venerdì 31 gennaio 2020

La rosa che non canto, la rosa irraggiungibile


La rosa,
l'immarcescibile rosa che non canto,
quella che è peso e fragranza,
quella del buio giardino a notte alta,
quella d'ogni giardino e d'ogni sera,
la rosa che per arte d'alchimia
nasce di nuovo dalla tenue cenere,
la rosa dei persiani e dell'Ariosto,
quella ch'è sempre sola,
quella che è sempre la rosa delle rose,
il giovane fiore platonico,
l'ardente e cieca rosa che non canto,
la rosa irraggiungibile.


Jorge Luis Borges
Fervore di Buenos Aires
Adelphi 2010
Traduzione di Tommaso Scarano


La rosa, la inmarcesible rosa que no canto, 
la que es peso y fragancia, 
la del negro jardín de la alta noche, 
la de cualquier jardín y cualquier tarde, 
la rosa que resurge de la tenue 
ceniza por el arte de la alquimia, 
la rosa de los persas y de Ariosto, 
la que siempre está sola, 
la que siempre es la rosa de las rosas, 
la joven flor platónica, 
la ardiente y ciega rosa que no canto, 
la rosa inalcanzable.


giovedì 30 gennaio 2020

Ma quando si muore non si va da qualche parte. Ci si risveglia accanto al fuoco. Non più ingannati dal vento.


Ognuno di noi abita una "casa" chiamiamola così. Attorno, a perdita d'occhio la  brughiera. Il fuoco è acceso, la tavola imbandita. Ma capita, guardando verso la finestra, che il vento ci faccia credere di trovarci là fuori - e ci si dimentichi di dove siamo davvero. Si è "a casa". Sin da prima dell'inizio dei tempi. Ci rimarremo in eterno, la casa sarà sempre più accogliente. E invece crediamo di vivere nella terra inospitale che ci ha ghermito col vento. Stando là fuori diciamo: "Ecco il mondo, questa è la vita che ci è toccata". Ci crediamo mortali. Ma quando si muore non si va da qualche parte. Ci si risveglia accanto al fuoco. Non più ingannati dal vento. Né intimoriti. Delle ombre e dal gelo della brughiera.
Una povera favola? Non direi, ma una metafora sì: dello Spettacolo che da gran tempo tento di indicare.

Emanuele Severino
Corriere della Sera 13/1/2014

mercoledì 15 gennaio 2020

tutto dorme nel blu, fatto d'aria e d'acqua, di cieli e di mare

Post Scriptum
Il nuotatore deve entrare nell'acqua
il più dolcemente possibile, come una 
lontra che abbandoni la tana...
Sergente Lehay, L'arte del nuoto nello stile di Eton, 1828
da Charles Sprawson, L'ombra del massaggiatore nero


