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martedì 31 dicembre 2019

La memoria a volte è un coltello

La memoria a volte è un coltello.

Siri Hustvedt
Ricordi del futuro
traduzione di Laura Noulian
Einaudi 2019

lunedì 30 dicembre 2019

Scrivere il diario, rileggere il diario

Qui sono libera di fare un balzo di decenni nel piccolo spazio bianco fra un paragrafo e l’altro o di attardarmi per pagine e pagine su un singolo momento luminoso nella mia vita o giocare con i tempi verbali che indicano ora il passato, ora il futuro. Sono libera di seguire il mio io precedente pur con qualche intervallo dal punto di osservazione del mio io successivo perché la persona anziana ha una prospettiva che la persona giovane non può avere. Incontro me stessa sulla pagina, dunque, sulle pagine che lei scrisse tanti anni fa e su quelle che sto scrivendo adesso. Una giovane donna è seduta nella Pasticceria Ungherese, fra Amsterdam Avenue e la Centoundicesima Strada Ovest, e alza gli occhi dal suo libro quando sente che la porta si apre e gli occhi le cadono su un’affascinante creatura sconosciuta che varca la soglia del locale. Suppongo che, maschio o femmina che fosse, se si fosse presa la briga di scrutare anche solo per un istante il viso di quella giovane donna, nella sua espressione avrebbe visto la speranza.

Siri Hustvedt
Ricordi del futuro
traduzione di Laura Noulian
Einaudi 2019

lunedì 2 settembre 2019

La fragilità del passato

Il passato è fragile, fragile come le ossa che diventano deboli con l’età, fragile come i fantasmi visti alle finestre o i sogni che si disfano appena ci svegliamo e si lasciano dietro solo una sensazione di disagio o di angoscia o, più raramente, una specie di inesplicabile appagamento.


Siri Hustvedt
Ricordi del futuro
traduzione di Laura Noulian
Einaudi 2019

domenica 11 giugno 2017

quando già il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l'estate è vicina

Non sono abituato a momenti di silenzio così lunghi e intensi. Vorrei uscire, respirare aria fresca.
Pian piano mi quieto. Percepisco il mio respiro, il cuore che batte. Dopo un po' affiora un'immagine lontana. Risale dal profondo il mio volto di bambino, scorgo negli occhi innocenti il sogno che fin da piccolo porto nel cuore. È ancora vivo e comprendo che non ci ho mai fatto seriamente i conti. È strano che si ripresenti proprio qui. In pustinia si fa strada con forza. L'immagine sono io, è il volto più segreto di me stesso. Antonella riapre gli occhi, solleva la testa. Un forte bisogno di parlare mi spinge a raccontare il mio sogno. Riesco a dargli voce, a nominarlo liberandolo un po' dalla nebbia che lo avvolgeva, ma sono solo poche parole. Non so decifrare bene le emozioni, le sensazioni, non aggiungo altro. Antonella mi guarda e bisbiglia: «Bisogna fidarsi delle intuizioni che sgorgano dal silenzio. Lo Spirito parla nel cuore quando le voci esteriori si quietano». Rimaniamo in silenzio ancora per alcuni minuti, poi lei mi porge il Vangelo e mi invita ad aprirlo. «Adesso, se vuoi, puoi leggere il brano che ti cade sotto gli occhi. Il silenzio parla attraverso la Scrittura. Vediamo cosa ha da dirti».
Sfoglio qualche pagina fino a che il mio sguardo si ferma sul Vangelo di Marco, capitolo XIII, versetti 28 e 29. «Dal fico imparate questa parabola: quando già il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l'estate è vicina; così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, alle porte». Subito penso che l'estate è vicina. Che il mio sogno sta prendendo corpo. Non è più un'immagine evanescente, l'ho nominato, ha trovato posto nella mia coscienza. Sta maturando in me l'anelito custodito nell'anima. Ci raccogliamo di nuovo. Una dolce speranza si fa spazio dentro di me, comincio a credere con fiducia che il mio sogno diventerà presto realtà. Avrei altre cose da far emergere. Le sento muoversi, agitarsi. Come se questi lunghi minuti di silenzio avessero fatto saltare un tappo. Avverto una massa oscura che vorrebbe uscire per farsi conoscere, ma mi placo, per oggi può bastare. Non penso più a nulla. Sento la pace dentro di me.

Antonella Lumini e Paolo Rodari 
La custode del silenzio
Einaudi 2016

domenica 19 marzo 2017

Non conoscevo ancora il futuro, ma solo il tedesco

I viali dell’infanzia

I
Suonavano le orchestre nel parco. Il secolo marciava verso sé stesso
e noi sempre più lontani dalle origini.

