giovedì 31 ottobre 2013

L'ascoltatore intento

L'imperatore impotente
si ottunde a scrivere
poemi in un giardino
e intanto i suoi eserciti
uccidono e bruciano. Ma noi,
poveri e senza amore,
serbiamo qualche intesa
con quella verità che è la tristezza
dell'uomo: diciamo -
i tardi fiori, intoccati
dagli insetti e in attesa 
solo del gelo.

W.C. Williams
The collected later poems
tradotto da Cristina Campo
in La tigre assenza
Adelphi 1991

mercoledì 30 ottobre 2013

Quel che sente il poeta

Il poeta superiore dice ciò che effettivamente sente. 
Il poeta medio dice ciò che decide di sentire. 
Il poeta inferiore dice ciò che ritiene sia suo dovere sentire.

Alvaro de Campos

Fernando Pessoa
Una sola moltitudine – volume I
a cura di Anto­nio Tabuc­chi
Adel­phi 1984

martedì 29 ottobre 2013

C'è bisogno di finali a sorpresa

LA STANZA
Vecchia storia, il modo in cui accade
a volte in inverno, a volte no.
Colui che ascolta s’assopisce,
le ante delle madie dell’infelicità socchiuse,
e nella camera arrivano le sventure –
morte per alba, morte per tramonto,
le loro ali di legno che percuotono l’aria,
le loro ombre di latte versato su cui piange il mondo.
C’è bisogno di finali a sorpresa;
il prato verde dove vacche bruciano come giornali,
dove il contadino sta seduto a guardare,
dove nulla, quando accade, è mai abbastanza spaventoso.

Mark Strand
Il futuro non è più quello di una volta
a cura di Dario Abeni
minimum fax 2006

lunedì 28 ottobre 2013

Perché credo ancora nel segreto

Perché credo ancora nel segreto
ficcato dentro una foglia o un frutto
se credo alla tua faccia di ragazzo
spettinato, se credo a tutto, a tutto,
è per avventurarmi anche il lunedì
quando le sale sono chiuse e
sembra così lungo il tempo
così abbandonate le creature del mondo.
Se credo se credo se rido alle cose
invisibili, se chiedo le cose impossibili,
se mi batto col vento, se sbando di
continuo, se mi affanno,
è il mio gioco battagliero
di indispettire quel cielo ostinato
che si nasconde dietro al nostro cielo.
Mostra solo i suoi buchi di luce
quando dormiamo.


Mariangela Gualtieri
Senza polvere senza peso
Einaudi 2006

domenica 27 ottobre 2013

Decifrare quelle strane scritte, mappe stellari sui muri interiori

Sasso

Càlati in un sasso,
io farei così.
Lascia che altri si facciano colomba
o digrignino i denti come tigri.
Mi basta essere un sasso.
All’esterno è un enigma:
nessuno sa come rispondere.
Ma fresco e quiete dev’esserci all’interno.
Anche se una mucca lo calca col suo peso,
anche se un bambino lo getta dentro un fiume;
il sasso affonda, lento, imperturbato,
fino al fondo
dove i pesci bussano alla sua soglia
e vengono a origliare.
Ho visto scintille schizzar via
quando due sassi sono strofinati,
forse là dentro non fa così buio;
forse c’è una luna che brilla
da chissà dove, spuntando magari dietro a un colle
un chiarore appena sufficiente a decifrare
quelle strane scritte, mappe stellari
sui muri interiori.


Charles Simic
Hotel Insonnia
a cura di Andrea Molesini
Adelphi 2002

sabato 26 ottobre 2013

Non avere dove posare il capo

Un avamposto di pietra
m’era cresciuto nel petto come
dolore di un altro che s’infila
e forma uncino e piccagli.
Io non so cosa sia questa
di colpo nostalgia
questo pezzo mancante
che mi reclama a sé
da un umano piangere per niente
e non avere dove
posare il capo.

