mercoledì 31 agosto 2016

Crescere, avere cura

Stai sempre vicina a qualcosa che cresce. Che sia un bambino, un progetto, un'idea, senza mai dimenticare la terra, lo sbocciare di un fiore, la cura di una pianta.

Anna Maria Ortese
citata da Iaia Caputo in
Era mia madre
Feltrinelli 2016

martedì 30 agosto 2016

Quell'amore - un tronco possente che troneggia al centro delle nostre esistenze, i cui vecchi rami nodosi proiettano un'ombra protettiva sul tempo che resta

Ci sono amori che finiscono per assumere l'aspetto di alberi secolari: sono da così tanto nelle nostre vite che sfidano le leggi del tempo che scorre e inesorabilmente consuma; ne attraversano le stagioni, ciascuna con i propri colori, freddi e tepori che si danno il cambio, accompagnate dalla luce cangiante di primavere abbaglianti, dalle piogge inesorabili degli autunni, dai tramonti tardivi dell'estate e dalle lunghe notti invernali. Chi avrebbe il coraggio di abbattere un pino centenario solo perché oscura una finestra che affaccia su un bel giardino? Quell'amore - un tronco possente che troneggia al centro delle nostre esistenze, i cui vecchi rami nodosi proiettano un'ombra protettiva sul tempo che resta - è ormai diventato una presenza necessaria. Le sue radici, inoltrandosi nella terra, camminano carsiche, e lentamente avvolgono, cieche e ostinate, ogni altro sentimento possibile, non ne vogliono sapere di farsi da parte. Tanto che i giorni che passano, pur sfiorendo e cancellando e affievolendo tutto il resto, le rendono, solamente loro, più forti, più affamate di altri giorni e altra vita. Fino a prenderseli tutti, i giorni e la vita.

Iaia Caputo
Era mia madre
Feltrinelli 2016

lunedì 29 agosto 2016

i versi non sono, come si crede, sentimenti - sono esperienze

Ma i versi, ahimè, significano così poco, se scritti presto. Si dovrebbe aspettare a farne, raccogliere saggezza e dolcezza per una vita intera, una vita lunga, se possibile, per riuscire forse, alla fine, a scrivere dieci righe che sono buone.
Perché i versi non sono, come si crede, sentimenti (che si hanno abbastanza presto) - sono esperienze. Per un solo verso bisogna vedere molte città, uomini e cose, bisogna conoscere gli animali, bisogna sentire come volano gli uccelli, e sapere i movimenti con cui i piccoli fiori s'aprono al mattino. Bisogna poter ripensare a cammini in contrade sconosciute, a incontri inattesi, e ad addii che si vedevano da tanto in arrivo, a giorni dell’infanzia ancora inesplicati, ai genitori che dovevamo amareggiare quando ci portavano una gioia che non capivamo, (era una gioia per un altro...) a malattie infantili che cominciavano in modo così singolare con mutamenti  tanto gravi e profondi, a giorni in stanze quiete e raccolte, e a mattini sul mare, al mare, ai mari, a notti di viaggio che frusciavano via alte e volavano con tutte le stelle - e non è ancora abbastanza, bisogna avere ricordi di molte notti d’amore, nessuna uguale all'altra, di grida di donne con le doglie e di bianche, lievi puerpere addormentate che si chiudono. Ma occorre anche essere stati vicino a moribondi, essere stati seduti accanto a dei morti nella stanza con la finestra aperta e i rumori che entrano a folate. E non basta neppure avere ricordi. Bisogna saperli dimenticare, quando sono molti, e attendere, bisogna avere la grande pazienza di attendere che tornino. Perché neppure i ricordi sono ancora esperienze. Solo quando essi diventano in noi sangue, sguardo, gesto, anonimi e indistinguibili da noi, soltanto allora può succedere che la prima parola di un verso, che in un'ora rarissima, s'alzi ed esca dal loro centro.

