domenica 30 novembre 2014

Alla fine esausta di novembre

Parafrasi Lunare


La luna è madre di pietà e di pathos.

Quando alla fine esausta di novembre
La sua antica luce si muove lungo i rami,
Flebile, lenta, e si sostiene ad essi;
Quando il corpo di Cristo, umanamente
Vicino, pende appeso nel pallore e toccata
Dalla brina, la figura di Maria si ritira
In un riparo di foglie cadute e marcite;
Quando un’illusione dorata riconduce
Sulle case una lontana stagione di calma
E sogni confortanti a chi dorme nel buio –

La luna è madre di pietà e di pathos.


Wallace Stevens

da Collected Poetry & Prose, 89-90
traduzione di Francesco Dalessandro
Library of America 1997

dal blog Poesie senza pari



sabato 29 novembre 2014

Le metafore di Osip Mandel'štam

Scrive Angelo Maria Ripellino nella sua nota a Sulla Poesia di Osip Mandel’ŝtam
"Come il Pasternak del Salvacondotto, anche Mandel’ŝtam punta tutto sulla metafora, accostando in misture inattese opposti campi semantici, rendendo tangibili con virtuosistici intarsi di abbaglianti similitudini e suoni, gli odori, le «meraviglie» dei versi altrui, dei paesaggi, di eventi lontani e dell’ambiente giudaico della sua infanzia. Per cogliere l’identità delle cose distanti, egli tende la vista «come un guanto di pelle di daino» (e riesce così a percepire e ad immettere nella densissima sigla d’una metafora tutto quello che sta fuori campo, attorno al punto focale, il contiguo), quasi il suo sguardo, asimmetrico come gli occhi di certi pesci, potesse simultaneamente imbricare differenti assi ottici".

Osip Mandel'štam
Sulla poesia

con con due scritti di Angelo Maria Ripellino e una nota di Fausto Malcovati Bompiani 2003

venerdì 28 novembre 2014

La poesia si decide al bivio aperto nel cuore della parola

A ogni istante due vie s'aprono nel cuore della parola; e la poesia si decide a questo bivio: essa deve lasciare la grande biblioteca, andare sino allo sprone che s'inoltra tra cielo e terra, e continuare ancora, più lontano, declinando verso appuntamenti dello sguardo ove s'accoglie ancora il calore appena mitigato della notte d'estate.



Yves Bonnefoy 
«A Silvia» e le neuroscienze
Il Sole24ore 16 luglio 2011

giovedì 27 novembre 2014

Le parole che devono raggiungerti fuori dalla pagina

Poesia d'amore da leggere a un amico analfabeta

Ho dovuto trascrivere queste parole
in mia e in tua assenza. Sono
cose che succedono. Se penso
di aggiungere una voce
immagino una simpatia e noi esterna
che protegge il messaggio
da quel che, detto, non può sottrarsi
all'esser detto.

Tutte le volte che hai mantenuto
il tuo segreto, infilando
gli occhiali o scorrendo una pagina
con interesse, si rinnova
l'offesa che tu hai perdonato, fingendo
d'essere uno di noi.
È così che la speranza d'amore
si traduce in una serie di momenti nascosti
in cui ci piace pensare
che qualcuno ci sia 
cascato.

Chi ero dunque io
che riempivo quei giorni
di moniti illeggibili: i matrimoni
spezzati, la terra
saccheggiata dagli speculatori, neanche una parola
per un estraneo?

Quest'isola
dove credevo di possedere la lingua
mi ha lasciato sola
e innocente come te o come quel tuo amico
che ti faceva copiare i suoi temi
fino a che le parole diventavano immagini
di posti dove non saresti mai andato.

E allora scusami
se tanta parte del poi
dipende da questo, le parole 
che devono raggiungerti 
fuori dalla pagina.

Tess Gallagher
Spontaneamente
a cura di Riccardo Duranti
Donzelli editore 1999

Love Poem to Be Read to an Illiterate Friend

I have had to write this down
in my absence and yours. These
things happen. Thinking
of a voice added
I imagine a sympathy outside us
that protects the message
from what can’t help,
being said.

The times you’ve kept
your secret, putting on
glasses or glancing into a page
with interest, give again
the hurt you’ve forgiven, pretending
to be one of us.
So the hope of love
translates as a series of hidden moments
where we like to think
someone was fooled
into it.

