martedì 30 giugno 2015

ogni frammento è sempre più grande del tutto

credevo che il viaggio frammentasse
e che tornare ricomponesse la memoria
un semplice andata e ritorno è bastato
per farmi dimenticare che ogni frammento
è sempre più grande del tutto

Jean Portante
Aperto Chiuso
Euroma 1994

lunedì 29 giugno 2015

figlio dell’aria, della menta e del violoncello

Autoritratto
Tra computer, matita e macchina da scrivere passa
metà della mia giornata. Col tempo farà mezzo secolo.
Abito in città straniere e talvolta parlo
con sconosciuti di cose indifferenti.
Ascolto molta musica: Bach, Mahler, Šostakovič, Chopin.
Vi trovo tre elementi, forza, debolezza, dolore.
Il quarto non ha nome.
Leggo i poeti, i vivi e i morti, da loro apprendo
costanza, fede e orgoglio. Cerco di capire
i grandi filosofi – ma di solito riesco
ad afferrare solo brandelli dei loro preziosi pensieri.
Amo fare lunghe passeggiate per le strade di Parigi
e guardare i miei simili, animati dalla gelosia,
dalla brama o dall'ira, osservare la moneta d’argento
che passa di mano in mano e lentamente perde
la sua forma rotonda (si usura il profilo dell’imperatore).
Accanto crescono gli alberi, e nulla esprimono,
a parte la verde, indifferente perfezione.
Sui campi volteggiano uccelli neri
che attendono pazienti come vedove spagnole.
Non sono più giovane, ma c’è ancora chi è più vecchio                                                                                     di me.
Amo il sonno profondo, quando non ci sono,
la corsa veloce in bicicletta per la campagna, quando i                                                                               pioppi
e le case si dissolvono come cumuli in un cielo sereno.
Talvolta mi parlano i quadri nei musei
e allora l’ironia svanisce all'improvviso.
Adoro osservare il volto di mia moglie.
Ogni domenica telefono a mio padre.
Ogni due settimane incontro gli amici,
in questo modo restiamo fedeli gli uni agli altri.
Il mio paese si è liberato da un male. Vorrei
che a ciò seguisse ancora un’altra liberazione.
Potrei in ciò essere d’aiuto? Non so.
Non sono un vero figlio del mare,
come scrisse di sé Antonio Machado,
ma figlio dell’aria, della menta e del violoncello
e non tutte le strade del mondo alto
incrociano i sentieri della vita che, per ora,
mi appartiene.
Giugno 1995
Adam Zagajewski
Dalla vita degli oggetti a cura di Krystyna Jaworska
Adelphi 2012

domenica 28 giugno 2015

non ho dimenticato la luce, non ho dimenticato la gioia

O potente Santa Rita, chiamata Santa degli Impossibili, Avvocata dei Casi disperati, Soccorritrice dell'ultima ora, Rifugio e Scampo nel dolore, parlate, pregate, intercedete, per me presso il Cuore Santissimo di Gesù.
La nonna pregava per mia madre, ma io non lo sapevo.

Se hai visto la luce anche solo una volta te la ricordi per sempre. Io l'ho vista lungo la strada che portava dalla nostra piccola città al paese dove sono nati i miei.
Conoscevo a memoria ogni metro dei venti chilometri di pianura, campi di terra rossa, filari di pioppi, prati e fossi del percorso. Mentre la macchina di mio padre superava i rari camion che trasportavano fieno o maiali, io contavo le oche, i conigli e le galline che vedevo nei cortili, i cani col muso abbassato lungo gli argini, le bande di cornacchie radunate in mezzo ai prati.
A seconda della stagione guardavo scorrere dal finestrino l'erba gelata e la nebbia distesa sui campi o le grandi macchie verdi e gli appezzamenti di terra arata luccicanti nell'azzurro del pomeriggio.
Quella strada era la mia preghiera, sempre la stessa, sempre identica.
Quattro volte, percorrendola, sono caduta in estasi. Mi sono sentita invadere dalla gioia, come fossi diventata parte della terra e del cielo, ho sentito il sangue scorrermi nelle vene, l'aria gonfiarmi i polmoni, l'ossigeno irrorarmi il cervello, il cuore pulsare all'unisono con tutto ciò che mi circondava.
Ero parte del tutto, ero i campi, ero l'erba, ero gli alberi: la vita fremeva dentro di me come sull'orlo di un orgasmo. Sapevo, o credevo di sapere, che quella sensazione di gioia profonda aveva a che fare col diventare grandi e col mio futuro, che prefiguravo grandioso e felice.
Avevo dodici anni, come Maddi adesso, e immaginavo che la mia vita adulta sarebbe stata un deciso, inesorabile e ordinato cammino verso la pienezza che avevo sperimentato in quegli istanti di euforia sul sedile posteriore dell'auto di mio padre.
Le cose sono andate in un altro modo. Sono venuta a vivere in una grande città, ho sposato un uomo che ha la capacità di ferirmi, ho smesso di pregare; ma non ho dimenticato la luce.