Rainer Maria Rilke
I quaderni di Malte Laurids Brigge
a cura e con un saggio di Giorgio Zampa
Adelphi 1992

domenica 28 agosto 2016

Da ragazza scrivevo racconti, poesie, riempivo decine di diari

Forse sarei diventata una romanziera. Da ragazza scrivevo racconti, poesie, riempivo decine di diari. Sentivo di scrivere spinta dal bisogno di ordinare il mondo, tuttavia mancavo di capacità di astrazione, di quell'egoismo distratto o solo sognante che ci permette di distaccarci dalla realtà e di ignorarla. Si scrive per deriva, grazie al sentimento del non esserci mai del tutto, mai perfettamente adeguati a una situazione qualsiasi, e oggi so che se ho abbandonato quel proposito è perché mancavo di immaginazione. Nel corso del tempo avrei scoperto che diventare un essere umano decente e insieme creare qualcosa che abbia un valore, con l'ossessività necessaria per farlo, non mi era possibile. Così non ho avuto altra scelta se non quella di affrontare la realtà per quello che è, e di investire gran parte della mia energia nell'insegnamento, continuando a provare a vivere da essere umano.

Iaia Caputo
Era mia madre
Feltrinelli 2016

sabato 27 agosto 2016

Senza l'integrazione dei tempi verbali non è possibile avere una buona vita

Se si ama il presente è perché riusciamo a indugiare sul passato, a ripercorrerlo con tenerezza, con indulgenza; e quando il presente lo si detesta non ci si può proiettare in un tempo che deve ancora venire. Senza l'integrazione dei tempi verbali non è possibile avere una buona vita, ero, sono, saranno, poiché ciascuno di essi è inestricabilmente connesso all'esperienza umana nel suo divenire.

Iaia Caputo
Era mia madre
Feltrinelli 2016

venerdì 26 agosto 2016

Aleggiava nell'aria un immenso e vago desiderio di creare

Nelle sere d'estate, all'inizio degli anni Settanta, tra l'odore della terra secca e del timo, seduti a un tavolaccio comprato per appena mille franchi da un rigattiere, attorno a spiedini e ratatouille - bisognava pensare anche ai vegetariani -, commensali che non si conoscevano tra loro, parigini che rimettevano in sesto la casa accanto, viaggiatori di passaggio, esperti di scalate e pittura su seta, coppie con e senza bambini, uomini irsuti, adolescenti inselvatichiti, donne mature in vesti indiane, dopo un inizio reticente nonostante il tu instaurato d'istinto, si mettevano a parlare dei coloranti e degli ormoni negli alimenti, di sessuologia ed espressione corporea, di antiginnastica, del metodo Mézières e del metodo Rogers, di yoga, della nascita senza violenza di Frédérick Leboyer, di omeopatia e della soia, dell'autogestione della Lip e dell'agronomia di René Dumont. Ci si chiedeva se fosse meglio mandare i figli a scuola o educarli in casa, tossico utilizzare l'Ajax per pulire il pavimento, utile fare yoga o una terapia di gruppo, utopico pensare di lavorare soltanto due ore al giorno, se le donne dovessero rivendicare la parità con gli uomini o l'uguaglianza nella differenza. Passavamo in rassegna i migliori metodi per nutrirsi, nascere, educare i bambini, curarsi, insegnare, essere in armonia con se stessi, e gli altri e la natura e per sfuggire alla società. Per esprimersi: corsi di ceramica, taglio e cucito, chitarra, bigiotteria, teatro, scrittura. Aleggiava nell'aria un immenso e vago desiderio di creare. Ognuno si dedicava a un'attività artistica o progettava di farlo, convenendo che, in un modo o nell'altro, si equivalessero tutte. E se non si sapeva dipingere o suonare il flauto traverso restava sempre la possibilità sul lettino dell'analista,  di creare se stessi.

Annie Ernaux
Gli anni
traduzione di Lorenzo Flabbi
L'Orma editore 2015

giovedì 25 agosto 2016

risuscitati dal tempo in un sudario di luce

Il sole di agosto scaldava la pelle. Le palpebre chiuse, sulla sabbia, la stessa donna, lo stesso uomo. Il corpo con cui facevamo il bagno era sempre quello dell'infanzia sui ciottoli della Normandia, delle vecchie vacanze in Costa Brava. Ancora una volta risuscitati dal tempo in un sudario di luce.

