domenica 31 maggio 2020

Cercare ogni mattina il bello del mondo/27: J.S. Bach - Cantata BWV 54 "Widerstehe doch der Sünde" (J.S. Bach Foundation)


Cronache dall’anno senza Carnevale/84: scegli la lavanda impazzita di luce, scegli il rosso sangue del melograno

Esiste un luogo dove tutti gli alberi sono vivi e dove ogni albero custodisce il ricordo di chi lo ha amato. Non solo le querce centenarie, gli ulivi millenari del Mediterraneo, ma anche lecci e pini, palme e carpini, abeti e aceri. Sono creature molto affettive gli alberi, nelle profondità della terra intrecciano relazioni con colonie di funghi e formiche, le fronde al vento dialogano con nuvole e rondini. Parlano, parlano senza sosta gli alberi.

Uno dei giorni migliori per parlare con un albero è la domenica, soprattutto d’estate. Meglio allontanarsi dalla città silenziosa e cercare un colloquio con l’enorme fico con non vedrò mai più. Una delle magie delle Montagne della Nebbia è proprio quella di poter evocare a proprio piacimento un albero che abbiamo amato e vederlo apparire proprio com'è nel mondo della città silenziosa.

Buon mattino maestoso fico! - ad alta voce glielo dico come se fosse sordo.

Buongiorno a te signora, a cosa devo questa visita inaspettata? – mi risponde.

Ecco, volevo solo salutarti, sono andata via l’ultima volta senza farlo, ancora non avevi perso tutte le foglie della stagione passata e il profumo della tua linfa mi avvolgeva come se fosse ancora estate. – proseguo.

Sì, ho visto che non sei tornata, ma ho anche sentito che continuavi a pensarmi, non basta sparire per non essere visto, so che mi hai amato, nella bizzarra maniera in cui voi umani amate noi vegetali. – prosegue il fico pensoso.

Ti porto nel mio cuore, ti porto nel teatro della mia mente, oggi ti ho portato qui ai piedi delle Montagne della Nebbia. Ti piace questo giardino da cui puoi contemplarle? – proseguo io, cercando di fargli accettare questo inaspettato trasloco.

Mi piace e ti ringrazio signora dai lunghi capelli neri, così come mi piaceva quando venivi a respirarmi d’estate e a staccare quei fichi rossi e mielati che ancora gli uccelli non avevano divorato. Era come ricevere un pizzicotto o un piccolo solletico quando ne staccavi uno. Vedevo come le tue belle mani dalle lunghe dita si imbrattavano e tu ti divertivi a sentire com'era appiccicoso il mio sapore e dolce il mio frutto. Abbiamo amoreggiato a lungo, mia signora. Ma quella stagione è finita e un’altra se ne apre per ciascuno di noi. Qui starò bene e sapere che mi ricordi, mi cullerà stagione dopo stagione, sino a quando non sarò troppo vecchio per quel mondo di sensi e desideri e allora resterò solo qui dove tu mi hai invitato. – continua il fico meditabondo.

Tornerò da te alla prossima pioggia, ti guarderò dalla finestra aperta, l’acqua scivolerà sulle tue foglie e insieme scintillerete quando il temporale sarà finito. – questo dico al grande albero di fico che già si sta stirando e guardando intorno, forse spera anche lui di rivedere quel bassotto che tanto abbiamo amato, chissà forse insieme riusciremo ad attirarlo qui, a rubare i fichi dai rami più bassi e poi correre in tondo, felice, per tutto il giardino.

È talmente dolce l’aria che mi avvicino ai cespugli di lavanda, dove le api sono una nuvola d’oro e il profumo non è solo quello del fiore ma è già di miele. Apro il mio libro e leggo le mie stesse parole.


Lunario secondo: maggio

Nel sogno il camino era
sempre acceso nel cuore
della casa mentre la pioggia
scavava tenace le sue
fondamenta. Ho conosciuto
molte vite intessute
dalla storia e ho vissuto
anche per chi non ha
avuto la grazia del tempo.
Ho attraversato il campo
e strappato i vestiti scendendo
tra le rose. Di nuovo sarà
il maggio odoroso. Saremo
lievi, api gioiose e un po’
ubriache, sarà il miele, sarà
il tuo arrivo a scegliere
i petali e a darmi il respiro.
Sarà luce priva di artigli
e nuvola in cammino nel
giusto orizzonte privo
di cielo.