Who was I then
who filled these days
with illegible warnings: the marriages
broken, the land
pillaged by speculators, no word
for a stranger?

This island
where I thought the language was mine
has left me lonely
and innocent as you or that friend
who let you copy his themes
until the words became pictures
of places you would never go.

Forgive it then
that so much of after
depends on these, the words
which must find you
off the page.

mercoledì 26 novembre 2014

Come il destino tra la mano e il fiore

La neve era sospesa tra la notte e le strade
come il destino tra la mano e il fiore.

In un suono soave 
di campane diletto sei venuto...
Come una verga è fiorita la vecchiezza di queste scale.
O tenera tempesta
notturna, volto umano!

(Ora tutta la vita è nel mio sguardo,
stella su te, sul mondo che il tuo passo richiude).

Cristina Campo 
La Tigre Assenza
Adelphi 1991

martedì 25 novembre 2014

Scrivere è stare tra l'ombra certa del linguaggio e la puramente probabile luce delle parole

Le storie, i sentimenti, i personaggi, la descrizione: riuscire a renderli totale provvisorietà; levare a ogni frase la terra sotto i piedi, levarle il fondamento, col gesto stesso con cui ci sforziamo di affidarla a una stabilità. Ogni racconto ci appare oggi simultaneamente del tutto fondato e al tempo stesso del tutto infondato. Questo secolo ci ha educato alla memoria di entrambe tali condizioni. Questo continuo e duplice carattere di fondatezza e infondatezza della narrazione è una dimensione di probabilità, di pura probabilità. È ciò che risuona oggi nel limite estremo della scrittura: un movimento sotterraneo ed essenziale di probabilità e improbabilità continue. Ha a che fare, forse, proprio con l'ombra, con la quantità di ombra che il linguaggio porta con sé, che ogni parola porta con sé nel suo medesimo far luce, dunque dell'ombra che ciascuno di noi riesce a trattenere, a conservare e a far «parlare» all'interno della continua e probabile, puramente probabile luce delle parole.

Daniele Del Giudice
In questa luce
Einaudi 2013

lunedì 24 novembre 2014

Abitavo oltre le stelle

E io ero dolore

E io ero dolore e dimoravo in una grotta.
E io ero arroganza e abitavo oltre le stelle.
Ora abito nell'albero più vicino,
e al mattino quando mi sveglio
il pino infila l'oro nei suoi aghi.


Olav H. Hauge
La terra azzurra
traduzione di Fulvio Ferrari
Crocetti editore 2008






domenica 23 novembre 2014

Nel giardino del mondo un nuovo fiore e una nuova stella

Speranza

La speranza c’è, quando uno crede
Che non un sogno, ma corpo vivo è la terra,
E che vista, tatto e udito non mentono.
E tutte le cose che qui ho conosciuto
Son come un giardino, quando stai sulla soglia.
Entrarvi non si può. Ma c’è di sicuro.
Se guardassimo meglio e più saggiamente
Un nuovo fiore ancora e più d’una stella
Nel giardino del mondo scorgeremmo.
Tutti dicono che l’occhio c’inganna
E che non c’è nulla, solo apparenza.
Ma proprio questi non hanno speranza.
Pensano che appena l’uomo volta le spalle
Il mondo intero dietro a lui più non sia,
Come da mani di ladro portato via.


Czeslaw Milosz

Poesie
a cura di Pietro Marchesani
Adelphi 1983

sabato 22 novembre 2014

Nel resto del vuoto è entrato il cielo

Novembre 

Oggi i tigli non hanno quasi più foglie.
La parata chiassosa del giallo si è chiusa in un nulla di fatto.
Le foglie sono per terra, i rami sono per aria, spogli.
Dietro gli alberi si vede meglio la casa di fronte.
Dentro gli alberi si vede il nido da dove cantava il fringuello.
Nel resto del vuoto è entrato il cielo.
Non c’è storia, d’estate, tra gli alberi e il cielo
il cielo è molto più grande, ma ancora desidera spazio.
È autunno. Le piante donano spazi ulteriori al cielo.
È autunno. Le vecchie di qui portano fiori al cimitero
poi si chiudono in casa e si riempiono di paura.

