lunedì 31 agosto 2015

quando il giorno pellegrino si ferma e cade estenuato

LARGO SERALE


È l’ora dei crepuscoli estivi –
quando il giorno pellegrino
si ferma e cade estenuato.
Dolcezza e meraviglia di queste ore!
Qualunque volto apparisse in questa luce
sarebbe d’oro.
I riflessi di raso degli abitati sul lago.
Dolce fermezza di queste chiome
d’alberi sotto i miei occhi!
Alberi della montagna italiana.
Di paese in paese
gli orologi si cantano l’ora
percuotendosi a lungo nella valle
come tocchi d’organo gravi.

Poi più tardi nella festa notturna,
la lentezza dei suoni dura ancora....


31 agosto 1916

Vincenzo Cardarelli
Poesie
Mondadori 1942

domenica 30 agosto 2015

Il più amato dei venti

È il vento di nord est.
Il più amato dei venti
per me, perché ai marinai promette
la rotta giusta e l’anima ardente.
Va’ e saluta
la bella Garonna
e i giardini di Bordeaux
là dove il sentiero
s’accosta alla riva aspra
e il ruscello cade profondo
nel grande fiume
ma sopra
è in vedetta la nobile coppia
delle querce e i pioppi d’argento –
io mi ricordo
ancora del bosco d’olmi
che china le larghe cime dei monti
sul mulino, ma nella corte
cresce la pianta del fico.
Nei giorni di festa
vanno le donne brune
sopra un piano di seta,
al tempo di marzo,
quando uguali son la notte e il giorno,
e sui sentieri lenti
carico di sogni d’oro
passa ondoso il respiro del vento:
ma mi si offra quella coppa inebriante
colma di luce bruna
perché possa riposare:
dolce sarebbe
sotto le ombre il sonno.
E male è se l’anima si perde
lontano da pensieri di mortali.
Bene è invece parlare,
dire i pensieri del cuore,
udir molte cose
dei giorni dell’amore,
dei fatti che avvennero.
Ma gli amici, dove sono?
Bellarmino e il suo compagno?
C’è chi ha timore
ad andar alla fonte.
Ma la ricchezza ha inizio
nel mare. Essi come pittori
raccolgono tutta la bellezza
del mondo e non spregiano
la guerra alata, avere
la casa sotto un albero senza fronde,
per anni, solitari,
dove la notte non ha luci
di città e di feste
né musiche né danze native.
Ma ora quegli uomini sono salpati
per le Indie, nel promontorio arioso
presso le erte vigne
da cui la Dordogna scende
e insieme alla Garonna sfarzosa
esce fiume ampio come mare.
Il mare dona e toglie il ricordo;
l’amore fissa i suoi occhi fedeli.
Ma il poeta fonda ciò che resta.

Friedrich Hölderlin

traduzione di Enzo Mandruzzato dal sito di Nuovi Argomenti


ANDENKEN
Der Nordost wehet,
Der liebste unter den Winden
Mir, weil er feurigen Geist
Und gute Fahrt verheißet den Schiffern.
Geh aber nun und grüße
Die schöne Garonne,
Und die Gärten von Bourdeaux
Dort, wo am scharfen Ufer
Hingehet der Steg und in den Strom
Tief fällt der Bach, darüber aber
Hinschauet ein edel Paar
Von Eichen und Silberpappeln;
Noch denket das mir wohl und wie
Die breiten Gipfel neiget
Der Ulmwald, über die Mühl,
Im Hofe aber wächset ein Feigenbaum.
An Feiertagen gehn
Die braunen Frauen daselbst
Auf seidnen Boden,
Zur Märzenzeit,
Wenn gleich ist Nacht und Tag,
Und über langsamen Stegen,
Von goldenen Träumen schwer,
Einwiegende Lüfte ziehen.
Es reiche aber,
Des dunkeln Lichtes voll,
Mir einer den duftenden Becher,
Damit ich ruhen möge; denn süß
Wär unter Schatten der Schlummer.
Nicht ist es gut,
Seellos von sterblichen
Gedanken zu sein. Doch gut
Ist ein Gespräch und zu sagen
Des Herzens Meinung, zu hören viel
Von Tagen der Lieb,
Und Taten, welche geschehen.
Wo aber sind die Freunde? Bellarmin
Mit dem Gefährten? Mancher
Trägt Scheue, an die Quelle zu gehn;
Es beginnet nämlich der Reichtum
Im Meere. Sie,
Wie Maler, bringen zusammen
Das Schöne der Erd und verschmähn
Den geflügelten Krieg nicht, und
Zu wohnen einsam, jahrlang, unter
Dem entlaubten Mast, wo nicht die Nacht durchglänzen
Die Feiertage der Stadt,
Und Saitenspiel und eingeborener Tanz nicht.
Nun aber sind zu Indiern
Die Männer gegangen,
Dort an der luftigen Spitz
An Traubenbergen, wo herab
Die Dordogne kommt,
Und zusammen mit der prächtgen
Garonne meerbreit
Ausgehet der Strom. Es nehmet aber
Und gibt Gedächtnis die See,
Und die Lieb auch heftet fleißig die Augen,
Was bleibet aber, stiften die Dichter.

