Visualizzazione post con etichetta Federico Pace. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Federico Pace. Mostra tutti i post

giovedì 16 giugno 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/830. Era qualcuno che aveva conosciuto in albergo o che aveva già incontrato?


 


 

Oggi lettori e scrittori festeggiano una giornata speciale il Bloomsday, nato per ricordare la giornata del 16 giugno 1904, unico giorno del romanzo Ulisse di James Joyce.

Mi casca quindi a fagiolo il libro di Federico Pace che mi è molto piaciuto. Ecco l’incipit del capitolo dedicato all’incontra tra i duo giovani James e Nora.

 

“Quando la gemma esce dalla dormienza

 

Dublino conservava, in un’unica dimensione, la solitudine di molti. Aveva tenuto a lungo le persone ostinatamente separate nelle minute stanze delle proprie abitazioni, poi aveva cominciato a divertirsi, permettendo a quelle stesse persone di tuffarsi nel fervente andirivieni di chi si affretta ad attraversare gli incroci. Faceva sì che percepissero una libertà nuova, ma non sembrava voler concedere loro, fino in fondo, la possibilità di riscattarsi davvero. La città quasi traeva un piacere crudele a farle avvicinare, sfiorare, a permettere che si scambiassero uno sguardo, per poi separarle di nuovo. Per lo più, in quei giorni, la città metteva in scena un rimescolare apparente che in realtà lasciava, al termine di ogni giorno, le cose immutate. Così come erano state fino ad allora. Eppure le aspettative continuavano a covare seguendo strade che nessuno prevedeva. Eppure l’inestinguibile forza di un desiderio permaneva anche a cospetto del volto scaltro del disincanto. Era il 10 giugno del 1904 e Nora Barnacle era alle prese con il progredire dei compiti che scandivano l’orario del lavoro in albergo. Le stanze da rimettere in ordine, i letti sfatti, le lenzuola pulite con il loro profumo. I saluti nei corridoi dei clienti che nel giro di pochi minuti sarebbero partiti. Più tardi i piatti da servire ai tavoli. I boccali di birra. Era una bella giornata e neppure i rimproveri per qualche piccola imprecisione e le raccomandazioni su tutto quello che andava ancora terminato avevano diminuito la vitalità sotterranea che aveva cominciato a provare. Neppure la fine del turno di lavoro l’aveva trovata sfinita. Anzi, proprio in quel momento in cui i compiti dell’impiego e del dovere erano terminati, quando la pianura del tempo si era fatta più distesa, proprio allora, la febbre di vita era cresciuta, alimentata dalla leggerezza irripetibile dell’aria di quel mese. Con lo sguardo andava alle insegne dei negozi: JOHN MORTON, HARRIS, RACINE, YEATS & SON. Le lettere in oro che componevano i nomi e i cognomi dei proprietari di quelle aziende splendevano più che negli altri giorni sopra lo sfondo nero e lucido. Prorompeva, da dietro e dal centro della strada, lo sferragliare del tram a contatto con l’acciaio delle rotaie. Annunciava l’arrivo di inaspettate novità. Qualcosa di imperscrutabile le faceva sorgere un sorriso sulle labbra. A cosa pensava? Forse, con precisione, non lo sapeva neppure lei. Non c’era niente di definito a prendere forma nella mente, era più uno stato d’animo. Un modo di guardare alle cose che, inspiegabilmente, dopo tanti giorni, aveva mutato direzione. Quasi come una gemma che rompe la dormienza sullo stelo. Un principio di fioritura. Le piaceva camminare per le strade. Guardare le donne con le velette che nascondevano solo in parte il volto, gli uomini con i loro abiti scuri, i colletti inamidati delle camicie, le mani in tasca, fermi agli angoli. Le carrozze, i cavalli. Le piaceva confondersi tra la folla. Entrare in quel flusso di persone le offriva la possibilità, o almeno l’illusione, di far parte di un destino più ampio. Poi, tra la gente, aveva visto quel giovane. Sembrava stesse guardando proprio lei. Nella polifonica moltitudine di persone che vociavano su Nassau Street, sembrava che lui avesse messo a fuoco il volto di lei. Era qualcuno che aveva conosciuto in albergo o che aveva già incontrato?”.

