giovedì 31 marzo 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/753. Sul fondo delle mie palpebre vedo brillare una brace

 

 


 

Dopo la gita in un vivaio che ho fatto ieri pomeriggio con le mie vicine di casa Lucrezia e Claudia, oggi abbiamo finito di trapiantare quanto acquistato anche oggi: quattro piante di gelsomini, un’azalea bianca, un ranuncolo bianco e rosso, una camelia invernale, due piantine di basilico, una di salvia. È bello vedere come le piante cambino subito l’aspetto e il tono anche di una vecchia casa di ringhiera. Le piante e i fiori fanno bello tutto quanto le circonda, come se la loro semplicità e bellezza si irradiassero sul mondo intero e lo trasformassero. Non so se i gelsomini fioriranno e profumeranno già oggi, ma so già immaginare come sarà il loro profumo, come sarà bello lasciarsi andare nelle sere d’estate, ascoltare anche il canto sommesso dei grilli, sì ormai ce ne sono anche in città, e come i suoni e i profumi mi riporteranno a lontane notte d’infanzia e di gioia, prima che ogni giorno diventasse un piccolo naufragio. Vado a ripescare, su questa immagine, un’altra poesia di René Char:

 

 

A occhi chiusi e nello sforzo di prendere sonno,

vedo brillare, sul fondo delle mie palpebre,

una brace: è l’anima ostinata,

il relitto lampeggiante

del naufragio glorioso del mio giorno.

 

 

Non è magnifica questa immagine del naufragio associata a quella della brace? È tutto un accendersi e spegnersi di immagini, di ricordi, di sensazioni il nostro teatro notturno. Nelle notti fortunate ne resteranno tracce, proprio quelle tracce che poi approdano a una poesia.

Oggi è giovedì 31 marzo del terzo anno senza Carnevale e questa Cronaca 753 ha vesti rosse e arancioni, proprio come il ranuncolo della fotografia.

mercoledì 30 marzo 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/752. Il frutto è cieco. Solo l’albero ha occhi

 


 

Gli occhi degli alberi sono invisibili ai nostri occhi. Sono occhi assai mobili, dimorano sulle punte dei rami e nelle foglie, nella corteccia e nei germogli, nei fiori poi. Ma non nei frutti, perché l’albero sa che il frutto è destinato al raccolto e non dovrà guardare il tragitto tra il ramo e la nostra bocca vorace. Anche il mio acero bellissimo si è riempito di germogli e in queste ultime ore di sole, così dicono le previsioni meteo, mi fermo ad ascoltare lo scorrere quieto della linfa e lascio che il calore finissimo di questo inizio di primavera mi riscaldi il viso e le mani, le uniche parti del corpo che non sono protette da strati e strati stoffa. Senza il supporto della vista mi esercito a sentire il mondo solo con l’ausilio di udito e tatto. Soprattutto l’udito mi aiuta, perché pian piano inizia a separare un rumore dall’altro, come se il suono del mondo fosse una fine tessitura che possiamo disfare e rifare ogni volta che vogliamo.

 

 

 

La primavera sta nel coro delle voci

 

Il primo filo è il canto

di un passero. Il secondo

filo è l’usignolo, non so

quando ho imparato a

distinguerli, ma ora

so che sono due e non

uno soltanto. Riconosco

poi il vento che scuote

prima l’acero e poi

l’enorme ippocastano

che sta sull’angolo della

via, sono diversi i rami,

saranno diverse le foglie

e anche i frutti. Riconosco

il suono della campanella

e poi le voci dei bambini

che sciamano fuori dalla

scuola. Sono allegri come

api questi dirimpettai vivaci

e allegri. La voce di questa

primavera ancora fredda sta

tutta nel coro delle loro voci.

