Quando hanno smesso di parlarsi le strade e le stelle? Quando le nuvole e gli alberi? Eppure oggi è questa la città, silenziosa, è questo il cielo, silenzioso. Si guardano come fanno sempre e da sempre ma hanno deciso di non comunicare, almeno per oggi, almeno per il tempo necessario a fantasticare su questo silenzio nuovo, o rinnovato, su questa mancanza di parole umane, di simboli, di ritorni.
Il cielo parla con le nuvole, con il loro movimento, ma
anche con la totale assenza di nuvole e di movimento. Le nuvole dicono le
stagioni di mezzo, primavera e autunno, la fine della stagione calda con i
temporali d’agosto, il colmo dell’inverno, quando da nuvole bianche e compatte
saltano giù fiocchi di neve via via sempre più fitti. La città parla con le
luci dei lampioni e dei negozi, parla con luci alle finestre, i clacson in
strada e il rombo delle auto. La voce della città dipende sempre dalle azioni
umane, la voce del cielo solo da intenzioni celesti di esseri invisibili e a
noi sconosciuti. Quando le luci e le nuvole si incontrano nascono bizzarre
creature alate che si divertono a portare scompiglio. Quando il cielo parla con
le stelle, lo fa solo di notte, quando le stelle cercano di entrare in contatto
con le finestre e quello che nascondono, o svelano, alla vista. Sono curiose le
stelle delle attività umane, ma possono avvicinarsi solo quando il buio è
calato e noi umani siamo perlopiù chiusi nelle nostre case a preparare la cena,
a guardare la televisione, a riposarci dopo una giornata di lavoro. Sono
invidiose le stelle dei racconti delle nuvole che ci vedono agire durante le
ore diurne, ci vedono passeggiare alla luce del sole, chiacchierare, cantare,
giocare e correre. Di notte siamo illuminati dai lampioni e dalle lampadine,
non dalla luce dell’unica stella abbastanza vicina da illuminare tutto questo
nostro mondo. Le stelle, il firmamento, sono invidiosi di quest’unica stella
che può starci vicino senza consumarci. Ma loro, le altre stelle, lanciano i
loro raggi e li inseguono sperando di arrivare in tempo, prima di esplodere,
prima della nostra estinzione, prima che il tempo finisca, ma non sempre ci
riescono.
La perfezione senza
le sillabe
Nel silenzio della città
e del cielo prendo in
prestito i suoi versi e
mi fermo ad ascoltare
il loro suono e un’altra
città si dispiega davanti
ai miei occhi e io sono
qui e anche laggiù, mentre
è tutto questo silenzio
che accompagna il giorno
e la sua fine che è certa
mentre la notte è scesa
e questo silenzio è anche
il mio silenzio, il tuo silenzio,
nessuna sillaba arriva a
cambiarne la perfezione.
Ecco che un altro giorno di gennaio è trascorso tra lavori
domestici, riposo e libri. Ho sentito così forte in me questo silenzio quando
il mio amico Danilo mi ha letto la poesia Comizio
di Pasolini, che ho dovuto prenderne un verso e utilizzarlo per il titolo di
questa Cronaca 685 di sabato 22 gennaio del terzo anno senza Carnevale. Anche
se il Brasile ha deciso di posticipare le sfilate dei carri in aprile, forse
potrò scrivere le Cronache dagli anni con il Carnevale in ritardo?
1 commento:
belle chronique sur le silence de la nuit, et belle évocation de celui de deux amants
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