Gli alberi sopravvivono tutto l’inverno
con dentro l’azzurro sempre più freddo del cielo.
Il breve profilo dell’uomo è adesso che mostra la corda.
Deboli, come si vince una partita a scala quaranta,
ci si difende chiudendo, diventando più densi,
mettendo sacchi di sabbia dove spiffera l’aria.
Laddove il terrapieno è franato ed entrano raggi di sole,
si affrettano i lavori di manutenzione,
si fanno canali di scolo per togliere l’acqua
che fa molle il terreno.
Si diventa sodi e compatti
come un’aia di campagna bella e sana
di terra liscia, battuta e dura
dove sopra balla la paura.

Annalisa Manstretta
Il sole visto di lato
Atì editore 2012

venerdì 21 novembre 2014

Tradurre è protrarre le parole di un addio

Tradurre, me ne sarei accorto dopo, è protrarre le parole di un addio. Perché nella separazione dell'autore, nella lontananza, temporale e geografica e linguistica dell'autore, si ricompone una presenza: la nuova lingua, la lingua del traduttore, accogliendo nella sua casa l'originale, offrendo ad esso un nuovo abito, nuovi suoni, nuovi ritmi, istituisce uno spazio-tempo perché quella distanza - che è distanza dall'originale- sia compensata, o almeno mitigata.

Antonio Prete
Trattato della lontananza 
Bollati 2008 

giovedì 20 novembre 2014

Scrivere poesia è serbare ciò che sentiamo nel profondo

È una cosa curiosa: la vita che conduciamo ci consente solo di rado di fermarci a riflettere su ciò che abita nel nostro corpo e, di conseguenza, possiamo diventare così estraniati da noi stessi da aver poi bisogno della poesia per ricordarci che cosa si prova a esser vivi. La nostra abitudine a pensarci in relazione agli altri e a giudicarci in base a come agiamo in un contesto sociale ci rende più vicini allo spirito della narrativa: il comportamento esteriore è più facile da osservare, può essere percepito immediatamente, ed è quindi più semplice giudicarlo. (…) Una poesia, tuttavia, avrà necessariamente un'esistenza nel tempo, se non altro per il modo in cui si relaziona alle opere precedenti, assieme alle quali viene a formare un lungo specchio ininterrotto che, nel fluire dei secoli, ritrae la soggettività umana. È curioso notare come i sentimenti, pur accompagnandoci sempre, siano così difficili da cogliere da sembrare qualcosa di effimero. In genere vi prestiamo attenzione quando si fanno avanti con impellenza, nei momenti critici, quando è più forte l'esperienza della perdita: durante una separazione, per esempio, o in seguito alla morte di una persona cara. È allora che ci rivolgiamo alla poesia perché ci dica quali sono i nostri sentimenti, per mettere in parole ciò che supera la nostra capacità di articolazione. Inoltre, la poesia ha la capacità di conservare il senso di urgenza di tali momenti, permettendoci di riviverli più e più volte: anche quando una poesia è incentrata sulla perdita, il suo scopo è quello di conservare, di trattenere. Vogliamo serbare ciò che sentiamo nel profondo ma in un modo tale da trasformarlo in piacere.

Mark Strand
Ritrovarsi sull'isola dei poeti 
Il Sole24ore - 3 luglio 2011

mercoledì 19 novembre 2014

Lo stile è ordine e movimento

Lo stile non è che l'ordine e il movimento che mettiamo nei nostri pensieri.
Se li si incatena strettamente, se li si serra, lo stile diventa fermo, nervoso e conciso; se li si lascia succedersi lentamente e unirsi solo grazie alle parole, per quanto siano eleganti, lo stile sarà vago, debole e strascicato.

Georges-Louis Leclerc, comte de Buffon
Discorso sullo stile
pronunciato all'Académie Française il giorno del suo insediamento il 25 agosto 1753
(la traduzione è mia)

Le style n'est que l'ordre et le mouvement qu'on met dans ses pensées. Si on les enchaîne étroitement, si on les serre, le style devient ferme, nerveux et concis; si on les laisse se succéder lentement et ne se joindre qu'à la faveur des mots, quelque élégants qu'ils soient, le style sera diffus, lâche et traînant.

