IL SUD
martedì 31 dicembre 2024
forse son queste cose la poesia
mercoledì 8 giugno 2022
Cronache dagli anni senza Carnevale/822. Nel vago confine immaginario dello specchio vive la luce
Ho
scoperto da poco un pittore che non conoscevo, così sono andata a Palazzo Reale
a vedere Joaquin Sorolla. Pittore di luce
con i cari amici Grazia e Danilo. Sorolla è stato un pittore famosissimo in
vita, che è stata piuttosto breve, ha ottenuto riconoscimenti e venduto
moltissimi quadri, un destino d’artista opposto a quello di Van Gogh in
definitiva. La mostra non è molto grande ma vale la pena vederla perché davvero
i suoi quadri sprigionano luce.
Credo
lo si possa definire un pittore post-impressionista e, come mi faceva notare
Danilo, grande appassionato ed esperto d’arte, mentre lui continuava a
procedere in una tradizione, Picasso dipingeva Les damoiselles d’Avignon, ma a ciascuno il proprio destino e la
propria maestria. Dopo la mostra sono andata con il nipotine Marco a cena dall’amico
regista Luciano, gran bella serata anche questa. C’era anche la sua amica
Nicola Eugenia, e abbiamo ben mangiato e bevuto e parlato moltissimo di cinema,
politica, letteratura e vacanze. Luciano ha un carattere magnifico è curioso di
tutto e si muove nella vita con la stessa vitalità di un ragazzo. Chissà se
invecchiare bene è questione di geni, carattere o fortuna o di tutte le cose
messe insieme. Comunque ho continuato a leggere Borges nei vari viaggi in
metro, per cui anche oggi ecco una sua poesia tratta da Storia della notte:
Lo specchio
Da
bambino, temevo che lo specchio
mostrasse
un volto altrui o una cieca
maschera
impersonale che celasse
oscure
atrocità. Temevo inoltre
che
il silenzioso tempo dello specchio
deragliasse
dal corso quotidiano
delle
ore dell’uomo e che ospitasse
nel
suo vago confine immaginario
forme
e colori nuovi, esseri ignoti.
(Non
lo dissi a nessuno; il bimbo è timido).
Oggi,
io temo che lo specchio colga
il
volto autentico della mia anima,
segnata
dalle ombre e dalle colpe,
quello
che vede Dio. E forse gli uomini.
Ora è tardissimo, il calendario sta per girare pagina, sono gli ultimi minuti di mercoledì 8 giugno del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e insieme alla Cronaca 822 sto vivendo come se niente fosse
lunedì 6 giugno 2022
Cronache dagli anni senza Carnevale/820. Per i versi che non ci hanno incontrato (il cui numero è il numero della sabbia)
Che lunedì
anomalo e festoso! Che gioia avere incontrato per pranzo tre giovani scrittori
talentuosi, Simone, Elisabetta e Daniela! Siamo stati all’Osteria del Binari,
di recente già citata. Dato che è un giorno lavorativo e c’è il Salone del
Mobile e il Fuori Salone in ogni angolo di Milano, il ristorante era pieno di
gente. Ma era tutto bello come sabato, quando eravamo pochissimi, perché la
luce filtrata dal pergolato, il profumo dei gelsomini, ci hanno trasportato in
un altrove fuori dal tempo, come se fossimo stati in vacanza. Abbiamo regalato
a Simone tre libri: Max e i fagociti
bianchi di Henry Miller, In fuga di
Anne Michaels, Tutto quel che è la vita
di James Salter, tre libri che sono anche nei mie scaffali dei libri preferiti.
Di cosa abbiamo parlato? Di scrittura, di vita, di progetti, del matrimonio
prossimo di una nostra amica comune, di libri, di viaggi, di vacanze. Poi Simone
è ripartito e noi tre milanesi siamo ritornate ai nostri lavori e alle nostre
incombenze. Io ho continuato a leggere Storia
della notte di Borges e così ho
deciso di postare un’altra poesia che è una dedica e una dichiarazione d’amore:
Iscrizione
Per
i mari azzurri degli atlanti e per i grandi mari del
mondo.
Per il Tamigi, per il Rodano, per l’Arno. Per le radici
di
una lingua di ferro. Per una pira su un promontorio del
Baltico,
helmum behongen*. Per i norvegesi che
attraversano
il fiume chiaro, gli scudi levati in alto. Per una
nave
in Norvegia, che i miei occhi non hanno visto. Per una
vecchia
pietra dell’Althing. Per una strana isola di cigni.