Mariangela Gualtieri
Senza polvere senza peso 
Einaudi 2006

venerdì 25 ottobre 2013

Tu sei un intero paese e completamente nuovo

Ti aspetto con gioia come se tu fossi un intero paese e completamente nuovo. 

da una lettera di Marina Cvetaeva a Rainer Maria Rilke

Rainer Maria Rilke - Marina Cvetaeva - Boris Pasternak
Il settimo sogno. Lettere 1926
Editori Riuniti 1980
edizione italiana a cura di Serena Vitale

giovedì 24 ottobre 2013

Io sono il tuo ciglio di strada

Ascolta
Io mi prendo nelle notti
Le rose della tua bocca,
Che nessun’altra ci beva.
Quella che ti abbraccia
Mi deruba dei miei brividi
Che intorno al tuo corpo io dipinsi.
Io sono il tuo ciglio di strada.
Quella che ti sfiora
Precipita.
Senti il mio vivere
Dovunque
Come orlo lontano?

Else Lasker-Schüler
traduzione di Nicola Gardini

Höre
Ich raube in den Nächten
Die Rosen deines Mundes,
Daß keine Weibin Trinken findet.
Die dich umarmt,
Stiehlt mir von meinen Schauern,
Die ich um deine Glieder malte.
Ich bin dein Wegrand.
Die dich streift,
Stürzt ab.
Fühlst du mein Lebtum
Überall
Wie ferner Saum?

mercoledì 23 ottobre 2013

Il poeta è persona dell'essenza delle cose

Come, io poeta ovvero persona dell’essenza delle cose, potrei farmi sedurre dalla forma? Io sono sedotta dall’essenza, la forma arriverà da sola. 
E arriva… La forma richiesta dalla data situazione, accolta da me sillaba dopo sillaba… No, sono sedotta dall’essenza, poi incarno. Ecco il poeta. E incarno (qui è già questione di forma) il più possibile l’essenzialeL’essenza è appunto la forma – un bambino non può nascere altro! La graduale manifestazione degli elementi – ecco la crescita dell’uomo e la crescita dell’opera creativa”.
“Il poeta - da lontano comincia il discorso; del poeta – lontano porta il discorso”.


Marina Cvetaeva 
Poesie
parole citate nell'introduzione di Pietro A. Zveteremich
Feltrinelli 1998

martedì 22 ottobre 2013

Lo struggimento della tua polvere trapassa in un turbine il mio cuore

All’albeggiare,
quando un uccello prova il suo risveglio –
comincia l’ora dello struggimento,
per la polvere che morte ha abbandonato.
Ora delle nascite,
che partorisci con doglie, in cui si forma
la prima costola di un altro uomo.
Amato, lo struggimento della tua polvere
trapassa in un turbine il mio cuore.

Nelly Sachs
Poesie
a cura di Ida Porena
Einaudi 2006

lunedì 21 ottobre 2013

Le foglie gridano, appese a rami che il vento scuote

Il corso di un particolare
Oggi le foglie gridano, appese a rami che il vento scuote,
Eppure il nulla dell’inverno diviene un poco meno.
È ancora pieno di ombre gelide w nivee forme.
Le foglie gridano… Ci si discosta, si ascolta solo il grido.
È insinuante, riguarda qualcun altro.
E per quanto si dica che siamo parte di tutto,
La cosa implica un conflitto, una resistenza;
E l’essere parte è uno sforzo che diminuisce:
Si sente la vita che dà la vita così com’è.
Le foglie gridano. Non è un grido di attenzione divina,
Né il fumo di eroi sfiatati, né grido umano.
È il grido di foglie che non trascendono se stesse,
In assenza di ogni fantasia, senza significare più
Di quel che sono nella percezione ultima dell’udito, nella 
       cosa
In sé, e infine il grido non riguarda più nessuno.