sabato 29 agosto 2015

Le nostre domande e risposte si riconoscono come gli occhi dentro agli specchi

Dialogo

Le mie parole sono la metà di un dialogo oscuro
che continua attraverso secoli impossibili.
Adesso comprendo il senso e la risonanza
che pure porti da tanto lontano nella tua voce.
Le nostre domande e risposte si riconoscono
come gli occhi dentro agli specchi. Occhi che hanno pianto.
Conversiamo dai due estremi della notte,
come da spiagge opposte. Ma con una voce che non si importa...
E un mare di stelle oscilla tra il mio pensiero e il tuo.
Ma un mare senza viaggi.

Cecilia Meireles
traduzione di Alice Micheli 
dal sito Sguardo Mobile


Minhas palavras são a metade de um diálogo obscuro
continuando através de séculos impossíveis.
Agora compreendo o sentido e a ressonância
que também trazes de tão longe em tua voz.
Nossas perguntas e respostas se reconhecem
como os olhos dentro dos espelhos. Olhos que choraram.
Conversamos dos dois extremos da noite,
como de praias opostas. Mas com uma voz que não se importa...

E um mar de estrelas se balança entre o meu pensamento e o teu.
Mas um mar sem viagens.

venerdì 28 agosto 2015

Che differenza c'è tra il sogno e il passato?

L’intera scena si era svolta così in fretta che non era del tutto sicuro che appartenesse alla realtà, oppure no. Forse era solo una delle sue fantasie. 
Janne aveva sempre avuto una relazione per così dire porosa con quella che gli altri si ostinavano a considerare la «realtà». E i sogni non facevano forse parte anch'essi della realtà? È chiaro che se uno vede in sogno qualcosa, un vaso di cristallo, una piantina d’iperico con i suoi delicati fiori gialli sui lunghi steli o, perché no, una bella ragazza, è difficile trasferirli poi nella stanza dove ci si sveglia.
Ma neanche gli avvenimenti di ieri o dell’altro ieri sono facili da trasferire. C’è in realtà qualche differenza, tra il sogno e il passato?


Lars Gustafsson
L’uomo sulla bicicletta blu
traduzione di Carmen Giorgetti Cima
Iperborea 2015