 

 

 

Bisognerà che ogni giorno io mi ricordi di chiudere gli occhi per qualche istante e ogni giorno reimpari ad ascoltare il mondo, a farmi frutto. Questa è la Cronaca 752 di mercoledì 30 marzo del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra. Anche oggi il titolo è un verso di René Char.

martedì 29 marzo 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/751. Il poeta, custode degli infiniti volti di tutto ciò che vive

 


 

Per quanto cerchi conforto e senso anche in altre arti e discipline, è sempre e soltanto la poesia che ha il potere di calmarmi e di darmi senso, di nutrire la mia anima e la mia immaginazione. Dal quaderno ho scelto un altro verso, ancor più lapidario, di René Char e l’ho utilizzato per il titola della Cronaca. Mi piace questa immagine del poeta come custode, non solo del volto, ma degli infiniti volti di tutto ciò che vive. Se il volto è ciò che mostriamo di noi al mondo e agli altri, se un volto è quasi sempre il primo particolare su cui ci soffermiamo quando incontriamo qualcuno, se il volto di un neonato è la sua prima carta d’identità, quali sono i volti degli altri viventi?

 

 

Il vero volto della rosa è il suo profumo

 

Delle onde riconosco la spuma,

del vento il rumore, volto

invisibile del tutto che lo anima.

Del cielo è il volto ombroso che

ci offre al mattino, della notte

è l’incrinatura del buio, annuncio

del giorno. Amo il volto della città

che si illumina al tramonto, ma più

di tutti amo il volto della rosa, non

solo la bellezza che si mostra nella

fioritura, è il contorno segnato dal

suo profumo, questo credo sia il suo

vero volto, diverso per ciascuno.

Quello che io intravvedo è color

Avorio pallido, screziato di rosa.

Anche se la rosa è una rosa rossa

che svetta nell’alba impertinente

come l’allodola e l’usignolo.

 

 

 

In compagnia delle parole di Char, lascio aperta la porta alla poesia, so che mi raggiungerà perché l’attesa e l’annuncio della venuta sono qualcosa di fisico prima ancora che mentale o spirituale. Ecco la rosa e il suo profumo, ecco la poesia, in questo martedì 29 marzo del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra. Anche questa Cronaca 751 ha un volto di rosa per questa sera.

lunedì 28 marzo 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/750. La lampada che tiene sveglio il coraggio e il silenzio

 


Inizia una nuova settimana, ma non finiscono né la pandemia, né tantomeno la guerra. Com’è diventato ancora più fragile il nostro già fragile equilibrio in questi tempi che ci hanno trovati totalmente impreparati. Mentre faccio fronte ai miei impegni quotidiani con il cuore pesante, la sera cerco distrazioni e ricomincio a guardare la serie Netflix Bridgerton, divertente, ben sceneggiata, magnificamente interpretata, una storia alla Jane Austen dove gli attori non solo bianchi caucasici, scelta che trovo risibile, falsificare la storia, anche se per la giusta causa dell’inclusività non credo giovi ad alcuno. Quel che mi colpisce sempre, quando guardo film e serie tv incentrate sulle storie d’amore, quel che mi colpisce soprattutto che passione erotica e amore siano perfettamente interscambiabili e le incomprensioni tra innamorati nascono e crescono su equivoci dovuti al fatto che i protagonisti non si parlano, non si confrontano, ma elucubrano sui silenzi dell’amato bene e a partire dalle elucubrazioni giungono a conclusioni sempre sbagliate. Forse è meglio che io interrompa di nuovo di seguire questa serie e me ne vada a guardare un film dell’Era Glaciale, forse i cartoni animati distraggono ancora di più. O forse smetto di cercare distrazioni e apro il mio quaderno delle poesie preferite e ne trascrivo una per questa Cronaca 750 di lunedì 28 marzo del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra. Scelgo René Char per l’occasione e con questi pochi versi prendo commiato dal mondo e da questa giornata troppo breve.