Annie Ernaux
Gli anni
traduzione di Lorenzo Flabbi
L'Orma editore 2015

mercoledì 24 agosto 2016

Le cose che davano un senso alle sue giornate

Provò a mettere in fila le cose che davano un senso alle sue giornate. Gliene vennero in mente poche. Guardare un buon fiml, al cinema da solo, di pomeriggio. Leggere sulla poltrona di pelle dello studio, rannicchiato sotto una coperta. Ascoltare la musica, un po' di striscio, mentre era impegnato a guardare nulla. A volte cucinare. A volte accarezzare quel gatto selvatico. A volte pensare che avrebbe incontrato una donna di cui si sarebbe innamorato per sempre.

Francesco Carofiglio
Una specie di felicità
Piemme 2016

martedì 23 agosto 2016

mi confesso con te che sei la mia voce profonda

Preghiera alla poesia


Oh, tu bene mi pesi
l’anima, poesia:
tu sai se io manco e mi perdo,
Tu che allora ti neghi
e taci. 
Poesia, mi confesso con te
che sei la mia voce profonda:
tu lo sai,
tu lo sai che ho tradito,
ho camminato sul prato d’oro
che fu mio cuore,
ho rotto l’erba,
rovinata la terra –
poesia – quella terra
dove tu mi dicesti il più dolce
di tutti i tuoi canti,
dove un mattino per la prima volta
vidi volar nel sereno l’allodola
E con gli occhi cercai di salire –
Poesia, poesia che rimani
il mio profondo rimorso,
oh aiutami tu a ritrovare
il mio alto paese abbandonato –
Poesia che ti doni soltanto
a chi con occhi di pianto
si cerca –
oh rifammi tu degna di te,
poesia che mi guardi. 
Pasturo, 23 agosto 1934

Antonia Pozzi

lunedì 22 agosto 2016

tu con le parole, e questa è veramente solitudine

Parole

Solo: tu con le parole,
e questa è veramente solitudine,
non trombe né archi trionfali
sono in quest'essere.
Guardi loro nell'anima
cercando il primo viso, il viso primigenio,
anni su anni - schiantati
si di fatica, ma non troverai
E di là s'accendono i lumi
in un dolce rifugio umano,
piana, da labbra umide, di rosa,
come una perla cade la parola.
Solo i tuoi anni ingialliscono
in un diverso significato,
fino nei sogni: sillabe
ma tu tacitamente passi.

Gottfried Benn
traduzione di Ferruccio Masini

domenica 21 agosto 2016

Vedo la salamandra guizzare attraverso tutti i fuochi

Leggero il tuo cappello lievita, saluta,
s’agita al vento, il tuo capo scoperto
ha incantato le nuvole, il tuo cuore
è occupato altrove, la tua bocca
s’intride di nuovi linguaggi;
la campagna di erba tremolina si ricopre, 
l’estate, accende il taràssaco e lo spenge
accecata dai fiocchi tu sollevi il viso,
ridi e piangi e te stessa distruggi,
che più può mai succederti –

Spiegami, Amore!

Il pavone, con stupore solenne, fa la ruota,
la colomba solleva il bavero di piume, 
colma del suo tubare, l’aria si distende.
Grida l’anatra, tutto il paese
abbonda di miele selvaggio, anche nel parco
ben composto uno spolvero dorato
intorno a ogni aiuola s’irraggia.

Il pesce s’imporpora, oltrepassa il branco, 
nelle grotte sprofonda verso il letto di corallo.
Seguendo il ritmo della sabbia argentifera
timido lo scorpione danza. 
Lo scarabeo fiuta la bella di lontano: 
avessi i suoi sensi, anch’io avvertirei 
il luccicchìo dell’ali sotto la sua corazza 
e prenderei la vita remota del calicanto!

Spiegami, Amore!

L’acqua è capace di parlare,
l’onda prende per mano l’onda, 
nella vigna il grappolo si gonfia,
si fende e cade. E con quale candore 
sbuca dalla sua casa la lumaca!