Daria Bignardi
Santa degli impossibili
Mondadori 2015

sabato 27 giugno 2015

un riflesso, rugiada, pulviscolo e il vento un granello di sale

Non darmi tutta la verità,
non darmi il mare per la mia sete,
non darmi il cielo, quando chiedo la luce,
dammi un riflesso, rugiada, pulviscolo,
come gli uccelli portano gocce d'acqua
e il vento un granello di sale.

Olav H. Hauge 
La terra azzurra
traduzione e cura di Fulvio Ferrari
Introduzione di Idar Stegane
Crocetti Editore 2008

venerdì 26 giugno 2015

le mie parole sono un bosco piegato dalla tempesta, sono una barriera di montagne contro il fuoco devastante del giorno

Ora canta di nuovo il mio fiume interiore,
e un limpido vento spira da fresche terre notturne,
in cui vette azzurre di sogno si rispecchiano
in altri mari.

Ma cosa sono le mie parole?
Un bosco piegato dalla tempesta
verso il nord,
barriere di montagne
contro il devastante
fuoco del giorno

Olav H. Hauge
La terra azzurra
traduzione di Fulvio Ferrari
Crocetti editore 2008

giovedì 25 giugno 2015

inseguito da un'ombra che conosce tutte le lingue

come un'ombra inseguo le lingue
che il caso ha piantato in me
inseguito da un'ombra
che conosce tutte le lingue
e che sa che ciascuna
non è che l'ombra dell'altra

Jean Portante
Aperto Chiuso
Euroma 1994

mercoledì 24 giugno 2015

tutto è magia dell'ombra

L'inchiostro di china acquarellato (il sumi e) è, tra i generi della pittura, quello a cui vorrei paragonare la stanza giapponese. Dove l'inchiostro sfuma, la è lo shoji; dove si addensa, là è è il toko no ma. Ogni volta che mi accade di vedere un toko no ma di particolare eleganza, mi meraviglia la dimestichezza che i Giapponesi hanno con i segreti dell'ombra. Con quanta raffinatezza sono state distribuite luce e oscurità! Niente di maniera e di artificioso: solo uno spazio spoglio, la semplicità del legno, la nudità delle pareti. I raggi luminosi che vi penetrano provocano, ora in questo, ora in quell'angolo, il raggrumarsi dell'ombra. Osservate come minuscolamente annotti dietro i travicelli, o tra i fiori, o sotto una mensola. Non è altro che ombra, comunissima ombra; e tuttavia, com'è alto il silenzio nelle anfrattuosità dell'aria, e com'è inalterabile la quiete! Non sarà forse condensata, in quelle chiazze taciturne, la cosa che gli Occidentali chiamano: "il mistero dell'Oriente"? Anch'io da bambino, ero percorso da un brivido, quando il mio sguardo si sviava in quegli angoli del soggiorno, o del salotto, dove la luce non giungeva mai.
In verità, non esistono né segreti, né misteri: tutto è magia dell'ombra. 