Sul mare la cerimonia del nuoto ha inizio il mattino presto, quando ancora non c'è nessuno. C'è silenzio, e il mare è intatto e immobile ad aspettarmi.
È necessario guardare lungamente il mare. Una forma di meditazione che aiuta a staccarsi da sé: una dimensione senza corpo, senza tempo, fatta solo di sensi. Il respiro comincia a farsi profondo, le narici annusano, e i rumori del mare fanno rallentare il sangue,
Bisogna prepararsi scrupolosamente. Bisogna guardare, pensare, respirare.
Intanto i gabbiani sorvolano la superficie, decidono di lanciarsi verso l'alto. Posso provare a seguirli, ma preferisco l'isolamento del cormorano che, dopo la pesca, se ne sta laggiù sugli scogli, fermo ad ali aperte per farle asciugare, e fissa l'orizzonte.
Mi domando se il blu marino, così intenso, a volte tanto blu da incantare, sia opera del cielo, di quella sostanza azzurra che vi si riflette. Questa prevalenza di blu commuove: tutto dorme nel blu, fatto d'aria e d'acqua, di cieli e di mare; il blu è ovunque, un colore che dovrebbe essere freddo, eppure ha il potere di rasserenare. Mi domando come mai, stando dentro l'acqua, la trasparenza nasconda - tra lampi di luce - sfumature verdi, gialle e brune. E perda quella pennellata di blu corposo, compatto.
Se mi capita di entrare in acqua per prima, inizia quello stato di euforia che è solo di alcune mattine magiche. Entro con la delicatezza di che non vuole turbare lo stato perfetto di un mare morbido, senza onde. Lo saluto, sorrido mentre saggio la consistenza del liquido salino, ne misuro la temperatura. Adoro nuotare al largo, nell'acqua fredda.
Galleggio brevemente, supina, gli occhi in su, verso quel tetto senza confini, appena maculato da riccioli bianchi di cotone, soffici, immateriali, Scie di aerei in transito sono corsie che delimitano il mio nuoto a dorso, il preferito, tutto sguardi, tutto cielo. Se guardo i fondali, a volte mi capita di vedere sottili teorie di bollicine argentee (pare mercurio) che si liberano dalla sabbia e risalgono in superficie. È il respiro del mare, mi dico. Perché il mare respira e non è difficile sentirlo.
L'impermanenza dell'acqua - penso mentre sono immersa - che non conosce angoli o spigoli. Che non ha forma, che permette al corpo di farsi largo, di entrare, di percorrerla lasciando impresso uno spazio senza spazio, una nicchia senza contorni: il corpo sta in acqua e si muove senza mai incontrare resistenza.
Scivola, si sposta, e l'acqua lo abbraccia, lo sostiene, lo accompagna. Non lo abbandona: l'errare acquatico è talmente singolare che ogni volta pare simulare una nuova nascita. Forse è per questo che - stando immersi nel mare - si prova una felicità semplice, ancestrale, istintiva. Si può arrivare persino a provare l'estasi di sentirsi acqua nell'acqua.
Mentre mi muovo con la leggerezza inconsistente di una medusa, posso sentire l'acqua sulla pelle, sul viso, sulle mani, tra le dita: il mare respira, ride, parla. Il fondale pare il manto pezzato di una mucca: macchie nere irregolari risaltano sulla sabbia chiara. La profondità mi mette paura, dà le vertigini; chiudo gli occhi per non vedere e mi sento invadere da una corrente che mi avvolge e mi sospinge delicatamente. È questa la sobria ebbrezza della vita? È qui la felicità del vivere? È in questo stato di beatitudine che posso abbandonare i sì e i no già detti, o che ancora devo dire, la sequenza dei desideri senza fine e senza inizio? È qui che posso ancorarmi, mettere radici e fissare per sempre uno stato di assenza di gravità? Nuotare e camminare, nuotare e volare, volare e nuotare, una medesima emozione: non ho altri desideri.
È in questi momenti che prendo coscienza di uno stato di grazia indicibile. Sono senza età, senza nome, non ho identità. Non conosco passato né futuro. Solo il qui e ora di puro movimento, muscoli e pulsazioni, respiro. Posso sentire tutto come se mai avessi avuto questa capacità di percezione assoluta, al massimo grado: accarezzo la superficie, spingo porzioni d'acqua dietro di me come fossi remo, ascolto suoni e battiti, sibili e sfrigolii sott'acqua dove pare persino che gli elementi primari. vento, aria e fuoco, combattano l'uno contro l'altro, assaporo l'umore salino che brucia la gola, osservo le piccole colonie di pesci che si aprono al mio passaggio e mi sfiorano, trattengono nel naso profumi e odori familiari, fatti di molecole diverse, vivide e a volte nauseanti.
Lascio che un minuscolo ippocampo arrotoli la sua coda a riccio sulle falangi del mio mignolo e si lasci portare. Dove andiamo? Vuoi seguirmi? Vuoi che impari la tua danza? Vorresti insegnarmi a respirare sott'acqua senza polmoni?

Valentina Fortichiari
La cerimonia del nuoto
Bompiani 2018


Sottoscrivo parola dopo parola questo brano tratto dal libro di Valentina Fortichiari. Un libro che mi ha coinvolto ed entusiasmato e fatto voglia di andare al mare. Magari nella Baia del Silenzio di Sestri Levante dove ho vissuto molti momenti come quelli descritti in questo libro, in particolare ne voglio ricordare due: un mattino soleggiato di un lontanissimo novembre dove, seduta sulla spiaggia, leggevo i diari di Anais Nin e prendevo appunti sul mio quaderno di sottile carta gialla rilegato in rosso e nero; e poi una mattina luminosissima e fresca di un luglio un po' meno lontano dove, prima delle sette, ho nuotato a lungo da sola. Non c'era nessun altro che nuotava, il mare era appena increspato da piccole e rade onde. Un altro momento di perfezione cui si aggiunse, sempre durante quella vacanza, il pigro galleggiare meridiano accanto alla boa, mentre ascoltavo le cicale e guardavo le nuvole.

Oggi il libro sarà presentato a Milano:






martedì 14 gennaio 2020

Niente metafore!

Questi racconti di Amy Hempel sono sconvolgenti. Con una prosa poetica perfetta Cantagli una canzone, il racconto d'apertura della raccolta, le immagini e le parole arrivano dritte nell'animo e non possono essere scisse una dall'altra. Ma già nel racconto successivo L'agnello orfano la perfezione della prosa racconta una storia sconvolgente. Di stupore in stupore, storia dopo storia ecco che arriviamo alla "Terra delle nuvole" che chiude il libro e mutua il titolo dal quadro Cloud Land di Gloria Vanderbilt . Perdite, lutti, abbandoni, folgorazioni improvvise e la vita che esplode intrisa di bellezza e tragedia.



Su Minima&Moralia e Linkiesta due belle recensioni di Gianni Montieri e Elisabetta Favale




Amy Hempel
Nessuno è come qualcun altro
Storie americane
traduzione di Silvia Pareschi
Società Editrice Milanese
titolo originale Sing to it


Cantagli una canzone

Alla fine disse: niente metafore! Nulla è come qualcos'altro. Eppure poco prima mi aveva detto: fammi un’amaca con le mani. Ed eccone una. 
Disse: nemmeno la pioggia–citava il poeta–nemmeno la pioggia ha mani così piccole*. Ed eccone un’altra. 
Alla fine volevo consolarlo. Invece dissi: cantagli una canzone. Il proverbio arabo: quando il pericolo si avvicina, cantagli una canzone. 
Eppure poco prima gli avevo detto: niente metafore! Nessuno è come qualcun altro. E lui aveva detto: per favore. 
Così, alla fine, gli feci un’amaca con le mani. 
Le mie braccia, gli alberi.