Una pietra sa come intenerire l’altra!

Spiegami, Amore, quello che io non so 
spiegarmi: in questo breve, orribile tempo 
dovrò tenere per compagno soltanto 
il pensiero, e sola 
nessun affetto avere né donare? 
Pensare occorre? E nessuno 
che avverta la nostra mancanza?
Tu dici che un altro intelletto fa affidamento su di noi… 
Non mi spiegare nulla. Vedo la salamandra
guizzare attraverso tutti i fuochi. 
Non la incalza alcun fremito, e non prova
nessun dolore.

Ingeborg Bachmann
Poesie 
traduzione di Maria Teresa Mandalari
Guanda 1978


Erklär mir, Liebe

Dein Hut lüftet sich leis, grüßt, schwebt im Wind,
dein unbedeckter Kopf hat’s Wolken angetan,
dein Herz hat anderswo zu tun,
dein Mund verleibt sich neue Sprachen ein,
das Zittergras im Land nimmt überhand,
Sternblumen bläst der Sommer an und aus,
von Flocken blind erhebst du dein Gesicht,
du lachst und weinst und gehst an dir zugrund,
was soll dir noch geschehen –

Erklär mir, Liebe!

Der Pfau, in feierlichem Staunen, schlägt sein Rad,
die Taube schlägt den Federkragen hoch,
vom Gurren überfüllt, dehnt sich die Luft,
der Entrich schreit, vom wilden Honig nimmt
das ganze Land, auch im gesetzten Park
hat jedes Beet ein goldner Staub umsäumt.

Der Fisch errötet, überholt den Schwarm
und stürzt durch Grotten ins Korallenbett.
Zur Silbersandmusik tanzt scheu der Skorpion.
Der Käfer riecht die Herrlichste von weit; 
hätt ich nur seinen Sinn, ich fühlte auch,
daß Flügel unter ihrem Panzer schimmern,
und nähm den Weg zum fernen Erdbeerstrauch!

Erklär mir, Liebe!

Wasser weiß zu reden,
die Welle nimmt die Welle an der Hand,
im Weinberg schwillt die Traube, springt und fällt.
So arglos tritt die Schnecke aus dem Haus!

Ein Stein weiß einen andern zu erweichen!

Erklär mir, Liebe, was ich nicht erklären kann:
sollt ich die kurze schauerliche Zeit
nur mit Gedanken Umgang haben und allein
nichts Liebes kennen und nichts Liebes tun?
Muß einer denken? Wird er nicht vermisst?

Du sagst: es zählt ein andrer Geist auf ihn…
Erklär mir nichts. Ich seh den Salamander
durch jedes Feuer gehen.
Kein Schauer jagt ihn, und es schmerzt ihn nichts.


Anrufung des Großen Bären 
München, 1956 

sabato 20 agosto 2016

La finestra socchiusa contiene un volto sopra il campo del mare

Mattino

La finestra socchiusa contiene un volto
sopra il campo del mare. I capelli vaghi
accompagnano il tenero ritmo del mare.

Non ci sono ricordi su questo viso.
Solo un'ombra fuggevole, come di nube.
L'ombra è umida e dolce come la sabbia
di una cavità intatta, sotto il crepuscolo.
Non ci sono ricordi. Solo un sussurro
che è la voce del mare fatta ricordo.

Nel crepuscolo l'acqua molle dell'alba
che s'imbeve di luce, rischiara il viso.
Ogni giorno è un miracolo senza tempo,
sotto il sole: una luce salsa l'impregna
e un sapore di frutto marino vivo.

Non esiste ricordo su questo viso.
Non esiste parola che lo contenga
o accomuni alle cose passate. Ieri,
dalla breve finestra è svanito come
svanirà tra un istante, senza tristezza
né parole umane, sul campo del mare.

Cesare Pavese
Lavorare stanca
Einaudi 1961

venerdì 19 agosto 2016

la luce che scivola sui volti

La distanza che separa il passato dal presente si misura forse dalla luce che scivola sui volti, proietta le ombre, disegna le pieghe di un vestito di una foto in bianco e nero; dalla sua chiarezza crepuscolare, qualsiasi sia l'ora in cui è stata scattata.