Da quel giardino che ho perduto e ricreato qui nel mio angolo sull'Altipiano, vado a passeggiare sul sentiero delle querce dove tante volte sono stata con i miei amici più cari. Ora, lungo i due crinali, è tutto un fiorire di papaveri, quelli che ho raccolto in una primavera sfuggita nel tempo, dormono tra le parole di un grande poeta. Papavero e memoria, papaveri e parole, eccomi torno a voi con questa poesia.


Le spighe immobili del tempo

Quelle rose e le ortensie,
le spighe di grano immobili
nel tempo che le ha viste
fluttuare nella luce. Di quel
tempo sono testimoni, di
un’estate che ha sconfitto
il gelo nel sole e portato
al suo culmine lo sfiorire
delle rose dimentiche dei
petali e addormentate nel
silenzio delle api, ebbro
di miele e di fiori mai sbocciati.


Il poeta mi ha seguito nella passeggiata. Si diverte molto a vedere che non rinuncio alle storie anche quando scrivo poesia.

Ho preparato delle note per te – mi dice – so che le apprezzerai. Ho scritto talmente tanto che ho bisogno di condividere quelle mie parole.

Grazie, sai che leggerò. Ogni immagine è una parola, ogni metafora un verso. Mi piace che le tue e le mie parole possano cambiare posizione e noi prospettiva parlando così tanto come facciamo, giorno dopo giorno. – gli dico quasi senza guardarlo, perché la vista non sempre ha bisogno di uno sguardo che la sostenga.

Com'è dolce quest’aria, quanto è bello il paesaggio, com'è facile respirare in tutto questo vento, come sono fortunati gli occhi che godono di tutta questa bellezza.

Come spesso accade, il poeta sembra leggere nel mio pensiero e dice di me ciò che io dicevo ai prati.


Tu che mi chiami con il mio nome segreto

Come sono fortunati gli occhi che
ti hanno guardata, alba dopo
alba, e tramonto dopo tramonto,
quel momento preciso dove
la luce muta e tu, diventi
splendente e luminosa o rifletti la luce
degli astri e della luna. Ma né il sole,
né la luna, sanno quello che il mio
sguardo vede anche con gli occhi
chiusi. Tu sei radiosa come la stella
più grande e giri nel cielo sopra
di me e mi chiami col mio nome
segreto.


Continuiamo la nostra passeggiata, la luce è sempre più morbida e il vento vibra con le nostre emozioni e possiamo scegliere se continuare fino alla casa dell’estate o aspettare ancora qualche giorno. Perché arriverà l’estate e arriveranno le risposte, forse non tutte, ma arriveranno con il grano maturo e il mio sguardo riflesso nel tuo.


È tutto qui il tempo che viene


Scegli l’estate, scegli ogni giorno aperto
sul prato, la lavanda impazzita di luce,
il rosso sangue del melograno.

Senti quanto profuma il gelsomino
notturno, quanto il glicine sia pervicace,
questo lo senti?

L’ibisco rosso si annuncia con una macchia
nel verde profondo, lacero gioca con
l’oleandro.

È tutto qui il mio giardino, è tutto qui
il tempo che viene.




Le poesie di questa cronaca sono mie.
Lunario secondo: maggio e Le spighe immobili del tempo sono tratte dalla raccolta Scrivere il vento. Atì editore 2016.
Tu che mi chiami con il mio nome segreto è inedita e l’ho scritta apposta per questa cronaca.
È tutto qui il tempo che viene è tratta dalla mia ultima raccolta Un’estate invincibile. Atì editore 2019.

sabato 30 maggio 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/83: l’Oracolo parla con una voce antica che è fatta di silenzio


L’Oracolo aspetta la notte per manifestarsi. Un fuoco è la sua dimora, la sacerdotessa ci porta da lui purché restiamo in silenzio perché è il silenzio che alimenta il fuoco della conoscenza.

Ci sono mille lucciole che ci indicano la strada, le ha chiamate la sacerdotessa che sussurra un’invocazione e raccoglie erbe e fiori intorno a noi. Ha gli occhi chiusi e il suo sapiente guerriero le indica la strada con gesti, che lei vede, e parole che lui non pronuncia.


