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martedì 18 aprile 2023

La mente è più estesa del cielo

 


La mente è più estesa del cielo

perché mettili fianco a fianco

l’una l’altro conterrà

con facilità e tu accanto

 

La mente è più profonda del mare

perché tienili azzurro contro azzurro

l’una l’altro assorbirà

come le spugne i secchi assorbono

 

La mente ha giusto il peso di Dio

perché soppesali libbra per libbra

ed essi differiranno se differiranno

come la sillaba dal suono

 

The Brain is wider than the Sky

For put them side by side

The one the other will contain

With ease and You beside

 

The Brain is deeper than the sea

For hold them Blue to Blue

The one the other will absorb

As Sponges Buckets do

 

The Brain is just the weight of God

For Heft them Pound for Pound

And they will differ if they do

As Syllable from Sound


Emily Dickinson

Poesie

Mondadori

lunedì 20 giugno 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/834. Era la rabbia dei temporali estivi furiosa, impulsiva, svelta a montare così come a zittirsi

 

Quando muore qualcuno lo sappiamo che non se ne è davvero andato via. Perché sentiamo la presenza intorno e dentro di noi, la voce cara che ci parla, a volte addirittura il profumo. Finché qualcuno viene ricordato non è davvero morto. Ma cosa succede se un morto torno dal luogo innominabile e non torna come fantasma, ma come persona in carne e ossa? È da questo spunto narrativo che Giorgia Tribuiani ha costruito il suo gran bel terzo romanzo Padri, pubblicato da Fazi qualche mese fa e presentato al Premio Strega, che ho divorato. La lingua è bellissima, chiara e precisa, il ritmo travolgente.

“Quel pomeriggio un vento nuovo si affannò a oscurare il cielo – un’unica stringa, gialla e malata, resisteva tra le nubi e un mare d’asfalto – e, come una raccoglitrice nel giorno della prima delusione d’amore, con la stessa irruenza e lo stesso desiderio di rovinare il mondo, a strappare e tirare giù dagli alberi le nespole, i fichi, le albicocche e l’estate troppo acerba. Era la rabbia dei temporali estivi: furiosa, impulsiva, svelta a montare così come a zittirsi, e Gaia dovette colmare correndo la distanza tra il cancello e le scale, i polsi sulla fronte e i gomiti in avanti a parare le sferzate della pioggia. Stampò orme d’acqua e polvere su tutti i gradini e rincasò ignorando il tappetino. Si affacciò invano in ogni stanza cercando il padre e il nonno; poi si tolse i vestiti bagnati, ne indossò di nuovi e riempì una brocca d’acqua per dare da bere alle piante: dare da bere alle piante la calmava”.

La giovane Gaia, che dovrebbe scrivere la tesi, si trova intrappolata nella cittadina di Alba Adriatica, piacevole come lei la descrive con anche qualche riferimento reale, alle prese con il ritorno di nonno Diego, deceduto da 40 anni, suo padre Oscar e una crisi matrimoniale che esplode perché sua madre Clara si rifiuta di credere che quel barbone senza mestiere possa essere davvero il suo mancato suocero. Ecco una tipica scena balneare:

“Sul lungomare l’odore salmastro del pomeriggio era stato annichilito da quelli della sera. Fumo e profumi. Sudore. Dopobarba. Odori umani spezzati da pizzerie che rompevano la fila di hotel sul lato della strada opposto alla spiaggia; odori in frantumi, frammenti di odore, così come la musica e le voci: narici e orecchie facevano appena appena in tempo a ritrovarsi, abituarsi, a risintonizzarsi, che ecco che tutto già cambiava, era cambiato. Latino americano, discomusic, karaoke; ogni sera. Passeggini, tacchi, quattro anziane sottobraccio, ragazzi seduti su vecchi schienali di panchine sbiadite – gambe distese, gambe piegate; gambe pronte a scattare al passaggio di altre gambe – per dirigersi in direzione opposta alla fiumana, verso sud: si stava lentamente abituando a tutto questo? Diego tirò fuori il tabacco. Accettare questo mondo, starci dentro non potendo starne fuori, rivedere i vecchi amici: avrebbe camminato (pure lui, ma per forza) sottobraccio, avrebbe spinto i passeggini coi nipoti. Il tabacco gli cadde. Suo figlio gli passò una Marlboro e fumò con lui contro la siepe che costeggiava la passeggiata, gli sguardi al tratto di spiaggia con le giostrine, i tappeti elastici e le file di genitori che, un metro alla volta, spingevano i passeggini fino alle casse”.

Ma Diego, stonato da quel ritorno, non può non confrontare il suo tempo con questo tempo:

“Ad onta dei vecchi all’entrata, ad onta di suo figlio e sua nipote lì dintorno, Diego varcò la porta a vetri volendo accondiscendere all’inganno di essere rientrato nel suo tempo, e che per una sera, una soltanto, gli fosse concesso un commiato alla vita perduta; ma affacciandosi sull’area di legno circolare, un’impalcatura edificata sulla rena e sbiadita dal sole, delimitata da sedie e tavolini, vide dissiparsi l’illusione. Lungo il perimetro gli anziani più timidi osservavano le danze delle gonne e degli orli delle giacche attraverso la rotonda, ed erano gonne ed erano giacche che il Diego della vita precedente non riconosceva: dov’erano quei bei colori accesi? i rossi e i gialli e i verdi e le gonne lunghissime e svasate, i corpetti coi pois, fiocchi rossi nei capelli? dov’erano quei bravi stivaletti con il tacco e con la punta arrotondata?”.