giovedì 27 agosto 2015

libri su libri, promessa di futura felicità

Leggere per Virginia Woolf è una questione di relazione e di amore, è un incontro, una conversazione, un dialogo, si fa in due, e ci si sceglie, anche tra vivi e morti, perché l’arte è presenza al presente. Ancor prima dell’amico Forster, e sua maestra in questo caso, lei tiene libri e autori tutti insieme in cerchio nella sua mente («è un unico cervello, dopotutto, la letteratura») e con loro chiacchiera al di là del tempo e dello spazio, costruendo immaginarie contemporaneità e geografie personali. Seduta alla sua particolare «tavola rotonda», traccia e rintraccia la tradizione della scrittura poetica e romanzesca calandola e trovandola nella vita quotidiana, rompendo ogni barriera, confine, frontiera, tra i generi letterari, tra alto e basso, maggiori e minori, mediocri o comuni, classici e contemporanei, epoche e cronologie. I suoi occhi corrono da una pagina all'altra, la penna fra le dita per questa o quella annotazione, cercando di mantenere separate, nella sua giornata, le ore della lettura da quelle della scrittura, perché, sebbene in modo diverso, sia le une sia le altre sono appassionate e travolgenti. Certo, la vera gioia è scrivere, ma i libri degli altri sono una diversa avventura, fatta di emozioni così forti che non sempre si può leggere il Lear di Shakespeare, o lasciarsi sopraffare dalla noia di un pedante, o andare in cerca di «qualcosa di severo»: conta eccome il nostro umore, e il corpo deve essere pronto, perché leggere è anche un vigoroso esercizio fisico, i muscoli del cervello si devono mettere al lavoro per fabbricare l’autore, immaginarlo con precisione, situarlo, metterlo a fuoco, vederlo e guardarlo infine con umana simpatia. I libri ci leggono, lo sa bene lei, che li scrive per afferrare «la mela sul ramo», l’emozione notturna e impalpabile delle falene, seduta su una poltrona sfondata, con un cartone sulle ginocchia, in stanze sui cui tavoli si ammucchiano, in disordine, libri su libri, promessa di futura felicità. In fondo lei non smetterà mai di essere la «bambina ignorante» che legge nella sua stanza al 22 di Hyde Park Gate, e poi la ragazzina che scorrazza libera tra gli scaffali dell’imponente biblioteca paterna, e poi ancora l’adulta che saccheggia quelle pubbliche, celebrandone la funzione democratica, perché sono le «sale di lettura per il lettore comune».11 Col tempo ha imparato a riconoscere, incuneato nella profondità della lingua inglese, il baluginare di un brillìo, il significato più antico della parola reader: «interprete dei sogni». (E non sorprenda l’affinità con Proust – il più vicino a lei e non a caso il più amato fra i suoi contemporanei – che, nella Fuggitiva, ragionando sul ricordo e sul sogno, scriverà «s’indovina leggendo, si crea».)12 Di fatto con i libri ci si espone al cambiamento, si rischiano tranquillità e abitudini, mentre leggo, dirà nella sua Lettera a un giovane amico poeta, «mi trovo – leggere, lo sai, è come aprire una porta a un’orda di ribelli che ci accerchiano e ci attaccano da tutte le parti – colpita, agitata, graffiata, denudata, buttata per aria, sicché la vita sembra splendermi accanto».
Proprio la vita, sempre imprevedibile, irrompe in queste attività della mente e mette tutto in subbuglio, scompiglia i fogli anche del suo diario, tanto che possiamo trovare una stupefacente lista di intenzioni di lettura, o gli appunti sparsi per un nuovo romanzo, fianco a fianco, mescolati alla lista della spesa e alla prima stesura di un articolo, o alle annotazioni, accurate e articolate, per una più lunga recensione. C’è serietà, gioia, ironia, fatica e tanto lavoro, basta prendere un esempio a caso, davvero a caso, lunedì 8 agosto 1922: «Ora che devo leggere? Un po’ di Omero: una tragedia greca: un po’ di Platone: Zimmern: Sheppard, come libro di testo: la vita di Bentley: fatto sul serio, questo dovrebbe bastare. Ma quale tragedia greca? e quanto Omero, e quale Platone? Poi c’è l’antologia. Tutto da concludersi con l’Odissea, per via degli elisabettiani. E debbo leggere un pochino di Ibsen per compararlo a Euripide – Racine a Sofocle – forse Marlowe a Eschilo. Suona molto erudito; ma realmente potrebbe divertirmi; e se no, nessun bisogno di continuare»

Liliana Rampello
Autobiografia di una lettrice in
Virginia Woolf
Voltando pagina
Saggi 1904-1941
Il Saggiatore 2011

mercoledì 26 agosto 2015

Narrare è esistere

Le storie non si limitano a staccarsi dal narratore, lo formano anche: narrare è
esistere.

Joao Guimaraes Rosa

martedì 25 agosto 2015

Inondato di luce, ho seguito tutta la lunghezza della tenebra

Chinati, ti devo sussurrare all'orecchio qualcosa:
per tutto io sono grato, per un osso
di pollo come per lo stridio delle forbici che già un vuoto
ritagliano per me, perché quel vuoto è Tuo.
Non importa se è nero. E non importa
se in esso non c’è mano, e non c’è viso, né il suo ovale.
La cosa quanto più è invisibile, tanto più è certo
che sulla terra è esistita una volta,
e quindi tanto più essa è dovunque.
Sei stato il primo a cui è accaduto, vero?
E può tenersi a un chiodo solamente
ciò che in due parti uguali non si può dividere.
Io sono stato a Roma. Inondato di luce. Come
può soltanto sognare un frammento! Una dracma
d’oro è rimasta sopra la mia retina.
Basta per tutta la lunghezza della tenebra.