Il segreto sta proprio nel silenzio,
la parola nasce là dove il silenzio
decide di ritirarsi e a volte si
nasconde come fanno i bambini
pensando di non essere visti.

Non crediate che non ci sia
un prezzo da pagare, anche
il grano sa di dover morire per
far nascere i germogli nuovi,
il seme cade e la pianta nasce.

Voi siete come piante che
il seme già conosce, non dovete
temere né il buio che vi avvolge
ora, né la luce che vi sorprenderà
il mattino in cui voi splenderete.



L’Oracolo parla con una voce antica, parla a ciascuno di noi come se fossimo soli, l’unico che resta in disparte è il poeta, lui conosce quella voce meglio degli altri e lo saluta.

Sai che credo solo nelle retoriche e nel ritmo, perché mi inviti a unirmi a questa attesa di speranze e implorazioni? Io continuerò a scrivere poesie con te o senza di te, poco mi importa – gli dice il poeta dal suo angolo di mondo.

Io pure credo nel ritmo perché senza ritmo non ci sarebbero né poesia né amore – aggiunge il guerriero, tutto quel che accade è l’incontro tra i simili che si completano e dove uno ha un pieno risponde il vuoto della creatura amata. Tutto l’universo esiste perché due è il numero perfetto – aggiunge il guerriero.

L’Oracolo non risponde altro, si limita a fiammeggiare, si nutre delle domande, lui che ha già tutte le risposte.


Risplendo nel buio e non ho
paura, le stelle sono una corona
per la notte non per il mattino,
ho accettato che la materia fosse
una risposta provvisoria alla
nostra sete di risposte e fame
di certezze. Ma qui tutto si
muove seguendo le regole di
un canto antico di cui non
conosciamo la melodia e il
ritmo. Tentiamo di indovinare,
a volte ci riusciamo e
ci sembra di accogliere tutto
l’infinito in noi come accade
durante l’amore quando non
siamo né uno, né due, ma
tutto, tutto tra due corpi
che si amano da prima che
il tempo iniziasse la sua conta.

La sacerdotessa risponde in versi ai nostri compagni, l’Oracolo si erge tra le fiamme e sorride.
Non saprei dire se è uomo o donna, ma sorride e allora lascio il gruppo e mi avvicino.

Dimmi Oracolo, perché questo destino? Stare sempre ai margini, sospesa tra i mondi e sempre in attesa? Perché ho avuto questa voce in dono se poi nessuno ascolta quel che ho da dire?


Il grano nel campo non fa domande, né il fiore di ciliegio si rammarica di dover morire per lasciare spazio al frutto che adoriamo. Rassegnati cara narratrice, se sai raccontare storie questo devi fare. Continua a cercare tra le vie della città non più silenziosa, tutti abbiamo bisogno di storie e di poesie. Voi qui siete in molti e siete due per ogni angolo del mondo, due per ogni punto cardinale e potete riposarvi a scambiare il posto con le aquile e i lupi, le tigri e il puledro con la volpe. Certo una coppia manca, ma sta per arrivare. Se l’Oriente appartiene al re e alla regina, se il Nord è tuo e del poeta, se l’Occidente è della sacerdotessa e del guerriero chi saranno i due che regneranno alla porta meridionale, quella che si bagna nei mari caldi che voi chiamate Mediterraneo?


Lo sapevo Oracolo che non ci avresti dato risposte, ma altri enigmi e misteri. Questa è la tua natura, non puoi fare altro, come la mia è scrivere poesie e lanciarle nel vento – dice il poeta.


Qui sono provvisorie tutte
le parole, la casa oscilla tra
i due soliti colori ora che
l’alba si avvicina. Credimi
vorrei tenere ferme queste
onde di luce, ma l’energia è
più forte delle mie mani, così
accetto di essere un foglio più
che il libro intero e ti lascio
girare pagina dopo pagina e
poi tornare indietro, perché
il segreto è questo indice
inesistente che muta come
i tempi dell’aurora, non
tornerai mai più sugli stessi
passi né a bagnarti nello stesso
fiume, la parola pronunciata
non è quella che ho scritto,
né tanto meno quella che tu
hai ascoltato. Meglio assecondare
il silenzio e cedere alle sue
lusinghe perché il nome che mi
avrà dato sarà la porta verso
quell'universo nuovo di cui si
parla sottovoce.