 

Dalla mia pigrizia marina saluto questo 16 giugno del terzo anno senza Carnevale e questa Cronaca 830 che passeggia da sola per le vie di Dublino.

mercoledì 15 giugno 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/829. Si sentiva il respiro, l’andirivieni eterno e interrogativo delle onde

 


 

Continuo la mia vita marina, dove immergermi nel mare è sempre la gioia più grande. Forse ancora più grande dell’immergermi in un libro che mi piace molto. La processione è il titolo del capitolo dedicato a Simone Weil:

 

Dopo la fatica, il disincanto e la paura. Dopo il dolore e la ferita. Solo dopo tutto questo può arrivare all’improvviso il sollievo. Non è la luce del mattino, non è il vento che soffia sulle coste esposte del mare, non è il tempo del riposo. Non è il tuffo con cui riusciamo a gettarci da una roccia di un’ansa nascosta, non è il bacio di chi ci ha aspettato ancora, non è la corsa delle nuvole lontane che finiscono per dissolversi nella loro fuga verso il precipizio dell’orizzonte. Non è la pioggia che arriva nel pomeriggio, non è la luce della sera. Le barche erano tutte a riva, simili a grandi baccelli di un frutto sconosciuto deposto da chissà quale dio. L’arco dell’insenatura terminava proprio laggiù, sulla punta estrema, dove il faro con la sua luce

intermittente segnava i battiti della notte. Gli uomini si sono sempre adoperati per tenersi in contatto e dialogare. Per soccorrersi e aiutarsi. Anche quando sono stati costretti a rimanere lontani. Gli uomini hanno sempre trovato il modo di scambiare almeno un segnale con chi cerca un approdo, tra chi è andato al largo a pescare e chi, da terra, può soltanto dire: Guarda sono qui, devi rientrare da questa parte. La piccola comunità era tutta sul ciglio della spiaggia. Sospinta in quella striscia di terra, incerta fra l’attrazione esercitata dal mare maestoso e l’apparente protezione delle case edificate con pazienza sulla terra. Una comunità raccolta e ammutolita. Si sentiva il respiro, l’andirivieni eterno e interrogativo delle onde.

 

Oggi ho salutato anche Giorgia ed Enrico che sono ritornati a casa e mi muovo in questo piccolo mondo che ha le sue regole e i suoi rituali che mi si confanno, perché avevo davvero bisogno di staccare dalla vita cittadina, anche se è vero che non lasciamo mai davvero noi stessi da un’altra parte. La parte di me che sta sempre con me è soprattutto la lettrice, non riesco proprio a immaginarmi senza almeno un libro con me, e non c’è ebook che tenga, i libri veri sono quelli di carta. Così mi avvio verso la fine del libro di Federico Pace, mentre questa Cronaca 829, come al solito, non vuole uscire dall’acqua.

Oggi è mercoledì 15 giugno del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra.

martedì 14 giugno 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/828. La luce del sole che alle prime ore del mattino balugina nello spazio minuto tra le fenditure delle persiane

 

Continua la lettura spiaggiata del libro La più bella estate e anziché iniziare con le mie impressioni, inizio con un brano di Amoz Oz tratto da Lo stesso mare che Federico Pace ha messo in esergo:

 

 

Deserto: tufo e dirupo

odore di terra bagnata dopo un’estate di sete.

Viene una voglia:

essere ciò che sarei stato se avessi saputo ciò che è dato di sapere.

Essere prima di ogni cognizione. Come i colli. Come un sasso di luna.

Inerte e sicuro

di decantazione illimitata.

 

Un battito d’ali è il capitolo dedicato a Vladimir Nabokov e inizia così:

 

C’è un tempo della vita, e una stagione dell’anno, in cui tutti gli abbozzi della nostra esistenza sembra che vogliano, e possano, realizzarsi. In quel periodo, in quella stagione effimera, riusciamo a intravedere i vascelli delle nostre infinite esistenze possibili mentre se ne stanno schierati nel blu dell’orizzonte estivo. Al chiuso della nostra stanza, vediamo le prue di quelle imbarcazioni pronte a salpare, quando, ancora sdraiati nel letto, intuiamo la luce del sole che, alle prime ore del mattino, balugina nello spazio minuto tra le fenditure delle persiane. Con addosso il leggero velo del sonno, ne immaginiamo le traiettorie, le infinite avventure. Rimaniamo a guardare, con gli occhi dell’immaginazione, tutte le peripezie che si andranno compiendo. Le terre in cui giungeremo, le persone che avremo l’opportunità di avvicinare e che ci toccheranno nel profondo. Le cose sconosciute che avremo tra le mani. E di quelle prospettive, prima di scendere le scale della casa in cui ci troviamo in quel tempo della nostra

