domenica 31 agosto 2014

In questi giorni mi levo con le betulle

Giorni in bianco

In questi giorni, mi levo con le betulle
e sulla fronte ravvio le ciocche di frumento
davanti a uno specchio di ghiaccio.

Amalgamato al mio respiro
sfiocca il latte:
così di buon'ora ha facile schiuma.
E dove il vetro appanno con l'alito
appare, dipinto da un dito infantile,
ancora il tuo nome: innocenza!
Dopo tanto tempo.

In questi giorni, non mi duole
di sapere dimenticare
e di essere costretta a ricordare.

Amo. Fino all'incandescenza io amo,
e ne ringrazio biblicamente il cielo.
L'ho imparato in volo.

In questi giorni, io ripenso all'albatro
che mi ha sollevata e trasportata
in un paese che è un foglio bianco.

All'orizzonte immagino,
fulgido nel suo tramonto,
il mio favoloso continente
laggiù, che mi ha congedata
già rivestita del sudario.

Vivo, e da lontano ascolto il suo canto del cigno!


Ingeborg Bachmann

sabato 30 agosto 2014

Scrivere racconti linerari

Ho cercato, non so con quanto successo, di redigere racconti lineari. Non mi azzarderò a dire che sono semplici; sulla terra non c’è una sola pagina, una sola parola che lo sia, giacché tutte postulano l’universo, il cui attributo più noto è la complessità. Voglio solo chiarire che non sono, né sono mai stato, quel che un tempo si chiamava un inventore di favole o un predicatore di parabole e oggi uno scrittore impegnato. Non aspiro a essere Esopo. I miei racconti come quelli delle Mille e una notte, intendono distrarre o commuovere e non persuadere. 

J.L. Borges
Il manoscritto di Brodie 
traduzione di Lucia Lorenzini
Adelphi 1999

venerdì 29 agosto 2014

Ancora mettiamo entrambi le mani sul fuoco

Nella penombra

Ancora mettiamo entrambi le mani sul fuoco:
tu per il vino del lungo fermento notturno
io per la mattinale acqua sorgiva, che non conosce i torchi.
Il mantice attende il maestro, in cui confidiamo.

Non appena l’ansia lo scalda, il soffiatore giunge.
Va’ via prima di giorno, arriva prima del tuo richiamo:
è antico, come la penombra sopra le nostre ciglia rade.

Di nuovo egli fonde il piombo nella caldaia di lagrime:
per una coppa a te – occorre solenizzare il tempo perduto -
a me per il coccio pieno di fumo – che sarà versato nel fuoco.
Mi scontro così con te, facendo tintinnare le ombre.

Scoperto è chi esita, adesso,
chi ha scordato la formula magica.
Tu non puoi e non vuoi conoscerla,
bevi sfiorando l’orlo, dove è fresco:
come un tempo, tu bevi e resti sobrio,
le ciglia ti crescono ancora, tu ancora ti lasci guardare!

Io con amore all'attimo protesa sono già, invece:
il coccio mi cade nel fuoco, piombo mi ridiventa
qual era. E dietro al proiettile sto,
monocola, risoluta, defilata,
e incontro al mattino lo invio.

Ingeborg Bachmann

giovedì 28 agosto 2014

serve un verso segretamente suo

serve un verso segretamente suo,
per svegliarsi sempre per lui,
e lavarsi col suo suono, un'onda castana, coi ricci
                                                                  di lino.

Osip Mandel'štam

mercoledì 27 agosto 2014

La complessa alchimia della passione creatrice

Qual è il carburante della creatività?
"Innanzitutto la passione, ma anche il piacere della ricerca. La creatività ci trasforma in esploratori e conquistatori, ci spinge ad affrontare apertamente la vita. Una volta lasciati gli ormeggi, non bisogna più pensare di tornare indietro. Il primo passo è un momento di non ritorno, implica la consapevolezza del viaggio che abbiamo appena intrapreso, che certo può essere incerto e rischioso, ma anche ricco di meraviglie e promesse. Naturalmente ci sono molti modi di fare il primo passo: a volte può anche essere semplicemente il fatto di prendere in mano una matita o un cacciavite, lasciandosi andare alla complessa alchimia della passione creatrice".