Quand’ero ragazzino, mio padre mi prese sottobraccio. Nel suo
tono pratico mi disse, lo vedi, qui per noi non c’è futuro.
Tua madre ed io abbiamo deciso di emigrare.
Non capii. Non conoscevo ancora il futuro, ma solo il tedesco.
Mangiavo noccioline ed amavo lo zoo. Aspettavo le scimmie
ma annottava già e non uscivano dal loro nascondiglio. Luci
brillavano sui ponti. Pesci dorati guazzavano nell’acqua della vasca
e le fioraie avevano stille di rugiada nei capelli. Berlino. Città da cui
ricorderò di fuggire e fuggire ancora verso la mia città
da cui non si può fuggire.

Poi il fanciullo maturò, accumulò un po’ di forza,
i suoi incubi divennero realtà, i viali dell’infanzia
si fecero macerie o case dai molti piani.
Ora non scorderà più la parola futuro,
che sempre tornerà,
paurosa come orfanezza.
Qualcosa come alzarsi, partire, ricordare –
di pauroso come morire.

Nathan Zach
Sento cadere qualcosa
poesie scelte 1960 - 2008
a cura di Ariel Rathaus
Einaudi 2009

sabato 11 marzo 2017

Lo scrittore crea l'intimità nascente del lettore

Nella misura in cui scrivere vuol dire staccarsi dall'impossibilità e divenire possibile, lo scrivere assume allora i caratteri dell'esigenza di leggere, e lo scrittore diventa l'intimità nascente del lettore ancora infinitamente futuro.


Maurice Blanchot
Lo spazio letterario
traduzione di Gabriella Zanobetti
Einaudi 1975

venerdì 3 marzo 2017

Cerco una prosa rapida e meditante.

Breve nota autobiografica

Tutta la vita psichica è investigazione, investigazione che cerco di tradurre in immagini. E ognuno è solo su questa terra su sfondi di cielo, di mare o di montagne.
Cerco una prosa rapida e meditante.
Per ciò che c'è di infinito nella vita, vivere è un po' come navigare. Per Baudelaire il mare è una metafora dell'anima. Nella scrittura si vorrebbe imprigionare il canto delle sirene.
Amo il francese, lo spagnolo, il provenzale. In quest'ultimo, come nel dialetto, cerco un'acre verdezza.

Francesco Biamonti
Scritti e parlati
a cura di Gian Luca Picconi e Federica Cappelletti
prefazione di Sergio Givone
Einaudi 2008

giovedì 2 marzo 2017

Lo sguardo sul mare causa la contemplazione dell'infinito

Noia, malinconia, vibrazioni liriche

La noia è un blocco dell'atto, un vuoto tra due progetti, ma passa, perché lo spazio si riempie da solo. La coscienza umana non può restare vuota, si popola di versi di poeti, visi di donne, ricordi, e sensi di colpa. Si pensa sempre a qualcosa, e per me la malinconia prevale sulla noia, che diventa così una specie di rêverie mista a tristezza intorno alle cose che mi circondano. Da questo stato nasce la prosa dell'elegia, che è un modo di sfuggire al sadomasochismo dei rapporti umani troppo stretti.
La noia permette di contemplare quello che appare in lontananza, a metà strada tra il dolce e il funebre, e di sottrarsi in questo modo alla polemica e alla collera. Questa noia malinconica ci pone al di là dell'angoscia paralizzante, favorisce lo slancio dell'immaginazione e anche della lucidità, e dispensa dall'alzare il tono e lanciare delle grida: «Gettare il proprio cuore tra le cose e allontanarsene per meglio contemplarle e oggettivarle», diceva Camus.
La noia è più arida, la malinconia è più musicale, ha una vibrazione lirica. Sul mare l'aridità prevale. Per me, niente può essere concepito senza legame con il paesaggio, e quando le cose riappaiono sul mare, nel mezzo dei ricordi, hanno questo tono di spoliazione e di dolcezza, non tanto dal punto di vista della malinconia romantica quanto da quello dell'universalità. Lo sguardo sul mare causa la contemplazione dell'infinito. Le rocce mi riportano alle cose antiche. Il minerale è più vicino all'essenza, mentre il deserto è più superficiale. La letteratura della mia regione è fatta di questo linguaggio aspro, teso verso l'essenziale. Oggi vedo scrittori che si buttano con rabbia nel bel mezzo della mischia, della lotta, della carneficina, del saccheggio. Non amo questo tipo di letteratura, preferisco la contemplazione.