 

 

“Non apparteniamo a nessuno, se non al lampo di quella lampada ignota, inaccessibile, che tiene svegli il coraggio e il silenzio”.

domenica 27 marzo 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/749. Nato nella città dei ciliegi selvatici e dei girasoli dai duri semi

 

 


 

La domenica è il giorno del riposo e della quiete, vecchie riviste sfilano sul tavolo, si offrono ai miei occhi e poi si avviano meste, quasi tutte, verso il sacco della carta. Non sono poi molte le riviste che continuo a leggere in cartaceo, una è Internazionale, che leggo dal primo numero, cui sono abbonata e che insisto a leggere sulla carta e che poi regalo ai miei nipoti. È una delle riviste più interessanti i circolazione a mio avviso, anche se l’effetto che mi fa, settimana dopo settimana è quello di aumentare i miei livelli di angoscia cosmica. Il tempo delle riviste passa abbastanza veloce, poi decido di rileggere un libro di poesia e scelgo di nuovo lui, l’adorato e compianto Adam Zagajewski, nato a Leopoli in Ucraina nel 1945 e morto a Cracovia nel 2021. La sua famiglia fu costretta a trasferirsi in Polonia a causa delle politiche di trasferimento forzato decise dalle autorità sovietiche alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Questa poesia è tratta dalla raccolta Dalla vita degli oggetti, a cura di Krystyna Jaworska, Adelphi 2012.

 

 

Presenza

 

Sono nato nella città dei ciliegi selvatici 

e dei girasoli dai duri semi 

(a metà strada fra l’Occidente e l’Oriente, 

come si soleva credere allora; globi 

verderame vigilavano sbadati sulle case).

Solo l’assenza può essere perfetta?

La presenza è infatti contagiata dal peccato 

originale dell’esistere - dall’eccesso, da un selvaggio 

orgoglio orientale, mentre il bello, come un coltellino 

da frutta, si accontenta di un ritaglio di pienezza.

La vita si accumula nelle peschiere 

delle generazioni e non svanisce del tutto 

quando queste scompaiono, 

ma diventa secca e leggera, ricorda 

una preghiera distratta, le labbra screpolate 

di un ragazzo che si confessa per la prima volta 

e sente il legno del confessionale 

scricchiolare sotto le ginocchia.

A sera giunge l’autunno e porta via 

le messi, gialle, mature per la fiamma.

So che le realtà sono almeno quattro, 

e non già una, e si compenetrano 

a vicenda, come i Vangeli.

So di essere solo e al tempo stesso unito 

a te, per sempre, nel dolore e nella gioia. 

So che immortali sono solo i misteri.

 

 

 

Questa poesia racchiude il senso di questa domenica 27 marzo del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 749 sogna la città dei ciliegi selvatici e dei girasoli dai duri semi.

sabato 26 marzo 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/748. Le ore di studio matto e allegro, felice

 


 

Il sabato è sempre un giorno gioioso e oggi l’ho trascorso di nuovo immersa nella poesia di Piera Oppezzo. Il mattino per preparare il mio intervento, il pomeriggio perché alla Casa delle Associazioni e del Volontariato, abbiamo visto insieme il film di Luciano Martinengo Il mondo in una stanza e poi abbiamo raccontato di lei, delle sue poesie e ne ho anche lette alcune. La sala era piena ed è stato bello condividere con le persone presenti la vicenda umana e artistica di Piera Oppezzo. Dopo siamo andati a prendere un aperitivo al Bar Atlantic dell’Esselunga, la piazza era piena piena di bambini che giocavano e i loro giochi, le grida, le corse, mi hanno messo una grande allegria. Sarebbe bello se a tutti i bambini del mondo fosse reso possibile di pensare solo a giocare e a studiare, due delle attività dell’esistenza di noi umani che sono imprescindibili per vivere una buona vita. Se le attività ludiche sono comuni anche tra molte altre specie, soprattutto i mammiferi, lo studio è davvero qualcosa di così tipicamente umano e, per fortuna, negli ultimi decenni si è affermata l’idea che lo studio non appartenga più soltanto alle prime fasi della vita, infanzia e adolescenza, ma che possa essere un’attività che ci accompagna e ci aiuta a dare senso al nostro stare al mondo lungo tutto il corso della vita. Anche per me è così, non ho mai smesso di studiare, dopo sociologia, scienza politica, economia che ho studiato da ragazza insieme alla lingua e letteratura italiana, francese, inglese e americana, spagnola e russa, i miei interessi si sono via via indirizzati e concentrati su psicoanalisi e psicologia, neuroscienze e filosofia, una nuova grande sfida per me che mi appassiona e mi appaga.

 

 

Quando la sete e la fonte sono la stessa cosa

 

Il luogo è sempre quello,

un tavolo o una scrivania.