Annie Ernaux
Gli anni
traduzione di Lorenzo Flabbi
L'Orma editore 2015

giovedì 18 agosto 2016

Trema la sua solitudine, spessa, sottile come una tela olandese

Sì, è proprio quello Schopenhauer (1788
– 1860), l’autore de il mondo come volontà
e rappresentazione , lo scopritore degli inganni
della natura e della musica delle sfere. Qualcuno poi
lo definì un educatore. Nulla è successo,
poiché nulla succede; solo un bambino,
un moccioso, che un poco somiglia
a quella donna conosciuta in gioventù –
la gioventù non esiste -, gli sorrise
e non ce n’era bisogno, certo
era un agente della natura.
Settembre, cosa indifferente,
non apre più i cuori, solo la terra
a poco a poco s’indurisce.
Torna a casa, chiude
la porta a chiave, per nascondersi al servente. Come
gira bene la serratura, prende parte al complotto
senza dubbio. Piange. Il corpo minuto del grande
filosofo, il settimo continente, trema.
Il suo panciotto, il colletto inamidato.
Le guance gialle. La redingote marrone.
Tremano queste cose superflue,
come se già cadessero le bombe
su Francoforte. Trema la sua solitudine, spessa,
sottile come una tela olandese.



Adam Zagajewski
Dalla vita degli oggetti 
a cura di Krystyna Jaworska
Adelphi 2012

mercoledì 17 agosto 2016

tempo e memoria

La nostra memoria è al di fuori di noi, in un soffio piovoso del tempo.

Annie Ernaux
Gli anni
traduzione di Lorenzo Flabbi
L'Orma editore 2015

martedì 16 agosto 2016

Scriviamo per gustare la vita due volte, nell'istante presente e nel ricordo

La nuova donna

Perché si scrive è una domanda a cui posso rispondere facilmente, dato che me lo sono chiesto così spesso. Penso che un autore scriva perché ha bisogno di creare un mondo in cui poter vivere. Io non potrei mai vivere in nessuno dei mondi che mi sono stati offerti: il mondo dei miei genitori, il mondo della guerra, il mondo della politica. Dovevo crearne uno tutto mio, come un luogo, una regione, un'atmosfera in cui poter respirare, regnare e ricrearmi quando ero
spossata dalla vita. Questa, credo, è la ragione di ogni opera d'arte.
L'artista è l'unico a sapere che il mondo è una creazione individuale, che c'è una scelta da fare, una selezione. È riesce a raggiungere questa seconda fase, l'artista continua tuttavia coraggiosamente a tentare. Pochi momenti di comunicazione con il mondo valgono la pena, perché è un mondo per altri, un'eredità per altri, un dono. Ma scriviamo anche per accrescere la nostra consapevolezza della vita. Scriviamo per lusingare e incantare e consolare altri. Scriviamo per fare una serenata ai nostri amanti. Scriviamo per gustare la vita due volte, nell'istante presente e nel ricordo. Scriviamo, come Proust, per rendere tutto eterno, e per convincere noi stessi che è eterno. Scriviamo per poter trascendere la nostra vita, per arrivare al di là di essa. Scriviamo per insegnare a noi stessi a parlare con gli altri, per testimoniare il viaggio nel labirinto. Scriviamo per ampliare il nostro mondo quando ci sentiamo soffocati, o limitati, o soli. Scriviamo come gli uccelli cantano, come il selvaggio danza i suoi rituali. Se nella scrittura non respiri, se non piangi, se non canti, allora non scrivere, perché la nostra cultura non contempla alcuna utilità per la scrittura. Quando non scrivo, sento che il mio mondo si restringe. È 
come se fossi in prigione. Sento che ho perso il mio fuoco e il mio colore. Deve essere una necessità, come il mare ha bisogno di incresparsi, e io questo lo chiamo respirare. 

