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sabato 1 febbraio 2014

Scrivere romanzi sull'avventura di scrivere romanzi

La verità come fantasia. Parlare di auto racconto è come parlare dell’amore. Ognuno ha il suo modo di intenderlo. Si usa il termine, comunque, per definire alcuni romanzi che stanno a metà tra autobiografia e narrazione, fra la cronaca verace di avvenimenti vissuti e la loro reinvenzione romanzesca. L’autore, vero o falso che sia, più o meno distorto, diventa protagonista della narrazione. In Italia, sulla scia dei reality, il genere ha preso la deriva terroristica e ricattatoria della storia vera. Orribile fraintendimento che ogni
scrittore dovrebbe combattere.

Javier Cercas è uno scrittore che ha ininterrottamente riflettuto sul suo mestiere. Tanto che le sue opere possono considerarsi romanzi sull'avventura di scrivere romanzi (rubando la definizione al titolo del bel libro intervista di Bruno Arpaia). Il personaggio Javier Cercas, infatti, entra nella narrazione e ne diventa punto focale: la sua ricerca della storia, nelle forme del reportage o del saggio storico, permette al lettore di condividere con lo scrittore il piacere di raccontare, di cercare risposte, di trovare coincidenze. Una fluida sensazione di
verità. Pier Paolo Pasolini, interpretando Giotto nel Decameron, si chiedeva: perché fare un’opera, quando è tanto più bello immaginarla?
Cercas gioca costantemente su questi due piani, mentre sulla pagina immagina l'opera, la costruisce. Chi meglio di lui quindi per parlare del coinvolgimento dell'io autoriale nella narrazione? Cercas accetta il tema e ne parla appassionatamente.    

Molti studenti dei corsi di scrittura creativa vorrebbero inserirsi nella
narrazione. È evidente che è un gioco meravigliosamente
romanzesco, ma oltre al piacere di condividere col lettore il processo
creativo, da dove nasce l’idea di inserire lei stesso come personaggio
nella narrazione?
Bisogna partire dicendo in via preliminare che tutta la fiction è autofìction, tutta la fiction è autobiografica. Lo scrittore usa la sua vita, i suoi sogni, le sue letture, le sue passioni per fare diventare il particolare universale. Ma esistono diverse strategie attraverso le quali si può usare la propria figura e queste diverse strategie dipendono dal libro che si sta scrivendo. In Soldati di Salamina, per esempio, il protagonista si chiama come me. Allora possiamo dire che sono io? No, non sono io: è una maschera che mi permette di dire
quello che voglio dire. Ma attenzione, la maschera per i Greci era la persona stessa. E la maschera è ciò ci nasconde e ciò che ci rivela. Faccio un esempio: se indosso una maschera da pirata, questa nasconde il mio vero volto, ma allo stesso modo rivela degli aspetti di me. Nel romanzo, il protagonista Javier Cercas dice che sta scrivendo una cronaca reale, ma non è vero anche se tutti i
personaggi sono veri e il protagonista sembra vero, perché la letteratura è scrivere una finzione più vera della realtà, che permette al lettore di scoprire una verità a cui non si arriva attraverso l'esperienza o il giornalismo o lo studio storico: una verità morale.
(…)
Frammenti della conversazione tra Alberto Garlini e Javier Cercas, terza delle Lezioni di scrittura del Fatto Quotidiano del 16 dicembre 2013

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venerdì 22 marzo 2013

Scrivere consiste nel complicarsi la vita

Ogni scrittore serio si trova di fronte a un paradosso: più scrive, più facile gli risulta scrivere; ma, quanto più facile gli risulta scrivere, più sospettosa gli risulta la facilità, fino a quando scopre, infine, che è proprio la facilità il peggior nemico del suo lavoro. Quando qualcosa viene al primo tentativo, brutto affare; quando una frase suona troppo letteraria, peggio ancora: la letteratura è precisamente ciò che non suona come letteratura. La scrittura è un mestiere strano. In sostanza, consiste nel complicarsi la vita. Per impararlo, bisogna dimenticarlo ogni giorno. 

Javier Cercas
La Stampa 4 marzo 2013

mercoledì 20 marzo 2013

La scrittura non lascia trasparire la realtà: la crea

Per il lettore, la scrittura deve essere come il vetro di una finestra, che è lì senza che ce ne accorgiamo, e che non richiama l’attenzione su di sé, ma piuttosto su ciò che traspare (un vetro che attira l’attenzione su di sé non è un umile vetro, ma una vanitosa vetrata); ovviamente, questa è solo un’impressione, e oltretutto falsa – la scrittura non lascia trasparire la realtà: la crea –, ma è un’impressione necessaria: in questa magia consiste parte importante dell’incantesimo della letteratura.

Javier Cercas
La Stampa 4 marzo 2013