Wallace Stevens
Il mondo come meditazione
traduzione di Massimo Bacigalupo
Guanda 1998

domenica 20 ottobre 2013

L'assenza dell'immaginazione doveva essere immaginata

Il senso ordinario delle cose
Cadute le foglie, torniamo
Al senso ordinario delle cose. È come se
Avessimo esaurito l’immaginazione,
Inanimi in un sapere inerte.
È difficile persino scegliere l’aggettivo
Per questo freddo vacuo, questa tristezza senza causa.
La grande struttura è diventata una casa modesta.
Nessun turbante percorre i pavimenti immiseriti.
La serra ha più che mai bisogno di una riverniciatura.
Il comignolo a cinquant’anni e pende da una parte.
Una sforzo fantasioso è fallito, una ripetizione
Nella ripetitività di uomini e mosche.
Eppure l’assenza dell’immaginazione doveva
Essa stessa essere immaginata. La grande vasca,
Il suo senso ordinario, senza riflessi, foglie,
Fango, acqua come vetro sporco, espressione di un certo
Silenzio, il silenzio di un topo uscito a vedere.
La grande vasca e la rovina delle ninfee, tutto ciò
Doveva essere immaginato come una conoscenza
Inevitabile,
Imposta, come impone una necessità.

Wallace Stevens
Il mondo come meditazione
traduzione di Massimo Bacigalupo
Guanda 1998

sabato 19 ottobre 2013

L'importante è narrare

  Alvaro Mutis è stato lo scrittore più generoso nel mitizzare e rimitizzare di continuo, trasformandola e facendola lievitare, la vita e la cosiddetta realtà. Lo faceva con un costante sorriso di consapevolezza sulle labbra, consapevolezza soprattutto che l’importante è narrare, e che le storie servono a mantenere vivo il narrare, non il contrario; a dare fiducia a quella dimensione al tempo stesso così folle e terapeutica, così sovranamente inutile e necessaria, che è la letteratura.

frammento del post che Beppe Sebaste ha scritto per ricordare Alvaro Mutis

venerdì 18 ottobre 2013

Una riga si potrà salvare

Scrivi, ti prego. 
Due righe sole, almeno, anche se l'animo è sconvolto e i nervi non tengono più. 
Ma ogni giorno. 
A denti stretti, magari delle cretinate senza senso, ma scrivi. 
Lo scrivere è una delle più patetiche e ridicole nostre illusioni. 
Crediamo di fare cosa importante tracciando delle contorte linee nere sopra la carta bianca. 
Comunque, questo è il tuo mestiere, che non ti sei scelto tu ma ti è venuto dalla sorte, solo questa è la porta da cui, se mai, potrai trovare scampo.
Scrivi, scrivi. 
Alla fine, fra tonnellate di carta da buttare via, una riga si potrà salvare.
(Forse).

Dino Buzzati
Siamo spiacenti di
Mondadori 1975

giovedì 17 ottobre 2013

Scrivere è raccontare tutto insieme

Scrivere non è raccontare storie. È il contrario del raccontare storie. È raccontare tutto insieme. Raccontare una storia e l'assenza di questa storia.

Marguerite Duras

La vita materiale
traduzione di Laura Guarino
Feltrinelli 1988

mercoledì 16 ottobre 2013

Una storia è come una casa

Una storia non è come una strada da seguire... una storia è più come una casa. Entri e rimani lì per un po', vai avanti e indietro e ti fermi dove ti piace e scopri come la camera e i corridoi sono in relazione tra loro, come il mondo esterno cambia per essere visto da queste finestre. 
E tu, il visitatore, il lettore, cambi proprio per lo stare in questo spazio chiuso, che può essere ampio e semplice o pieno di curve tortuose, scarsamente o riccamente arredato. 
Puoi tornare indietro ancora e ancora, e la casa, la storia, contiene sempre più di quello che hai visto l'ultima volta.
A story is not like a road to follow … it’s more like a house. You go inside and stay there for a while, wandering back and forth and settling where you like and discovering how the room and corridors relate to each other, how the world outside is altered by being viewed from these windows. And you, the visitor, the reader, are altered as well by being in this enclosed space, whether it is ample and easy or full of crooked turns, or sparsely or opulently furnished. You can go back again and again, and the house, the story, always contains more than you saw the last time. 

