martedì 11 gennaio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/674. Dove il tempo e la neve tessono una dolce nostalgia

 


 

Se gennaio fosse un luogo sarebbe Santa Caterina Valfurva – frazione Paris e anche la Val Zebrù, sempre in inverno con le stalattiti di ghiaccio anziché l’acqua che scorre nei ruscelli e torrenti. Ho ricordi bellissimi di quei luoghi anche d’estate, ma era d’inverno che la montagna riusciva a incantarmi grazie alla neve e al silenzio. Un anno in particolare ricordo le lunghe passeggiate mattutine, gli sciat, i pizzoccheri, i formaggi, la cioccolata calda al pomeriggio, le lunghe ore di lettura accanto alla stufa, come se al mondo non ci fosse altro che tutta quella calma e la totale concentrazione sulle Memorie di una ragazza perbene di Simone de Beauvoir che stavo leggendo per la seconda volta. È proprio vero che le letture di adolescenza e prima giovinezza ci appartengono per sempre, perché sono quelle che hanno formato il nostro occhio, aperto la nostra mente, rafforzato i gusti. Lei, Simone è stata una delle letture fondamentali che sto rifacendo intanto che scrivo la voce a lei dedicata per l’Enciclopedia delle Donne. Così, mentre sto in questo presente dimezzato, vengono a farmi compagnia immagini e profumi cui non pensavo più da anni, e sono grata alla vita perché ho una riserva notevole di bei ricordi, bei libri e bei luoghi da riportare alla mente quando il presente si fa pesante, monotono, in apparenza senza veri motivi di gioia e soddisfazione. Vado poi a rileggere il brano della lettera di Rosa Luxemburg che ho postato nella Cronaca 663 del 31/12/2021: (…) “Ieri dunque pensavo: quanto è strano che, senza alcun motivo particolare, io viva sempre in un’ebbrezza gioiosa”. E poi i diari di Marina Cvetaeva che ho già citato nella Cronaca 443 del 25/05/2021: “Alle 10 la giornata è finita. Talvolta sego e taglio legna per il giorno dopo. Alle 11 o alle 12 vado a letto. Sono felice del lumino proprio accanto al guanciale, del silenzio, del quaderno, della sigaretta, talvolta - del pane. Scrivo malamente, in fretta. Non ho annotato né le ascensions in soffitta - niente scala (l'hanno bruciata) - mi isso con una corda - per prendere le travi, né le continue ustioni delle braci che (impazienza? esasperazione?) afferro direttamente con le mani, né le corse su e giù per i kommissionnye (che abbiano venduto tutte le mie cose?) e per le cooperative (che distribuiscano?). Non ho annotato la cosa più importante: l'allegria, l'acutezza di pensiero, le esplosioni di gioia ad ogni più piccolo colpo di fortuna, l'appassionata tensione di tutto l'essere - tutti i muri sono coperti di versi e di NB! per il taccuino. In soffitta (Dagli appunti moscoviti, 1919-1920).

Anche stasera sto sistemando libri, rileggendo citazioni, cercando di scrivere parole che abbiamo un senso non soltanto per me. L’unica cosa che mi manca, mi manca davvero, sarebbe una lenta nevicata.

 

 

Torneremo anche noi ricoperti di gemme e fiori

 

Se guardo i giorni dalla

vetta di questa età,

tutto il paesaggio intorno

s’imbianca e lenta scende

la neve dei ricordi e della

nostalgia. Ma basta che io

sposti un po’ la testa e

la fine dell’inverno già

si indovina oltre il confine

degli abeti e del ghiaccio,

là dove una nuova primavera

sta facendo le prove generali

mentre dorme sogni verdi

con le pietre e i rami. Torneremo

anche noi ricoperti di gemme e

fiori, il torrente romperà gli

argini e il tempo, il tempo non

sarà che un fiocco di neve

ancora indeciso sul dove

cadere, una goccia di pioggia

che indugia sul vetro della

mia immaginazione.

 

 

Poi per dare vigore a questa nostalgia ascolto vecchie canzoni di Peter Gabriel e gli anni Ottanta rifulgono come piccole stelle nel mio cielo personale. Oggi è martedì 11 gennaio del terzo anno senza Carnevale e questa Cronaca 674 disegna fiocchi di neve seduta accanto al camino.

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