Anaïs Nin
La mistica del sesso
traduzione di Anna Chiara Gisotti
Fazi editore 1997

lunedì 15 agosto 2016

Sei come una nube intravista fra i rami

Notturno

La collina è notturna, nel cielo chiaro.
Vi s’inquadra il tuo capo, che muove appena
e accompagna quel cielo. Sei come una nube
intravista fra i rami. Ti ride negli occhi
la stranezza di un cielo che non è il tuo.

La collina di terra e di foglie chiude
con la massa nera il tuo vivo guardare,
la tua bocca ha la piega di un dolce incavo
tra le coste lontane. Sembri giocare
alla grande collina e al chiarore del cielo:
per piacermi ripeti lo sfondo antico
e lo rendi piú puro.

                                     Ma vivi altrove.
Il tuo tenero sangue si è fatto altrove.
Le parole che dici non hanno riscontro
con la scabra tristezza di questo cielo.
Tu non sei che una nube dolcissima, bianca
impigliata una notte fra i rami antichi.

Cesare Pavese
Lavorare stanca
Einaudi 1961

domenica 14 agosto 2016

abbastanza tempo per tacere

Domenica saremo insieme, cinque, sei ore, troppo poco per parlare, abbastanza per tacere, per tenerci per mano, per guardarci negli occhi.

Franz Kafka 
(Praga, 8-9. VIII, 20 Domenica sera)

sabato 13 agosto 2016

sei nuvola, sei mare, sei l'oblio

Nubi

Non vi sarà mai cosa che non sia
una nube. Lo son le cattedrali
di vasta pietra e bibliche vetrate
che il tempo spianerà. Lo è l’Odissea,
che cambia come il mare. Se la riapri
sempre cambia qualcosa. Anche il riflesso
del tuo viso è già un altro nello specchio
ed il giorno è un dubbioso labirinto.
Siamo chi se ne va. La numerosa
nuvola che si disfa all’occidente
è nostra effigie. Incessantamente
la rosa si tramuta in altra rosa.
Sei nuvola, sei mare, sei l’oblio.
Sei anche tutto quello che hai smarrito.

Jorge Luis Borges

venerdì 12 agosto 2016

nel sereno di una certezza: la luce

Non rifugiarti nell'ombra
di quel folto di verzura
come il falchetto che strapiomba
fulmineo nella caldura.

E ora di lasciare il canneto
stento che pare s'addonna
e di guardare le forme
della vita che si sgretola.

Ci muoviamo in un pulviscolo
madreperlaceo che vibra,
in un barbaglio che invischia
gli occhi e un poco ci sfibra.

Pure, lo senti, nel gioco d'aride onde
che impigra in quest'ora di disagio
non buttiamo già in un gorgo senza fondo
le nostre vite randage.

Come quella chiostra di rupi
che sembra sfilacciarsi
in ragnatele di nubi;
tali i nostri animi arsi

in cui l'illusione brucia
un fuoco pieno di cenere
si perdono nel sereno
di una certezza: la luce.

Eugenio Montale
Ossi di seppia
1925

giovedì 11 agosto 2016

portami il girasole impazzito di luce

Portami il girasole ch'io lo trapianti
nel mio terreno bruciato dal salino,
e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti
del cielo l'ansietà del suo volto giallino.

Tendono alla chiarità le cose oscure,
si esauriscono i corpi in un fluire
di tinte: queste in musiche. Svanire
è dunque la ventura delle venture.

Portami tu la pianta che conduce
dove sorgono bionde trasparenze
e vapora la vita quale essenza;
portami il girasole impazzito di luce.

Eugenio Montale
Ossi di seppia
1925

mercoledì 10 agosto 2016

La rosa e il mirto

Con una fronda di mirto 

Con una fronda di mirto giocava 
ed una fresca rosa; 

e la sua chioma 
le ombrava lieve e gli omeri e le spalle.

Archiloco
Lirici greci
tradotti da Salvatore Quasimodo
Mondadori 1944

martedì 9 agosto 2016

Questa rosa dedico a te

Ad Artemide 

Questa rosa dedico a te: amabile offerta; 
anche i sandali e l'elmo, e la lancia 
che atterra le belve: ora la mia mente 
si volge a una fanciulla 
amata dalle Càriti e bella.