Alice Munro
frammento dell'introduzione alle Selected Stories riportata da Maria Popova nel suo bellissimo sito

martedì 15 ottobre 2013

Le regole di Baltimora

- Vuoi scrivere un articolo?: “Se non riesci a dire di che parla in una frase, vuol dire che non lo sai”.

- Non riesci a cominciare? “In principio Dio creò il cielo e la terra: bastano nove parole per un buon attacco”.

- Devi tagliare? “Comincia dalle parti più noiose”. Non è impossibile: “Potrei tagliare il Padre nostro, figliolo”.

- Controlla tutto: “Se vedi una percentuale, tira fuori la calcolatrice”, “Se tua madre dice che ti vuole bene, verifica”.

- Quando correggi un pezzo, “rispetta le intenzioni dell’autore, se si capiscono e sono sensate”.

- Non affidarti al correttore automatico: “Rileggi sulla carta, Mister Futuro del Giornalismo Digitale”.


- E non illuderti: “Puoi provare a scrivere da ubriaco, ma la revisione devi farla da sobrio”.

è grazie a Giulia Zoli sul numero 1003 di Internazionale che ho scoperto il blog di John McIntyre, copy editor del Baltimore Sun

lunedì 14 ottobre 2013

La gioia di scrivere

Dove corre questa cerva scritta in un bosco scritto?
Ad abbeverarsi a un'acqua scritta
che riflette il suo musetto come carta carbone?
Perché alza la testa, sente forse qualcosa?
Poggiata su esili zampe prese in prestito dalla verità,
da sotto le mie dita rizza le orecchie.
Silenzio - anche questa parola fruscia sulla carta
e scosta
i rami generati dalla parola «bosco».

Sopra il foglio bianco si preparano al balzo
lettere che possono mettersi male,
un assedio di frasi
che non lasceranno scampo.

In una goccia d'inchiostro c'è una buona scorta
di cacciatori con l'occhio al mirino,
pronti a correr giù per la ripida penna,
a circondare la cerva, a puntare.

Dimenticano che la vita non è qui.
Altre leggi, nero su bianco, vigono qui.
Un batter d'occhio durerà quanto dico io,
si lascerà dividere in piccole eternità
piene di pallottole fermate in volo.
Non una cosa avverrà qui se non voglio.
Senza il mio assenso non cadrà foglia,
né si piegherà stelo sotto il punto del piccolo zoccolo.

C'è dunque un mondo
di cui reggo le sorti indipendenti?
Un tempo che lego con catene di segni?
Un esistere a mio comando incessante?

La gioia di scrivere.
Il potere di perpetuare.
La vendetta d'una mano mortale.


Wisława Szymborska
Traduzione di Pietro Marchesani

domenica 13 ottobre 2013

Entrare in una narrazione vuol dire percorrere una strada oscura

La storia è nell'oscurità. Ecco perché si dice che l'ispirazione viene per illuminazioni. Entrare in una narrazione - nel processo narrativo - vuol dire percorrere una strada oscura. Non si riesce a vedere molto più in là del proprio naso. Lo sanno anche i poeti, anch'essi percorrono strade oscure. La fonte dell'ispirazione è un buco che conduce verso il basso». 

Margaret Atwood 
Negoziando con le ombre
Ponte alle Grazie
Traduzione di Massimo Birattari e Riccardo Cravero

sabato 12 ottobre 2013

Nostalgia del presente

Ho nostalgia del presente che vivrò
(L’attesa si accorda con la memoria:
Entrambe falsificano quanto più possono
La sventurata realtà. Lo vedi.)