Lei però insiste anche sul carattere metodico della creatività: disciplina, concentrazione.
"Il gesto creativo implica un processo di apprendimento che ha bisogno di un metodo, di strumenti, di regole e allenamenti. Capisco che ciò possa sembrare contraddittorio, ma io sono fatto così. La mia creatività è sempre un percorso che va dal caos all'ordine. Quando ho una nuova idea, all'inizio mi ritrovo sommerso da una grande quantità d'intuizioni, ipotesi, opzioni e possibilità che si muovono in tutte direzioni. Poi, a poco a poco, riesco a mettere ordine in quella confusione, dando al progetto una direzione e contorni sempre più precisi. Naturalmente, accanto al metodo, nel processo creativo agisce anche una certa dose di casualità, d'imprevisto e d'improvvisazione, motivo per cui cito nel libro le belle parole del poeta Antonio Machado: "Per il viaggiatore non esiste sentiero." Quando si vuole controllare tutto, si rischia infatti d'imbrigliare lo slancio creativo, riducendone le potenzialità. Occorre lasciarsi andare e accettare l'imprevisto, come ho sperimentato personalmente molte volte".


frammenti dell'intervista di Fabio Gambaro a Philippe Petit, il funambolo più famoso del mondo, in occasione della pubblicazione del suo nuovo libro

Creatività. Il crimine perfetto
traduzione di Sabrina Placidi
Ponte alle Grazie 2014

martedì 26 agosto 2014

Ogni scintilla che sprizza dalle parole

Alle volte mi sembra che un'epidemia pestilenziale abbia colpito l'umanità nella facoltà che più la caratterizza, cioè l'uso della parola, una peste del linguaggio che si manifesta come perdita di forza conoscitiva e di immediatezza, come automatismo che tende a livellare l'espressione sulle formule più generiche, anonime, astratte, a diluire i significati, a smussare le punte espressive, a spegnere ogni scintilla che sprizzi dallo scontro delle parole con nuove circostanze.

Non mi interessa qui chiedermi se le origini di questa epidemia siano da ricercare nella politica, nell'ideologia, nell'uniformità burocratica, nell'omogeneizzazione dei mass-media, nella diffusione scolastica della media cultura. Quel che mi interessa sono le possibilità di salute. 
La letteratura (e forse solo la letteratura) può creare degli anticorpi che contrastino l'espandersi della peste del linguaggio.


Italo Calvino
Lezioni americane

Garzanti 1988 

lunedì 25 agosto 2014

Bianca nella mia mente - apro una vela

... perch’io, che nella notte abito solo,
anch’io, di notte, strusciando un cerino
sul muro, accendo cauto una candela
bianca nella mia mente − apro una vela
timida nella tenebra, e il pennino
strusciando che mi scricchiola, anch’io scrivo
e riscrivo in silenzio e a lungo il pianto
che mi bagna la mente...

Giorgio Caproni

domenica 24 agosto 2014

Il vento ci porterà via

Dentro la mia notte, così breve, così impetuosa
il vento e le foglie si ritrovano
La mia notte è breve e piena di un'angoscia devastatrice.
Alla disperazione sono abituata
Ascolta, senti il frusciar delle tenebre?
Io guardo meravigliata questa felicità
Ascolta, senti il frusciar dell'oscurità?
Ora, nella notte, qualcosa sta passando,
e la luna rossa è in allarme.
Su questo letto,
che ogni momento rischia di cadere
le nuvole, come un popolo in lutto,
attendono il momento della pioggia.
Un momento e subito dopo... nulla più.
Dietro questa finestra
la notte trema e la terra smette di girare.
Oltre la finestra, un estraneo si preoccupa di me e di te.
Oh corpo rigoglioso...le tue mani come un ardente ricordo,
si posano tra le mie (mani) innamorate.
E le tue labbra, come una sensazione calda di vita,
accarezzano le mie labbra innamorate.
Il vento ci porterà via.