Il silenzio della casa intorno,

infranto solo dai sussurri

dei libri. Più sommessi quelli

dei già letti, più intensi

quelli dei libri nuovi. Cosa

avrò imparato alla fine di questo

viaggio che è un libro appena

finito? Non lo so, per questo

apro la prima pagina con

la matita in mano, il quaderno

degli appunti e una sete che

cresce pagina dopo pagina,

mentre la fonte che disseta,

è il libro stesso che mi cattura

e dona senso a queste ore di

studio matto e allegro, felice.

 

 

 

È stata una buona e bella giornata questa, una giornata allegra e piena di calore umano e di poesia. Questo sabato 26 marzo del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra. Questa Cronaca 748, studiosa come me, è seduta dall’altro lato del tavolo e studia, seria e concentrata.

venerdì 25 marzo 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/747. Non conosco che la luce del mezzogiorno

 

 


Nel progredire della settimana mi aggrappo alle cose minuscole di ogni giorno. Cerco di evitare i social, leggo i quotidiani ma non mi ossessiono sulle edizioni online. Ho letto così tante opinioni e punti di vista, mi sono fatta la mia opinione. Che è la stessa sin dal primo giorno dall’inizio della guerra. La vergogna ricoprirà per sempre il nome di quell’uomo che ha ordinato l’invasione, un uomo di cui non voglio nemmeno scrivere il nome, perché mi dà i brividi come quelli degli altri dittatori del Ventesimo secolo. Perché questo dittatore che ha mandato alla morte migliaia di suoi giovani connazionali è uno zombie del secolo scorso che è precipitato in questo secolo. So che la mia opinione e la mia voce valgono quello che valgono, sono pura testimonianza e null’altro. Qualunque cosa io dica e scriva, dal rifugio sicuro della mia casa e del mio Paese, sono solo uno dei tanti ronzii che vanno a formare lo sciame dell’informazione contemporanea. Così oggi mi concentro sulla bellezza di questo venerdì, un altro giorno soleggiato e freddo, un giorno che invita a uscire a passeggio, a guardare alberi e cespugli fioriti che rendono deliziosa anche Milano. La primavera è davvero la più bella stagione e il venerdì è il giorno più bello della settimana, il giorno in cui si sa che il lavoro è finito per almeno due giorni (non per tutti, lo so) e che ci si può iniziare a proiettare nel sabato del villaggio e nella quiete domenicale. Il venerdì è bello andare a fare la spesa, proprio il giorno prima della maggior parte delle persone. È bello sapere che si potrà imbandire la tavola con verdure fresche e saporite, con una mozzarella morbida e succulenta, con del pane pugliese cotto nel forno a legna. È fatta di cose così piccole la vita, minuscole come granelli di sabbia e che come la sabbia vengono rimescolate dalle onde che giungono sino alla riva. Solo quando la sabbia è asciutta possiamo scorgere la lucentezza di ogni singolo granello, farlo scorrere tra le dita e pensare alla spiaggia come a un’immensa clessidra che ci ricorda quanto tempo è passato, quanto tempo rimane.

 

 

L’immaginazione di Borges

 

Ho spostato tutti

i libri che ho letto

a sinistra nella libreria.

A destra ci sono quelli

che leggerò, se il tempo

si allungherà, se mi

farà dono di quelle ore

felici dell’adolescenza,

quando leggere e respirare

erano parte di uno stesso

movimento. Allora leggi - mi

dico – leggi come se oggi

fosse infinito e la biblioteca

pure, la stessa imponente

immaginazione che un

giorno Borges fece seduto

in fondo a una scala.