Discours sur le style
prononcé à l'Académie  Française le jour da sa récéption le 25 août 1753

martedì 18 novembre 2014

Scrivere poesia significa essere ammoniti dal silenzio

Quando avrò perduto la voce
e non soltanto per colpa mia
e potrai sentirmi 
solo tu

poi ti dirò
quel che sa solo chi è muto
e dal silenzio
ammonito

Jan Skácel
Il colore del silenzio
Poesie 1957-1989
a cura di Annalisa Cosentino
Metauro edizioni 2004

Scrivere poesia fa del mio guscio un cielo

Scrivere una poesia: respirare
l'aria tra la notte e il giorno
e insieme a loro tra gli alberi
quasi venisse sulla punta di ogni foglia
un tintinnio di brina un tepore di bava
l'inizio confuso di una frase
che strisciando mi scaccia
depone oggetti, basse note
tremando leggermente
fa del mio guscio un cielo.

Antonella Anedda
Il catalogo della gioia
Donzelli editore 2003

domenica 16 novembre 2014

Mi servono altre pietre per poter guardare

Una parola

Una parola
- una pietra
in un freddo fiume.
Un'altra pietra -
Mi servono altre pietre
per poter guardare.


Olav H. Hauge
La terra azzurra
traduzione di Fulvio Ferrari
Crocetti editore 2008

sabato 15 novembre 2014

La lettera del fulmine, della fiamma che fende il buio

F

È la lettera della felicità terrena del soffio che fugge dalle
labbra, è la fiducia dei fiori che si flettono quando scende il sole,
ma è anche la lettera del fulmine, della fiamma che fende il buio.
"Fa freddo" diciamo e la f si raddoppia nello stesso fiato della
bocca sul fuoco.

Antonella Anedda
Il catalogo della gioia
Donzelli editore 2003


venerdì 14 novembre 2014

Nella penna Parker

Nella penna Parker ci sono molti versi, tutto un chilometro,
e nel calamaio ce ne sono ancora di più,
decine di chilometri. La carta
arriva con la posta, bollette, réclame, moduli
da compilare.
Guardo con serenità al futuro.


Olav H. Hauge
La terra azzurra
traduzione di Fulvio Ferrari
Crocetti editore 2008

giovedì 13 novembre 2014

Il racconto è parola che d'istinto cerca la voce

Beckett ama la forma breve. Nei diversi media, sia narrativi sia drammatici, che pratica, il tempo ha sempre un senso decisivo.
Quel "grande mostro a due teste", come lo chiama, domina l'esperienza umana e dunque anche la sua rappresentazione- su questo Beckett non ha dubbi. Chi vive, chi parla, chi racconta, chi agisce lo fa nello spazio di un'attesa - in un frattempo; non facciamo altro, noi viventi, che continuarea cominciare di finire... Il serpente si morde la coda, l'inizio si ricongiunge con la fine.E difatti, come fa notare Paolo Bertinetti nella sua densa introduzione al volume ( Beckett, Einaudi), la produzione letteraria dello scrittore irlandese «si apre con una serie di brevi prose, a partire da Assunzione, del 1929 e con una serie di brevi prose, circa sessant'anni dopo, si conclude». Ora, quei racconti e prose brevi, che Beckett scrisse nel corso degli anni in inglese, poi in francese e di nuovo in inglese, vengono riuniti, sì che noi lettori devoti possiamo cogliere di fiore in fiore dalle versioni di celebri traduttori e altrettanto devoti studiosi beckettiani.
Perché questo amore della forma breve? Perché è irlandese, e gli irlandesi hanno una innata propensione alla battuta? perché sopravvive in loro l'istintiva vocazione orale del racconto? O perché Beckett è sempre teatrale, e la parola in lui d'istinto cerca la voce? È un problema da non sottovalutare, perché chi ama leggere e chi ama scrivere risponde alle forme, prima che ai contenuti.
L'intensità poetica di questi testi è altissima, ricchissima la profondità linguistica; quanto alle storie, sono esili, esili le trame e il senso pare organizzarsi su altri assi. 

incipit della recensione apparsa su Repubblica venerdì 5 novembre 2010 di Nadia Fusini

Samuel Beckett
Racconti e prose brevi
a cura di Paolo Bertinetti
Einaudi 2010

mercoledì 12 novembre 2014

Scrivere è entrare in una baia di cui nulla sapevamo

È quel sogno

È quel sogno che portiamo in noi
che qualcosa di miracoloso avvenga,
che debba avvenire -
che il tempo si apra
che il cuore si apra
che le porte si aprano
che la roccia si apra
che le sorgenti scaturiscano -
che il sogno si apra,
che un mattino penetriamo
in una baia di cui nulla sapevamo.