Questa poesia di Forugh Farrokhzad ha ispirato il titolo del film di Abbas Kiarostami


traduzione dall'inglese in italiano di Silvio Corsini

per la scoperta di questa poesia ringrazio il blog Pensare in un'altra luce

sabato 23 agosto 2014

La poesia per me è come una finestra che si apre da sè

La Poesia è per me come una finestra e ogni volta che io le vado incontro, si apre da sé. Io mi siedo là: guardo, canto, grido, piango. Mi confondo con l’immagine degli alberi e sono consapevole che qualcuno mi ascolta, qualcuno che esisterà tra duecento anni o che esisteva già trecento anni fa. Non vi è differenza. È un modo di comunicare con l’esistenza, con la totalità dell’essere. È un privilegio di cui il poeta, componendo versi, può beneficiare: anch’io esisto o esistevo. Altrimenti come si potrebbe affermarlo? Nella Poesia, io non cerco nulla. È così che posso, quasi per caso, trovarvi quanto vi è di nuovo in me.

Forugzamand Farroxzad 

venerdì 22 agosto 2014

Dei volti rimane solo l'attesa

Castellorizo

Del mare dell'estate c'è ora solo
il riflesso del tramonto,
del riflesso solo i volti
e dei volti solo l'attesa

Henrik Nordbrandt
Il nostro amore è come Bisanzio
traduzione di Bruno Berni
Donzelli editore 2000

giovedì 21 agosto 2014

Mentre il vento azzurro cadeva sopra il mondo

Ancora abbiamo perso questo tramonto.
Nessuno stasera ci vide con le mani unite
mentre il vento azzurro cadeva sopra il mondo.
Ho visto dalla mia finestra
la festa del ponente sui monti lontani.
A volte, come una moneta
si incendiava un pezzo di sole tra le mani.
Io ti ricordavo con l'anima stretta
da quella tristezza che tu mi conosci.
Allora dove eri?
Tra quali genti?
Che parole dicendo?
Perché mi arriva tutto l'amore d'un colpo
quando mi sento triste e ti sento così lontana?
Cadde il libro che sempre si prende nel tramonto
e come un cane ferito ai miei piedi rotolò la mia cappa.
Sempre, sempre ti allontani nelle sera
dove corre il tramonto cancellando statue.
Pablo Neruda
Venti poesie d'amore e una canzone disperata
a cura di Giuseppe Bellini
Passigli 1996

Hemos perdido aún este crepúsculo
Nadie nos vio esta tarde con las manos unidas
mientras la noche azul caía sobre el mundo.
He visto desde mi ventana
la fiesta del poniente en los cerros lejanos.
A veces como una moneda
se encendía un pedazo de sol entre mis manos.
Yo te recordaba con el alma apretada
de esa tristeza que tú me conoces.
Entonces, dónde estabas?
Entre qué genes?
Diciendo qué palabras?
Por qué se me vendrá todo el amor de golpe
cuando me siento triste, y te siento lejana?
Cayó el libro que siempre se toma en el crepúsculo,
y como un perro herido rodó a mis pies mi capa.
Siempre, siempre te alejas en las tardes
hacia donde el crepúsculo corre borrando estatuas.

mercoledì 20 agosto 2014

Nell'aria fresca d'odore

INCONTRO

Nell'aria fresca d’odore
di calce per nuove case,
un attimo: e più non resta
del tuo transito breve
in me che quella fiamma
di lino – quell’istantaneo
battito delle ciglia,
e il pànico del tuo sorpreso
– nero, lucido – sguardo.

Giorgio Caproni

martedì 19 agosto 2014

Concordanze: le persone del verbo

Una volta
E per pochi giorni
Molto tempo fa
Io e te
Improvvisamente fummo fin nell'intimo
Noi.

«Noi due» potevo dire
Nelle ore voraci che furono nostre.

Da tempo
Se parlo di te
Posso usare soltanto
La terza persona: Lei.

L'io impoverito sprofonda
Nelle concordanze del Nulla.