È proprio il tempo il signore di questo romanzo, il tempo che prima ha gettato Diego sulla spiaggia del presente come un naufrago... e poi dopo poche settimane gli ruba quel che resta della giovinezza e lo trasforma in un vecchio... perché l'ordine del tempo non può essere sovvertito... e il passato serve solo a ricordarci che è del presente che dobbiamo avere cura e non vivere di ricordi e rimpianti. Una delle cose che più mi è piaciuta è come la talentuosa scrittrice sia riuscita a rendere plausibile e verosimile, grazie a dettagli ed elementi di realtà, un avvenimento perturbante, il ritorno di un morto, che sconvolge la vita di suo figlio e della sua famiglia. E la cosa più strana non è neanche questa inattesa resurrezione, ma la segretezza dell'evento... a nessuno viene in mente di raccontare alle autorità e ai media che un morto è tornato. Tutte le tensioni e i non detti della famiglia esplodono intorno al lutto e all'assenza che Oscar ha subito da bambino... Oscar che guarda ossessivamente i VHS con le immagini di Gaia bambina... mentre Clara fugge come se non avesse aspettato di avere il giusto pretesto per farlo. Da dove è tornato Diego? E perché è tornato? Non scrivo altro, perché i misteri devono essere preservati.

Oggi è lunedì 20 giugno del terzo anno senza Carnevale e questa Cronaca 834 rilegge il romanzo respirando l’aroma della pineta di Alba Adriatica.

giovedì 16 giugno 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/830. Era qualcuno che aveva conosciuto in albergo o che aveva già incontrato?


 


 

Oggi lettori e scrittori festeggiano una giornata speciale il Bloomsday, nato per ricordare la giornata del 16 giugno 1904, unico giorno del romanzo Ulisse di James Joyce.

Mi casca quindi a fagiolo il libro di Federico Pace che mi è molto piaciuto. Ecco l’incipit del capitolo dedicato all’incontra tra i duo giovani James e Nora.

 

“Quando la gemma esce dalla dormienza

 

Dublino conservava, in un’unica dimensione, la solitudine di molti. Aveva tenuto a lungo le persone ostinatamente separate nelle minute stanze delle proprie abitazioni, poi aveva cominciato a divertirsi, permettendo a quelle stesse persone di tuffarsi nel fervente andirivieni di chi si affretta ad attraversare gli incroci. Faceva sì che percepissero una libertà nuova, ma non sembrava voler concedere loro, fino in fondo, la possibilità di riscattarsi davvero. La città quasi traeva un piacere crudele a farle avvicinare, sfiorare, a permettere che si scambiassero uno sguardo, per poi separarle di nuovo. Per lo più, in quei giorni, la città metteva in scena un rimescolare apparente che in realtà lasciava, al termine di ogni giorno, le cose immutate. Così come erano state fino ad allora. Eppure le aspettative continuavano a covare seguendo strade che nessuno prevedeva. Eppure l’inestinguibile forza di un desiderio permaneva anche a cospetto del volto scaltro del disincanto. Era il 10 giugno del 1904 e Nora Barnacle era alle prese con il progredire dei compiti che scandivano l’orario del lavoro in albergo. Le stanze da rimettere in ordine, i letti sfatti, le lenzuola pulite con il loro profumo. I saluti nei corridoi dei clienti che nel giro di pochi minuti sarebbero partiti. Più tardi i piatti da servire ai tavoli. I boccali di birra. Era una bella giornata e neppure i rimproveri per qualche piccola imprecisione e le raccomandazioni su tutto quello che andava ancora terminato avevano diminuito la vitalità sotterranea che aveva cominciato a provare. Neppure la fine del turno di lavoro l’aveva trovata sfinita. Anzi, proprio in quel momento in cui i compiti dell’impiego e del dovere erano terminati, quando la pianura del tempo si era fatta più distesa, proprio allora, la febbre di vita era cresciuta, alimentata dalla leggerezza irripetibile dell’aria di quel mese. Con lo sguardo andava alle insegne dei negozi: JOHN MORTON, HARRIS, RACINE, YEATS & SON. Le lettere in oro che componevano i nomi e i cognomi dei proprietari di quelle aziende splendevano più che negli altri giorni sopra lo sfondo nero e lucido. Prorompeva, da dietro e dal centro della strada, lo sferragliare del tram a contatto con l’acciaio delle rotaie. Annunciava l’arrivo di inaspettate novità. Qualcosa di imperscrutabile le faceva sorgere un sorriso sulle labbra. A cosa pensava? Forse, con precisione, non lo sapeva neppure lei. Non c’era niente di definito a prendere forma nella mente, era più uno stato d’animo. Un modo di guardare alle cose che, inspiegabilmente, dopo tanti giorni, aveva mutato direzione. Quasi come una gemma che rompe la dormienza sullo stelo. Un principio di fioritura. Le piaceva camminare per le strade. Guardare le donne con le velette che nascondevano solo in parte il volto, gli uomini con i loro abiti scuri, i colletti inamidati delle camicie, le mani in tasca, fermi agli angoli. Le carrozze, i cavalli. Le piaceva confondersi tra la folla. Entrare in quel flusso di persone le offriva la possibilità, o almeno l’illusione, di far parte di un destino più ampio. Poi, tra la gente, aveva visto quel giovane. Sembrava stesse guardando proprio lei. Nella polifonica moltitudine di persone che vociavano su Nassau Street, sembrava che lui avesse messo a fuoco il volto di lei. Era qualcuno che aveva conosciuto in albergo o che aveva già incontrato?”.