Per
un gatto a Manhattan. Per Kim e il suo Lama che
scalano
le ginocchia della montagna. Per il peccato di
superbia
del samurai. Per il Paradiso su un muro. Per
l’accordo
che non abbiamo sentito, per i versi che non ci
hanno
incontrato (il cui numero è il numero della sabbia),
per
l’inesplorato universo. Per la memoria di Leonor
Acevedo.
Per Venezia di vetro e di crepuscolo.
Per
la persona che Lei sarà; per quella che forse non
comprenderò.
Per
tutte queste cose disparate, che sono forse, come
presentiva
Spinoza, mere figurazioni e facce di un’unica
cosa
infinita, dedico a Lei, María Kodama, questo libro.
J.L.B.
Buenos Aires, 23 agosto 1977
Dopo
una giornata così bella e intensa, di amicizia e letteratura, sento di non
volere altro da questa giornata, lunedì 6 giugno del terzo anno senza Carnevale
e del primo anno di guerra e questa Cronaca 820 continua a leggere con me
queste magnifiche poesie di Borges il cantore cieco.
* Helmum behongen (Beowulf, verso 3139) in anglosassone significa «adorna di elmi».
domenica 5 giugno 2022
Cronache dagli anni senza Carnevale/819. La vertigine di ciò che negli specchi si moltiplica
È domenica mattina, non posso indugiare oltre, salto giù
dal letto e vado a fare una passeggiata prima che il resto della città entri in
movimento. Come ogni domenica tutto sembra sospeso, l’aria è luminosa e fresca,
mi fermo su una panchina a leggere Borges.
L’attesa
Prima
che il frettoloso campanello
squilli
e ti aprano e tu entri, oh attesa
dall’ansia,
l’universo dovrà già
aver
compiuto un’infinita serie
di
atti concreti. Non potrà nessuno
calcolarne
la cifra, la vertigine
di
ciò che negli specchi si moltiplica,
di
ombre che si allungano e ritornano,
di
passi che divergono e convergono.
La
sabbia non saprebbe enumerarli.
(Nel
petto l’orologio del mio sangue
batte
il trepido tempo dell’attesa).
Prima
che tu arrivi,
un
monaco deve sognare un’ancora,
una
tigre morire a Sumatra,
nove
uomini morire nel Borneo.
Mi
piace questo libro Storia della notte che
non conoscevo, rileggo la poesia e penso che la utilizzerò per scrivere la
nuova Cronaca. Il resto della giornata è trascorso a svuotare, pulire e
sistemare tutti i mobili della cucina, ma proprio a fondo. E anche a scegliere
cosa tenere e cosa buttare della collezione di bottiglie di vetro di vario
colore e di boccette. Ci sono oggetti che non so più perché avevo conservato. Ci
sono oggetti che hanno smesso di parlarmi e così continuo a scegliere cosa
tenere e cosa buttare o regalare. La magica arte del riordino non mi
appartiene, la mia arte è piuttosto quella del rigattiere, ma un rigattiere che
sta imparando a regalare anche le cose che ama. Oggi è domenica 5 giugno del
terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 819 ha
deciso di impadronirsi di qualche oggetto che ho scartato e mi guarda feroce se
le dico che bisogna lasciar andare le cose.
sabato 4 giugno 2022
Cronache dagli anni senza Carnevale/818. Io voglio ricordare quel bacio con cui tu mi baciavi in Islanda
In questo lento arrivo
dell’estate, intervallato da piogge e ripensamenti, ho gironzolato per i
Navigli con il nipote Marco e sono tornata a pranzare, dopo qualche anno,
all’Osteria del Binari che non ha perso una virgola del suo fascino inizio
Novecento. Dopo un’eccellente cotoletta alla milanese, beatamente spaparanzati
sotto il pergolato del giardino estivo, siamo andati a gironzolare al Libraccio
di via Corsico; prima tra i i libri d’arte e teatro e poi nel negozio piccolo
dove vendono tutto a 2 euro. Ho non ho potuto fare a meno di pensare alla
fatica improba che ogni libro costa al suo autore e alla fine ingloriosa di
essere messo in vendita a 2 euro. Si trovano sempre anche libri di autori bravi
e noti, mescolati a libri improbabili che pure, ai loro tempi, avevano avuto un
certo successo. Mi sono chiesta allora, per l’ennesima volta, quale demone
tenga inchiodate alcune persone, qualche centinaia di migliaia da che esiste la
scrittura, a uno scrittoio, come se la scrittura fosse la cosa più importante
della vita. Ma la questione è che per i bacati che amano scrivere più di ogni
altra cosa al mondo, nessun’altra cosa al mondo vale quanto la scrittura, lo
scrivere libri, ancor meglio se poi si riesca a pubblicarli. Borges aveva una
fede cieca e assoluta nella scrittura e questo suo amore è stato largamente
ricambiato. Lui è riuscita a mescolare storie impossibili con profili di gente
incredibile e da questi strani miscugli ne è sempre scaturita grande poesia.