Junichiro Tanizaki
Libro d'ombra
traduzione di Atsuko Ricca Suga
Bompiani 1995

martedì 23 giugno 2015

le parole amano il buio

per leggere davvero 
bisogna spegnere tutte le luci
le parole amano il buio
come l'immagine ama la camera oscura
da sole potrebbero
senza far rumore sostituire il mondo

Jean Portante
Aperto Chiuso
traduzione di Maria Luisa Caldognetto
Euroma 1994

lunedì 22 giugno 2015

Lo struggimento e la leggerezza

Ricordo l'incantamento del Dottor Zivago; la struggente storia d'amore di Lara, la Russia coperta di neve, la rivoluzione. Mi commuovevo, ogni volta che lo rivedevo. E poi Quando volano le cicogne, Lawrence d'Arabia e La figlia di Ryan... Ma anche My fair lady, la Londra in musical, l'happy ending. In fondo sono queste, le due note ricorrenti nei miei film: lo struggimento e la leggerezza.

Ferzan Ozpetek
Rosso Istanbul
Mondadori 2013

domenica 21 giugno 2015

Tutto era qui, unico e perduto, nostro e remoto, ardente

Tutto era già in cammino. Da allora a qui. Tutto
il tempo, luminoso, sfiorava le labbra. Tutti
i respiri si riunivano nella collana. Le ombre
di Lambrate chiusero la porta. Tutta la stanza,
assorta, diventò il primo battito. Il nero
dei tuoi capelli contro il giallo dell’ultimo raggio.
Da allora a qui. Era il primo giorno dell’estate.
Il silenzio ci riempiva la fronte. Tutto era
già in cammino, da allora, tutto era qui, unico
e perduto, nostro e remoto, ardente. Tutto chiedeva
di essere atteso, di tornare nel suo vero nome.

Milo De Angelis
Tema dell’addio
Mondadori 2005



sabato 20 giugno 2015

La luce del giorno brucia la scrittura

ogni notte
scrivo un libro
al risveglio è scomparso
di giorno la luce brucia la scrittura
la cenere delle parole parla in altro modo

Jean Portante
Aperto Chiuso
traduzione di Maria Luisa Caldognetto
Euroma 1994

venerdì 19 giugno 2015

Confessione di un ladro di storie

Io, invece, mi guardo sempre intorno. Ascolto le conversazioni altrui. Mi chiedo che cosa stiano digitando, le persone, sulla tastiera del loro cellulare, a chi rispondano. Cerco di immaginare le loro storie chiuse dentro a un telefonino.
E i loro segreti, i rimpianti, i sogni. Per raccontarli nei miei film. 
Qualcuno ha detto che sono un ladro di storie, e forse è davvero così.

Ferzan Ozpetek
Rosso Istanbul
Mondadori 2013

giovedì 18 giugno 2015

La gioia sta nel vivere il momento

"Come vorrei fermare il tempo" disse Elias stringendo la mano della compagna nella sua "oggi che intuisco di poter vivere gioie sempre più grandi. La vera gioia è attesa, per me".
"Per me non è così" disse Corinne "la gioia è nel mentre la si vive".

Dario Arkel
La pazienza della notte
Atì editore 2014

mercoledì 17 giugno 2015

Qualcosa ci è sempre rimasto, qualcosa ci è sempre mancato

Amicizia

Noi non ci conosciamo. Penso ai giorni
che, perduti nel tempo, c'incontrammo,
alla nostra incresciosa intimità.
Ci siamo sempre lasciati
senza salutarci,
con pentimenti e scuse da lontano.
Ci siam riaspettati al passo,
bestie caute,
cacciatori affinati,
a sostenere faticosamente
la nostra parte di estranei.
Ritrosie disperanti,
pause vertiginose e insormontabili,
dicevan, nelle nostre confidenze,
il contatto evitato e il vano incanto.
Qualcosa ci è sempre rimasto,
amaro vanto,
di non aver ceduto ai nostri abbandoni,
qualcosa ci è sempre mancato.

Vincenzo Cardarelli
Poesie
Mondadori 1942

martedì 16 giugno 2015

Estate, stagione delle albe senza rumore

Estiva

Distesa estate, 
stagione dei densi climi

dei grandi mattini 
dell'albe senza rumore -

ci si risveglia come in un acquario - 
dei giorni identici, astrali,

stagione la meno dolente 
d'oscuramenti e di crisi,

felicità degli spazi, 
nessuna promessa terrena

può dare pace al mio cuore 
quanto la certezza di sole

che dal tuo cielo trabocca, 
stagione estrema, che cadi

prostrata in riposi enormi, 
dai oro ai più vasti sogni,

stagione che porti la luce 
a distendere il tempo

di là dai confini del giorno, 
e sembri mettere a volte

nell'ordine che procede 
qualche cadenza dell'indugio eterno.