 

Dalla mia pigrizia marina saluto questo 16 giugno del terzo anno senza Carnevale e questa Cronaca 830 che passeggia da sola per le vie di Dublino.

mercoledì 15 giugno 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/829. Si sentiva il respiro, l’andirivieni eterno e interrogativo delle onde

 


 

Continuo la mia vita marina, dove immergermi nel mare è sempre la gioia più grande. Forse ancora più grande dell’immergermi in un libro che mi piace molto. La processione è il titolo del capitolo dedicato a Simone Weil:

 

Dopo la fatica, il disincanto e la paura. Dopo il dolore e la ferita. Solo dopo tutto questo può arrivare all’improvviso il sollievo. Non è la luce del mattino, non è il vento che soffia sulle coste esposte del mare, non è il tempo del riposo. Non è il tuffo con cui riusciamo a gettarci da una roccia di un’ansa nascosta, non è il bacio di chi ci ha aspettato ancora, non è la corsa delle nuvole lontane che finiscono per dissolversi nella loro fuga verso il precipizio dell’orizzonte. Non è la pioggia che arriva nel pomeriggio, non è la luce della sera. Le barche erano tutte a riva, simili a grandi baccelli di un frutto sconosciuto deposto da chissà quale dio. L’arco dell’insenatura terminava proprio laggiù, sulla punta estrema, dove il faro con la sua luce

intermittente segnava i battiti della notte. Gli uomini si sono sempre adoperati per tenersi in contatto e dialogare. Per soccorrersi e aiutarsi. Anche quando sono stati costretti a rimanere lontani. Gli uomini hanno sempre trovato il modo di scambiare almeno un segnale con chi cerca un approdo, tra chi è andato al largo a pescare e chi, da terra, può soltanto dire: Guarda sono qui, devi rientrare da questa parte. La piccola comunità era tutta sul ciglio della spiaggia. Sospinta in quella striscia di terra, incerta fra l’attrazione esercitata dal mare maestoso e l’apparente protezione delle case edificate con pazienza sulla terra. Una comunità raccolta e ammutolita. Si sentiva il respiro, l’andirivieni eterno e interrogativo delle onde.

 

Oggi ho salutato anche Giorgia ed Enrico che sono ritornati a casa e mi muovo in questo piccolo mondo che ha le sue regole e i suoi rituali che mi si confanno, perché avevo davvero bisogno di staccare dalla vita cittadina, anche se è vero che non lasciamo mai davvero noi stessi da un’altra parte. La parte di me che sta sempre con me è soprattutto la lettrice, non riesco proprio a immaginarmi senza almeno un libro con me, e non c’è ebook che tenga, i libri veri sono quelli di carta. Così mi avvio verso la fine del libro di Federico Pace, mentre questa Cronaca 829, come al solito, non vuole uscire dall’acqua.

Oggi è mercoledì 15 giugno del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra.

martedì 14 giugno 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/828. La luce del sole che alle prime ore del mattino balugina nello spazio minuto tra le fenditure delle persiane

 

Continua la lettura spiaggiata del libro La più bella estate e anziché iniziare con le mie impressioni, inizio con un brano di Amoz Oz tratto da Lo stesso mare che Federico Pace ha messo in esergo:

 

 

Deserto: tufo e dirupo

odore di terra bagnata dopo un’estate di sete.

Viene una voglia:

essere ciò che sarei stato se avessi saputo ciò che è dato di sapere.

Essere prima di ogni cognizione. Come i colli. Come un sasso di luna.

Inerte e sicuro

di decantazione illimitata.

 

Un battito d’ali è il capitolo dedicato a Vladimir Nabokov e inizia così:

 

C’è un tempo della vita, e una stagione dell’anno, in cui tutti gli abbozzi della nostra esistenza sembra che vogliano, e possano, realizzarsi. In quel periodo, in quella stagione effimera, riusciamo a intravedere i vascelli delle nostre infinite esistenze possibili mentre se ne stanno schierati nel blu dell’orizzonte estivo. Al chiuso della nostra stanza, vediamo le prue di quelle imbarcazioni pronte a salpare, quando, ancora sdraiati nel letto, intuiamo la luce del sole che, alle prime ore del mattino, balugina nello spazio minuto tra le fenditure delle persiane. Con addosso il leggero velo del sonno, ne immaginiamo le traiettorie, le infinite avventure. Rimaniamo a guardare, con gli occhi dell’immaginazione, tutte le peripezie che si andranno compiendo. Le terre in cui giungeremo, le persone che avremo l’opportunità di avvicinare e che ci toccheranno nel profondo. Le cose sconosciute che avremo tra le mani. E di quelle prospettive, prima di scendere le scale della casa in cui ci troviamo in quel tempo della nostra

