

L'ultima fase nello scrivere un libro è placare i testi

L'ultima parte del lavoro l'ho dedicata ad abbreviare i testi, alleggerirli, placarli.

Marguerite Duras
La vita materiale
traduzione di Laura Guarino
Feltrinelli 1988

domenica 14 dicembre 2014

Ovunque io sia, sono ciò che manca

Preservare la compiutezza delle cose


In un prato
io sono l'assenza
del prato.
E'
sempre così.

Ovunque sia
sono ciò che manca.


Quando cammino
fendo l'aria
e sempre
l'aria rifluisce
a colmare gli spazi
in cui è stato il mio corpo.

Tutti abbiamo motivi
per muoverci.
Io mi muovo
per preservare la compiutezza delle cose.

Mark Strand
L'inizio di una sedia
a cura di Damiano Abeni
Donzelli editore 1999


Keeping Things Whole

from "Sleeping with one eye open"

In a field
I am the absence
of field.
This is
always the case.
Wherever I am
I am what is missing.

When I walk
I part the air
and always
the air moves in
to fill the spaces
where my body's been.

We all have reasons
for moving.
I move
to keep things whole.


sabato 13 dicembre 2014

Scrivere poesia è come accendere i lampioni a gas

«Quando mi siedo davanti al computer, mi coglie la disperazione!» è una cosa molto letteraria da dire. 
«Quando mi siedo davanti al computer mi sento inutile» è secondo me, un'affermazione un po' più vicina alla verità. Perché ci sono poche cose che possano far sentire più ridicoli, in questo anno del Signore 2011, del sedersi a un tavolino a scrivere un romanzo. No, in realtà eccone una: sedersi a tavolino a scrivere una poesia. 
Il ruolo dello scrittore è diventato assurdo. Forse i lettori non se ne sono ancora accorti, ma gli scrittori lo avvertono intensamente. Conosco un poeta che, se gli chiedi cosa fa nella vita, risponde «L'avvocato» anche se non lavora come avvocato da più di dieci anni. Gli sembra che starsene in una stanza di Londra, nel 2011, e dire «Faccio il poeta» sia come dire «Accendo i lampioni a gas»
 o «Sono il banditore del villaggio».

Zadie Smith
Perché scrivere
lectio magistralis tenuta Firenze il 15 2011 in occasione della quinta edizione del Premio Gregor Von Rezzori
traduzione di Marina Astrologo e Martina Testa
minimum fax 2011

venerdì 12 dicembre 2014

Come il visibile scacci di colpo l'invisibile


Quello che dell'amore resta

Tutto era bello quel mattino, privo di colore. Non fu mai più così nè prima nè dopo.

Come il visibile scacci di colpo l’invisibile come
lo spettro del tuo viso lasci un alone sul mogano dei mobili.
Quanto, mio amore che amore non sei più resista
il luogo che ci accolse:
minareti con torri di ricordo, ghiaia
per dire come iniziò la storia, come si perse
come ora sia un’ombra attica, altissima, ferma sulla sua stele.

Antonella Anedda
Il catalogo della gioia
Donzelli editore 2003

giovedì 11 dicembre 2014

Dovunque andasse camminava nel suo passato

Dove abitavano

Dovunque quel giorno andasse,

camminava nel suo passato. Scalciava tra cataste 

di ricordi. Guardava attraverso finestre 

che più gli appartenevano.
Lavoro e povertà, e fregature.
A quei tempi a sostenerli erano state le loro volontà, 

decise ad essere invincibili.

Niente sarebbe riuscito a fermarli. Neanche 

alla lunga distanza.

Nella camera del motel 

quella notte, alle prime luci del nuovo giorno, 

aprì una tendina. Vide le nuvole 

addensatesi davanti alla luna.
Si accostò 
al vetro. Entrò aria fredda
e gli posò la mano sul cuore.

Ti amavo, pensò. 

Ti amavo con devozione.

Prima di smettere di amarti.


Raymond Carver

Blu oltremare
traduzione di Pasquale Sica
Tullio Pironti Editore 1994

Where they'd live
Everywhere he went that day he walked 
in his own past. Kicked through piles 

of memories. Looked through windows 

that no longer belonged to him. 

Work and poverty and short change. 

In those days they'd lived by their wills, 

determined to be invincible. 

Nothing could stop them. Not 

for the longest while. 


In the motel room 

that night, in the early morning hours, 

he opened a curtain. Saw clouds 

banked against the moon. He leaned 

closer to the glass. Cold air passed 

through and put its hand over his heart. 