Olav H. Hauge
La terra azzurra
traduzione di Fulvio Ferrari
Crocetti editore 2008

martedì 11 novembre 2014

I temporali dei tuoi giorni caduti

Temporali

E sarà differente sarà senza domande
come querce sommerse in fondo al lago
abituati a un vuoto senza parole
e a un buio stagnante

I temporali dei tuoi giorni caduti
sulla roccia e scivolati a valle
Resta un presagio la memoria del futuro
E ci sono anche morte e amore assieme

In tutta la città un organo suona
e uccelli blu bevono dalle pozze
l'acqua in cui si è lavato il tuono


Jan Skácel
Il colore del silenzio
Poesie 1957-1989
a cura di Annalisa Cosentino
Metauro edizioni 2004

lunedì 10 novembre 2014

Dove dimorano il vento, un topo e il desiderio

Autunno in città

Ecco la città, la piazza e le case
e signorine con crocchie di capelli
dove dimorano il vento, un topo e il desiderio.

Ed ecco anche l'autunno.

E in alto il sole.
Confitto in una nube come un artiglio nel cuore d'un cavallo.

Jan Skácel
Il colore del silenzio
Poesie 1957-1989
a cura di Annalisa Cosentino
Metauro edizioni 2004


domenica 9 novembre 2014

Oggi è una notte di pioggia

novembre, notte

Perfino adesso vedo un gesto nuziale
dopo l'immensa distanza di questa estate lenta
nell'arco dei suoi steli amari
dopo gli anni che in avanti
hanno sbarrato l'amore perché non si perdesse
fino a perderlo attutito contro l'erba.

Oggi è una notte di pioggia.
Possiamo traversarla in due diversi bagliori senza luce
dire, toccando il gelido bordo di un bicchiere
che tanta lontananza non è stata un errore
se ha cinto e sciolto segretamente
ogni irreale desiderio.

Antonella Anedda
Notti di pace occidentale
Donzelli editore 1999

sabato 8 novembre 2014

Nuvole, acqua, la raggiante poesia di questo mese

Novembre, La Maddalena. Guardando verso il porto

Una corona di nubi si dispone nel cielo lentamente.
Una barca attraversa col suo carico il porto.

Con questa precisione dovremmo - non scrivere -
distinguere, chinare gli occhi su questa schiuma che unisce
e poi disperde: sporcizia, nuvole, acqua.

Tieni ferma la schiena, contrai l'intero corpo.
Scruta il cielo adesso sgombro e grigio.
Forse da questo vuoto - senza concepimento -
nascerà la raggiante poesia di questo mese.

Antonella Anedda
Il catalogo della gioia
Donzelli editore 2003

venerdì 7 novembre 2014

Il poeta è un monte al lato della via, o un albero, o un odore

Il pittore ritrae

Il pittore ritrae, lo scrittore narra, lo scultore modella,
ma il poeta non canta,
egli è un monte al lato della via,
o un albero, o un odore,
qualcosa che fugge
o già non fugge più, ciò che fu
e che non tornerà, come le stagioni,
il caldo, il freddo, il ghiaccio ed il riso
nel cuore, quando il cuore ama,
oppure acqua, qualche cosa di largo, d'incompreso
come vento, nave, poesia.
qualcosa che dia
origine a qualcosa.

Natan Zach
Sfavorevole agli addìì
scelta e cura di Ariel Rathaus
Donzelli editore 1996

giovedì 6 novembre 2014

Azzurro è il giorno che viviamo, azzurro se anche non sappiamo quanto durerà

Sera

Il vuoto della finestra si apre
per dire che tutto ormai è oscurità
le perle di luce seminata 
nel notturno giardino diruto
scorrazzano o restano ferme.

Cosa ottenemmo malgrado tutto
nel sempre più grande esilio
nella distanza che crescendo sgorga
dal luogo donde irrompemmo noi
a festeggiare la scemante luce
a diritto o forse ingiustamente -
è lo stesso, ora.