vita, sembriamo nutrirci e abbeverarci come di un alimento e un nettare prelibato. Non sappiamo ancora, e non possiamo nemmeno intuire, che ne sarà di quei vascelli schierati laggiù dove la terra si congiunge con il cielo. All’alba di un mattino di luglio del 1910, Vladimir Nabokov, non appena intravide attraverso le fenditure delle persiane un luminoso e vivace raggio di luce, invece di andare dove tutti lo aspettavano per la colazione, eccitato dal pensiero di ciò che lo aspettava fuori di casa, lontano dalla routine dell’abitazione familiare, scavalcò la finestra della sua stanza e sparì.

Leggo in spiaggia, faccio lungo passeggiate su e giù per il paesello che mi ospita, respiro il profumo della pineta, nuoto moltissimo, chiacchiero con i vicini di ombrellone e poi ho pranzato con le amiche e gli amici in partenza in un posticino delizioso, che si chiama Angolo 74,  che ci ha servito pesce freschissimo e c’era il vento e c’era il sole e l’estate era già iniziata.

 

Oggi è martedì 14 giugno del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e con questa Cronaca 828 vivo nella mia bolla di mondo e riesco a essere gioiosa, non mi stancherei mai del mare, non mi stanco mai del mare.

martedì 7 giugno 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/821. I vascelli delle nostre infinite esistenze possibili se ne stanno schierati nel blu dell’orizzonte estivo

 



 

Oggi è stato un giorno lacustre, iniziato con un feroce temporale e continuate nella dolcezza del Lago Maggiore. Non avevo voglia di gironzolare al mercato, così sono partita un po’ più tardi, ho pranzato nel solito ristorantino in piazze, ho fatto una passeggiata e poi una sosta in Feltrinelli dove ho comprato il nuovo libro di Federico Pace La più bella estate. Storie di una stagione in cui tutto è possibile e ho iniziato subito a leggerlo sul treno del ritorno. Così per contentezza e pigrizia ne copio un brano:

 

 

Un battito d’ali

C’è un tempo della vita, e una stagione dell’anno, in cui tutti gli abbozzi della nostra esistenza sembra che vogliano, e possano, realizzarsi. In quel periodo, in quella stagione effimera, riusciamo a intravedere i vascelli delle nostre infinite esistenze possibili mentre se ne stanno schierati nel blu dell’orizzonte estivo. Al chiuso della nostra stanza, vediamo le prue di quelle imbarcazioni pronte a salpare, quando, ancora sdraiati nel letto, intuiamo la luce del sole che, alle prime ore del mattino, balugina nello spazio minuto tra le fenditure delle persiane. Con addosso il leggero velo del sonno, ne immaginiamo le traiettorie, le infinite avventure. Rimaniamo a guardare, con gli occhi dell’immaginazione, tutte le peripezie che si andranno compiendo. Le terre in cui giungeremo, le persone che avremo l’opportunità di avvicinare e che ci toccheranno nel profondo. Le cose sconosciute che avremo tra le mani. E di quelle prospettive, prima di scendere le scale della casa in cui ci troviamo in quel tempo della nostra vita, sembriamo nutrirci e abbeverarci come di un alimento e un nettare prelibato. Non sappiamo ancora, e non possiamo nemmeno intuire, che ne sarà di quei vascelli schierati laggiù dove la terra si congiunge con il cielo”.

 

 

All’arrivo non sono tornata subito a casa, sono andata con un gruppo di vecchi colleghi a prendere un aperitivo al bistro del Piccolo Teatro e poi sono tornata a casa in tram. Anche oggi è stata una giornata gioiosa e lieve, come se il bello e il buono del mondo fossero tutti qui, nella mia città. Oggi è martedì 7 giugno del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 821 è contenta quanto me.  

venerdì 13 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/796. Silenzio, fumare, scrivere, silenzio, la luce sulla duna

 


Oggi mi sono concessa lunghe chiacchiere letterarie con la mia amica Elisabetta, chiacchiere corredate da progetti altrettanto letterari e da molte fantasticherie intorno all’essere una scrittrice. A parte questo dato di realtà, amicizia, scrittura, futuro, mi sono lasciata trasportare da Cees Nooteboom in un faro sconosciuto che lui ha così mirabilmente scritto in una poesia tratta da L’occhio del monaco:

 

 

Non nella vita di tutti c’è posto per un faro,

ma nella mia sì. Oggi su quest’altra isola

sono andato al faro, pioggia, gridi

di gabbiani. La notte ho potuto stare col guardiano.

 

Fingeva di esistere ancora. Se l’è annotato,

una nave diretta a Nord, la forza del vento. E ho visto

nel buio una luce contro le onde, e lì vicino

quel che aveva scritto nella sua grafia antiquata.

 

Morto da tanto, lui. Tutti i mari percorsi, tutti i porti visti,

Archangel’sk, Valparaíso, la poesia del medico di bordo.