Vincenzo Cardarelli
Poesie
Mondadori 1942

lunedì 15 giugno 2015

Nei mattini d'estate nasceva la grazia d'un ritmo, nasceva il tuo canto

Kayyâm, nei mattini d'estate, 
basta avere una foglia in bocca
il sole dei giardini  ci ubbriaca meglio del tuo vino  
che noi non berremo.  
Abbiamo, dopo di te,  
bevuto in ben altre cantine.  
Abbiamo la gola rossa 
dei nostri vini d'Occidente,  
o mio vecchio, melodico persiano.  
Ma la tua dolce infanzia di filosofo  
questa è un gran dono.  
Tu hai guardato il mondo 
tra nebbie e per distanze siderali.  
Tu hai potuto iridare  
di primordiali curiosità  
l'ombra della vita. Dove tutto non era  
che disperata certezza 
tu hai fatto domande,  
proposto accordi e tutto era concluso.  
E quando, non la durezza 
della faccia di Dio,  
pietosamente a te ascosa,  
ma la tua carne stanca  
ti rimbrottava,  
da quell'oscuro e flebile scontento  
nasceva la grazia d'un ritmo.  
Così dell'umano  
viaggio eludesti  
le premesse fatali,  
convinto di non saperle  
e illuso di doverle ricercare.  
E questo era il buon vino,  
Kayyâm.  
Il dio che ti propiziava  
questa bevanda d'inganni  
faceva la tua fortuna  
e il tuo canto.  
E tu libavi alle rose  
del tuo ridente sepolcro,  
non sospettando, o impavido,  
che la tua vita era già  un cimitero fiorito. 

Vincenzo Cardarelli
Poesie
Mondadori 1942


domenica 14 giugno 2015

Io rimango nella mia stanza, e taccio (entra il silenzio come un servo che venga a riordinare)

L’ignorante

Più invecchio e più io cresco in ignoranza,
meno possiedo e regno più ho vissuto.
Quello che ho è uno spazio volta a volta
innevato o lucente, mai abitato. E il donatore
dov'è, la guida od il guardiano? Io rimango
nella mia stanza, e taccio (entra il silenzio
come un servo che venga a riordinare),
e attendo che a una a una le menzogne
scompaiano : cosa resta? Cosa rimane a questo moribondo
che gli impedisce ancora di morire? Quale forza
lo fa ancora parlare tra i suoi muri?
Potrei saperlo, io, l’ignaro e l’inquieto? Ma la sento
parlare veramente, e ciò che dice
penetra con il giorno, anche se è vago:
«Come il fuoco, l’amore splende solo
sulla mancanza, e sopra la beltà dei boschi in cenere…»

Philippe Jaccottet
Il Barbagianni. L'ignorante
traduzione e cura di Fabio Pusterla
Einaudi 1992

L’ignorant

Plus je vieillis et plus je croîs en ignorance,
plus j’ai vécu, moins je possède et moins je règne.
Tout ce que j’ai, c’est un espace tour à tour
Enneigé ou brillant, mais jamais habité.
Où est le donateur, le guide, le gardien?
Je me tiens dans ma chambre et d’abord je me tais
(le silence entre en serviteur mettre un peu d’ordre),
et j’attends qu’un à un les mensonges s’écartent:
que reste-t-il? que reste-t-il à ce mourant
qui l’empêche si bien de mourir ? Quelle force
le fait encore parler entre ses quatre murs?
Pourrais-je le savoir, moi l’ignare et l’inquiet?
Mais j’entends vraiment qui parle, et sa parole
pénètre avec le jour, encore que bien vague :
«Comme le feu, l’amour n’établit sa clarté
que sur la faute et la beauté des bois en cendres… »

sabato 13 giugno 2015

Nel vuoto e nel deserto nasce la poesia

Le rive sono deserte, la piazza è vuota.
Più visi dentro i fondi del caffè che nel caffè stesso;
una fanciulla in pantaloni di seta suona un liuto
a un Mustafà vestito come lei.
Secolo decimonono! Oh nostalgia d’Oriente! In posa
l’esule è sulla roccia! E come un globulo bianco nel sangue traspare
la luna nelle opere dei cantori, che bruciano di tisi,
ma dicono che è amore.