GUNNAR THORGILSSON
(1816-1879)
La memoria del tempo
è gremita di spade e di vascelli
e polvere di imperi
e mormorio di esametri
e alti cavalli pronti per la guerra
e caos di grida e Shakespeare.
Io voglio ricordare quel bacio
con cui tu mi baciavi in Islanda.
Di cosa altro abbiamo
bisogno in una giornata come questa? Di nulla e così prendiamo commiato per
andare avanti a leggere Storia della
notte di J.L. Borges. Oggi è sabato 4 giugno del terzo anno senza Carnevale
e del primo anno di guerra e questa Cronaca 818 ricorda Shakespeare e i baci di
Giulietta.
venerdì 3 giugno 2022
Cronache dagli anni senza Carnevale/817. Il sole mi interessa soltanto perché fa ombra
Mi piace sempre quando a un giorno di festa segue un altro giorno di festa. Ho finito di rivedere i tre film originali della saga Millennium e ho ricordato perché la storia di Lisbet e Mikahil mi era piaciuta così tanto: perché loro due combattono le ingiustizie, non si arrendono mai e se anche diventano vittime, trovano sempre il modo di rialzarsi e di continuare a combattere a prescindere da quanto siano feriti, malconci e delusi. Dopo un buon pranzetto alla trattoria Burla Giò in compagnia di mio nipote Marco, siamo andati a fare un giretto alla libreria American Bookstore in Cairoli, libreria che non è solo una miniera di libri in lingua, ma anche di oggetti vintage, soprattutto scatole e cofanetti, e di edizioni fuori commercio di tanti magnifici libri in italiano. Siamo stati a curiosare tantissimo, lasciato gli acquisti in deposito e poi siamo andati a vedere la mostra di Ferdinando Scianna a Palazzo Reale Viaggio RaccontoMemoria che ci è piaciuta moltissimo, soprattutto i ritratti, soprattutto quelli di Borges e Sciascia. Il payoff della mostra è una bella frase del fotografo: “Io guardo in bianco e nero, penso in bianco e nero. Il sole mi interessa soltanto perché fa ombra”. Le fotografie in bianco e nero hanno una potenza espressiva che difficilmente quelle a colori riescono a raggiungere. Forse perché noi umani sogniamo anche in bianco e questi sono i colori della memoria. Non vi è mai successo di vedere foto del passato, della Seconda Guerra Mondiale in particolare, e di provare un certo sgomento? Per ricordare questa esperienza notevole pubblico anche una poesia di Borges tratta da Storia della notte (a cura di Francesco Fava, Adelphi 2022)
Un sabato
Un uomo cieco in una casa vuota
logora circoscritti itinerari
e tocca le pareti che si allungano
e il vetro delle porte delle stanze
e sfiora i dorsi ruvidi dei libri
preclusi al suo amore e l’annerita
argenteria che fu degli antenati
e i rubinetti e le modanature
e alcune vaghe monete e la chiave.
È da solo e nessuno è nello specchio.
Va e viene. La sua mano tocca il bordo
di uno scaffale. Senza aver voluto,
si è disteso sul letto solitario
e sente che ogni atto che ripete
all’infinito in questo suo tramonto
segue le regole di un gioco oscuro
che è diretto da un dio indecifrabile.
Con alta voce e cadenzata, sillaba
frammenti di poemi antichi e tenta
variazioni nei verbi e negli epiteti
e bene o male scrive questi versi.