 

 

Ora che è notte posso lasciare che questo giorno scivoli nell’oceano del tempo. Quel che ne resta sarà per me chiuso nelle parole di questa Cronaca 747 di venerdì 25 marzo del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra.

giovedì 24 marzo 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/746. Chiara voce dell’alba, prologo di ogni mattino

 

 


Quando la notte prende il sopravvento e ci tiene tra le sue braccia, ecco che una nuova possibilità si apre. Mentre l’oscurità sfuma nell’argento dell’alba, noi possiamo anche udirne la voce, che è la voce degli uccellini sopravvissuti all’inverno. Ancora i suoni dell’umanità non si manifestano e si può restare ad aspettarli, perché cresceranno con l’avanzare della luce. L’alba è il primo evento di ogni giorno, ogni giorno è la speranza che ogni cosa vada bene, che ogni cosa vada meglio del giorno che l’ha preceduta. È cristallina la voce dell’alba, è alta e chiara e invita il sole a mostrarsi nei suoi drappi rossi e argentati.

Guardo fuori dalla finestra aperta, non importa se fa ancora freddo. Sdraiata sul divano, avvolta in un plaid di lana, guardo il colore degli alberi che trasmuta dal nero della notte che li confondeva con sé, al timido marrone appena scheggiato dalle gemme nuove. Di notte gli alberi sono come parole ancora immerse nell’inchiostro. È solo la luce che riesce a scrivere nel cielo e a rendere la natura partecipe del progetto misterioso di ogni giorno che inizia.

 

 

Prima che la parola sia stata pronunciata

 

Chiedo alla luce questa

prima parola, la chiedo

perché la luce conosce

la differenza tra un silenzio

che precede la parola e

il silenzio che la segue.

Così avviene ogni giorno

questo miracolo: sentire

l’eco di ogni intenzione

prima ancora che la parola

sia stata pronunciata.

 

 

Così è trascorso questo giovedì 24 marzo del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 746 si esercita ancora al silenzio, lei che vorrebbe solo trillare con gli uccellini che hanno cantato tutto il giorno in fondo al giardino.

mercoledì 23 marzo 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/745. A che punto è la notte…

 

 


Non è proprio una domanda, è più un tentativo di capire quanto durerà ancora questa privazione della luce, questa attesa che consuma e sfinisce, questa mancanza d’aria. Se lo chiedono gli insonni soprattutto, quelli per cui la notte è un tormento un’interruzione della vita che non porta sollievo ma solo ulteriori pene. Gli insonni non riescono a sfuggire al minimo rumore notturno, sono assediati dalle sirene in lontananza, dalle rare auto che passano sui grandi viali che portano in periferia. Anche il loro stesso respiro è fonte di fastidio e noia, la notte è un’immensa voragine che toglie piacere e senso alla vita diurna. Ma ci sono anche altri tipi di insonni, non quelli che stentano ad addormentarsi, ma quelli che si svegliano proprio nel cuore del buio perché i rumori umani intorno sono cessati. Che sollievo diventa quel silenzio! Quanta bellezza si offre allora a quelli che non sanno più dormire. È possibile scegliere tra film e serie televisive, ma ancora meglio è mettersi a leggere, perché quel silenzio chiama le parole, perché così può risuonare ancora più alto e chiaro e le parole stesse ne traggono beneficio. Dunque, a che punto è la notte? Quando mi capita di svegliarmi all’improvviso, mentre sto sognando, l’oscurità e il silenzio mi accolgono con un canto di benvenuto e lo stupore di quel silenzio sconosciuto alle ore del giorno mi invade lo spirito e sono grata alla notte di avermi chiamato, di darmi la possibilità di ascoltare quel che non c’è, di prendere in mano un libro e la matita e ricominciare a leggere senza l’assedio delle ore diurne che si inseguono e rincorrono e non conoscono tregua.

 

Una voce che si leva prima ancora che sia alba

 

A che punto è la notte

non lo sappiamo dire.

Solo quando il silenzio ci

chiama, solo allora lasciamo

che i rami del sonno

fioriscano e si pieghino

sotto il peso dei sogni che

ricordiamo. E non c’è più

separazione tra luce e

buio, tra ricordo e

immaginazione. Solo

allora capiamo che ogni

notte orliamo di sogni

il giorno, è questo

il segreto, questa

la benedizione. Un silenzio,

la fonte che zampilla,

una voce che si leva prima

ancora che sia alba, che

sia ripetizione.