Licofronide
Lirici greci
tradotti da Salvatore Quasimodo
Mondadori 1944

lunedì 8 agosto 2016

tutti i possibili modi di vedere la rosa e la vita

Una rosa è una rosa, ma dalla rosa di Anacreonte alla rosa del Roman de la rose, dal rosone delle cattedrali ai mazzi di fiori di Renoir, si esprimono, si elidono e si susseguono tutti i possibili modi di vedere la rosa e la vita.

1942

Marguerite Yourcenar
Pellegrina e straniera
Carnet di appunti, 1942-1948
traduzione di Elena Giovanelli
Einaudi 1990

domenica 7 agosto 2016

Approfittiamo del silenzio come di un apprendistato mistico

È troppo presto per parlare, per scrivere, forse per pensare; e per qualche tempo il nostro linguaggio somiglierà al balbettio del ferito grave che viene rieducato. Approfittiamo del silenzio come di un apprendistato mistico.

1943

Marguerite Yourcenar
Pellegrina e straniera
Carnet di appunti, 1942-1948
traduzione di Elena Giovanelli
Einaudi 1990

sabato 6 agosto 2016

segretamente la memoria si nasconde al fondo dell'oblio

Accettare che questo o quell'essere, che amavamo, sia morto. Accettare che questo o quell'essere non sia che un morto tra milioni di morti. Accettare che questo o quello, vivi, abbiano avuto le loro debolezze, le loro bassezze, compiuto errori che tentiamo inutilmente di coprire con pietose menzogne, un poco per pietà verso di loro, e molto per pietà verso noi stessi, e per la vanagloria di avere amato solo la perfezione, l'intelligenza e la bellezza. Accettare la loro indipendenza di morti, senza incatenarli, povere ombre, al nostro carro di vivi. Accettare che siano morti prima del tempo, perché non c'è tempo. Accettare di dimenticarli, perché l'oblio è nell'ordine delle cose. Accettare di ricordarli, perché segretamente la memoria si nasconde al fondo dell'oblio. E accettare anche, ma ripromettendoci di fare meglio un'altra volta, e al prossimo incontro, di averli goffamente, mediocremente amati.

1943

Marguerite Yourcenar
Pellegrina e straniera
Carnet di appunti, 1942-1948
traduzione di Elena Giovanelli
Einaudi 1990

venerdì 5 agosto 2016

Dentro di noi c’è un così profondo silenzio

Nessun respiro più. 

Come quando il vento del mattino
ha avuto ragione
dell’ultima candela.
Dentro di noi c’è un così profondo silenzio 
che una cometa
diretta verso la notte delle figlie delle nostre figlie, 
la sentiremmo.


Philippe Jaccottet
Alla luce d'inverno
Pensieri sotto le nuvole
traduzione di Fabio Pusterla
Marcos y Marcos 1997


Plus aucun souffle.

Comme quand le vent du matin
a eu raison
de la dernière bougie.

Il y a en nous un si profond silence
qu’une comète
en route vers la nuit des filles de nos filles,
nous l’entendrions.

giovedì 4 agosto 2016

L’arte è quell’Itaca di verde eternità, non di prodigi

Arte poetica

Guardare il fiume fatto di tempo e d’acqua
e ricordare che il tempo è un altro fiume.
Sapere che ci perdiamo come il fiume
e che passano i volti come l’acqua.

Sentire che la veglia è un altro sogno,
sogno di non sognare e la morte
che il nostro corpo teme è questa morte
di ogni notte, che chiamiamo sonno.

Vedere nel giorno o nell’anno un simbolo
dei giorni dell’uomo e dei suoi anni,
trasfigurare l’oltraggio degli anni
in una musica, un rumore, un simbolo,

vedere nella morte il sonno, nel tramonto
un triste oro, questo è la poesia
che è povera e immortale. La poesia
si volge come l’aurora e il tramonto.

