Come vanno donne e uomini sui vecchi marciapiedi del secolo passato? C’è chi scivola, chi accelera il passo, c’è chi inciampa per potersi fermare. Per andare da una strada all’altra a volte bisogna attraversare, c’è chi vorrebbe tornare indietro, chi non vorrebbe mai essere partito. Mi piace fermarmi a guardare il passo della gente, vedere come camminano alzando la punta o il tallone, se dondolano le braccia, se la testa oscilla, se si guardano intorno curiosi o guardinghi, se contano i passi, se evitano le righe sul marciapiede, se aggirano le formiche o le saltano. Dicono tanto di noi i passi, noi che non abbiamo ali per volare, né lunghi colli per andare oltra la cima degli alberi spogli. Il paesaggio intorno a noi, qui nella città silenziosa, muta di rado, solo le stagioni segnano un cambiamento, qualche volta un palazzo quando viene tinteggiato, qualche volta un albero malamente potato. I grandi cambiamenti nei quartieri più alla moda già appartengono al passato e i grattacieli di City Life svettano nel buio e dall’ultimo piano del mio palazzo posso ammirarne le mille luci notturne e immaginare le vite incapsulate dietro quelle finestre che sono intenzioni di fuga, mai fughe realizzate.
Canto della città silenziosa
Come può una città tenerci
sempre accanto? Bastano
i palazzi, le strade, quegli
antichi cammini che intuiamo
nascondersi sotto i nostri stessi
passi? Bastano il paesaggio
d’infanzia, la storia, il ricordo
delle mani di nostra madre?
Basta il rumore delle chiavi
di nostro padre alla porta?
Bastano il profumo del pane,
l’aroma della nebbia e delle
rose? Sì bastano, bastano
tutte queste cose e i ricordi,
i fili invisibili che ci hanno
cucito in questa forma e
attaccati alle mura e alle case.
Per questo possiamo partire e
sapere che ombre di noi
restano sul selciato e alle
finestre, ombre di ombre
diventano tutti i nostri desideri.
Compressi tra le strade senza cielo e i ritmi di vita
dettati dalla pandemia, vivono giorno dopo giorno, sognando e immaginando, gli
abitanti di questa città senza mare e senza fiume, una città bruciata nel
tempo, distrutta e ricostruita, una leggenda la sua fondazione, un sogno la sua
ricostruzione. Cosa resterà di questi anni perduti? Cosa porteremo con noi nel
futuro che già ci chiama alla sua tavola imbandita?
Oggi è sabato 8 gennaio del terzo anno senza Carnevale e
questa Cronaca 671 ha sparpagliato sul tavolo vecchie fotografie in bianco e
nero e cerca di riconoscere quei volti che sono ombre, le nostre ombre, il
nostro passato.
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