Il fuoco dell’Oracolo si dissolve, il guerriero sta abbracciando la sacerdotessa e il poeta si avvicina e apre le braccia mi stringe sul cuore. Ci chiediamo entrambi chi saranno i nuovi abitanti di questo mondo sospeso tra i mondi. Forse il re e la regina lo sanno, vedo le loro sagome in controluce avanzare verso di noi.

Le rondini e gli uccellini del mattino hanno requisito l’aria, andiamo, andiamo anche noi a respirare liberi e felici.

Cercare ogni mattina il bello del mondo/26: Tom Jones & Mousse T - Sexbomb (Official Music Video)


venerdì 29 maggio 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/82: il tuo profumo qui nella carta resta


Cammino nella brughiera, cammino
cerco i tuoi passi e l’ombra che hai
lasciato, ma qui restano solo impronte
stellate che nessuno di noi riconosce,
chi poteva immaginare che il cammino
sarebbe stato un fiume e la tua parola
un oceano che non trova ancora il suo
confine?

Cammino, nella brughiera cammino tra
eriche e ginestre e il cammino è uno
strapiombo sull'oceano dove mi fermo
a guardare le onde immobili del tempo
che si fronteggiano senza che nessuna
possa prevalere e scavalcare quel muro
di acque silenziose nella loro furia
primigenia.

Cammino e cammino, tu sei arrivato
con le tue pesanti casse di manoscritti
e libri, mi hai detto che le parole riposano
nell'aria e il sapiente le sfiora e poi le
convince a planare su una pagina e lì
restare senza remora o timore, non
tutte accettano quell'ultimo volo
più di farfalla che di aquila maestosa.

Mi fermo e taccio, guardo le ali splendenti
delle parole in volo, i corpi si formano
e si sciolgono al ritmo di un canto che non
conosco, gli alfabeti si scontrano e
nascono intenti più che parole nuove, lo
so perché le sillabe sono fili intrecciati
di luce, il poeta lo sa, come lo sa
la nostra narratrice.


Ho incrociato la sacerdotessa mentre vagavo per la brughiera, lasciava scivolare dalle tasche della sua ampia veste foglietti come ho già visto fare al re. Mentre eravamo vicine sul sentiero mi ha passato una pergamena vergata con grafia elegante. Ha detto poco come sempre e si è girata verso il sapiente guerriero che la segue seminando altri fogli. Quando li guardo incedere accanto mi sembra di vedere un sole e il suo pianeta che sovente si scambiano di posto e si illuminano l’un l’altro. Raccolgo da terra un’altra pergamena e queste sono le parole che il sapiente guerriero ha scritto per la sua sacerdotessa.


Il vento ci gira intorno come
un lupo fa con la sua preda.
Non indietreggia, non avanza,
cerca uno spiraglio tra i nostri
cuori dove potersi incuneare.

Oh stolto vento, sei forse
l’unico a non avere compreso
che non ci sono spazi tra
due cuori che si amano da
prima che il tempo iniziasse?

Si arrende il vento e ci
gira intorno non per separare
ma per avvolgere le parole
misteriose degli amanti
felici che hanno occhi di stelle.

Quanto sono delicate le dita
di questo vento che non
conosce altra lingua che
quella dell’amore e della
notte e il tuo silenzio.



Conservo anche questa poesia, la porto in casa con me, apro il cofanetto delle carte sparse e constato che c’è ancora spazio nonostante le lettere del re alla regina. I due amanti non sono ancora tornati, nessuno li ha più visti da ieri.


Benedetto sia il Signore di tutte le acque 
e di ogni cielo, tue sono le stelle e 
il vento si accuccia ai tuoi piedi e 
gli alberi tessono le tue lodi con voci 
profonde e la terra tutta si inchina 
alla gloria di questo creato che 
cresce sotto le tue mani sapienti 
mentre la tua sposa tesse lo stesso 
mondo con altra materia e 
diversi colori.


