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sabato 16 gennaio 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/314: il vento d’Occidente e il canto silenzioso dell’ultima rosa

 


 

 

Le strade della nostalgia sono affollate di questi tempi ancor più del solito. Così come lo sono le strade del desiderio.

La condizione comune a questi sentimenti è una, resa ancor più viva dallo spirito del tempo che stiamo vivendo.

La parola lontananza, che dice questa unione, è una parola dal suono ondulato, che rimbalza sulla nostra anima e ci spinge a proseguire, a ritornare dove siamo già stati, seguendo la nostalgia, o ad andare verso i luoghi, le persone e le cose sconosciuti che hanno suscitato il nostro desiderio.

Le etimologie di nostalgia e desiderio sono diventate di conoscenza comune: nostos algos, desiderio doloroso e acuto di un ritorno, acuta mancanza delle stelle, de siderium.

Per poter ritornare i nostri avi dovevano seguire una via tracciata dalle stelle, viveva nel cielo il cammino sicuro per il ritorno a casa. È bello pensare che nel cielo vi sia la mappa terrestre delle nostre nostalgie e dei nostri desideri.

La lontananza scorre avanti e indietro tra cielo e terra, tra anima e memoria. La lontananza è la distanza nel tempo e nello spazio abitati dai nostri sentimenti di nostalgia e desiderio.

Così guardo il cielo anche se è ancora giorno e intravedo le costellazioni che si preparano ad affacciarsi sulla terra. Nessuna stella da sola ha un significato compiuto, sono le costellazioni a raccontarci storie e miti, sono simboli di un altro tempo e di un altro spazio, perché nel nostro cieco andare avanti nell’universo, anche le stelle si allontanano e mutano forma.

 

 

Il vento d’Occidente e il canto silenzioso dell’ultima rosa

 

Come potrò trovarti se anche

le stelle ci allontanano? Seguo

il profumo della nostra rosa che

odora ancora nelle tue mani e

sillaba l’alfabeto della lontananza.

Così ascolto il canto silenzioso

della rosa tardiva. Quella che

il tempo ha fatto crescere nel

nostro giardino e so che tu la

custodirai sino al giorno del

mio arrivo. Intanto ripeto quelle

parole che il vento d’Occidente

mi porta e l’eco della tua risata

è profondo come il letto del fiume

dove ci siamo bagnati nei sogni

estivi, verdi e gioiosi. Qui aspetto,

dove la lontananza è forma del

desiderio,  dove è sostanza della

nostalgia, qui dove tu vivi e respiri

in ogni mia parola.

 

Il sentimento d’amore è quello che più di ogni altro vive le strade di nostalgia e desiderio. Amore che patisce la lontananza e la colma di parole e doni, di aggettivi e superlativi, di tenerezza e fuoco. Non manca mail il fuoco quando scriviamo d’amore, lettere e poesie soprattutto.

Lo scrittore francese del XVII secolo Roger de Bussy-Rabutin, militare e letterato, ci ha consegnato una famosa citazione, reperibile in Rete, che ben dice lo stretto legame tra amore e fuoco, lontananza e vento: "La lontananza fa all'amore quello che il vento fa al fuoco: spegne il piccolo, scatena il grande".

Nel vuoto della lontananza possiamo popolare il nostro teatro interiore di immagini e ricordi senza che la realtà possa farci irruzione e ridurre in mera quotidianità ciò che di sublime c’è nell’amore.

Ora, la condizione cui siamo costretti in quest’epoca di pandemia è rischio quotidiano di perdere la dimensione poetica della lontananza, della nostalgia e del desiderio.

Ora più che mai la poesia può nutrire i nostri sentimenti e non farci sentire soli e perduti. Per questo, proprio per questo, continuo ogni giorno a scrivere le mie Cronache.