José Emilio Pacheco

lunedì 18 agosto 2014

Il vento che ti fa leggere l'Odissea

Il ‘levantazzo’ è il vento di scirocco-levante quando diventa acceso, come dicono gli uomini delle barche, nei pomeriggi infocati. È il vento che viene dalla parte più viva dell’Adriatico, da dove sorge il sole. Un vento carico di luce e di riflessi, che ravviva il mare di onde frequenti e irte di schiuma, che riempie di colore le nostre scogliere, che porta i semi del mirto e del rosmarino, che matura i fichidindia e l’uva e insanguina di papaveri i campi di grano, che cuoce la fronte e la nuca dei pescatori, che feconda il mare di nuovi pesci. Qui giù il sole sorge dal mare e peschiamo negli intervalli fra la tramontana – un vento che non ci appartiene, che ci porta solo freddo e mare grigio e un gelo di montagne, di altre terre troppo lontane da noi – e il levante che è il mare della Grecia, dei miti, dei pastori e delle sirene, dei delfini e dei tonni, il vento della nostra civiltà antichissima, su cui aprirono le vele Ulisse e Diomede, soffia sempre su di noi, e anche se sono passati i millenni, se la Grecia è solo rovine, da levante continueremo ad attingere calore e vita. Ma è difficile spiegare cos'è il ‘levantazzo’. Diciamo che è anche la gioia di immaginare Agiostrati, o di leggere l’Odissea e di pensare che esistono ancora le sirene.  
Antonio Mallardi
Levantazzo
Leonardo da Vinci editore 1961

domenica 17 agosto 2014

Un acqua che ha ancora sapore di nuvola

Assaggia dalle mie dita

Assaggia dalle mie dita un po’ di quest’acqua
di questa che ha ancora sapore di nuvola
che tornerà nuvola
c’è come una desinenza concorde
un muto cospirare di cerchi
in questo alfabeto
e così anche tu tornerai
come passi adesso che passo
senza toccarti
è la medesima semplicità del sasso
pronta a risolversi in polvere
è la medesima semplicità del silenzio
il silenzio, soltanto, perfetto.

Pierluigi Cappello

sabato 16 agosto 2014

nel colmo dell'estate: e questo il glicine, le rose

Le rose più di tutto

IV

…io sì, perdono, Layla: tutto
e sempre ho perdonato distendendomi
nell’aria a braccia aperte,
come arboreo sempre,
senza mani più né voce o volto,
senza mai cercare, solo aprendo
intorno una raggiera d’aghi:
è l’abete, Layla, a dirmi
questo, il nostro abete vasto
a cui ritornano muovendo appena
il folto i passeri nel colmo
dell’estate: e questo il glicine,
le rose: e tu nascosta un tempo, tu
distesa e ferma: tu nel chiaro.

Lorenzo Gobbi
La gioia è un turbine di quiete
Atì editore 2014

venerdì 15 agosto 2014

Il silenzioso trascorrere dell'estate tra gli alberi

Centinaia di lucciole


Cielo ancora viola,
ombre raccolte
sotto gli alberi

prime stelle pallide
come betulle notturne, le lucciole
cominciano: fin dall’inizio

la notte appartiene
a loro.
              Il buio le fa brillare:
dalla nostra terrazza al riparo

osserviamo il loro brillio
accentuarsi: tre, quattro di loro
illuminano il crepuscolo con

solennità; dieci o dodici
e gli occhi si confondono
senza fine;

e nella notte più fonda
sono venti, cinquanta, di più –
un numero incalcolabile –

eppure ne continuano
a venire.
                 Nessun inverno
supera il lampo

della loro tempesta, nessuna primavera
la sorprendente crescita.
                                               Espandendosi
per contenerle, la notte si riempie

dei loro crepitii silenziosi,
centinaia di lucciole,
ogni luce intermittente è una piccola offerta

per attirare un compagno diffidente
nella congiunta oscurità
della propagazione…

Perciò vengono spasimando alle finestre
del cottage in ordine sparso a illuminare
fiocamente, in modo inquietante

le nostre facce, e nient’altro che l’istinto
primordiale d’ogni creatura all'accoppiamento
erige costellazioni altrettanto luminose,

e più vicine di quanto i cieli
non saranno mai.
                                  Soltanto
guardare, senza dire nulla,

con gratitudine,
è il meglio, è quello di cui
avevamo bisogno.
                                  Perché stanotte

abbiamo visto stelle sufficienti
a mantenerci per un anno
intero di vita cittadina –

notti autunnali che si allungano,
alberi aperti e la rosea
oscurità dei centri commerciali;

cieli grigi ad ammassare neve,
e la luna sulla neve ghiacciata
e paludosi cieli d’aprile intasati

di sedimenti … fin quando il silenzioso
trascorrere dell’estate tra gli alberi
indirizza anche noi, attratti dalla luce,

verso un’altra breve stagione di lucciole.