vita, sembriamo nutrirci e abbeverarci come di un alimento e un nettare prelibato. Non sappiamo ancora, e non possiamo nemmeno intuire, che ne sarà di quei vascelli schierati laggiù dove la terra si congiunge con il cielo. All’alba di un mattino di luglio del 1910, Vladimir Nabokov, non appena intravide attraverso le fenditure delle persiane un luminoso e vivace raggio di luce, invece di andare dove tutti lo aspettavano per la colazione, eccitato dal pensiero di ciò che lo aspettava fuori di casa, lontano dalla routine dell’abitazione familiare, scavalcò la finestra della sua stanza e sparì.

Leggo in spiaggia, faccio lungo passeggiate su e giù per il paesello che mi ospita, respiro il profumo della pineta, nuoto moltissimo, chiacchiero con i vicini di ombrellone e poi ho pranzato con le amiche e gli amici in partenza in un posticino delizioso, che si chiama Angolo 74,  che ci ha servito pesce freschissimo e c’era il vento e c’era il sole e l’estate era già iniziata.

 

Oggi è martedì 14 giugno del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e con questa Cronaca 828 vivo nella mia bolla di mondo e riesco a essere gioiosa, non mi stancherei mai del mare, non mi stanco mai del mare.

lunedì 13 giugno 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/827. La più bella estate è quella che sta arrivando

 

 


 

Viaggio sempre con almeno tre libri e per questa breve vacanza abruzzese, uno dei tre è La più bella estate. Storie di una stagione in cui tutto è possibile (Einaudi 2022) di Federico Pace che già mi piaceva per i suoi libri precedenti e con questo si conferma come un cantastorie di pregio. Lui ha questa capacità di infilarsi nelle pieghe della Storia, delle vite di personaggi eminenti e di tirare fuori sempre qualcosa di importante, di unico, un’epifania che illumina quella vita e quella persona e ce la presente nella sua umanità e ricchezza e paura e gioia.

Questo è l’incipit del libro che mi ha tenuto compagnia in spiaggia almeno per oggi:

 

La persistenza del desiderio

Dalla finestra si vedono le chiome degli alti pini, poi alcuni scogli e infine il mare. Sono i primi giorni d’estate. Dagli inneschi luminosi fino al dissolversi autunnale, il tempo della sua evoluzione si ripete ogni anno. Nel suo svolgersi pare accadere ogni cosa. Le stelle cadenti, il volo fragile delle farfalle, l’apparire ad altezze mesosferiche delle nubi nottilucenti, l’ostinata fioritura delle gemme. Seppure conosciamo le spiegazioni scientifiche dei fenomeni a cui assistiamo, quando ne facciamo l’esperienza diretta, quelle indicazioni non sembrano esaurirne il significato, piuttosto ne aumentano il mistero. Sempre rimane qualcosa di inaccessibile. Nonostante il rumore assordante e la sua veste consumata di rito collettivo, l’estate è sempre qualcosa di vivo e personale. Di intimo e struggente. Al suo approssimarsi, si sente, prima in maniera incomprensibile, e poi più urgente e chiara, la spinta del ricordo e della promessa. Ciò che è stato e ciò che sarà. Si sente di nuovo il bisogno di mettere in moto qualcosa che ci riguarda davvero. Riaprire il discorso che a un certo punto, senza esserne consapevoli, avevamo lasciato interrotto. Un tuffo in acqua, lo sfiorarsi delle labbra, le notti che si dissolvono nel giorno senza alcuna cesura. Ciò che accade d’estate è caratterizzato da una singolare unicità e il ricordo ci insegue con un’insistenza abbacinante.

 

Con questa Cronaca 827 avida di storie, prendo commiato da questo lunedì 13 giugno del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra.

venerdì 10 giugno 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/824. Appunti per un romanzo. La nostra vita consiste in come scegliamo di distorcerla

 



 

“Mi piace! Un personaggio che è troppo nevrotico per funzionare nella vita ma che funziona solo nell’arte. Appunti per un romanzo. Inizio possibile. Rifkin conduceva una frammentaria, disarticolata, esistenza. Era arrivato da tempo a questa conclusione: tutti conosciamo la stessa verità. La nostra vita consiste in come scegliamo di distorcerla. Soltanto la sua prosa era serena, quella prosa che in più di un’occasione gli aveva salvato la vita”.