Une manière de contempler le lointain, in «Magazine Littéraire», n. 400, luglio-agosto 2001, p. 32. Il testo, con quelli di altri scrittori, fa parte di un dossier dal titolo Variations sur l'ennui; la testimonianza è stata raccolta da Valérie Marin Le Meslée. La traduzione è dei curatori

Francesco Biamonti
Scritti e parlati
a cura di Gian Luca Picconi e Federica Cappelletti
prefazione di Sergio Givone
Einaudi 2008

domenica 12 febbraio 2017

la scrittura non è tribolazione

Considerare la scrittura una tribolazione è un'idea che non mi appartiene. Penso che fondamentalmente debba essere qualcosa che sgorga in modo spontaneo.


Murakami Haruki
Il mestiere dello scrittore
traduzione di Antonietta Pastore
Einaudi 2017







domenica 18 dicembre 2016

La metafora regge; è una casa accogliente

Amore, oh amore mio, verrà,
Sicuro! Un temporale
Cova sempre la terra secca tutto il giorno.
Di notte le persiane pulsano nel suo scroscio.

La metafora regge; è una casa accogliente.
Tu sei fuori, perduta chissà dove. Mi trovo
A divorare versi di più strana passione
Ed esilio. Le parole esatte

Alimentano la mia vuota fame di te.

Geoffrey Hill
Giovani poeti inglesi 
traduzione di Renato Oliva
Einaudi 1976



Love, oh my love, it will come
Sure enough! A storm
Broods over the dry earth all day.
At night the shutters throb in its downpour.

The metaphor holds; is a snug house.
You are outside, lost somewhere. I find myself
Devouring verses of stranger passion
And exile. The exact words

Are fed into my blank hunger for you.

sabato 3 dicembre 2016

tre modi di essere romantico

Romantico

Io sono un romantico amarissimo.
Quando sono con me, un romantico caldissimo.

Quando sono con gli altri, un romantico freddissimo.

Natan Zach
Sento cadere qualcosa 
Poesie scelte 1960-2008
a cura di Ariel Rathaus

Eianudi 2009

venerdì 2 dicembre 2016

Non mente la luce del giorno

In me il tuo corpo fa nascere fiori
un intero tappeto nel mio corpo

sarò la tua musica
tu sarai la mia

e se in sogno griderò aiuto
dormendo col cuore desto

sarai tu il luogo
in cui mi sveglierò

abbracciata, vicina, serena
rammentando giorni lontani:

una madre che sfiora appena
un padre dalle orfane parole

solo allora so
che tutto fu solo un sogno

i sogni raccontano fole
ma non mente la luce del giorno.


Natan Zach
Sento cadere qualcosa 
Poesie scelte 1960-2008
a cura di Ariel Rathaus

Eianudi 2009

martedì 25 ottobre 2016

alla finestra devo la pazienza e l’aspettare

Devo alla mia finestra tutto ciò che non scrivo,
è lei l’immagine distesa sulla quale assopiscono i pensieri.
Devo alla finestra il ronzio continuato della mosca
E l’immobile sedere e l’ascolto finché viene sera.
A lei devo il buio pesto e la Pia, che puntuale
Ogni sera accende le lampadine del Natale.
Alla finestra devo ciò che a volte fisso per ore
Badia è lo specchio e l’orologio dei miei giorni
Devo alla finestra l’armonia esterna delle campane,
la fede del suono parente alla quale non apro,
alla finestra devo la pazienza e l’aspettare.
Davanti ad essa però, io non mi commuovo
Né mai mi rallegro. Muta rimango
E non schiudo alcun sentimento alla voce,
ora infatti la sola penna, troppo è il rumore per così poco.

Roberta Dapunt
La terra più del paradiso
Einaudi 2008

venerdì 16 settembre 2016

si scrive perché non si sa cosa si vuol dire

Quando scrivi - una forma qualsiasi di scrittura - ti accorgi se ti stai avvicinando alla “cosa” oppure no. Avverti una sorta di meccanismo sensorio, una specie di feedback continuo senza il quale non si potrebbe scrivere. È ingenuo pensare che la scrittura sia un semplice processo in due tempi: prima decidi cosa vuoi dire e poi lo dici. Al contrario, come tutti sanno, scrivi perché non sai cosa vuoi dire. È la scrittura a rivelarti quello che volevi dire, anzi a volte è lei che costruisce quello che vuoi o che volevi dire. Quello che rivela (o asserisce) può essere anche diverso da quanto all'inizio credevi (o immaginavi) di voler dire. È questo il senso in cui si può affermare che la scrittura ci scrive. La scrittura mostra o crea (e non sempre siamo in grado di distinguere una cosa dall'altra) quello che era il nostro desiderio un momento prima.

J. M. Coetzee
Doppiare il capo
traduzione di Maria Baiocchi e  Paola Splendore
Einaudi 2011

venerdì 9 settembre 2016

qual è il nome del vento


Valore

Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.