Iosif Brodskij
Poesie italiane

traduzione di Giovanni Buttafava e Serena Vitale
Adelphi 1996


lunedì 24 agosto 2015

Ore in biblioteca

Cominciamo col chiarire la vecchia confusione tra chi ama apprendere e chi invece ama leggere, sottolineando che non esiste alcuna relazione fra i due. Un uomo colto è un tipo sedentario, un entusiasta assorto e solitario che cerca di scoprire attraverso i libri un granello di verità che gli sia particolarmente a cuore. Quando lo prende la passione della lettura, il sapere da lui conquistato vacilla e gli svanisce fra le dita. D’altro canto, un autentico lettore deve tenere a bada sin dall'inizio il suo desiderio di apprendere: se la conoscenza si impone a lui tanto meglio, ma mettersi alla sua ricerca, magari per leggere secondo un sistema, o per diventare uno specialista e un’autorità in materia ha forti possibilità di uccidere quella che a noi piace considerare la più nobile passione per la lettura pura e disinteressata. Detto questo, possiamo facilmente tracciare un ritratto benevolo del topo di biblioteca senza trattenerci dal ridere un po’ alle sue spalle. Proviamo a immaginare una figura pallida e delicata in vestaglia, persa in rimuginazioni, incapace di alzare un bollitore dal fuoco o di rivolgersi a una signora senza arrossire; uno che non sa le notizie del giorno, per quanto sia informatissimo sui cataloghi delle librerie dell’usato nei cui oscuri paraggi trascorre le ore in cui il sole è alto: è indubbiamente un tipo gradevole nella sua burbera semplicità, ma per nulla somigliante all'altro al quale vogliamo rivolgere la nostra attenzione. Perché il vero lettore è giovane nella sua essenza. È una persona d’intensa curiosità, piena d’idee, aperta e comunicativa, per la quale leggere ha più il carattere di un vigoroso esercizio all'aria aperta che non quello di studiare al chiuso; egli va avanti per la sua strada, s’arrampica sempre più in alto su per le colline ché l’aria non diventa troppo sottile anche solo per respirare; leggere per lui non è affatto una ricerca da svolgere a tavolino

Virginia Woolf
Voltando pagina
Saggi 1904-1941
a cura di Liliana Rampello
Il Saggiatore 2011

domenica 23 agosto 2015

Nella notte dove ogni lanterna cede

LA BELLEZZA

Nei mosaici del sangue,
nei codici scolpiti
dalla Risacca e dal Tempo,
la nostra notte – tu.

Cella, confine
dalle pareti sferiche
dove ogni lanterna
cede.

E alcuni ti chiamano Bellezza!

Danilo Bramati
Idioti Nell'ombra
Atì editore 2010

sabato 22 agosto 2015

poesie altrui, tracce d’ispirazione

Il viandante

Entro in sala d’aspetto alla stazione,
manca l’aria.
   In tasca ho un libro,
poesie altrui, tracce d’ispirazione.
Accanto, sulle panche, due vagabondi e un ubriaco
(oppure due ubriachi e un vagabondo).
Al lato opposto della sala, lo sguardo volto altrove,
in alto, verso l’Italia e il cielo,
siede un’elegante coppia anziana.
Fummo sempre divisi. L’umanità, i popoli,
le sale d’aspetto.
    Mi fermo un attimo, incerto a quale sofferenza 
unirmi.
    Infine mi siedo al centro,
leggo. Sono solo, ma non mi sento tale.
Un viandante che non viaggia.
    Svanisce
la visione. Montagne di respiri, soffocanti
pianure. La divisione perdura.

Adam Zagajewski
Dalla vita degli oggetti 
a cura di Krystyna Jaworska
Adelphi 2012

venerdì 21 agosto 2015

Inutile girare la pagina per cercare l'angolo del vento

Spesso c’è bonaccia sulla pagina.
Inutile girarla per cercare
l’angolo del vento.
Si sta fermi,
il pensiero oscilla,
si riparano le cose
che la navigazione ha guastato.


Valerio Magrelli
Ora serrata retinae
Feltrinelli 1981

giovedì 20 agosto 2015

Quella è la mia stella

Se potessi essere una stella,
e vivere da stella
da qualche parte in alto, in alto.

E poi qualcuno per me
contando le stelle dicesse:
Quella è la mia stella.

Se potessi essere una stella.


Josip Pupačić
Antologia della poesia croata contemporanea
a cura di Marina Lipovac Gatti
Hefti 1999

mercoledì 19 agosto 2015

per sempre non ti vedo

Cantico a Melfi

Finalmente campi – il
casolare sfondato
guarda fisso resti di
trebbia mentre bruciano,
e l’ultimo segmento
di spiga si accartoccia.
Fui lucerna di creta,
nera nello scavo aperto.
intanto la fiamma si
sgranava nell'alone:
per sempre non ti vedo.