Oggi però è venerdì 3 giugno
del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 817
scruta il cielo con occhi borgesiani.
domenica 1 novembre 2020
Cronache dall’anno senza Carnevale/238: nebbia, rosa sognata, misteriosa forma del tempo
Ogni anno il
primo novembre, ricordo il primo novembre lontanissimo del mio sedicesimo anno.
La mia amica Loredana era venuta a studiare a casa mia, mi aveva fatto leggere
un suo bellissimo tema dedicato a Dante, avevamo chiacchierato a lungo e poi,
verso le diciotto, quando aveva deciso di tornare a casa, ci eravamo accorte
che una nebbia fittissima era scesa sulla città, anche se, all’epoca, non era
cosa rara vivere avvolti nella nebbia. Così l’avevo accompagnata sino a casa e
poi ero tornata sui miei passi che risuonavano ovattati e non avevo incontrato
nessuno. Respiravo l’aria fredda e umida e quell’odore particolare di nebbia
che solo la nebbia emana.
Questo ricordo si presenta uguale a se stesso anno dopo anno, della mia amica non so più nulla da tantissimo tempo, la nebbia scende sulla città ma non così fitta. Quella nebbia era uno degli elementi del fascino autunnale della città silenziosa, un po’ sì e un po’ no, e ci fa entrare in una dimensione onirica e dolce che moltiplica il piacere di starsene chiusi in casa. Anche se da tempo viviamo chiusi in casa e presto saremo di nuovo costretti a farlo.
Viviamo in una percezione del rischio e della malattia moltiplicata dagli echi mediatici, il virus è veramente molto contagioso, ma il tema più importante è la tenuta del sistema sanitario e più ancora, forse di medici e infermieri. E la tenuta fisica e psicologica di chi si ammala di altre patologie e ha un più difficile accesso alle cure per via della pandemia.
La massima prevenzione garantita dal distanziamento sociale continua a essere la strada più sensata anche se faticosa. Non è facile continuare a dare un senso a quanto accade se non abbiamo un orizzonte temporale dove la situazione potrebbe infine migliorare.
Così, per aiutarmi e farmi compagnia, rileggo L’altra poesia dei doni di Borges, tratta dalla raccolta L’altro, lo stesso:
Voglio
rendere grazie al divino
Labirinto
degli effetti e delle cause
Per la
diversità delle creature
Che
compongono questo singolare universo,
Per la
ragione, che non cesserà di sognare
Una mappa
del labirinto,
Per il viso
di Elena e la perseveranza di Ulisse,
Per l’amore,
che ci permette di vedere gli altri
Come li vede
la divinità,
Per il duro
diamante e l’acqua libera,
Per
l’algebra, palazzo di esatti cristalli,
Per le
mistiche monete di Angelus Silesius,
Per
Schopenhauer,
Che forse
decifrò l’universo,
Per lo
splendore del fuoco
Che nessun
essere umano può guardare senza un’antica meraviglia,
Per il
mogano, il cedro e il sandalo,
Per il pane
e il sale,
Per il
mistero della rosa
Che dona il
suo colore e non lo vede,
Per certe
vigilie e giornate del 1955,
Pei rudi mandriani
che nella pianura
Incitano le
bestie e l’alba,
Per il
mattino a Montevideo,
Per l’arte
dell’amicizia,
Per l’ultimo
giorno di Socrate,
Per le
parole dette in un crepuscolo
Dall’una all’altra
croce,
Per il sogno
dell’Islam che abbracciò
Mille e una
notte,
Per l’altro
sogno dell’inferno,
Della torre
del fuoco che purifica,
E delle
sfere gloriose,
Per
Swedenborg,
Che
conversava con gli angeli nelle vie di Londra,
Per i fiumi
segreti e immemorabili
Che confluiscono
in me,
Per l’idioma
che, secoli addietro, parlai in Northumbria,
Per la spada
e l’arpa dei sassoni,
Per il mare,
che è un deserto splendente
E un simbolo
di cose che ignoriamo,
Per la
musica verbale d’Inghilterra,
Per la
musica verbale di Germania,
Per l’oro,
che rifulge nei versi,
Per l’epico
inverno,
Per il nome