Aggiungo le mie parole a quelle conservate tra i legni orientali che profumano di spezie e mentre sto per chiudere il coperchio è il poeta a consegnarmi il suo componimento.


Guardo la casa che di lontano
appare azzurra e chiara, nessuno
si muove intorno e io aspetto
un gesto della gatta sul davanzale.

Il segnale è quello che cercavo,
un sogno rimasto appeso tra
i fogli che ho strappato, la gatta
gioca con i suoi fantasmi e tace.

Così non fanno le mie parole,
si stendono come panni alle
finestre, cercano il sole e
il vento, sorridono al gelsomino.

Così piano stacco un fiore e lo
annuso, piego questo foglio e
la parola precede il gesto, il tuo
profumo qui nella carta resta.


Oggi va così nella Casa delle Parole, sono più Cronache dell’anima che le solite Cronache di questo tempo spiazzato.

Siamo fortunati noi che amiamo la poesia e le parole.

Siamo fortunati noi che leggiamo.

Siamo fortunati noi che studiamo.

Siamo fortunati noi che scriviamo.


Questo paesaggio è il nostro mondo, intessuto di libri e parole, se altri verranno dopo avere letto, questo mondo sarà più ampio di speranza nel giorno e di desiderio quando scende la notte.


Le poesie di questa Cronaca 82 le ho scritte tutte io nel fermento di queste settimane di gioia e sgomento.



Cercare ogni mattina il bello del mondo/25: AMA - a short film by Julie Gautier


giovedì 28 maggio 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/81: sei tu che stringi il silenzio, tu che tieni sillabe e parole

Tutti aspettavano di vederla arrivare in sella a un destriero focoso, bianco o nero non aveva importanza, tutti aspettavano di contare il numero dei suoi cortigiani, di vedere quanto belle fossero le dame e arditi i cavalieri.

Ma questo accade nelle favole, non nella città silenziosa, non ai piedi delle Montagne della Nebbia.

È arrivata! È arrivata la regina! È arrivata a piedi e scalza, con i lunghi capelli sciolti sulle spalle, un abito cremisi e uno scialle di veli intrecciati che smuoveva il vento e la faceva apparire e sparire alla nostra vista, perché i veli prendono il colore dello sfondo e la regina sembrava sbucare prima dalle nuvole, poi dal bosco, poi dal giardino, poi dal muro della casa e infine dai cespugli della brughiera. Prima che il re riuscisse ad avvicinarsi, i lupi e le aquile si sono disposti a semicerchio intorno a lei. Le tigri dal mantello cangiante quanto il suo scialle si sono sdraiate accanto ai lupi e tutto è diventato silenzio e tutto era attesa.

La narratrice, cioè io, e il poeta abbiamo smesso di scrivere e abbiamo iniziato ad aspettare. La sacerdotessa e il guerriero sapiente sono usciti dalla Casa delle Parole, in processione per introdurre il re. Il guerriero è andato a prenderla e gentilmente l’ha accompagnata dal suo sposo.

Dai racconti della sacerdotessa ho appreso che sono sposati da millenni e che da millenni si inseguono perché un incantesimo li tiene lontani. Doveva capitare che il tempo si fermasse in tutti i mondi e le aquile rispondessero al richiamo della sacerdotessa e alle implorazioni della mia voce. Il guerriero ha aperto la strada per il suo ritorno, non ha neanche dovuto combattere i draghi della notte che il silenzio estremo delle settimane passate ha fatto cadere in un sonno profondo. Ora la nostra misteriosa amica cercherà di spezzare quell'incantesimo e per farlo avrà bisogno di ciascuno di noi, della narratrice con il poeta, di se stessa con il guerriero, del re e della regina, delle coppie gioiose di lupi, aquile e tigri. Anche del puledro e della volpe che parlano la mia stessa lingua.

Felici siamo felici quassù, sull'Altipiano della Luna, perché i mondi si sono avvicinati, perché memoria e immaginazione creano insieme, perché le mie parole si intrecciano con quelle del poeta, perché la sacerdotessa studia con il suo sapiente guerriero, perché il re finalmente si è avvicinato alla sua regina seguito dalla corte delle lettere che ha scritto per lei senza poterle spedire, le serenate e le aubade che le ha scritto nei secoli e che ci ha letto sera dopo sera durante la sua attesa infinita.