Camilla Miglio
Maree
Atì editore 2010 

martedì 18 agosto 2015

la luce d’estate lenta a spegnersi nutriva del suo fuoco

Ringraziamento per un quadro

Come potrò uguagliare il pittore
dilettante Fiorello Poli che
fece la «Mietitura del ’44»
nei miei campi, vivendo da sfollato
in casa del mezzadro e alternando
deschetto e tavolozza, se il verde
delle piante, il giallo del frumento,
l’azzurro delle colline lontane
e del cielo, il rosso e il viola di due
donne, una chinata a mietere
l’altra dritta a stringere un mannello
e assorta in un pensiero improvviso,
non saranno mai più quali furono?
Era un giorno bellissimo e gli stavo
vicino: il suo tocco quietava
la mia angoscia
come ascoltassi il battito d’un cuore
che la luce d’estate lenta a spegnersi
nutriva del suo fuoco, della sua
verità: avrei dovuto allora
umilmente seguirne la pazienza
nel descrivere il volgere del tempo
a un ardore più temperato, a un
primo fresco della sera.
Oggi di quel trapasso raggiante
mi parlano le ombre proiettate
dagli olmi sulle stoppie e sulla messe
rimasta intatta per metà del campo
ormai illuminato dal sole per sempre.

Attilio Bertolucci

Viaggio d’inverno
Garzanti 1971

lunedì 17 agosto 2015

è una tempesta anche la tua dolcezza

Dora Markus
I
Fu dove il ponte di legno
mette a porto Corsini sul mare
alto
e rari uomini,
quasi immoti, affondano
o salpano le reti. Con un segno
della mano additavi
all'altra sponda
invisibile la tua patria vera.
Poi seguimmo il canale
fino alla darsena
della città, lucida di fuliggine,
nella bassura dove s’affondava
una primavera inerte,
senza memoria.
E qui dove un’antica vita
si screzia in una dolce
ansietà d’Oriente,
le tue parole iridavano
come le scaglie
della triglia moribonda.
La tua irrequietudine
mi fa pensare
agli uccelli di passo
che urtano ai fari
nelle sere tempestose:
è una tempesta anche
la tua dolcezza,
turbina e non appare,
e i suoi riposi sono anche più rari.
Non so come stremata tu resisti
in questo lago
d’indifferenza ch'è il
tuo cuore; forse
ti salva un amuleto che tu tieni
vicino alla matita delle labbra,
al piumino, alla lima:
un topo bianco,
d’avorio; e così esisti!
II
Ormai nella tua Carinzia
di mirti fioriti e di stagni,
china sul bordo sorvegli
la carpa che timida abbocca
o segui sui tigli, tra gl'irti
pinnacoli le accensioni
del vespro e nell'acque un avvampo
di tende da scali e pensioni.
La sera che si protende
sull’umida conca non porta
col palpito dei motori
che gemiti d’oche e un interno
di nivee maioliche dice
allo specchio annerito che ti vide
diversa una storia di errori
imperturbati e la incide
dove la spugna non giunge.
La tua leggenda, Dora!
Ma è scritta già in quegli sguardi
di uomini che hanno fedine
altere e deboli in grandi
ritratti d’oro e ritorna
ad ogni accordo che esprime
l’armonica guasta nell’ora
che abbuia, sempre più tardi.
È scritta là. Il sempreverde
alloro per la cucina
resiste, la voce non muta,
Ravenna è lontana, distilla
veleno una fede feroce.
Che vuole da te? Non si cede
voce, leggenda o destino…
Ma è tardi, sempre più tardi.
Eugenio Montale
Le occasioni

1939


domenica 16 agosto 2015

Non toccare le stelle

Non cercare là. 
Ciò che è, sei tu. 
Sta in te. 
In tutto. 
La goccia è stata nella nuvola. 
Nella linfa. 
Nel sangue. 
Nella terra. 
E nel fiume che si è aperto nel mare. 
E nel mare che si è coagulato in mondo. 
Tu hai avuto un destino così. 
Fatti a immagine del mare. 
Datti alla sete delle spiagge. 
Datti alla bocca azzurra del cielo. 
Ma fuggi di nuovo a terra. 
Ma non toccare le stelle. 
Torna di nuovo a te. 
Riprenditi.

Cecilia Meireles
traduzione di Alice Micheli 
dal sito Sguardo Mobile


Não busques para lá. 
O que é, és tu. 
Está em ti. 
Em tudo. 
A gota esteve na nuvem. 
Na seiva. 
No sangue. 
Na terra. 
E no rio que se abriu no mar. 
E no mar que se coalhou em mundo. 
Tu tiveste um destino assim. 
Faze-te à imagem do mar. 
Dá-te à sede das praias. 
Dá-te à boca azul do céu. 
Mas foge de novo à terra. 
Mas não toque nas estrelas. 
Volve de novo a ti. 
Retoma-te.