Nello sguardo filtrato dagli occhiali
la lettura in un vetro alieno
nulla svela di nuovo,
solo aguzza ciò che le è prossimo,
dilava la distanza:

davvero Cipro lì davanti a quanto pare
sulla via dell'aperto mare,
qui la sera e il vento 
e un buio sempre più denso
che rallenta, impedisce ogni passo
dal luogo in cui non fummo mai
a quello in cui non saremo.

Mattina

Divieto di toccare: così scrive
l'affisso e noi toccammo, e così anche
ha ragione la melia, la buganvillea vuole
come te solo questo, che la tocchino
con effimere dita
propaggine vermiglia protesa
che già si è come tutta spogliata
sopra il muro di pietra dirimpetto:
amante tipica in età
di transizione.

Che significa quel che iniziammo
e quel che finimmo
e quanto a lungo il silenzio tocca
al mattino la finestra con un carico
di cipressi e alberi maestri.

Azzurro è il giorno che viviamo
azzurro se anche non sappiamo
quanto durerà
e se l'addio sarà doloroso.

Haifa, novembre 1982

Natan Zach
Sfavorevole agli addii
scelta e traduzione di Ariel Rathaus
Donzelli editore 1996

mercoledì 5 novembre 2014

Una poetica della lontananza: le lettere Elizabeth Bishop e Robert Lowell

Sul numero di Poesia, storica e imperdibile rivista edita da Crocetti, nel nuovo numero ora in edicola 


è stata pubblicata la recensione che ho dedicato al'epistolario di Elizabeth Bishop e Robert Lowell Scrivere lettere è sempre pericoloso.



Eccone un assaggio:

"...una storia che ha intessuto una vera e propria poetica della lontananza. Come se Orfeo avesse scritto a Euridice per trent'anni e lei – qui sta la sorpresa – gli avesse risposto o addirittura scritto per prima precedendolo nei luoghi della poesia. La poetica della lontananza ha sue peculiarità, si nutre di distanza nel tempo e nello spazio, di desiderio inappagato e soprattutto di nostalgia. Buona parte delle lettere di Cal si chiude con una sola domanda, variamente articolata, che è sempre la stessa: “quando verrai?”. E dopo gli incontri, non frequenti ma intensi, una certezza si instilla nelle anime dei due poeti americani, che questa amicizia è più forte di qualunque distanza, problema o altro amore e che sopravviverà a ogni cosa.
“Le mie poesie sembreranno più blu dell’Oceano Pacifico quando sarai qui”, scrive Cal nell’attesa dell’arrivo di Elizabeth che vive, siamo nell’aprile del 1957, ormai stabilmente in Brasile e dopo quell’incontro lei gli scrive “santo cielo! Che bello parlarti al telefono, sembravi sempre lo stesso!”. Ma entrambi mutavano, nelle speranze e nei progetti e anche le loro voci poetiche andavano consolidandosi. Sempre nel 1957, a dicembre, è Cal a riconoscere il debito che la sua poesia ha nei confronti di quella della Bishop “il passo in avanti mi ha portato dove tu sei sempre stata” e ancora “quando cominceremo a scrivere vere poesie? Io ho la netta sensazione di non averlo mai fatto. Una sensazione che invece non ho con le tue”. Elizabeth è pronta a smontare, come fa spesso, questa vena malinconica di Cal: “ Ma con «il passo in avanti mi ha portato dove tu sei sempre stata» che diavolo intendi dire? Io non sono andata proprio da nessuna parte, sai. Se non a quelle prime panchine dove sedersi e riposare, sotto una pergola di lato, all’inizio del dedalo…”.
“Ti ho scritto molte lettere con l’immaginazione” scrive la Bishop, e di immaginazione si è nutrita questa relazione che li faceva muovere come le due lancette di un orologio da un capo all’altro del mondo, sempre lontani e di rado così vicini da poter sentire l’uno la voce dell’altra. "

Elena Petrassi

martedì 4 novembre 2014

Così scende la notte splendente di gelo

Odori

Di terra nella pioggia, incerti tra i funghi e il letame,
di ammoniaca dai resti di un gatto nel prato
e di rose autunnali a spalliera su siepi di legno bagnato.
Non lontano ecco una casa e un camino precoce
con foglie di alloro e castagne e carne arrostita su grate
in un fumo di salvia un olio che stilla un aroma
di sangue raccolto da candido pane.

Così scende la notte splendente di gelo.
Appena pungenti di pini e cipressi lontani.