Brad Leithauser

da Between Leaps – Poems 1972-1985
Oxford University Press 1987
Traduzione di Aldo Rosselli e Nail Chiodo
dal blog Poesie senza pari


giovedì 14 agosto 2014

Vento che arriva, vento che abbandona

Un pomeriggio di metà agosto in città

Niente gelo, silenzio. Gli alberi di pruno rosso-cupo
i frutti sul terreno già caduti:
quasi la stagione fosse già finita
vento che arriva, vento che abbandona.
Sera ramata, tiepida, profonda
come la terra che nutre le radici,
un invito a entrare in quella quiete, un fruscio che dice
“scendi, cadi sul prato scuro di pruno”.
Sarebbe bello perdersi in quel buio.
Ma non posso, ho promesso di restare
stringendo la paura a ciò che esiste:
di nuovo gelo, già inverno. Solo rami sugli alberi di pruno.

Antonella Anedda
Il catalogo della gioia
Donzelli 2003

mercoledì 13 agosto 2014

In una segretezza di parole

II
Lettera a
Lei voleva una vacanza
Con qualcuno che parlasse la sua dolce lingua nativa,
Nelle ombre di un bosco…
Ombre, boschi…e loro due in conversazione,
In una segretezza di parole
Apertasi entro una segretezza di luogo,
Non concernente l’amore.
Una terra l’avrebbe presa fra le braccia quel giorno
O qualcosa di molto simile a una terra.
Il cerchio non sarebbe più stato rotto ma chiuso.
Le miglia di distanza lontano
Da tutto sarebbero finite. Tutto si sarebbe incontrato.
Wallace Stevens
Il mondo come meditazione
a cura di Massimo Bacigalupo
Guanda 1998

martedì 12 agosto 2014

Che cos'è questa parola verdeggiante d'amore

Una rosa

Che cos'è quella rosa sul tavolo
ferma nella sua freschezza come un lago alpino
alta nel suo silenzio più del fragore
dei quotidiani affastellati lì accanto
più del disordine dei notiziari,
la concitazione delle chiavi di casa.
Che cos'è questa parola verdeggiante d'amore
se non il suolo dove lasciarsi cadere
la penombra di un bosco da attraversare
e la mano che si apre e prende la mia
e mi conduce a me.

Pierluigi Cappello

lunedì 11 agosto 2014

Per via del colore di una terra d'estate

11 Agosto, raccolto

Il vento della Pieve è
una notizia, tra le zolle.
Salutato il tramonto a San
Damiano la zolla sembra secca,
a notte i girasoli sono carta.
Poi si chiude la terra riarsa –
quasi piovesse.

Ma sono le cicale.

Un altro tempo,
cadevano le stelle, gravidanze.

Il corpo che matura
pare si rinnovi.
Torna. Madonna del parto,
non c’è dramma:
“Eccomi, la mano sul fianco che pesa”.

(Chiara d’Assisi,
avere ancora un saio
non per ascesi,
ma per via del colore
di una terra d’estate.
Fiore bruno.
Aspetta la falce.)

Camilla Miglio
Maree
Atì editore 2010

domenica 10 agosto 2014

Piovve tutta la notte sulle memorie dell’estate

Piovve tutta la notte
sulle memorie dell’estate.
Al buio uscimmo
entro un tuonare lugubre di pietre,
fermi sull’argine reggemmo lanterne
a esplorare il pericolo dei ponti.
All’alba pallidi vedemmo le rondini
sui fili fradice immote
spiare cenni arcani di partenza
e le specchiavano sulla terra
le fontane dai volti disfatti.


Antonia Pozzi

sabato 9 agosto 2014

Conosco quel passaggio fatto di silenzi

Il rovescio dei giorni

Conosco quel passaggio fatto
di silenzi, concavo negli angoli
impaurito alle finestre.
È il centro dell’incrocio che
ti blocca i passi nella pietra
dove le foglie pesano
i grammi dell’estate.

Questo è il rovescio dei giorni
incolonnati verso il luogo del
non dove che ci chiama

sempre a memoria.