Accendere, spegnere, una notte sul faro, brigantino verso Nord,

silenzio, fumare, scrivere, silenzio, la luce sulla duna,

il faro ora abbandonato.

 

 

Ogni volta che leggo questi versi mi ritrovo a contemplare il buio della notte e a sentire quel silenzio privo di voci e rumori umani che in cima al faro è ancora più potente. Ma poi arriverà la tempesta, perché la tempesta arriva sempre e stravolge la vita dei naviganti, stravolge il tempo dell’attesa e ci costringe a trovare un’altra posizione nel mondo. E non sapremo sino alla fine come saremo e come sarà il mondo dopo. Così come non sapremo sino alla dichiarazione di pace che mondo ci aspetterà dopo questa inutile, violenta guerra che ancora non finisce. Oggi è venerdì 13 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 796 si consola con le poesie di Nooteboom insieme a me.

lunedì 9 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/792. Una giornata di pioggia e di poesia

 


 

 

Ogni giorno mi chiedo, già subito al risveglio, cosa accadrà, non tanto di nuovo, ma di inaspettato. Mi sveglio quasi sempre con dei versi che mi ronzano in testa, prendo appunti e li metto da parte nel granaio dell’immaginazione. Esco molto presto a passeggiare, respiro l’aria incerta, scruto il cielo e mi chiedo se farà pioggia o bel tempo, in quegli istanti dove ancora il sole non è alto nel cielo e dove la luce potrebbe virare sul grigio o sull’azzurro in qualunque momento. Mi piacciono queste mie oziose passeggiate, fatte come se il mondo fosse solo un posto bello e sereno, gioioso. Il mattino presto vedo sempre le rondini sfrecciare e questo è un altro motivo di allegria. Così intanto che cammino lascio che i versi arrivino così come fanno le onde piccole sulla spiaggia ancora deserta.

 

 

Una goccia lucente e questa poesia

 

Di che colore è la poesia stamane?

Nasce azzurra, striata d’argento,

cresce nel tempo e attraversa

le nuvole, sussurra al vento

queste parole nuove e noi,

sulla terra restiamo in attesa

della pioggia e dell’ispirazione.

Pioverà allora? Dipende dal vento

e dal poeta, ha risposto il cielo

e ci ha mandato una goccia lucente

e questa poesia.

 

 

Tutta questa giornata, lunedì 9 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra si è avvolta intorno a questi versi e poi li ha lasciati in questa Cronaca 792 bagnata dalla pioggia e dalla poesia.

sabato 2 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/755. Non cercare i confini del mare. Sono già in te.

 


 Credo proprio che aprile sarà accompagnato quasi ogni giorno dai versi di Char, anche oggi li ho scelti come titolo della nuova Cronaca. In attesa di andarci davvero al mare, mi impegno per parecchio tempo a immaginare il mare, a disegnarne quei confini che il poeta mi dice essere già in me. Ed è vero che il mare esiste in me, esistono onde che io sola ho visto e ascoltato, esistono le sfumatura dei colori che rispecchiano il colore del cielo. Esiste in me il Mar Ligure, da Sestri Levante e alla Baia del Silenzio, uno dei luoghi che più amo al mondo, al mare delle Cinque Terre, l’ha prima volta che l’ho visto e ci ho fatto il bagno nell’estate del 1983. Potrei scrivere a lungo anche del Mar Jonio nella zona di Sibari e del Tirreno, in Calabria, in Basilicata, in Campania e in Toscana, in particolare del mare intorno all’Isola d’Elba. E come non tornare al Tirreno e alla bellezza della costa palermitana, al Mar di Sicilia e a Lampedusa? Come non parlare dei mari di Grecia e di Spagna?, E come potrei dimenticarmi del Mare Adriatico, giù da Trieste, passando dalla Romagna e dalle Marche, sino alla punta estrema della Puglia? No che non mi dimentico, e più mi impegno a ricordare i mari che ho amato, più il mare interiore sconfina e si fa immenso. Immenso come gli oceani, che conosco molto meno, solo un po’ di Atlantico francese e inglese e poi americano. Ma il mio mare è un mare raccolto, che bagna terre millenarie, ricche di storia e di bellezza. Un mare che mi dà respiro e nutre la mia anima anche se non lo vedo, anche se non sono lì a guardarlo e respirarlo. Dunque esiste un mare reale, da cui vivo troppo lontana, un mare ricordato e un mare immaginato. Esiste il mare colore del vino dei poeti e il mare degli scrittori abitato da Moby Dick. Potrei continuare il mio elenco, adoro scrivere elenchi e liste, renderlo infinito. Ma mi fermo qui e torno ai versi di René Char, giusto per concludere questa Cronaca 755 di sabato 2 aprile del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra.

 

Non cercare i confini del mare.

Sono già in te.

Ti sono stati dati

in uno con la tua vita che svapora.

Il sentimento, lo sai, è figlio della materia:

ne è lo sguardo mirabilmente

vanescente.