di un libro che non ho letto: Gesta Dei
per Francos
Per
Verlaine, innocente come gli uccelli,
Per il
prisma di cristallo e il peso di bronzo,
Per le strisce
della tigre,
Per le alte
torri di San Francisco e dell’isola di Manhattan
Per il
mattino nel Texas,
per il
sivigliano che scrisse l’Epistola Morale
E il cui
nome, come egli avrebbe preferito, ignoriamo,
per Seneca e
Lucano, di Cordova,
I quali
prima che lo spagnolo fosse scrissero
Tutta la
letteratura spagnola,
Per il
geometrico e bizzarro gioco degli scacchi,
Per la
tartaruga di Zenone e la mappa di Royce,
Per l’odore
medicinale degli eucalipti,
Per il
linguaggio, che può simulare la sapienza,
Per l’oblio,
che annienta o modifica il passato,
Per l’abitudine,
Che ci
ripete e ci conferma come uno specchio,
Per il
mattino, che ci dà l’illusione di un principio
Per la
notte, la sua tenebra e la sua astronomia,
Per il
coraggio e la felicità degli altri,
Per la
patria, sentita nei gelsomini
O in una
vecchia spada,
Per Whitman
e Francesco d’Assisi, che già scrissero la poesia,
Per il fatto
che la poesia è inesauribile
E si
confonde con la totalità degli esseri
E non giungerà
mai all’ultimo verso
E muta
secondo gli uomini,
Per Frances
Haslam, che chiese perdono ai suoi figli
Perché era
così lenta a morire,
Per i minuti
che precedono il sonno,
Per il sonno
e la morte,
Questi due
tesori segreti,
Per gli
intimi doni che non enumero,
Per la
musica, misteriosa forma del tempo.
Voglio iniziare
a scrivere la mia poesia dei doni e lo farò da domani. Oggi è il primo novembre
dell’anno senza Carnevale. La notte dell’apertura tra i mondi mi ha portato in
dono una cattedrale, la mia cattedrale, la cattedrale della città silenziosa e
il sogno di una rosa. La traduzione di Borges è di Domenico Porzio ed è tratta
dal secondo volume dei Meridiani Mondadori del 1985.
sabato 8 agosto 2020
Cronache dall’anno senza Carnevale/153: due ombre sul confine dell’alba e del giorno
Di notte mi addormento in compagnia di un grillo, è un canto sommesso e
dolce, mi culla e mi riporta indietro alle notti d’estate della mia infanzia.
Quelle notti dove vedevo brillare le luci dei paesi sulle colline di fronte alla casa di mia nonna e pensavo che fossero le lanterne dei giganti addormentati di giorno e che di notte percorrevano le campagne.
Il canto del grillo non arriva solo dal giardino, anche quando sono nella città silenziosa, proprio sull’albero bellissimo davanti alla mia finestra, un grillo canta e mi fa compagnia.
Funziona così la memoria, come se ogni immagine potente del passato avesse bisogno di riemergere per rafforzare l’istante simile a un istante già vissuto. Chiedo a Luis se accade anche a lui la stessa cosa.
Io non è solo un altro
Vorrei potermi dire che
la memoria non è assedio
ma rivolta, un assalto contro
la fortezza e non la difesa
estrema di un io che si
frantuma e cerca un modo
per dirsi al singolare. Ma,
vedi, ormai lo sappiamo e
lo abbiamo imparato, noi
poeti e noi scrittori, lo sanno
Fernando e Antonio quanto
lo so io: perché “Io” non è
solo un altro, ma è molti
altri che vivono con me e
contro di me. Chi chiamate
Borges è solo il portavoce,
nulla di più.
È da molto tempo che non leggo Pessoa, forse è arrivata la stagione, gli
dico e lui annuisce, con le sue solite nuvole negli occhi e un sorriso gemello
della Gioconda, glielo dico.
- Quel sorriso enigmatico, mi ha sempre svelato un segreto con la sua muta confessione, cioè che non arriveremo mai a comprendere fino in fondo il mistero di un’altra creatura, né tanto meno il nostro. Alla fine, non avremo scoperto chi siamo, mi fanno sempre ridere quelli che partono alla scoperta di se stessi, alla fine avremo scoperto, forse, in quanti siamo.