Mi chiedo cosa accadrà adesso che sono finalmente insieme. Li guardo mentre si avvicinano, si abbracciano guardandosi negli occhi, si baciano mentre i veli della regina avvolgono entrambi ed entrambi spariscono dietro le folate di vento e le nebbie che scendono verso l’Altipiano.

Forse è vero, davvero, che l’amore è più forte di ogni cosa, che l’amore vince il tempo e le distanze. Per discrezione mi allontano dalla brughiera, mentre ciascuno riprende le attività prevalenti: i lupi strofinano i musi e corrono, le tigri vanno a fare il bagno, le aquile tornano nel loro nido, la sacerdotessa e il guerriero sapiente sono già chini sui loro libri. Solo il poeta se ne torna con me nella città che era silenziosa.

Vorrei scrivere la storia del re e della regina – gli dico.

E io una poesia – mi risponde.

Mi siedo dall'altro lato del tavolino e apro il mio quaderno, lui fa altrettanto con uno dei suoi taccuini intonsi.

Come passa veloce il tempo quando si scrive, com'è bello avere una prima versione compiuta per poterla correggere, come mi piace ricominciare e vedere cosa succede.

Il poeta sorride, sa di cosa sto parlando.


Parlo di te, anche quando non
pronuncio il tuo nome, sei tu
che leghi ogni lettera dell’alfabeto
a creare sillaba dopo sillaba, è
la tua mano che traccia i segni
sulla carta e i segni sono poesia
anche nelle lingue che non
conosciamo. Sei tu l’alba gioiosa
che mi viene incontro e sei tu
la notte profumata dai gelsomini.
Scrivo di te senza che il tuo nome
risuoni, mi piace ascoltare il suono
della tua voce che legge le poesie
per me e il vento. Sei tu che crei
il silenzio tra le parole e io ne
bevo come a una fonte e le mie
parole pure con quest’acqua
mistica trovano ristoro.
Taccio, non parlo e non scrivo.
Ti guardo, mi sorridi. L’ultima
parola è sempre quella: sono
arrivata, amore.


Ma questa poesia non è per il re e la regina – mi dici.

No, è una poesia per tutti coloro che amano e scrivono, per tutti coloro che soffrono la lontananza e hanno paura del futuro. Ma attraversano il fuoco e alimentano la fiamma del silenzio. I poeti possono custodire le parole e lasciarle andare allo stesso tempo, possono stringere il silenzio contro il petto e sentirlo palpitare e, poi, vederlo scappare via con i lupi nel buio della notte che viene.


La poesia dà il titolo a questa Cronaca 81: sei tu che stringi il silenzio, tu che tieni sillabe e parole e l’ho scritta appositamente oggi 28 maggio dell'anno 2020, nel tardo pomeriggio.

Cercare ogni mattina il bello del mondo/24: Don't Give Up - Peter Gabriel e Kate Bush


mercoledì 27 maggio 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/80: le parole sono città abitate da una tigre e dalle mele azzurre


Il tardo pomeriggio è sempre stato per me un momento proficuo per lo studio e la scrittura. Una volta che ho iniziato posso continuare sino a notte fonda, quando andavo a scuola e all'università, anche fino all'alba.

Inizia così “l’ora bella” della giornata che ho già evocato in queste Cronache.

Una volta che il lavoro quotidiano si ferma, conosco decine e decine di scrittori e poeti e tutti, tranne rarissime eccezioni, hanno un secondo mestiere che gli permette di vivere e di scrivere, si può scrivere con la massima libertà del tempo che è di nuovo nostro e con la massima costrizione e disciplina che qualunque attività intellettuale richiede, si può iniziare a scrivere.

Del mio lavoro dirò soltanto, per il momento, che è un lavoro molto interessante, che mi piace, che mi diverte persino e che ho avuto e ho la fortuna di poter lavorare a casa in questi mesi, perché la tecnologia consente a me e alle mie colleghe e a Beppe (l’unico uomo, perché c’è una decisa prevalenza di donne nella nostra struttura), di lavorare a distanza e anche in questo modo di fare amicizia e di lavorare bene insieme (Ciao Greta che mi leggi!)