 

 

Di che marò sarò stanotte? E di che mare mi sveglierò domattina? Non lo so, non lo sappiamo, nessuno lo sa. Per questo è bello immaginarlo.

martedì 22 marzo 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/744. Dove si rispecchiano vette azzurre di sogno

 

 


Seguo il canto della primavera, l’annuso nell’aria pesante della città mai più silenziosa, lo cerco tra le pieghe del giorno. Chiamo la primavera, a volte mi risponde, a volte fa una piroetta e fugge via, come se non fosse il suo preciso compito di stagione appena arrivata restare qui con noi. È nel suo perenne arrivare che si nasconde il suo segreto, lo so e per questo me ne rallegro.  Posso seguire di nuovo questo canto silenzioso e lo seguo sul filo teso di una poesia di Olav H. Hauge tratta dalle raccolta La terra azzurra (traduzione di Fulvio Ferrari, Crocetti editore 2008)

 

 

Ora canta di nuovo il mio fiume interiore,

e un limpido vento spira da fresche terre notturne,

in cui vette azzurre di sogno si rispecchiano

in altri mari.

 

Ma cosa sono le mie parole?

Un bosco piegato dalla tempesta

verso il nord,

barriere di montagne

contro il devastante

fuoco del giorno

 

Quando le parole stentano nel darsi un significato, continuo a cercarlo nella poesia. Così divento bosco, così divento una vetta azzurra e riesco a tenere a bada questo devastante fuoco del giorno, che brucia e brucia e non lascia ricordi tra i tizzoni ardenti.

Oggi è martedì 22 marzo del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 744 risplende di azzurro e brucia come fuoco.

domenica 16 gennaio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/679. Saltare dal muretto tenendosi per mano

 


 

Oggi è stata una giornata ricca di scrittura, condivisioni e immaginazioni, ricerca di metafore e similitudini. Così la vita vera, i ricordi, si sono intrecciati con il respiro del futuro che andiamo tracciando con queste azioni, le condizioni per un futuro desiderato. Con tutta la ricchezza di stimoli e suggestioni era inevitabile che una poesia si preparasse a scaturire dalla bellezza di questa giornata. Soprattutto dopo una lunga conversazione con Andrea B. che voglio ringraziare ancora e a cui dedico questa poesia.

 

 

Dove si ferma il vento

 

Cosa pensano le montagne?

Vorrei essere mare o almeno

bagnarmi dentro, imparare come

l’acqua si arrende all’aria, proprio

come faccio io che cedo al vento.

E tu mare? Io vorrei essere vento

e mai stare fermo, perché non

sono io a scegliere il ritmo delle

onde ma è sempre il vento

che decide dove devo andare.

Il vento si ferma ad ascoltare,

non sapeva di essere tanto

considerato, si muove come

un bambino capriccioso il vento

e niente lo sconfigge, neanche

il fuoco che lui accende e gonfia.

Sorride il vento e continua a

correre più che camminare, deve

andare, arrivare e poi ripartire,

mai può stare fermo il vento,

se non su questo foglio dove

arriva e si riposa nelle mie

parole. In fondo al giardino

due bambini saltano dal

muretto tenendosi per mano.

 

 

È l’azzurro del mare, del cielo e del vento che ha accompagnato le ore di domenica 16 gennaio del terzo anno senza Carnevale e questa Cronaca 679 si sta esercitando a saltare dai muretti mano nella mano, nel presente e poi ancora domani.

domenica 2 gennaio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/665. Un paesaggio con sentieri e ombrelli rossi per la pioggia e per il sole

 

Una domenica uguale al sabato che l’ha preceduta, silenziosa, pensosa e solitaria. Tranne che per le code davanti ad alcune farmacie non si vede nessuno in giro, pochi i passanti anche sotto l’albero bellissimo. Così stare qui è anche essere altrove, con i pochi amici in vacanza che mi mandano fotografie di paesaggi marini e montani. Questa sera è stato proprio il paesaggio, in senso molto narrativo, a essere il perno di una serata divertente trascorsa con Fiammetta Palpati e tante altre persone conosciute al suo laboratorio “Il paesaggio del romanzo”. Tutti insieme abbiamo fatto una cosa molto tradizionale che adoro sin da quando ero bambina: abbiamo giocato a tombola! In palio c’erano un mucchio di libri attinenti il tema del paesaggio, purtroppo non ho vinto nulla, ma è stato bello ritrovare così tanti volti amici e ridere insieme, fare battute e ripromettersi di vedersi presto. A proposito del ridere, confesso che sto approfittando del periodo festivo per guardare dei cartoni animati, anche questo un retaggio dell’infanzia, dove non mi perdevo un film Disney e il sabato sera stavo appiccicata alla TV svizzera e non mi perdevo una puntata di Scacciapensieri, e come la domenica Supergulp fumetti in TV. Così ho deciso di riguardare un vecchio film visto coi nipoti quando erano piccini, cioè L’era glaciale, e ho riso moltissimo grazie a Sid il bradipo e Scrat lo scoiattolo alla ricerca perenne della sua ghianda sacro Graal che sarà causa della maggior parte dei disastri climatici e geologici che muteranno lo stato delle cose sul pianeta. Mi sono fatta prendere dalla magia dell’infanzia, dalle luci natalizie, dalla cometa che ritornava ogni anno a illuminare il piccolo presepe casalingo. Intanto, fuori dai miei ricordi e dalla mia casa, continuano le notizie preoccupanti sulla pandemia, sui no vax che non vogliono farsi curare neanche quando sono in punto di morte. Però, con la perfetta schizofrenia dei nostri media, vengono annunciate le aperture dei saldi invernali in alcune regioni, come se non stesse accadendo altro nel mondo. Il mondo che va come va oggi, così chiedo a questa piccola Cronaca 665 di domenica 2 gennaio del terzo anno senza Carnevale, di accontentarsi di questa oasi di quiete e di stare con me a guardare le avventure di Scrat e della sua ghianda.