- So, conosco e capisco il senso di essere molti e non solo una. I bambini, i giovani e gli adulti che siamo stati, stanno dentro di noi che siamo le matrioske. E di ogni nostra versione nelle età della vita, custodiamo quella che Tabucchi chiamava la confederazione di anime:
“Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé,
staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta
un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il
dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di
varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una
confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone. Il dottor
Cardoso fece una piccola pausa e poi continuò: quella che viene chiamata la
norma, o il nostro essere, o la normalità, è solo un risultato, non una
premessa, e dipende dal controllo di un io egemone che si è imposto sulla
confederazione delle nostre anime; nel caso che sorga un altro io, più forte e
più potente, codesto io spodesta l'io egemone e ne prende il posto, passando a
dirigere la coorte delle anime, meglio la confederazione, e la preminenza si
mantiene fino a quando non viene spodestato a sua volta da un altro io egemone,
per un attacco diretto o per una paziente erosione”.
- Dimmi allora, Caterina, chi è il tuo io egemone in questa fase della tua vita? Mi chiede Roxanne.
- È la bambina che voleva entrare in convento per copiare i libri, lei
che sta bene chiusa in casa e respira la polvere dei libri, il loro odore
antico come fosse un profumo raffinato. È sempre lei che tiene legato in vita
il mazzo di chiavi che apre le mie porte, lei che ha determinato le mie scelte.
E il tuo mia cara Badessa?
- È complicato, perché è almeno una coppia che mi strattona qua e là. La donna meditativa accompagnerà Luis al convento e resterà con lui per qualche tempo. Ma sento già la sedicenne avventurosa strattonarmi perché vuole andare a Parigi e ci andrà, così so già che partirò per un lungo viaggio, ma non verso Parigi, ma verso Oriente, alla ricerca delle tracce della mia famiglia russa.
Crediamo, per usanze, convinzioni ereditate, il corpo che si annoda su se stesso, la società che ci guarda male, che la vecchiaia sia il momento della resa, del ripiego, della quieta attesa del trapasso. E, invece, le forze vitali esplodono e se usciamo dalla cerchia dello sguardo di chi ci vede solo come una generazione e non un individuo, noi siamo pieni di energia, di vita e di progetti, di eternità che incarniamo giorno dopo giorno. In fondo, il pulviscolo dell’universo non è forse fatto dai nostri sogni e dai nostri desideri?
Due ombre sul confine del giorno
Ho cercato lo stupore in ogni parola,
è questo il mio senso della vita, non
altro. La memoria è stata la mia
feroce compagna e la notte la mia
casa. Sul suo confine un giorno
ti ho incontrata e solo le stelle e
i cani sono stati testimoni del
miracolo di un’alba dove la tua
ombra camminava accanto alla mia.
Luis ci ha recitato un’altra poesia, abbiamo continuato a parlare sino
alla fine del mattino, ma ora è arrivato il momento di accompagnarlo a Colorno.
Con me e le sacerdotesse viene anche David il poeta. A Colorno deve chiudere il
cerchio di una giornata mancata, di una poesia che è rimasta ferma nella sua
matita.
Partiamo, camminiamo a piedi, ci lasciamo avvolgere dalla nebbia leggera del bosco e poi arriviamo alla porta e il convento è davanti noi, rosso di mattoni e splendente nel sole.
Questa Cronaca dell’ottavo giorno del mese di agosto dell’anno senza
Carnevale è un viaggio pluriennale condensato in pochi minuti. Pessoa è venuto
a fare visita a Borges. Li rincontreremo al convento di Colorno insieme alle
due sacerdotesse e al poeta David. Per quanto riluttante la narratrice deve
tornare indietro nella città silenziosa e continuare a scrivere.
Anche le poesie di oggi, attribuite a Borges, sono opera mia.
mercoledì 5 agosto 2020
Cronache dall’anno senza Carnevale/150: un fiore di melo, una mela matura, la stella danzante e lo sguardo oscurato
domenica 2 agosto 2020
Cronache dall’anno senza Carnevale/147: un’isola è un’isola, il resto, lo sappiamo, è opera del vento
Le isole non sono solo nel mare, non sempre si affastellano in
arcipelaghi. Così la prima isola di cui vi narrerò è un’isola che si trova in
mezzo a un fiume. E il fiume attraversa una delle città più belle del mondo, la
città delle luci.
L’Île Saint-Louis è una piccola oasi di silenzio nel cuore di Parigi, le vie sono strette, le facciate sobrie e i cortili molto piccoli.
Ma non è sempre stato così, un tempo sull’isola sorgeva un monastero dove la sacerdotessa aveva vissuto per qualche mese.