Elena Petrassi
Il calvario della rosa
Moretti&Vitali 2004

venerdì 8 agosto 2014

Fossi luce direi parole inappellabili

La Terra pesantissima

1

Fossi luce, sai, direi
parole inappellabili, verrei
con potentissima veemenza
a sgretolare rocce,
a fendere per brama dei miei figli

fossi, luce, sai, verresti
come me con tenerezza immensa
a dire piano, accarezzando
quelle pietre che si scaldano
persino nell’inverno, un poco
appena, e nell’estate si arroventano
tentando l’obbedienza, persuase
e quasi pronte, conquistate
quasi: e capiresti.

Lorenzo Gobbi
La gioia è un turbine di quiete
Atì editore 2014

giovedì 7 agosto 2014

Sguardo di rondine dal ramo

Kore

Sguardo di rondine
dal ramo.
Vestita di lino, bianca,
ma senza Demetra.
Arde dentro, il corpo
ma freddo risplende.

Fuori c’è il mare di Otranto.

Camilla Miglio
Maree
Atì editore 2010

mercoledì 6 agosto 2014

T'ho barattato, amore, con parole

Amore, oggi il tuo nome 
Amore, oggi il tuo nome 
al mio labbro è sfuggito 
come al piede l'ultimo gradino... 
ora è sparsa l'acqua della vita 
e tutta la lunga scala 
è da ricominciare. 
T'ho barattato, amore, con parole. 
Buio miele che odori 
dentro diafani vasi 
sotto mille e seicento anni di lava - 
ti riconoscerò dall'immortale 
silenzio. 

Cristina Campo 

martedì 5 agosto 2014

se così tutto vanisce in questa poca nebbia di memorie

Casa sul mare

Il viaggio finisce qui:
nelle cure meschine che dividono
l’anima che non sa più dare un grido.
Ora i minuti sono eguali e fissi
come i giri di ruota della pompa.
Un giro: un salir d’acqua che rimbomba.
Un altro, altr’acqua, a tratti un cigolio.
Il viaggio finisce a questa spiaggia
che tentano gli assidui e lenti flussi.
Nulla disvela se non pigri fumi
la marina che tramano di conche
i soffi leni: ed è raro che appaia
nella bonaccia muta
tra l’isole dell’aria migrabonde
la Corsica dorsuta o la Capraia.
Tu chiedi se così tutto vanisce
in questa poca nebbia di memorie;
se nell’ora che torpe o nel sospiro
del frangente si compie ogni destino.
Vorrei dirti che no, che ti s’appressa
l’ora che passerai di là dal tempo;
forse solo chi vuole s’infinita,
e questo tu potrai, chissà, non io.
Penso che per i più non sia salvezza,
ma taluno sovverta ogni disegno,
passi il varco, qual volle si ritrovi.
Vorrei prima di cedere segnarti
codesta via di fuga
labile come nei sommossi campi
del mare spuma o ruga.
Ti dono anche l’avara mia speranza.
A’ nuovi giorni, stanco, non so crescerla:
l’offro in pegno al tuo fato, che ti scampi.
Il cammino finisce a queste prode
che rode la marea col moto alterno.
Il tuo cuore vicino che non m’ode
salpa già forse per l’eterno.
Eugenio Montale
Ossi di seppia

lunedì 4 agosto 2014

Questo viaggio chiamavamo amore

In un momento
Sono sfiorite le rose
I petali caduti
Perché io non potevo dimenticare le rose
Le cercavamo insieme
Abbiamo trovato delle rose
Erano le sue rose erano le mie rose
Questo viaggio chiamavamo amore
Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose
Che brillavano un momento al sole del mattino
Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi
Le rose che non erano le nostre rose
Le mie rose le sue rose