 

 

Torno a leggere dopo avere scritto queste poche parole per la Cronaca 745 di mercoledì 23 marzo del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra.

martedì 22 marzo 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/744. Dove si rispecchiano vette azzurre di sogno

 

 


Seguo il canto della primavera, l’annuso nell’aria pesante della città mai più silenziosa, lo cerco tra le pieghe del giorno. Chiamo la primavera, a volte mi risponde, a volte fa una piroetta e fugge via, come se non fosse il suo preciso compito di stagione appena arrivata restare qui con noi. È nel suo perenne arrivare che si nasconde il suo segreto, lo so e per questo me ne rallegro.  Posso seguire di nuovo questo canto silenzioso e lo seguo sul filo teso di una poesia di Olav H. Hauge tratta dalle raccolta La terra azzurra (traduzione di Fulvio Ferrari, Crocetti editore 2008)

 

 

Ora canta di nuovo il mio fiume interiore,

e un limpido vento spira da fresche terre notturne,

in cui vette azzurre di sogno si rispecchiano

in altri mari.

 

Ma cosa sono le mie parole?

Un bosco piegato dalla tempesta

verso il nord,

barriere di montagne

contro il devastante

fuoco del giorno

 

Quando le parole stentano nel darsi un significato, continuo a cercarlo nella poesia. Così divento bosco, così divento una vetta azzurra e riesco a tenere a bada questo devastante fuoco del giorno, che brucia e brucia e non lascia ricordi tra i tizzoni ardenti.

Oggi è martedì 22 marzo del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 744 risplende di azzurro e brucia come fuoco.

lunedì 21 marzo 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/743. oh mescetevi, carte, firmamenti, memorie

 


Per la giornata mondiale della poesia scelgo una poesia inaspettata di Gesualdo Bufalino, una poesia complicata, che sollecita allo stesso tempo la mente e il cuore. Avrei tante cose da scrivere e ripetere sino allo sfinimento su questi giorni di guerra, dove la guerra, la morte, la fuga, la sopravvivenza sono momenti di uno spettacolo che ha bisogno di una colonna sonora continua a ricordarci che tutto non è che uno spettacolo. Non siamo poi così cambiato dai tempi degli antichi Romani, quando il popolo incitava i gladiatori a combattere all’ultimo sangue. La realtà è realtà solo se è spettacolarizzata, meglio se finta, come le finte nozze dell’anziano già presidente del consiglio di questa nazione che a volte mi sembra una quinta di cartapesta.

 

Improvviso d’amore


Losanghe di cieli, cieli di gesso,

vecchio terrore che indosso ogni giorno;

muraglie da cui sempre mi ritorna

questa mia strenua voce d’ossesso;

 

e libri, voi, paradisi dipinti,

reticolati d’assurdo quaderno,

trionfo e sbarre di carcere eterno,

fughe immobili e nero labirinto:

 

oh mescetevi, carte, firmamenti,

memorie; fate rissa entro di me,

e inventatemi un nome, un altro viso.

 

Ora che lei m’ha parlato alla mente,

lei nel suo scialle di sposa di re,

con gli stupori e i corrucci e le risa…

 

 

La poesia di Bufalino è tratta da Poesia n. 300 Gennaio 2015, Numero speciale. L’amore in versi. Fondazione Poesia Onlus 2015.

 

Io continuo a muovermi nel nero labirinto del tempo, dove la speranza è una piccola fiamma che appare e scompare e la poesia il vento che la alimenta. Oggi è lunedì 21 marzo del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 743 avanza nel labirinto e cerca un filo da seguire.

domenica 20 marzo 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/742. Ci sono nuvole lanceolate, voli, resti di amore

 


Oggi è il primo giorno di primavera, l’equinozio è arrivato. La giornata internazionale della poesia sarà domani, ma la primavera la festeggiamo oggi. La primavera è arrivata, ma il mondo crolla  e non ho altre parole che questa poesia oggi, in questa domenica ancora gelida, dove i fiori non sanno che noi abbiamo freddo, che nevica nei nostri cuori e nelle nostre anime. Mentre la mente cerca di dare una cornice di senso a quanto sta accadendo nel mondo. Così scelgo questa poesia di Juan Cobos Wilkins che ho già pubblicato sul blog alcune volte in passato.