Talora nel crepuscolo un volto
ci guarda dal fondo di uno specchio;
l’arte deve esser come quello specchio
che ci rivela il nostro proprio volto.

Ulisse, dicono, stanco di prodigi,
pianse d’amore, scorgendo la sua Itaca
umile e verde. L’arte è quell’Itaca
di verde eternità, non di prodigi.

È anche come il fiume senza fine
che passa e resta; è specchio di uno stesso
Eraclito incostante, uno e diverso
sempre, come il fiume senza fine.

J. L. Borges


Arte Poética

Mirar el río hecho de tiempo y agua 
y recordar que el tiempo es otro río, 
saber que nos perdemos como el río 
y que los rostros pasan como el agua. 

Sentir que la vigilia es otro sueño 
que sueña no soñar y que la muerte 
que teme nuestra carne es esa muerte 
de cada noche, que se llama sueño. 

Ver en el día o en el año un símbolo 
de los días del hombre y de sus años, 
convertir el ultraje de los años 
en una música, un rumor y un símbolo, 

ver en la muerte el sueño, en el ocaso 
un triste oro, tal es la poesía 
que es inmortal y pobre. La poesía 
vuelve como la aurora y el ocaso. 

A veces en las tardes una cara 
nos mira desde el fondo de un espejo; 
el arte debe ser como ese espejo 
que nos revela nuestra propia cara. 

Cuentan que Ulises, harto de prodigios, 
lloró de amor al divisar su Itaca 
verde y humilde. El arte es esa Itaca 
de verde eternidad, no de prodigios. 

También es como el río interminable 
que pasa y queda y es cristal de un mismo 
Heráclito inconstante, que es el mismo 
y es otro, como el río interminable. 

mercoledì 3 agosto 2016

il primo lampo del dolore

Se non il primo colpo, è il primo lampo
del dolore: che possa esser gettato così in basso
il maestro, la semente,
che il buon maestro venga così castigato,
che sembri debole come un bimbo in fasce
nel letto nuovamente troppo ampio, 
bimbo senza soccorso alcuno,
costretto inchiodato, svuotato.

Non ha quasi più peso.

La terra che ci portava trema.


Philippe Jaccottet
Alla luce d'inverno
Pensieri sotto le nuvole
traduzione di Fabio Pusterla
Marcos y Marcos 1997




Sinon le premier coup, c'est le premier éclat
de la douleur : que soit ainsi jeté bas
le maître, la semence,
que le bon maître soit ainsi châtié,
qu'il semble faible enfançon
dans le lit de nouveau trop grand,
enfant sans le secours des pleurs,
sans secours où qu'il se tourne,
acculé, cloué, vidé.

Il ne pèse presque plus.

La terre qui nous portait tremble.

martedì 2 agosto 2016

Tuffo di fiamme, gocce di giada

Io mi riproduco nelle parole e anche Ivan, creo una nuova stirpe, dall'unione mia e di Ivan viene al mondo ciò che la creazione ha voluto: 

Uccelli di fuoco
Azzurrite
Tuffo di fiamme 
Gocce di giada.

Ingeborg Bachmann
Malina
traduzione di Maria Grazia Manucci
Adelphi 2003

lunedì 1 agosto 2016

Terra


Guardava verso la riva – 

guardava ancora e ancora: l’aria calda
il pasto avanzato,
il furgoncino che porta legna da ardere,
la stoffa ruvida della camicia bianca.

Laggiù, non ti preoccupare, aveva detto,

laggiù c’è la terra,
ma le correnti, qui sono forti.
Più forti che in qualunque altro mare.
Con la sua giacca sportiva e
gli occhi scuri che si levano dal fumo – 
la schiena appoggiata al parapetto.

Vidi un grosso pesce che vorticava

in un angolo,
un mulinello dai cerchi opachi.
E tre ragazzi con le loro lenze
che andavano sott'acqua
e ai piedi una mezza dozzina di sardine
agonizzanti.

L'aria calda, i galleggianti

filavano in superficie:
una grossa luna
senz'altro appoggio,
come fosse mattina.


Annalisa Comes

Fuori dalla terraferma 
Gazebo 2011