*



sabato 15 agosto 2015

L'odore del verde dopo la pioggia a Ferragosto è amaro come la seta del papavero stropicciata fra le dita

Ho un quadernetto per scrivere sciocchezze e no, regalato da Angelo.
Forse per superare la paura che mi farà il ritorno là dove non vorrei (e vorrei) tornare: Mozart o la musica del dubbio, in questa Roma di Ferragosto appiccicosa di certezze mielate.
A Ferragosto a Roma tutti i pazzi si fanno vivi.
L'odore del verde dopo la pioggia a Ferragosto è amaro come la seta del papavero stropicciata fra le dita.

Goliarda Sapienza
Il vizio di parlare a me stessa
Einaudi 2011

venerdì 14 agosto 2015

radioso come una rosa al mattino

Anteo
Quando dormo sdraiato per terra
Mi alzo radioso come una rosa al mattino,
Nelle lotte cerco sempre di cadere
Per strofinarmi nella sabbia
Che per me è come un elisir.
Non posso essere svezzato
Dal lungo profilo della terra, dalle sue vene di fiumi.
Quaggiù nella mia caverna
Sorretto da rocce e radici
Mi culla il buio che mi tenne in grembo
E in ogni arteria mi nutrì
Come se fossi un piccolo colle.
E venga pure ogni nuovo eroe
In cerca di Atlante e pomi d’oro.
Con me dovrà lottare
Prima di entrare in quel regno di gloria
Tra nati in cielo e reali:
Può ben gettarmi a terra, rinnovando la mia nascita,
Ma che non progetti, alzandomi da terra,
La mia elevazione, la mia caduta.

Seamus Heaney 
North
1975
nella traduzione inedita di Franco Buffoni
dal sito di Nuovi Argomenti

ANTEUS
When I lie on the ground
I rise flushed as a rose in the morning.
In fights I arrange a fall on the ring
To rub myself with sand
That is operative
As an elixir. I cannot be weaned
Off the earth’s long contour, her river-veins.
Down here in my cave
Girdered with root and rock
I am cradled in the dark that wombed me
And nurtured in every artery
Like a small hillock.
Let each new hero come
Seeking the golden apples and Atlas.
He must wrestle with me before he pass
Into that realm of fame
Among sky-born and royal:
He may well throw me and renew my birth
But let him not plan, lifting me off the earth,
My elevation, my fall.

giovedì 13 agosto 2015

lo stupore delle stelle e della neve

Respiro 

Abbandono notturno
sul masso
al limite della pineta
e il tuo strumento fanciullesco
lentamente
a dire
che una stella
due stelle
sono nate
dal grembo del nevaio
ed un’altra sprofonda
dove la roccia è nera -

ed un lume va solo
sul ciglio del ghiacciaio
più grande di una stella
più fioco -
forse la lampada di un pastore -
la lampada di un uomo vivo
sul monte -
colloquio intraducibile
del tuo strumento
col lume dell’uomo vivo -

ascesa inesorabile dell’anima
di là dal sonno -
di là dal nero informe
stupore delle cose -

abbandono notturno
sul masso
al limite della pineta -

Breil (Pasturo), 13 agosto 1933 


Antonia Pozzi
Parole
a cura di A. Cenni e O. Dino, 2^ ed. ampliata 

mercoledì 12 agosto 2015

pongo in te al cospetto dei due astri, il gelo e il vento

Appoggia il capo sui miei ginocchi, mia volpe. Non sono felice eppure tu mi basti. Candeliere o meteora, non c’è più sulla terra cuore gonfio o avvenire. I gradini del crepuscolo rivelano il tuo murmure, covo di menta e rosmarino, confidenza scambiata tra i rossori autunnali e la tua veste leggera. Sei l’anima della montagna dai fianchi profondi, dalle rupi ammutolite dietro labbra d’argilla. Fremono le ali del tuo naso. Chiuda la tua mano il sentiero e accosti la tenda degli alberi. Tutte le speranze franate, mia volpe, io pongo in te al cospetto dei due astri, il gelo e il vento, per un cardo che vinca la rapace solitudine.
René Char
traduzione di Vittorio Sereni in
Il musicante di Saint-Merry
Einaudi 1981