Considero valore il regno minerale, l'assemblea delle stelle.

Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si e' risparmiato, due vecchi che si amano.

Considero valore quello che domani non varrà più niente e quello che oggi vale ancora poco.

Considero valore tutte le ferite.

Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe, tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi,
provare gratitudine senza ricordare di che .

Considero valore sapere in una stanza dov'è il nord, qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.

Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca,
la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.

Considero valore l'uso del verbo amare e l'ipotesi che esista un creatore.

Molti di questi valori non ho conosciuto.

Erri De Luca
Opera sull'acqua e altre poesie

Einaudi 2002

lunedì 15 agosto 2016

Sei come una nube intravista fra i rami

Notturno

La collina è notturna, nel cielo chiaro.
Vi s’inquadra il tuo capo, che muove appena
e accompagna quel cielo. Sei come una nube
intravista fra i rami. Ti ride negli occhi
la stranezza di un cielo che non è il tuo.

La collina di terra e di foglie chiude
con la massa nera il tuo vivo guardare,
la tua bocca ha la piega di un dolce incavo
tra le coste lontane. Sembri giocare
alla grande collina e al chiarore del cielo:
per piacermi ripeti lo sfondo antico
e lo rendi piú puro.

                                     Ma vivi altrove.
Il tuo tenero sangue si è fatto altrove.
Le parole che dici non hanno riscontro
con la scabra tristezza di questo cielo.
Tu non sei che una nube dolcissima, bianca
impigliata una notte fra i rami antichi.

Cesare Pavese
Lavorare stanca
Einaudi 1961

lunedì 8 agosto 2016

tutti i possibili modi di vedere la rosa e la vita

Una rosa è una rosa, ma dalla rosa di Anacreonte alla rosa del Roman de la rose, dal rosone delle cattedrali ai mazzi di fiori di Renoir, si esprimono, si elidono e si susseguono tutti i possibili modi di vedere la rosa e la vita.

1942

Marguerite Yourcenar
Pellegrina e straniera
Carnet di appunti, 1942-1948
traduzione di Elena Giovanelli
Einaudi 1990

domenica 7 agosto 2016

Approfittiamo del silenzio come di un apprendistato mistico

È troppo presto per parlare, per scrivere, forse per pensare; e per qualche tempo il nostro linguaggio somiglierà al balbettio del ferito grave che viene rieducato. Approfittiamo del silenzio come di un apprendistato mistico.

1943

Marguerite Yourcenar
Pellegrina e straniera
Carnet di appunti, 1942-1948
traduzione di Elena Giovanelli
Einaudi 1990

sabato 6 agosto 2016

segretamente la memoria si nasconde al fondo dell'oblio

Accettare che questo o quell'essere, che amavamo, sia morto. Accettare che questo o quell'essere non sia che un morto tra milioni di morti. Accettare che questo o quello, vivi, abbiano avuto le loro debolezze, le loro bassezze, compiuto errori che tentiamo inutilmente di coprire con pietose menzogne, un poco per pietà verso di loro, e molto per pietà verso noi stessi, e per la vanagloria di avere amato solo la perfezione, l'intelligenza e la bellezza. Accettare la loro indipendenza di morti, senza incatenarli, povere ombre, al nostro carro di vivi. Accettare che siano morti prima del tempo, perché non c'è tempo. Accettare di dimenticarli, perché l'oblio è nell'ordine delle cose. Accettare di ricordarli, perché segretamente la memoria si nasconde al fondo dell'oblio. E accettare anche, ma ripromettendoci di fare meglio un'altra volta, e al prossimo incontro, di averli goffamente, mediocremente amati.

1943

Marguerite Yourcenar
Pellegrina e straniera
Carnet di appunti, 1942-1948
traduzione di Elena Giovanelli
Einaudi 1990

venerdì 29 luglio 2016

Un'estate di voci

Paesaggio VIII

I ricordi cominciano nella sera
sotto il fiato del vento a levare il volto
e ascoltare la voce del fiume. L’acqua
è la stessa, nel buio, degli anni morti.

Nel silenzio del buio sale uno sciacquo
dove passano voci e risa remote;
s'accompagna al brusio un colore vano
che è di sole, di rive e di sguardi chiari.
Un'estate di voci. Ogni viso contiene
come un frutto maturo un sapore andato.

Ogni occhiata che torna, conserva un gusto
di erba e cose impregnate di sole a sera
sulla spiaggia. Conserva un fiato di mare.
Come un mattino notturno è quest'ombra vaga
di ansie e brividi antichi, che il cielo sfiora
e ogni sera ritorna. Le voci morte
assomigliano al frangersi di quel mare.

Cesare Pavese
Lavorare stanca
Einaudi 1961