P. S. E così dimenticammo le rose.


per Sibilla Aleramo - 1917

Dino Campana

domenica 3 agosto 2014

Nel cortile dove guardo la pioggia che cade

Pioggia 

La pioggia, nel cortile dove la guardo cadere, scende con andature assai diverse.
Al centro è un sipario sottile (o reticolato) discontinuo, una caduta implacabile ma relativamente lenta di gocce probabilmente molto lievi, un precipitare sempiterno senza vigore, una frazione intensa della meteora pura.
A poca distanza dai muri di destra e di sinistra cadono con maggior rumore gocce più pesanti, individuate. Qui sembrano della grandezza di un chicco di grano, lì di un pisello, altrove quasi di una biglia.
Sui listelli di ferro, sui davanzali delle finestre, la pioggia corre orizzontalmente, mentre sulla faccia inferiore degli stessi ostacoli si sospende in rombi convessi. Seguendo l'intera superficie di una tettoia di zinco che lo sguardo sovrasta, cola in strato sottilissimo, marezzato dalle correnti variate a seconda delle impercettibili ondulazioni e sporgenze della copertura. Dalla grondaia attigua dove scorre con la contenzione di un ruscello infossato senza forte pendio, cade di colpo in un filo perfettamente verticale, grossolanamente intrecciato, fino al suolo dove si rompe e rimbalza in aghetti brillanti.
Ogni sua forma ha un andamento particolare; a ognuna corrisponde un rumore particolare. Il tutto vive con intensità come un meccanismo complicato, preciso quanto arrischiato, come un movimento a orologeria la cui molla è il peso di una data massa di vapore in precipitazione.
La suoneria a terra delle reti verticali, il gluglu delle grondaie, i minuscoli colpi di gong, si moltiplicano e risuonano assieme in un concerto senza monotonia, non senza delicatezza.
Quando la molla si è allentata, alcuni ingranaggi continuano a funzionare per un po', sempre più rallentati, poi tutto il meccanismo si ferma.
Allora, se il sole riappare tutto si cancella rapidamente, evapora il brillante apparecchio: è piovuto.

Francis Ponge 
Il partito preso delle cose
traduzione di  Jacqueline Risset
Einaudi 1979

sabato 2 agosto 2014

D’estate l’uomo racconta di altre estati

L’esploratore dei mari del Sud


D’estate l’uomo racconta di altre estati.
Di una lunghissima
e con il braccio fa un gesto ampio,
ma senza nostalgia.
Racconta di una foresta tropicale
e dell’oceano che canta
e dell’acqua che si colora e lui la segue
prendendo appunti sul block notes giallo.

Ho visto le fotografie dei suoi mulini.
Pezzi di eliche e l’intera classe che sorride.
Lui ha una gonna a fiori di malva.
Il suo volto appare e scompare
davanti e dietro l’obiettivo.
Viaggia notte e giorno
senza fermarsi e pensa
che qui è abbastanza lontano: ma non si ferma.

Poi un giorno è tornato a casa
una casa a sud con le grandi ombre
proiettate sulle siepi e sulla porta del garage.

Annalisa Comes

da Fuori dalla terraferma
Gazebo 2011

venerdì 1 agosto 2014

Mi invade il profumo di questo spettacolo d’agosto

La via negativa 
Sono attratto dall’ordine naturale delle cose. Non mi piacciono le feste, sono
anni che non vi metto piede. Ho notato che nei miei voli dalla vita cittadina
finisco in luoghi dove la società è in via di organizzazione. Cerco
uomini primitivi, non per la loro barbarie, ma per la loro saggezza.
Le Corbusier, My work, Londra, 1960, p. 146

Ho i piedi gonfi, mi chino con lentezza per appoggiare la bacinella d’acqua fresca con il sale sul pavimento di legno, sulla veranda del mio Cabanon. Raggomitolo l’orlo dei pantaloni di cotone leggerissimo, ancor più chiari a contrasto con la mia pelle alla fine dell’estate. Il crepuscolo è da godere così, sotto l’ombra lunga di quest’immenso carrubo che mi sovrasta, ammutolito dalla visione che si apre dinnanzi.
Mi invade il profumo di questo spettacolo d’agosto. È come profumo di neve questo spettacolo d’agosto.
La spuma del mare che si increspa appena esala un odore nuovo e fa tacere il dolce riarso dei pini marittimi.
È come la cresta delle mie Alpi svizzere, l’orlo della mia giovinezza. un inverno che non arriverà… non lo sento più nelle ossa baciate a lungo dal calore mite del sole a questa latitudine. non arriverà.

l'incipit di un racconto bellissimo di Maria Giulia Poggi tratto dalla raccolta
L'altra metà del vero
Atì Editore 2010