 


Sto rivedendo a caso i film di Woody Allen, uno dei mie registi preferiti. È amaro, filosofico, ironico, antipatico, divertente e commovente. Per ora ho rivisto Match Point e Harry a pezzi, la citazione di apertura è la sua scena finale. Allen conosce molto bene le nevrosi dell’artista e la letteratura e gli scrittori sono parte fondamentale del suo bagaglio. Forse anche per questo mi piacciono così tanto i suoi film. I mie preferiti Hannah e le sue sorelle, Manhattan e Un’altra donna, me li terrò per ultimi come faccio sempre. In queste giornate luminose e ormai estive, sto continuando a leggere i diari di Virginia Woolf, Federico Pace, Borges e Laura Boella, di cui poi scriverò. Stasera sono poi andata a mangiare una pizza con Alex, Monica, Franco e Manuela, una coppia di vecchi amici con cui per anni abbiamo trascorsi dei bellissimi giorni di Ferragosto. Mancava un quarto d’ora alle 22 e la luce era ancora alta, le rondini sfrecciavano nel cielo e sentivo l’estate scorrermi nelle vene. Così chiudo questa Cronaca 824 di venerdì 10 giugno del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra con le citazioni che Pace ha messo in esergo al suo libro La più bella estate:

 

Shall I compare thee to a summer’s day?

William Shakespeare

 

I say Live, Live because of the sun,

the dream, the excitable gift.

Anne Sexton

 

Deserto: tufo e dirupo

odore di terra bagnata dopo un’estate di sete.

Viene una voglia:

essere ciò che sarei stato se avessi saputo ciò che è dato di sapere.

Essere prima di ogni cognizione. Come i colli. Come un sasso di luna.

Inerte e sicuro

di decantazione illimitata.

Amos Oz

 

 

 

William Shakespeare, I sonetti, a cura di Lucia Folena, Einaudi, Torino 2021; Anne Sexton, Complete Poems, Ecco Press, New York 1999; Amos Oz, Lo stesso mare, Feltrinelli, Milano 2000.

martedì 7 giugno 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/821. I vascelli delle nostre infinite esistenze possibili se ne stanno schierati nel blu dell’orizzonte estivo

 



 

Oggi è stato un giorno lacustre, iniziato con un feroce temporale e continuate nella dolcezza del Lago Maggiore. Non avevo voglia di gironzolare al mercato, così sono partita un po’ più tardi, ho pranzato nel solito ristorantino in piazze, ho fatto una passeggiata e poi una sosta in Feltrinelli dove ho comprato il nuovo libro di Federico Pace La più bella estate. Storie di una stagione in cui tutto è possibile e ho iniziato subito a leggerlo sul treno del ritorno. Così per contentezza e pigrizia ne copio un brano:

 

 

Un battito d’ali

C’è un tempo della vita, e una stagione dell’anno, in cui tutti gli abbozzi della nostra esistenza sembra che vogliano, e possano, realizzarsi. In quel periodo, in quella stagione effimera, riusciamo a intravedere i vascelli delle nostre infinite esistenze possibili mentre se ne stanno schierati nel blu dell’orizzonte estivo. Al chiuso della nostra stanza, vediamo le prue di quelle imbarcazioni pronte a salpare, quando, ancora sdraiati nel letto, intuiamo la luce del sole che, alle prime ore del mattino, balugina nello spazio minuto tra le fenditure delle persiane. Con addosso il leggero velo del sonno, ne immaginiamo le traiettorie, le infinite avventure. Rimaniamo a guardare, con gli occhi dell’immaginazione, tutte le peripezie che si andranno compiendo. Le terre in cui giungeremo, le persone che avremo l’opportunità di avvicinare e che ci toccheranno nel profondo. Le cose sconosciute che avremo tra le mani. E di quelle prospettive, prima di scendere le scale della casa in cui ci troviamo in quel tempo della nostra vita, sembriamo nutrirci e abbeverarci come di un alimento e un nettare prelibato. Non sappiamo ancora, e non possiamo nemmeno intuire, che ne sarà di quei vascelli schierati laggiù dove la terra si congiunge con il cielo”.

 

 

All’arrivo non sono tornata subito a casa, sono andata con un gruppo di vecchi colleghi a prendere un aperitivo al bistro del Piccolo Teatro e poi sono tornata a casa in tram. Anche oggi è stata una giornata gioiosa e lieve, come se il bello e il buono del mondo fossero tutti qui, nella mia città. Oggi è martedì 7 giugno del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 821 è contenta quanto me.