Iosif Brodskij
Poesie italiane

traduzione di Giovanni Buttafava e Serena Vitale
Adelphi 1996

venerdì 12 giugno 2015

Il momento che preferisco per scrivere è il tardo pomeriggio

Purezza

Il momento che preferisco per scrivere è il tardo pomeriggio,
giorni lavorativi, in particolare mercoledì.
Questo è quel che faccio:
porto una teiera di tè appena fatto nel mio studio e chiudo
                                                                         [ la porta.

Mi tolgo i vestiti e li lascio in un mucchio
come se fossi morto sciogliendomi e il mio lascito fosse solo
una camicia bianca, un paio di pantaloni, e una teiera di tè
                                                                        [ non più caldo.

Poi mi tolgo la pelle e l’appendo a una sedia.
La sfilo dalle ossa come fosse un vestito di seta.
Lo faccio perché quel che scrivo sia puro,
completamente sciacquato dal carnale,
incontaminato dalle preoccupazioni del corpo.

Infine mi tolgo tutti gli organi e li dispongo
su un tavolino accanto alla finestra.
Non voglio sentire i loro ritmi antichi
mentre cerco di battere a macchina il mio intimo battito.

Ora mi siedo alla scrivania, pronto a cominciare.
Sono interamente puro: nient’altro che uno scheletro
                                                [ alla macchina da scrivere.

Dovrei dire che a volte tengo addosso il pene.
Mi è difficile ignorare la tentazione.
Allora sono uno scheletro col pene alla macchina da scrivere.
In queste condizioni scrivo straordinarie poesie d’amore,
che perlopiù sfruttano la connessione fra sesso e morte.
Sono la concentrazione in persona: esisto in un universo
dove non c’è altro che sesso, morte e scrittura.

Dopo un po’ mi tolgo anche il pene.
E allora sono tutto teschio e ossa che battono a macchina
                                                          [ nel pomeriggio.
Solo le cose assolutamente essenziali, senza orpelli.
Ora scrivo solo sulla morte, il più classico dei temi
con una lingua leggera come l’aria tra le mie costole.

Dopo mi concedo come premio un giro in auto al tramonto.
Mi rimetto gli organi e mi rinfilo nella carne
e nei vestiti. Esco in retromarcia dal garage
e guido veloce tra i boschi e sulle strade serpeggianti di campagna
e passo accanto a muri di pietra, fattorie e laghetti gelati
tutti in ordine perfetto come parole in un sonetto famoso.

Billy Collins
Balistica
traduzione di Franco Nasi
Fazi Editore 2011


giovedì 11 giugno 2015

Il vento sospira tra gli alberi

Questo poeta della dinastia Sung è così infelice.
Il vento sospira tra gli alberi,
un cigno solitario passa là in alto,
e lui è solo nella sua barchetta, sull'acqua.

Se soltanto apprezzasse quanto me
la vita nella Cina dell’undicesimo secolo:
niente cartoni a tutto volume alla televisione,
niente musica dal camioncino dei gelati,

solamente il richiamo orgoglioso degli uccelli
e lo scorrere regolare dell’orologio ad acqua.

Billy Collins
Balistica
traduzione di Franco Nasi
Fazi Editore 2011




mercoledì 10 giugno 2015

Il blu irrompe nel confine oltre il quale prende fuoco la stella

Procida

Baia sperduta: non più di venti barche a vela.
Reti, parenti dei lenzuoli, stese ad asciugare.
Tramonto. I vecchi guardano la partita al bar.
La cala azzurra prova a farsi turchina.

Un gabbiano artiglia l’orizzonte prima 
che si rapprenda. Dopo le otto è deserto 
il lungomare. Il blu irrompe nel confine 
oltre il quale prende fuoco la stella.