I loved you, he thought. 

Loved you well. 

Before loving you no longer. 

mercoledì 10 dicembre 2014

Lo spirito del romanzo è spirito di complessità e continuità

Lo spirito del romanzo è lo spirito di complessità. Ogni romanzo dice al lettore: “Le cose sono più complicate di quanto tu pensi”. È questa l'eterna verità del romanzo, sempre meno udibile, però, nel frastuono delle risposte semplici e rapide che precedono la domanda e la escludono. Per lo spirito del nostro tempo, o ha ragione. Per lo spirito del nostro tempo, o ha ragione Anna o ha ragione Karenin, e la vecchia saggezza di Cervantes, che ci parla della difficoltà di sapere e dell'inafferrabile verità sembra ingombrante e inutile.
Lo spirito del romanzo è lo spirito di continuità: ogni opera è la risposta alle opere che l'hanno preceduta, ogni opera contiene tutta l'esperienza anteriore del romanzo. Ma lo spirito del nostro tempo è concentrato sull'attualità, che è così espansiva, così ampia, da escludere il passato dal nostro orizzonte e ridurre il tempo al solo attimo presente. Preso in questo sistema, il romanzo non è più opera (cosa destinata a durare, a congiungere il passato all'avvenire), ma un'avvenire di attualità come tanti altri, un gesto senza domani.

Milan Kundera
L'arte del romanzo
traduzione di Ena Marchi
Adelphi 1988

martedì 9 dicembre 2014

Il poeta cambia il nome delle cose

Cambio di nome

Agli amanti delle belle lettere
Faccio arrivare i miei migliori desideri
Cambierò il nome ad alcune cose.

La mia posizione è questa:
Il poeta non rispetta la sua parola
Se non cambia i nomi alle cose.

Per quale ragione il sole
Deve continuare a chiamarsi sole?
Chiedo che si chiami Micifuz
Quello degli stivali delle sette leghe!

Le mie scarpe sembrano bare?
Sappiano che d’ora in avanti
Le scarpe si chiamano bare.
Si comunichi, si annoti, e si pubblichi
Che le scarpe hanno cambiato nome:
Da questo momento si chiamano bare

Bene, la notte è lunga
Ogni poeta che ha stima di se stesso
Deve avere il suo proprio dizionario
E prima che mi dimentico
Allo stesso dio bisogna cambiargli nome
Che ognuno lo chiami come voglia:
Questo è un problema personale


Nicanos Parra
La cueca larga 
1958
traduzione di Carmelo Pinto
dal sito Nuovi Argomenti


Cambios de nombre

A los amantes de las bellas letras
Hago llegar mis mejores deseos
Voy a cambiar de nombre a algunas cosas.

Mi posición es ésta:
El poeta no cumple su palabra
Si no cambia los nombres de las cosas.

¿Con qué razón el sol
Ha de seguir llamándose sol?
¡Pido que se llame Micifuz
El de las botas de cuarenta leguas!

¿Mis zapatos parecen ataúdes?
Sepan que desde hoy en adelante
Los zapatos se llaman ataúdes.
Comuníquese, anótese y publíquese
Que los zapatos han cambiado de nombre:
Desde ahora se llaman ataúdes.

Bueno, la noche es larga
Todo poeta que se estime a sí mismo
Debe tener su propio diccionario
Y antes que se me olvide
Al propio dios hay que cambiarle nombre
Que cada cual lo llame como quiera:
Ese es un problema personal.

lunedì 8 dicembre 2014

Dicembre, aria di neve e caffè tostato

Era una di quelle sere di dicembre con il cielo senza nuvole e l'aria che sapeva di neve e caffè tostato.

Renato Olivieri
Villa liberty
(un'inchiesta del commissario Ambrosio)
Mondadori 1993

domenica 7 dicembre 2014

La magia del paesaggio collinare

C'è qualcosa di magico e soprannaturale nel paesaggio collinare, che affascina la mente e i sensi. Si dimentica ogni cosa, si dimentica il proprio io, non si sa più dove si è.