Antonella Anedda
Il catalogo della gioia
Donzelli editore 2003

lunedì 3 novembre 2014

Le belle giornate

Una bella giornata inizia con un incontro casuale: la mia amica Angela sta aspettando la metropolitana con il suo Kindle in mano. 
Ha un rossetto rosso ciclamino intenso che è un lampo di colore nel buio del mattino.
È bella e luminosa e, appena mi vede, sorride.
Così viaggiamo insieme sino alla mia fermata raccontandoci gli avvenimenti degli ultimi giorni e ci diamo appuntamento nel nostro ristorante del mercoledì.
Lei sta rileggendo Jane Austen in inglese e le piace ancora di più che in italiano.
Ci sono scrittrici e scrittori che vanno letti a distanza di anni e la Austen fa parte di questa schiera tutto sommato piuttosto nutrita.
Quando arrivo in ufficio giro alla mia Rossana il link alla bella intervista che D - La Repubblica ha dedicato a Jhumpa Lahiri, una delle scrittrici contemporanee che più mi affascina e piace. 
Dopo un po' mi arriva la sua risposta con il racconto delle ore intense e belle che ha passato con sua figlia:
"sabato film al cinema con Camilla "Il giovane favoloso" e letture letture letture.
Io che leggo l'ultimo romanzo di Elena Ferrante e Camilla che legge Le memorie di Adriano bevendo assieme un tè. Abbiamo parlato di Leopardi e di Pavese...".
Ecco, le belle giornate iniziano incontrando, di persona o in parola, un'amica carissima e parlando di libri.
Così posso affrontare il primo lunedì di Novembre, il mese delle foglie che cadono, del tè, delle castagne, della notte che scende repentina, delle nuvole grigie e rosa.

domenica 2 novembre 2014

Gli ultimi fiori hanno umidi gli occhi

ULTIME FOGLIE


Cadon le foglie, e così è di me
Gli ultimi fiori hanno umidi gli occhi.
Così è di me.
Raro si ode sul ramo ora l’uccello
Gioioso o mesto
Per l’intero bosco.

Ecco l’inverno s’avvicina e porta
Più presso al fuoco il cerchio che si stringe,
Ogni anno di più, dei vecchi amici,
Venga esso, già il cielo s’oscura,
Primavera ed estate non son più
Ogni cosa è soave ora quaggiù.

Walter Savage Landor
traduzione di Attilio Bertolucci
Imitazioni
Libri Scheiwiller 1994

sabato 1 novembre 2014

Piccola ode a Roma

                                                                       a P.P. Pasolini


Ti ho veduta una mattina di novembre, città,
svegliarti, apprestarti un altro giorno a vivere,
alacri fumi luccicando ai pigri margini orientali
percossi dalla luce tenera come un fiore,
argenti di nuvole più sopra infitti nell'azzurro
offuscandosi per brevissimi istanti, suscitatori di tremiti,
e risfolgorando a lungo, poi che il bel tempo è tornato
e durerà, se è neve quel viola lontano
oltre i colli che ridono di borghi noncuranti
le mortificazioni dell’ombra, poi che il sole ha vinto, o vincerà.

Tu eri viva alle nove della mattina,
come un uomo o una donna o un ragazzo che lavorano
e non dormono tardi, hanno gli occhi
freschi attenti all'opera assegnata,
nell'odore di legno bagnato e di foglie bruciate
o in quello amarognolo degli alberi sempre verdi
che crescono sui tuoi fianchi e si vedono dall'altura
per cui io scendo inebriato ai ponti
fitti di gente in transito, da qui silenziosi e bianchi
come ali d’uccello a pelo dell’acqua giallina.

Io penso a coloro che vissero in questa plaga meridionale
scaldando ai tuoi inverni le ossa legate da geli
senza fine in infanzie intirizzite e vivaci,
a Virgilio, a Catullo che allevò un clima già mite
ma educò una razza meno arrendevole della tua
e perciò soffrì, soffrì, la vita passò presto per lui,
passa presto per me ormai e non mi duole come quando
le gaggìe morivano a poco a poco per rifiorire
il nuovo anno, perché qui un anno è come un altro,
una stagione uguale all'altra, una persona all'altra uguale,

l’amore una ricchezza che offende, un privilegio indifendibile.

Attilio Bertolucci



da Viaggio d’inverno
Garzanti 1971