At the end, he said, No metaphors! Nothing is like anything else. Except he said to me before he said that, Make your hands a hammock for me. So there was one.
He said, Not even the rain—he quoted the poet—not even the rain has such small hands. So there was another.
At the end, I wanted to comfort him. But what I said was, Sing to it. The Arab proverb: When danger approaches, sing to it.
Except I said to him before I said that, No metaphors! No one is like anyone else. And he said, Please.
So—at the end, I made my hands a hammock for him.
My arms the trees.

*
somewhere i have never travelled,gladly beyond è una poesia di e.e. cummings

mercoledì 8 gennaio 2020

Voglio essere ricordato come lettore

«Ho sempre trovato conforto nei confini di un libro o di un manoscritto. Passo la maggior parte del tempo leggendo, e leggere resta l’aspetto migliore della mia giornata. Non mi interessa essere ricordato come editore, ma come lettore». 

Così si descriveva qualche anno fa Sonny Mehta, capo della casa editrice statunitense Alfred A. Knopf, scomparso a 77 anni a New York.  

Repubblica 02/01/2020

lunedì 6 gennaio 2020

Gli strani viaggi che facevo fuori di me

Le radici della quercia sporgevano dalla ripida scarpata alle spalle della nostra casa, e si attorcigliavano creando un seggio regale, dove una sovrana poteva sedersi e contemplare il suo regno e perdersi in fantasticherie lasciando che i suoi pensieri veleggiassero verso l’inesprimibile e il sacro, e a quel punto io non ero più «io» ma un essere disseminato nel fruscio delle fronde che si muovevano in alto e nell'umido odore del letto del torrente e nei rami fradici che si andavano disfacendo e nei punti in cui la luce del sole saltava fra le foglie di equiseto. Quell'essere trascendente aveva la testa leggera come un palloncino pieno d’elio e saliva su, su, su, fra nuvole costellate di scintille. Ma gli strani viaggi che facevo fuori di me erano un segreto. Li conservavo in una tasca speciale sotto le costole, una tasca che solo Dio e gli angeli potevano vedere.

Siri Hustvedt
Ricordi del futuro
traduzione di Laura Noulian
Einaudi 2019

domenica 5 gennaio 2020

Non potrei vivere senza la scrittura

Con la scrittura ho un rapporto di innamoramento perenne e come tutti i grandi amori è conflittuale: mi esalta, mi butta a terra, mi porta sulle nuvole e mi ferisce, ma non potrei vivere senza.

Elisabetta Bricca
Il rifugio delle ginestre
Garzanti 2017


venerdì 3 gennaio 2020

In qualche luogo in Russia esiste la mia anima

Irgendwo in RuBland ist meine Seele.
Gertrud Kolmar
In qualche luogo in Russia esiste la mia anima
se anima si chiama
questo ascolto del corpo a gola tesa: voce – e libri
libri simili a ferri tra le pietre di un monte
metalli su cui posare i piedi lentamente.
Dunque non solo carta – immagini:
steppa, slitta, sonagliera
ma in quell'uscire del corpo dall'infanzia
colori netti come mai accade da bambini
non un dio ma un'orma nelle cose
come se a ogni forma potessimo levare il suo sigillo.
Forse l'anima non esiste ma esistono i suoi luoghi
la distanza: verste da percorrere a ritroso
una lingua capace di dire ciò che preme
suono, frontalità, selvatiche radici
respiro di pianure
sì respiro – per lo stretto di un´isola
e al posto delle rime
il ritmo di un pensiero
mai udito
inaudito
come sempre è cercare concisione nell'altezza.
Antonella Anedda
Notti di pace occidentale
Donzelli 1999

giovedì 2 gennaio 2020

L'architettura della nostra memoria

Siamo tutti creature piene di desideri, desideri che sono rivolti anche all'indietro, non solo in avanti; grazie al moto retrogrado ricostruiamo la bizzarra, friabile architettura della nostra memoria creando strutture più vivibili.

Siri Hustvedt
Ricordi del futuro
traduzione di Laura Noulian
Einaudi 2019

mercoledì 1 gennaio 2020

Essere libera

Sono libera di vivere dove e come voglio, di leggere ciò che voglio, di pensare a tutto ciò che voglio come voglio, e di ascoltare chi voglio. Sono libera nelle vie delle grandi città, dove nessuno mi vede, mentre cammino sotto la pioggia scrosciante senza un dove né un quando, mormorando dei versi; sono libera nel bosco, e sulla riva del mare in una solitudine benedetta, e nella musica che risuona in me, e nella mia stanza, quando chiudo la porta.

Nina Berberova
Il corsivo è mio
a cura di Julija Abramovna Dobrovol'skaja
traduzione di Patrizia Deotto
Adelphi 1989