 

 

Biografia impura

 

Un poeta non deve in primavera

passare da solo per i parchi.

 

Sotto i rami si abbracciano le coppie

e l’erba è umida.

 

Non deve attraversare

da solo i parchi in primavera.

 

Ci sono nuvole lanceolate, voli, resti

di amore usato già in terra, e i lillà,

i lillà così dolci, come feriscono.

 

In primavera è pericoloso il mondo.

 

 

Siamo impreparati e indifesi di fronte alla primavera? Sì, lo siamo, siamo vulnerabili, perché siamo pronti all’amore e alla speranza. Andiamo avanti perché abbiamo la speranza che combatte l’orrore. Oggi è domenica 20 marzo del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 742 ancora raccoglie lillà in fondo al giardino. Di seguito la versione originale della poesia.

 

Biografia impura

 

Un poeta no debe en primavera

cruzar solo la tarde de los parques.

 

Bajo las ramas se abrazan las parejas

y la yerba humedece.

 

No debe pasear

en primavera solo por los parques.

 

Hay nubes lanceoladas, vuelos, restos

de amor usado ya en la tierra, y las lilas,

tan suaves las lilas, cómo hieren.

 

En primavera es peligroso el mundo.

sabato 19 marzo 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/741. Ma restare è come partire…

 

 


 

Viaggiare è la cosa che più mi è mancata in questi anni, viaggiare con in mente una vaga idea della meta e una ancor più vaga idea del percorso. Tutti i viaggi che ho fatto e che farò sono viaggi della memoria e del sentimento e allora mi affido a viaggio poetico di Kate Clanchy.

 

 

Viaggiare

 

(alla maniera di Gösta Ågren)

 

Se dovessi andare a Samarcanda

magari troveresti Sherazade

in mille riproduzioni,

vestita di lustrini, come souvenir,

e le cupole dorate di Al-al-Din

ricoperte di segnali turistici sovietici

e ossidate, su un cielo metallico.

 

Ma restare è come partire.

Da qui si stendono i campi

dell’Oxfordshire

già del colore di una sovrana d’oro.

E quando il fieno è raccolto in balle

che sembrano ruote, e l’occhio corre

dai solchi scuri dei trattori all’orizzonte

nudo dell’autunno,

là brucerà là Samarcanda

 

e Samarcanda, e Samarcanda.

 

 

Andrò a Samarcanda quando si potrà ricominciare a viaggiare. Sarà un sogno e sarà reale. Lo prometto a questa Cronaca 741 di sabato 19 marzo del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra. La poesia è tra da Poesia 193 Aprile 2005 e dal libro di Kate Clanchy  Dall’Oxfordshire a Samarcanda, Crocetti Editore 2005

venerdì 18 marzo 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/740. Un ordine segreto anticipato in una casa di luce

 

 


 

La primavera si avvicina con passi di lupo, geme con il vento, ancora più forte di quanto non faccia l’inverno che cede il passo, cede la neve e cede i sogni della pietra, più verdi che mai nella foresta addormentata. Con la primavera si avvicina anche la Pasqua, il segno che la morte può essere sconfitta.

 

Resurrezione


Talvolta ci alziamo
ci alziamo per la resurrezione
nel bel mezzo del giorno
coi nostri capelli vivi
con la nostra pelle che respira.

Intorno a noi c’è solo il consueto.
Niente miraggi con palme
con leoni pascolanti
e mansueti lupi.

Le sveglie non cessano di ticchettare
le loro lancette luminose non si spengono.
Il consueto però è leggero
però è invulnerabile
ordinato in un ordine segreto
anticipato in una casa di luce.


 

Come risorgeremo in questi anni di guerra e di pandemia? Come potremo ritrovare la strada per la nostra casa di luce? Affidiamoci alla vita, affidiamoci alla muta preghiera delle gemme sui rami che ci stanno sussurrando: “Torniamo, anche quest’anno torniamo”.

Oggi è venerdì 18 marzo del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 740 conta le gemme sui suoi stessi rami. La poesia Resurrezione è di Marie Luise Kaschnitz. Una sensibile contemporanea, a cura di Nino Muzzi, Poesia n. 343 Dicembre 2018