 

 

Solo un margine non scritto

 

Come sono piccole queste

tue mani, eppure niente

potrà mai riempirle, non

la pioggia che cade solo

in riva al mare, non il sole

che illumina i prati sotto

al ghiacciaio, non l’eco

di queste parole che ti

lancio dall’altro lato della

valle e spero che tu unirai

le tue mani a coppa e così

raccoglierai la mia invocazione

prima che la città bruci, prima

che il fumo misto alla nebbia

copra questa consolazione

di immaginarti nel nostro

paesaggio di colline dolci

e mare che scivola verso

l’infinito, lì dove non ci sono

aree di sosta, ma solo sentieri

e ombrelli rossi per la pioggia

e per il sole, solo un margine

non scritto per tenermi in

compagnia i pensieri.

martedì 28 dicembre 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/660. Se Stephen King vive anche in riva all’Adriatico

 

 


 

L’ombra è ancora più vasta della luce alle otto del mattino, il treno parte veloce, il sonno è ancora tutto negli occhi. Eppure vince l’istinto del viaggio, un viaggio veloce, dove la nebbia della pianura viene sostituita dal mare, che appare all’improvviso dalle parti di Pesaro, e dalle dolci colline marchigiane che vengono subito raggiunte dalle dolci colline abruzzesi. In questo viaggio di andata, tra gli accompagnatori, ci sono anche Giorgia Tribuiani e Blu, Emily Bronte con Heathcliff, Bert Hellinger e le sue costellazioni, Fernando Pessoa e i suoi inquieti frammenti. In compagnia di bei libri i viaggi sono veloci, all’arrivo una città nuova per me ed Elisabetta si spalanca con i suoi odori, il suo fiume, il cielo che si apre in un azzurro marino, le case basse, il lungomare infinito, come tutti i lungomare adriatici. Una sosta rapida al B&B a lasciare gli zaini, la nostra amica Giorgia ci raggiunge, che gioia! Le strade ci accolgono con tutta la diffidenza che ogni strada ha nei confronti di piedi forestieri, ma solo per un momento. Le bancarelle natalizie, le luci, il mare, finalmente il mare, una veranda aperta sulla spiaggia, il profumo della salsedine e poi quello del pesce alla griglia. Quante cose si possono dire nel tempo benedetto di un pranzo arricchito dall’amicizia? Poi di nuovo una lunga passeggiata in centro, un caffè sedute all’aperto anche se la temperatura si è abbassata. Un altro passaggio al B&B e poi a cena a casa di Giorgia ed Enrico, una casa piena d’amore e di libri. La fiamma dell’amicizia scalda più di qualsiasi fuoco e abbiamo fatto mezzanotte in un soffio, con i libri di Stephen King che ci osservavano rapiti da svariati scaffali della libreria. E quel piccolo mondo, quella piacevole cittadina in riva al mare, quel cerchio magico formato dalla nostra amicizia, erano attraversati da mondi fantastici millenari e futuristici che abbiamo amato, letto o inventato. Ma era sempre lui, il signore della letteratura fantastica, ad avere vegliato sulle nostre parole.

 

 

Dove soffia il vento dell’immaginazione

 

 

Se dico fantastico, chiamo

l’immaginazione alla nostra

porta. Chi busserà per primo?

Quale uomo straordinario?

Quale leggenda? Sono tutti

qui con noi stasera, mostri

fantasmi e vampiri, creature

fantastiche, creature dell’immaginario.

Da una torre nera esce l’ultimo

cavaliere, che sarà il primo

a raggiungere quelle cime

tempestose dove il vento

della creazione soffia per

noi ogni giorno.

 

 

Questa Cronaca fantastica di martedì 28 dicembre del secondo anno senza Carnevale è dedicata a Elisabetta Giromini, compagna di viaggio, e Giorgia Tribuiani ospite impagabile. Sono accadute molte più cose e molti più racconti, di quanto non abbia accennato, sono passati tra noi. Ma è bello tenere nel guscio dell’amicizia quella creatura luminosa e fragile che è la confidenza, quel tempo condiviso che è stato solo nostro.

mercoledì 24 novembre 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/626. Nuotare nel cielo come fosse il mare, cantare

 

 

 

A volte è meglio non fare nulla, stare in piedi sulla riva e vedere cosa il mare ci porta. A volte è meglio gettare le reti al largo, scandagliare i fondali e muoversi per favorire la pesca. Bisogna uscire quando fuori è ancora buio e attraversare la notte come se fosse un altro mare e sentire che anche il cielo è un’altra forma del mare e diventare nuotatori celesti, imparare a fermarsi vicino alle costellazioni come fossero arcipelaghi. Immaginiamo questi mari, le stelle, le isole, immaginiamo e lasciamo che le storie arrivino a noi. Con una storia ben raccontata possiamo mettere ordine nel tempo e dare un senso a ogni giornata, fare di ogni giornata un tempo ben vissuto. Così peschiamo nell’immenso mare delle immagini, vedute, ricordate e anche spontanee, tutte quelle che la nostra mente riesce a cogliere e poi elaborare.