Questa è la 314, figlia di sabato 16 gennaio del secondo anno senza Carnevale. La poesia inedita Il vento d’Occidente e il canto silenzioso dell’ultima rosa, l’ho scritta questo pomeriggio scrutando il cielo bianco e i rami spogli del mio albero bellissimo.

mercoledì 13 gennaio 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/311: l’azzurro delle lontananze mi trafigge e tutto l’azzurro del vento

 



L’estensione, il movimento, la libertà di girovagare, viaggiare, bighellonare, andare a zonzo, passeggiare, ritornare, entrare, uscire.

Sono solo verbi, parole, immagini e desideri, poco altro possiamo fare. L’esplorazione del mondo è una faccenda tutta interiore, per questo continua il mio girovagare nelle terre ai piedi delle Montagne della Nebbia. Un mondo che ho costruito nell’immaginazione e che mi conforta, e che spero conforti anche voi, un mondo dove vivo quando la vita in questo livello di realtà diventa pesante e questa pesantezza non accenna a diminuire, a darci sollievo e respiro.

Apro a caso La via nomade di Anne Perrier:

 

Dovessimo cadere

che sia di uno stesso crollo

sfavillanti

e brevi come l’uccello

l’albero

il fulmine

 

e ancora:

 

L’azzurro delle lontananze mi trafigge

e tutto l’azzurro del vento

e fino all’anima

l’azzurro cavaliere della morte

 

È un profondo sentimento della caducità del tempo e dell’inevitabilità della morte che pervade questo libro di Anne Perrier. Nella nostalgia di ciò che un giorno pensa di non poter mai più vedere, scintilla la presenza della vita, perché le nostre vite sono come le stelle che vediamo sfavillare nei cieli notturni. La nostra luce si espande ben oltre la fine di questa forma della materia e la poesia è sostanza stessa della nostra luce.

Perché scrivo queste cose oggi? Perché ho pensato agli amici e ai colleghi perduti a causa del virus, perché i sogni indicano la strada da seguire ogni giorno, perché le cose che accadono intorno e dentro di me diventano gli abitanti di quella casa la cui architettura è la poesia.

Da cui traggo forza ogni giorno scrivendola e leggendola, spesso rileggendola. Ecco, chiudo questa breve Cronaca 311 di mercoledì 13 gennaio del secondo anno senza Carnevale con un’altra quartina di Anne Perrier:

 

Alzata prima dell’alba

getto al vento queste parole

manciata di semi dedicati

al mondo alato del giorno.

 

Il libro La via nomade è tradotto da Monica Pavani e pubblicato nel 2005 da Luciana Tufani Editrice

venerdì 30 settembre 2016

io sono abituato a cibarmi di nuvole e lontananza

5 Dicembre 1933
Dearest Irma,
le tue lettere sono un tesoro che non riesco neppure a rileggere tanto sono preziose.
Le tengo chiuse in un cassetto…
La mia filosofia?
Non ne ho.
Ne hanno estratto più di una dai miei versi, ma a torto.
Per me la poesia è questione di memoria e dolore.
Mettere insieme il maggior numero possibile di ricordi e di spasimi, e usare la forma più interiore e più diretta.
Non ho fantasia; mi occorrono anni per accumulare poche poesie.
L’esecuzione materiale, poi, è rapida ; spesso è questione di minuti.

Mia cara Irma, io sono abituato a cibarmi di nuvole e lontananza, ma tu meritavi qualcosa di meglio!

Io sarò sempre tuo, a tua disposizione, pronto a fare quello che vorrai, e persino a pensare quello che vorrai farmi pensare…
Non desidero di meglio che pensare con la tua testa e vedere coi tuoi occhi.
Eugenio Montale a Irma Brandeis

giovedì 22 gennaio 2015

Trattato della lontananza

Nell'addio la separazione non è ancora avvenuta e tuttavia è già presente con la sua ombra. 
La lontananza non è ancora delineata, e tuttavia già s'affaccia con la sua spina.

(...)
L'addio è esperienza della lontananza prima che la lontananza ci sia davvero.

(...)
Nell'addio il prima e il dopo si danno appuntamento, convergono nello stesso istante, ciascuno carico della sua pena.

Antonio Prete
Trattato della lontananza
Bollati Boringhieri 2008