Era arrivata in una mattina di pioggia e vento, avvolta in un ampio mantello scuro aveva bussato, certa dell’ospitalità. La monaca che stava al portone riconobbe subito il velo e la spilla che lo teneva fermo. La fece entrare senza fare domande e la portò subito in cucina perché potesse rifocillarsi. Una zuppa calda che stava bollendo sul fuoco, una fetta di pane, una tazza di vino mescolato ad acqua.
Mentre Héloïse mangiava e lasciava che le consorelle la scrutassero con la dovuta curiosità, la madre guardiana andò dalla Badessa ad annunciare la visita. Sapeva che l’amica era arrivata sino a lei per un motivo ben preciso. Non poteva più nascondere tra le mura dell’Abbazia quell’uomo arrivato da un altro tempo. Il problema più grande era la sua cecità perché doveva sempre lasciarlo con una consorella che gli facesse compagnia leggendogli le Sacre Scritture. Ma poi lui chiese che gli venissero lette altre storie e dei componimenti che chiamava poesie in una lingua ardua che solo lei riusciva a decifrare.
Quando furono una di fronte all’altra, Roxanne sfilò dal suo velo uno spillone che finiva con una piccola ape ed Héloïse lo unì alle altre api che adornavano il suo velo e, finalmente, sorrise.
- Dubitavo di riuscire ad arrivare sino a qui, dubito sempre che riusciremo a prestare fede al nostro giuramento:
- Lo so, amica mia, abbiamo ricevuto troppe visite in questi ultimi mesi e credo che ormai anche il re sospetti che Luis sia qui con noi.
- La nuova Abbazia dove lo porterò è in Italia, in quella che sarà l’Italia dopo anni di una interminabile pandemia che ha decimato la popolazione mondiale. Non è stato un crollo della civiltà occidentale come la conoscevamo, ma un lento sbriciolamento. La religione è diventata un rifugio per molte anime e l’ultimo Papa di Roma ha accettato anche il sacerdozio delle donne pur di riportare all’ovile più anime possibile.
- Luis dovrà continuare a scrivere i suoi racconti e le sue poesie anche se il mondo lo crederà morto. Lui è una delle api più importanti, con le sue parole ha costruito il nostro ultimo rifugio, quella biblioteca dove solo lettrici e lettori accaniti come noi possono accedere. Anche la Biblioteca è un’isola e io non vedo l’ora di tornarci.
Il resto, lo sappiamo, è opera del vento
Un’isola non è un luogo
qualunque, isola è lo spazio
che ti occupa il fondo della
mente. Isola è il rifugio tra
i mondi e può essere circondata
da acqua o dalle tue parole.
L’isola è un sentimento che
lasci crescere, un respiro che
si allarga e ti apre le porte
verso quell’invisibile di cui
sei una delle custodi, di cui
lui è un custode e un creatore.
Il resto, lo sappiamo, è opera
del vento.
- Vieni sorella, andiamo da lui. Vorrà ascoltare le tue nuove poesie, le
nuove storie che arrivano dalle Montagne della Nebbia. Non ti ha mai potuta
vedere, quindi ti toccherà il viso, non spaventarti, lascialo fare. Quando lo
vedrai sorridere potrai parlare perché il tuo volto sarà in lui.
Insieme andarono nello scriptorium dove l’ospite amava passare il tempo per sentire l’odore dell’inchiostro e dei manoscritti. Chiusero la porta per far intendere alle consorelle che non dovevano essere disturbate.
Al suono dei loro passi, il poeta cieco si girò verso di loro e sorrise prima ancora che le donne gli si fossero avvicinate.
Non appena Héloïse gli fu accanto lui le porse un altro spillone con un’ape in cima e che andava a incastrarsi nel fermaglio che lei già indossava.
- Ditemi signore, da quale tempo lascerò che arrivi la mia voce?
Questa Cronaca 147 nasce dagli strani cortocircuiti tra letture vecchie e
nuove e conversazioni reali e immaginarie con i poeti. Che ora sappiamo,
viaggiano nel tempo e nello spazio.
“Le api dell’invisibile” sono una citazione da una lettera di R. M. Rilke
al suo amico Withold von Hulewicz.
Il resto, lo sappiamo, è opera del vento è una poesia scritta per questa
Cronaca e che cita la mia poesia L’opera
del vento, apparsa nella Cronaca 76 e nel mio libro Sillabario della Luce. Moretti&Vitali 2007