 

 

 

L’alba attraversa le finestre

 

Mi fermo e aspetto che arrivi

il banco dei pesci argentati,

nella scia appaiono le sirene,

cantano, ma la loro lingua è

sconosciuta, nessuna malia ci

rapirà. Aspetto e ferma cerco

un’immagine che rappresenti

il senso di questa giornata.

Il senso mi ripeto e poi capisco

che in quel mare ci sono anch’io,

sono un’immagine? Seguo i pesci

nella loro scia d’argento, canto

lontano dalle sirene, la mia voce

è un’altra, diverso questo canto.

Si girano i pesci, le sirene fuggono,

l’alba attraversa le finestre, mi

sveglia. Era un sogno, un sogno?

Ridono le sirene e fuggono di

nuovo, il silenzio si leva con

il sole. È giorno, un giorno nuovo

che ancora non abbiamo scritto.

 

 

Ma ora che è scritto questo giorno nuovo, ne do conto in questa Cronaca 626 di mercoledì 24 novembre del secondo anno senza Carnevale, mentre la notte è di nuovo padrona del nostro mondo e i sogni sono pronti a ritornare.

martedì 26 ottobre 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/597. Quando si muovono nuvole e tempeste

 

 


 

Dire acqua è dire mare, nuvole, pioggia. Le forme dell’acqua, che non ha forma, sono quanto di più affascinante possiamo ammirare in natura. L’acqua, in forma di pioggia, è l’unico elemento che cade sulla terra dal cielo e al cielo può ritornare. Alle foglie non è dato questo privilegio, che ha un prezzo, cioè l’impermanenza delle nuvole. Niente è più effimero, meraviglioso e celestiale di una nuvola. È fatta di vapore acqueo, il vento può disperderla, così come il calore. Ma può diventare pioggia e riscattare la sua bellezza dissetando la terra, quando è benevola, portando devastazione e morte, quando non lo è, così come sta accadendo nella provincia di Catania in queste ore. È un terra bellissima quella, di cui ho solo buoni ricordi e che ho visto in tutte le stagioni, ma sempre con un clima mite e paesaggi meravigliosi. Faccio fatica e mi addolora immaginare la devastazione in città, sulle colline circostanti, nei meravigliosi paesini della cintura etnea: Biancavilla, Pedara, Trecastagni, Zafferana, Belpasso, Linguaglossa, Acireale e Aci Castello, San Giovanni La Punta, Sant’Agata li Battiati, Bronte. Li ricordo bene, sono stata in quasi tutti, in anni lontani di felicità giovanile. Erano belli i luoghi, le persone, i paesaggi, il cibo, il profumo di eucalipti e zagare nell’aria, gli alberi del pepe, gli ibischi dalle mille sfumature di rosso e di bianco, le bouganville rosa e rosa.

Anche le nuvole avevano sfumature rosa all’alba e al tramonto, quando le guardavo e non c’era bisogno di indovinare per sapere che non c’era pioggia lassù, ma solo bellezza in movimento.

Ma non amo solo le nuvole, amo anche la pioggia e la neve, acqua cadente e acqua gelata. Un pomeriggio di pioggia evoca l’autunno, un temporale l’estate, una pioggerellina la primavera e la neve ci porta nel cuore dell’inverno, sospesi tra dicembre e le sue feste e gennaio, il mese più lungo e freddo dell’anno.

Quando l’acqua si raccoglie in grande quantità dopo la pioggia, o quando la neve si scioglie, ruscelli, torrenti e fiumi corrono verso il mare, verso il nostro bellissimo Mediterraneo, uno dei luoghi benedetti dagli dèi.

 

 

 

Se la pioggia canta con le voce delle sirene

 

Porto con me poche

gocce di pioggia che

ho raccolto dalla mia

finestra, perché non era

pioggia destinata a

diventare fiume o mare,

con me la porto per

cambiare una forma

in un’altra che non era

data. Anche se sono

molte le regine che

muovono nuvole e

tempeste, ho avuto io

pure questa licenza oggi

nel pomeriggio e così

posso portare la mia

pioggia nel tuo mare

e stare a vedere cosa

succede. Parleranno

la stessa lingua? Come

si parleranno, se un’acqua

è salata e l’altra cittadina?

Verso le gocce nella mano

a conca, poi mi chino e piano

scendo sotto la superficie

dell’onda e vedo una sirena

passarmi accanto, ancora

non sento la sua voce, ma

so che è alle mie gocce

che sta cantando.

 

 

Mi piace riscrivere cose già scritte, mi piace dire poeticamente cose che sanno già tutti. Per questo scriverò ancora del mio amore per la pioggia, le nuvole e il mare.

Oggi è martedì 26 ottobre del secondo anno senza Carnevale e questa Cronaca 597 corre con le nuvole e scherza con la pioggia, è dispettosa come il vento e di nuovo corre a saltare nelle pozzanghere.