Ma renarde, pose ta tête sur mes genoux. Je ne suis pas heureux et pourtant tu me suffis. Bougeoir ou météore, il plus de cœur gros ni d’avenir sur terre. Les marches du crépuscule révèlent ton murmure, gîte de menthe et de romarin, confidence échangée entre les rousseurs de l’automne et ta robe légère. Tu es l’âme de la montagne aux flancs profonds, aux roches tues derrière des lèvres d’argile. Que les ailes de ton nez frémissent. Que ta main ferme le sentier et rapproche le rideau des arbres. Ma renarde, en présence des deux astres, le gel et le vent, je place en toi toutes les espérances éboulées, pour un chardon victorieux de la rapace solitude.

martedì 11 agosto 2015

Foglia di melograno nell'alba

Giardino dei melograni (istruzioni) 

Leggi attentamente
i ritmi.
Attenta, mente.

Guarda, in giravolta mortale
il volgersi di una vocale.
Voce, di chi.

Un metronomo sottopelle
punteggia la carta velina
sottile, sottile
questo velo copre e rivela una
grana di poesia lontana,
lontana.

Non devi bucare il foglio,
per quanto sottile –
che resti.
Foglio, velo.
Foglia di melograno nell'alba.
Vela.
Svela, rivela.

Vola via.

Camilla Miglio
Maree

Atì editore 2010

lunedì 10 agosto 2015

Dio è il seme di papavero più piccolo al mondo. Scoppia di grandezza.

Kierkegaard su Hegel

Kierkegaard diceva di Hegel: ricorda qualcuno
che erige un enorme castello, ma vive
in una semplice capanna, lì nei pressi.
Così l'intelligenza abita in una modesta
stanza del cranio, e quegli stati meravigliosi
che ci furono promessi sono ricoperti
di ragnatele, per ora dobbiamo accontentarci
di un'angusta cella, del canto del carcerato,
del buonumore del doganiere, del pugno del poliziotto.
Abitiamo nella nostalgia, nei sogni si aprono
serrature e chiavistelli. Chi non ha trovato rifugio
in ciò che è vasto, cerca il piccolo. Dio è il seme
di papavero più piccolo al mondo.
Scoppia di grandezza.

Adam Zagajewski
Dalla vita degli oggetti 
a cura di Krystyna Jaworska
Adelphi 2012

domenica 9 agosto 2015

verso casa, solitari nel semplice andare

la prima tenerezza
le ombre invecchiate presto, ma noi
ricordiamo: verso casa, solitari
nel semplice andare
accogliamo silenziosi contorni
passo dopo passo. Poiché
le ombre, all'inizio
piccole unità nere
valùta per cui
l’artefice interruppe
la sua opera. una
volta o l’altra si allungò
premuroso in giù & accarezzò
la vuota linea squamosa. solo LUI
ha puntato così
dolcemente sulla nostra fronte: redenzione
& il di lei lungo pensiero comincia
all'attaccatura dei capelli,
la prima tenerezza del mondo. con lei
ogni oscuro cono, ogni
eccesso ci germoglia come lanugine
dalla testa, appena nati
pensava l’artefice
& lo traeva in avanti
& lo piegava per bene
& adagio lo riponeva
giù sulla schiena, molto giù
nel destino delle vie di lampioni. prima
correvamo alla nostra ombra
alle spalle & lui cadeva
sulle punte dei nostri cappelli di lana
inerme nel nulla. ma oggi
ricordiamo:
semplice andare, luce elettrica
& qualcosa alla fronte
se in piedi
sotto un lampione
Lutz Seiler
La domenica pensavo a Dio
a cura di Paola Del Zoppo
Del Vecchio Editore 2012

sabato 8 agosto 2015

la poesia è quello che, in modo misterioso e accorto, resta

“Corridoio degli arrivi, crisi, estate dura”. Cocci e Frammenti, la tua ultima silloge, apre così. Nella tua poesia c’è un’abitudine alla frantumazione e, nello stesso tempo, un’attenzione ai resti. Resti di stelle, resti di parole, resti animali e umani. Dalle terre emerse sono rimasti cocci e frammenti? Che cosa vuol rappresentare la tua poesia oggi?
Spero proprio che non siano rimasti soltanto cocci e frammenti, anche se ogni tanto posso avere la tentazione di temerlo. Il fatto è che i “Cocci e frammenti” sono solo una piccola parte del lavoro recente, successivo a “Corpo stellare” e non ancora concluso. Appartengono a quella famiglia di testi che in me registrano qualche aspetto più materico, e talvolta più greve, della realtà. Di solito, questa modalità riesce poi a dialogare con l’altra, di natura diversa e meno implicata con la materia; chissà se anche stavolta sarà possibile.
Come hai iniziato a conoscere la poesia?
Ho iniziato da ragazzo, un po’ grazie alla scuola,  ma soprattutto grazie alle poesie di Dylan Thomas, che è stato credo il primo autore che ho letto per conto mio. Accanto a lui imparavo a conoscere un pochino Leopardi, Baudelaire, Pascoli e Montale. Poi è venuto il resto, adagio adagio. Ma il punto di partenza credo sia stato quello, insieme a qualche disavventura personale che mi ha spinto, in qualche modo misterioso, verso la poesia.
incipit dell'intervista di Maria Zanolli a Fabio Pusterla apparsa il 12 aprile 2013 su Nuovi Argomenti