Iosif Brodskij
Poesie italiane
traduzione di Giovanni Buttafava e Serena Vitale
Adelphi 1996

martedì 9 giugno 2015

luminoso e profondo, chissà dove, s'è spalancato un brandello di cielo

Ha portato il vento di lontano
l'annuncio d'un primaverile canto,
luminoso e profondo, chissà dove,
s'è spalancato un brandello di cielo.

In quell'azzurro smisurato,
fra gli albori della vicina primavera,
gemevano le bufere invernali,
si libravano i sogni delle stelle.

Timide, cupe, profonde
le mie corde piangevano.
Ha portato il vento di lontano
le tue canzoni squillanti.

Alexandr Blok
in Poeti russi nella rivoluzione
a cura di Bruno Carnevali
Newton Compton 1971

un frammento di questa poesia l'avevo già postato il 15/11/2011 attribuendolo a Pasternak perché così mi sembrava mi avesse detto Antonella Anedda, ma ero in errore. Così ho deciso di copiare la poesia integralmente adesso che sono riuscita a procurarmi il volume.

lunedì 8 giugno 2015

Pittura acustica della primavera

In zoziveja, c'è il verde delle piante,
Nižeoty, è il tronco scuro,
Mam zàmi, questo è il cielo
Puč' d čcapi, un corvo nero.
L'odore delle cose, numerico,
È in piedi in mezzo agli alberi.

Velimir Chlebnikov
47 poesie facili e una difficile
a cura di Paolo Nori
Quodlibet 2009

domenica 7 giugno 2015

Vorrei scrivere come Čechov

Un cagnolino guaisce, scodinzola.
Una vecchia, che cara, ci va.
Le balla, in mano un sacchetto di rete.
                             Io, non sono Čechov.

Velimir Chlebnikov
47 poesie facili e una difficile
a cura di Paolo Nori
Quodlibet 2009

sabato 6 giugno 2015

Notte, piena di costellazioni

Notte, piena di costellazioni,
Di che destino, di che notizie
Splendi tanto libro,
Di libertà o di gioco?
In che modo devo leggere la sorte
A mezzanotte, dentro il grande cielo?

Velimir Chlebnikov
47 poesie facili e una difficile
a cura di Paolo Nori
Quodlibet 2009

venerdì 5 giugno 2015

E il vento è buio

E il vento è buio,
E il pioppo è terra,
E il mare chiacchiera,
E tu, lontano.

Velimir Chlebnikov
47 poesie facili e una difficile
a cura di Paolo Nori
Quodlibet 2009


giovedì 4 giugno 2015

e vidi un campo d'olivi su un enorme tappeto di papaveri

Non sono sicura se fosse ancora Puglia o già Lucania quando guardai fuori dal finestrino e vidi un campo d'olivi su un enorme tappeto di papaveri (...)

Ingeborg Bachmann
Kritische Schriften 
Piper 2005
citato in 

Camilla Miglio
La terra del morso
L'Italia ctonia di Ingeborg Bachmann
Quodlibet 2012

mercoledì 3 giugno 2015

Faccio il mercante persiano, il venditore d’acqua e di fumo, di fumate di zolfo e decotti ipnotici, di lampade magiche e incantesimi