Dunque, vivo in una bolla di mondo fortunata e molto vivace. Ma non scrivo solo per le persone che conosco, certo i principali destinatari sono amiche e amici cui voglio molto bene e con cui condivido passioni e lunghi percorsi di vita, come Danilo, Edoardo e Annalisa, Rossana, Maddalena e Lorenzo, che ho già citato nelle Cronache, come Edith che scrive e ama i libri da quando era bambina, come Maurizio con cui ho affrontato negli anni scorsi un percorso lavorativo tra i più delicati e difficili, scrivo perché amo scrivere, perché voglio condividere il mio angolo di mondo reale e immaginario con chi ama leggere.

Scrivere è sempre un colloquio, una parola scambiata, una mano tesa. Tra le tante poesie meta-poetiche che amo moltissimo, eccone una di Nina Cassian:

Poesia

Da questa matita si diparte una strada di grafite
e sulla strada passeggia una lettera, come un cane,
ed ecco una parola come una città abitata
dove forse arriverò domani.



Scrivere è sempre intraprendere un cammino e fermarsi a chiacchierare con gli altri viaggiatori e viandanti che ci hanno preceduto. Si fanno strani incontri man mano che si procede ed è ancora Nina Cassian a scriverne:


Letteratura

Una mela azzurra,
una tigre verde -
quanto basta per scriver libri di tutt’altro genere,
libri con cieli rossi,
giungle viola,
perché qui come altrove tutto si rimescola.
Oh, giocare alla Genesi, che spasso -
finché la mela rossa non riappare
e la tigre gialla striata e sinuosa non s’avventa
a sgranocchiare quanto scritto nel frattempo.


Amo l’immagine della tigre che sgranocchia le parole scritte, in maniera più ieratica e solenne anche Cristina Campo ha evocato una tigre molto particolare:


Ahi che la Tigre,
la tigre Assenza,
o amati,
ha tutto divorato
di questo volto rivolto
a voi! La bocca sola
pura
prega ancora
voi: di pregare ancora
perché la Tigre,
la Tigre Assenza,
o amati,
non divori la bocca
e la preghiera…


(La poesia della Campo si chiude con questo verso, mentre in rete ne gira una versione molto più lunga cui sono stati appiccicati versi di altre poesie.)

(Rossana, ogni volta che riprendo in mano i libri della Campo tu appari come una visione e continuiamo la nostra conversazione millenaria iniziata sui Navigli in un’altra era.)


Ecco, in questo fase storica, un giorno qualcuno studierà questa pandemia e molti tra noi potranno raccontare ai nipoti “io c’ero, sono rimasta/o chiusa in casa per undici settimane”, in questa incertezza che, in questo passaggio, in una vita che sembra uguale a quella di prima passeggiando per le strade, ci sono in più le mascherine, ma poi quando si guarda meglio, si notano i vestiti scombinati, i capelli approssimativi, e spesso gli occhi sono vacui o ansiosi, ho sentito in questi giorni che ci sono tigri che percorrono le strade e le mele azzurre non sono allucinazioni, ma pianeti di un’altra realtà che già sta accadendo.

Non possiamo mostrare i nostri sorrisi e così siamo tutti potenzialmente ostili a chi incrociamo, le belle bocche delle donne non sfoggiano i lucenti rossetti della nuova collezione estiva, niente sandali e borse da mare. Saremo capaci in questa realtà che assomiglia a quella del mondo di prima di essere diversi? Di essere la versione migliore di noi stessi? Più solidali, pieni di voglia di vivere e pronti ad affrontare una vita che viene nonostante le nostre nostalgie, quanto abbiamo da fare ancora per preservare e conservare la bellezza che ci circonda?

Non solo il paesaggio, i monumenti, i mari e i fiumi, le case antiche, i begli alberi secolari. Dobbiamo ancor più imparare a coltivare la bellezza e i doni dei bambini e dei giovani, le loro potenzialità, dobbiamo imparare a tenere in circolo la sapienza degli anziani, la maturità di noi baby-boomer che se anziani ancora non siamo presto lo saremo. Imparare ad amare tutte le età della vita nei volti di ciascuno, amare il bambino, il giovane uomo, l’uomo maturo tutti in un viso percorso di rughe e segni del tempo. Quel viso che abbiamo magari solo sognato, il viso di un padre scomparso troppo presto, di una madre che ha troppo sofferto.