venerdì 7 agosto 2015

soltanto i venti sanno il calore del tuo viso

Sogno nella pietra

Soltanto sole, sole, sole
e i gabbiani passano in volo
nel tuo sogno
sul pietroso declivio di Mosor.

          O venti, venti, venti,
soltanto i venti sanno il calore del tuo viso,
l'alito
e il respiro dell'erbe nelle doline.

Bore e piogge
         ti cantano la ninna-nanna
Bore e piogge.

Soltanto sole, sole, sole
e i gabbiani passano in volo
nel tuo sogno
sul pietroso declivio di Mosor.

Jure Kaštelan
Antologia della poesia croata contemporanea
a cura di Marina Lipovac Gatti
Hefti 1999

giovedì 6 agosto 2015

Scrivere significa saper fare spazio

Da bambino potevo stare per ore a guardare mio padre che lavorava (ora, in pensione, è diventato liutaio), cosa mi affascinava? La cura di ogni dettaglio, dalla scelta dello strumento appropriato all'umiltà preliminare di creare lo spazio opportuno. Ancora oggi, quando entro nel suo laboratorio, di fronte a una cassa armonica da modellare, mi chiede: "Secondo te, adesso, che devo fare?" Io ci casco sempre, penso a un'azione spettacolare, tipo un trapano da migliaia di euro che con un laser produce un buco di mezzo micron; e lui subito risponde: "Devo fare spazio".

Alberto Garlini
Fare una cosa e farla bene
in
L'arte di raccontare
Alberto Garlini - Caterina Bonvicini
Nottetempo 2015

mercoledì 5 agosto 2015

Quello che la matita scrive

Spesso quando esco
mi metto in tasca

carta e una mati-
ta in caso volessi

prendere appunti
così dovunque vado

stanno lì e siccome la
giacca si muove la ma-

tita da sola scrive
una specie di gergo

geroglifico che spesso
penso quando la sera

mi spoglio e tolgo
quelle carte con

niente scritto sopra
solo strani segni

senza significato è la
storia della mia vita.

James Laughlin
Quello che la matita scrive
a cura di Mary De Rachewiltz
Guanda Editore 1970

What the pencil writes


Often when I go out I
put in my coat pocket
some paper and a pencil
in case I want to
write something down
well there they are
wherever I go and as
my coat moves the pencil
writes by itself
a kind of gibberish
hieroglyphic which I
often think as I undress
at night & take
out those papers with
nothing written on
them but strange and
meaningless marks is
the story of my life.

martedì 4 agosto 2015

I rondoni danzano nell'aria, a loro agio nell'abisso

La sconfitta

Davvero sappiamo vivere solo dopo la sconfitta,
le amicizie si fanno più profonde,
l’amore solleva attento il capo.
Perfino le cose diventano pure.
I rondoni danzano nell'aria,
a loro agio nell'abisso.
Tremano le foglie dei pioppi,
solo il vento è immoto.
Le sagome cupe dei nemici si stagliano
sullo sfondo chiaro della speranza. Cresce
il coraggio. Loro, diciamo parlando di loro, noi, di noi,
tu, di me. Il tè amaro ha il sapore
di profezie bibliche. Purché
non ci sorprenda la vittoria.

Adam Zagajewski
Dalla vita degli oggetti 
a cura di Krystyna Jaworska
Adelphi 2012


lunedì 3 agosto 2015

Gli oggetti nascondono il volto, coltivano curvi ciascuno la sua ombra

Sembra quasi che tutta la natura
voglia dare le spalle alla luce
- si volge le oppone il suo corpo -
nell'abbraccio protegge il pallore.
Gli oggetti nascondono il volto
coltivano curvi ciascuno la sua ombra.


Valerio Magrelli
Nature e venature
Mondadori 1987