Quando Goffredo Parise giunse a Roma nell'aprile del 1960, a trent'anni, scrisse una bellissima lettera a Giovanni Comisso. «Freneticamente vivo ciò che avevo voglia di vivere e che Milano mi aveva soffocato, ossia la mia fantasia… Mi intano in questa Roma di papi e di topi, mi imbuco nelle baracche e nelle strade, guardo le nuvole che passano sopra alle cupole di questa città di Aladino, rapide e gonfie quasi di sangue, con un leggero ma costante fruscio come di marina. Vivo intensamente ancora i giovani anni che mi restano, nel modo che mi è più congeniale, nell'estro e nel disordine dell’avidità, nel sogno e nell'avventura. Faccio il mercante persiano, il venditore d’acqua e di fumo, di fumate di zolfo e decotti ipnotici, di lampade magiche e incantesimi». Era veloce: supremamente veloce nelle sensazioni, nei sentimenti e nei pensieri: veloce nello slanciare il corpo e l’intelletto in ogni possibile avventura, già annoiato dal successo che lo aveva raggiunto troppo presto e sazio persino del proprio talento di artista.
Aveva conosciuto qualche tempo prima Carlo Emilio Gadda; e fu affascinato da lui come da nessun altro essere umano. Lo ammirava: la sua ammirazione si scioglieva in una sorta di rapida liquidità dell’animo, in una ineffabilità senza precetti. Lo rappresentò in una bellissima prosa, L’ingegnere. «L’ingegnere si fermò sulla porta, interdetto. Iniziò qualche passo verso l’esterno, al passo, senza avanzare, come a preparare l’avvio di un moto a venire: ma subito il pensiero rallentò il ritmo di una tale propulsione e i piedi nelle scarpe si ritrovarono fermi sullo zerbino, più fermi di prima. Sgranò gli occhi chiari e pensosi, come a dire: “E adesso?” Di là, e ancora di là, oltre la grande aiuola deserta, da attraversare per giungere a casa, di là stava l’improbabile, l’esterno: che non aveva voglia di incontrare; con cui non intendeva discutere».


incipit della recensione di Pietro Citati 
all'epistolario di Goffredo Parise e Carlo Emilio Gadda sul Corriere della Sera del 31 maggio 2015
Se mi vede Cecchi, sono fritto
corrispondenza e scritti 1962-1973
Adelphi 2015

martedì 2 giugno 2015

la verità è che dell'anima non si può scrivere direttamente. Se la guardi svanisce

Credo che stabilirò una nuova regola per questo diario - ogni giorno comincerò una pagina nuova - come faccio abitualmente per la letteratura seria. Ho certamente abbastanza posto nel quaderno di quest'anno per poter sprecare un po' di carta. Quanto all'anima, perché ho detto che l'avrei messa da parte? Non ricordo. E la verità è che dell'anima non si può scrivere direttamente. Se la guardi svanisce: ma se guardi il soffitto, o Grizzle o gli animali meno nobili dello zoo esposti ai passanti a Regent Park, ecco che l'anima compare. È comparsa questo pomeriggio. Questo lo scriverò, mi son detta contemplando il bisonte, rispondendo distrattamente a L.; ma cosa volevo scrivere?

Sabato 27 febbraio 1926

Virginia Woolf
Diari. 1925-1930
a cura di Bianca Tarozzi
BUR 2012

lunedì 1 giugno 2015

ora sto scrivendo più rapidamente e liberamente di quanto non mi sia mai accaduto in vita mia

Sono scossa come una vecchio bandiera per via del romanzo. Si tratta di To the Lighthouse. Penso che valga la pena di dire a mio proprio vantaggio che finalmente finalmente, dopo la battaglia di Jacob's Room, dopo il tormento - un tormento continuo eccetto la fine - di Mrs Dalloway, ora sto scrivendo più rapidamente e liberamente di quanto non mi sia mai accaduto in vita mia; molto di più - venti volte di più - che per qualsiasi altro romanzo. Questa è la prova che sono sulla strada giusta, credo; e quale che sia il frutto maturato della mia anima, esso deve essere raggiunto per questa strada. È buffo ma ora invento delle teorie secondo le quali la fertilità e la facilità sono l'essenziale: mentre un tempo mi dichiaravo a favore di uno sforzo di concisione, di nitore. In ogni caso vado avanti così per tutta la mattina; e faccio una fatica del diavolo a non spronare il cervello per tutto il pomeriggio. Vivo completamente immersa in questo libro e quando risalgo piuttosto faticosamente alla superficie sono spesse incapace di trovare qualcosa da dire mentre passeggio intorno allo Square; non è una buona cosa lo so. Forse però può essere un buon segno per il libro. Naturalmente conosco benissimo tutto questo: è stato così per tutti i miei romanzi. Ora riesco a far affiorare ogni cosa alla superficie; e "ogni cosa" significa una folla e un peso e una confusione in testa.

Martedì 23 febbraio 1926


Virginia Woolf
Diari. 1925-1930
a cura di Bianca Tarozzi
BUR 2012