Solo i bambini, i vecchi e i poeti non hanno paura delle tigri, sanno come si parla agli animali, portano il Cantico di San Francesco in ogni gesto quotidiano. Nella quotidiana gratitudine di essere vivi e di essere passati da questa terra e di averla amata.

Non scacciamo le tigri, stasera porterò la mia a fare conoscenza con i lupi e le aquile, lì ai piedi delle Montagne della Nebbia.

La sacerdotessa e il guerriero mi sorridono quando glielo dico. Si spostano appena e da dietro ognuno di loro, sbucano due tigri maestose, una è bianca, l’altra azzurra come la mela che la sacerdotessa tiene in mano.

Non conosco ancora il colore della mia, lo scoprirò tra poco e guarderò il tramonto da questa casa affollata di parole e ringraziamenti.

Si può credere o non credere in Dio, ma amare questo componimento di San Francesco non è così difficile, sono il cielo e il vento di oggi che me lo hanno riportato dal cuore.



«Altissimo, Onnipotente Buon Signore, tue sono le lodi, la gloria, l'onore e ogni benedizione.

A te solo, o Altissimo, si addicono e nessun uomo è degno di menzionarti.

Lodato sii, mio Signore, insieme a tutte le creature, specialmente per il signor fratello sole, il quale è la luce del giorno, e tu tramite lui ci dai la luce. E lui è bello e raggiante con grande splendore: te, o Altissimo, simboleggia.

Lodato sii o mio Signore, per sorella luna e le stelle: in cielo le hai create, chiare preziose e belle.

Lodato sii, mio Signore, per fratello vento, e per l'aria e per il cielo; per quello nuvoloso e per quello sereno, per ogni stagione tramite la quale alle creature dai vita.

Lodato sii mio Signore, per sorella acqua, la quale è molto utile e umile, preziosa e pura.

Lodato sii mio Signore, per fratello fuoco, attraverso il quale illumini la notte. Egli è bello, giocondo, robusto e forte.

Lodato sii mio Signore, per nostra sorella madre terra, la quale ci dà nutrimento e ci mantiene: produce diversi frutti, con fiori variopinti ed erba.

Lodato sii mio Signore, per quelli che perdonano in nome del tuo amore, e sopportano malattie e sofferenze.

Beati quelli che le sopporteranno serenamente, perché dall'Altissimo saranno premiati.

Lodato sii mio Signore per la nostra sorella morte corporale, dalla quale nessun essere umano può scappare, guai a quelli che moriranno mentre sono in peccato mortale.

Beati quelli che troveranno la morte mentre stanno rispettando le tue volontà. In questo caso la morte spirituale non procurerà loro alcun male.

Lodate e benedite il mio Signore, ringraziatelo e servitelo con grande umiltà.»




«Altissimu, onnipotente, bon Signore, tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne benedictione.

Ad te solo, Altissimu, se konfàno et nullu homo ène dignu te mentovare.

Laudato sie, mi' Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore, de te, Altissimo, porta significatione.

Laudato si', mi' Signore, per sora luna e le stelle, in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle.

Laudato si', mi' Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dài sustentamento.

Laudato si', mi' Signore, per sor'aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.

Laudato si', mi' Signore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte, et ello è bello et iocundo et robustoso et forte.

Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.

Laudato si', mi' Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore, et sostengo infirmitate et tribulatione.

Beati quelli che 'l sosterrano in pace, ca da te, Altissimo, sirano incoronati.

Laudato si' mi' Signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare: guai a quelli che morrano ne le peccata mortali;

beati quelli che trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no 'l farrà male.

Laudate et benedicete mi' Signore' et ringratiate et serviateli cum grande humilitate»


Le poesie di Nina Cassian sono tratte dal volume C’è modo e modo di sparire. Poesie 1945 – 2007. A cura di Ottavio Fatica. Traduzione di Anita Natascia Bemacchia e Ottavio Fatica. Adelphi 2013

La tigre assenza di Cristina Campo è tratta dall’omonima raccolta. Adelphi 1991