Jean-Jacques Rousseau
Giulia o la nuova Eloisa
BUR Classici 1992

sabato 6 dicembre 2014

Susan e Thomas si incontrano sulla montagna incantata

Leggere e ascoltare musica: trionfi del mio uscire da me stessa. Che quasi tutto ciò che ammiravo fosse prodotto da persone che erano morte (o vecchissime) o provenienti da un altro luogo, idealmente l'Europa, mi sembrava inevitabile.
Accumulavo dèi. Ciò che Stravinskij era per la musica, Thomas Mann lo diventò per la letteratura. Nella mia grotta d'Aladino, la Pickwick, l'11 novembre 1947 - prendendo in questo momento il libro dallo scaffale trovo la data scritta sulla pagina di risguardo in quel carattere corsivo che andavo allora praticando - comprai La montagna incantata
Lo iniziai quella sera, e per le prime sere ebbi problemi a respirare mentre leggevo. Perché quello non era semplicemente un altro libro che avrei amato, ma uno di quei libri che trasformano, una fonte di scoperte e riconoscimento.
L'Europa intera fece irruzione dentro la mia testa - a patto però che iniziassi a celebrarne il lutto.

Susan Sontag
Pellegrinaggio
traduzione di Paolo Dilonardo
Archinto 1995

venerdì 5 dicembre 2014

Un frammento di tempesta tra i pianeti

Lingua 

Non hai bara da trascinare sulla neve, 
ma un cane che trema nel buio. 

Madre-lingua sei triste 
l’aglio si fa nero nel rame. 

Il rombo dal camino sale. 
I venti si confondono 
Eolo soffia e Babele vive. 

Figlia-lingua: scricchioli a ginepro. 
Il tuo brivido alla nascita 
è un frammento di tempesta tra i pianeti 

 e le nuvole, le nuvole ciecamente corrono 
 cancellando dai cieli ogni genealogia. 

Antonella Anedda


Dal balcone del corpo 
Mondadori 2007

Limba 


Non tenes baùle ‘e istrisinare in supr’e nie 
Ma unu cane a trémula in s’iscuriù 

Limba-matre ses triste 
S’azu s’inniéddigat in sa sartàine 

Sa mùghit’anziat 
Sos ventos si coffundent. 
Eolo survat et Babele s’isparghet. 

Fiza-limba tràchitas a ghineperu 
Una tremita tua naschinde 
Est ch’astula de livrina in mes’a isteddos 

et sas nues, sas nues a sa thurpas fughint 
iscanzellande dae chelu onzi zenìas 





Tongue 

You own no coffin to drag across the snow, 
just a dog shivering in the dark. 

Mother-tongue you’re heavyhearted; 
garlic blackens in the copper pan. 

A low drone rises from the hearth. 
Winds tangle throughter and findrinny. 
Aeolus blows but Babel’s left alive. 

Daughter-tongue: creak of the juniper. 
Your shudder at birth’s a shard chipped off 
a storm among the planets 

and the clouds, the clouds blindly race 
obliterating from the skies 
all trace of lineage. 


translated from the Logudorese by Jamie McKendrick
international literary magazine www.formafluens.net 

giovedì 4 dicembre 2014

Nella mia lieve tunica di fuoco

È rimasta laggiù, calda, la vita,
l’aria colore dei miei occhi, il tempo
che bruciavano in fondo ad ogni vento
mani vive, cercandomi…
Rimasta è la carezza che non trovo
più se non tra due sonni, l’infinita
mia sapienza in frantumi. E tu parola
che tramutavi il sangue in lacrime.
Nemmeno porto un viso
con me, già trapassato in altro viso
come spera nel vino e consumato
negli accesi silenzi…
Torno sola…
tra due sonni laggiù, vedo l’ulivo
roseo sugli orci colmi d’acqua e luna
del lungo inverno. Torno a te che geli
nella mia lieve tunica di fuoco.


Cristina Campo
La Tigre Assenza
Adelphi 1991

mercoledì 3 dicembre 2014

Il posto dello scrittore nel libro che sta scrivendo

Qual era il posto dello scrittore nel libro? Non riusciva a capirlo. 
Bisogna sempre sapere da dove viene la voce di chi scrive, quando si scrive. È decisivo! Il suo problema, scrivendo, era di lasciare fare alla storia, che si scrivesse da sola insomma, ma proprio per questo doveva ritagliarsi il suo posto in quel farsi. E disfarsi. Un posto nel libro.

Sandra Petrignani
Marguerite
Neri Pozza 2014

martedì 2 dicembre 2014

Come un ramo curvato da molte nevi

Devota come un ramo

Devota come un ramo 
curvato da molte nevi 
allegra come falò 
per colline d'oblio, 
su acutissime lamine 
in bianca maglia di ortiche, 
ti insegnerò, mia anima, 
questo passo d'addio... 

14 Dicembre 1957 

Cristina Campo 
“ La Posta Letteraria del Corriere dell’Adda” diretta da Gianfranco Draghi