Quali eventi macchineranno di nuovo
La mia partecipazione? Quale variopinto
Straccio di passione
Imiterà di nuovo la porpora?
Mi stupisce
A che velocità si genera la noia. Se conoscessi
La matematica dei sentimenti correrei
Immobile come Achille (l’idea di Zenone)
Più lento della tartaruga della mia vita.
     Non dobbiamo avere fretta.
Come osare sorpassi con il clacson
Quando davanti a te sono imbottigliati gli inferi.

Come posso prevedere qualsiasi cosa accada,

     In questo presente così remoto.


Antonis Fostieris
Nostalgia del presente

trad. di Nicola Crocetti

Crocetti editore

venerdì 11 ottobre 2013

La pioggia, fili d'argento appesi

Lettera
Il tralcio di vite sopra
le strie di nubi bussa
da ore alla finestra

La pioggia fili d’argento
appesi
Una falena si alza
e cade si alza e cade

Pensa a me
adesso aprirò
pensa a me con sentimento


Christoph Wilhelm Aigner
Prova di stelle

trad. di Riccarda Novello

Crocetti editore 

giovedì 10 ottobre 2013

Bevi le ombre – disse, bevi l’oscurità

Bevi le ombre – disse,
bevi l’oscurità
dell’amore mortale
e chiudi gli occhi tra le mie ali
che sono la barca che attraversa
spazio e tempo.


Clara Janés
Arcangelo d’ombra
a cura di Annelisa Addolorato

Crocetti editore 2005

mercoledì 9 ottobre 2013

Desiderio e passione nell’aria che pensa

Estasi

Nei tuoi pensieri tutto il giorno, tu nei miei.
Gli uccelli cantano al riparo di un albero.
Sopra la preghiera della pioggia, un blu sterminato,
non il paradiso, che non va da nessuna parte, senza fine.
Perché mai le nostre vite si allontanano
da noi stesse, mentre rimaniamo intrappolate nel tempo,
in fila verso la morte? Sembra che nulla possa mutare
lo schema dei nostri giorni, alterare la rima
data da lutto in assonanza con diletto.
Poi sopraggiunge l’amore come un volo lesto di uccelli
dalla terra al paradiso dopo la pioggia. Un tuo bacio,
rievocato, sfila, come fossero perle, questa catena di parole.
Cieli immensi ci congiungono, unendo qui a lì.
Desiderio e passione nell’aria che pensa.

Carol Ann Duffy
Lo splendore del tempio. Poesie d’amore 
Traduzione a cura di Floriana Marinzuli e Bernardino Nera
Crocetti editore 2012

martedì 8 ottobre 2013

La fonte del suono

La fonte del suono

Che cos’è questo brusío cantilenante

Non riesco a saziarmene

non m’immedesimo mai in te fino a quando sparisco
Sento soddisfazione. Per la tua vista

splendente è una radice

*

che cosa c’è di mormorante e scuro nella tua fronte

batto sulla tua schiena. La smorfia –
mormora, mormora. Passa

una fessura nel tuo mormorio, una fessura

Katarina Frostenson
La fonte del suono

Traduzione di Enrico Tiozzo
Crocetti editore 2011

lunedì 7 ottobre 2013

Stare nel fiume delle immagini

Colui che è solo
Colui che è solo è anche nel mistero
e sempre sta nel fiume delle immagini,
del loro generarsi, germinarsi,
anche le ombre hanno questo fuoco.
Gravido di ogni strato è nel pensiero
di ogni strato ricolmo e non disperso,
in suo potere ha l’annientamento
di ogni umano che si nutre e si accoppia.
Impassibile egli vede la terra
un’altra farsi da quella che fu sua,
non più “muori” e non più “divieni”:
la perfezione, immobile, lo guarda.

Gottfried Benn
Poesie statiche
traduzione di Giuliano Baioni
Einaudi 1972

WER ALLEIN IST -
Wer allein ist, ist auch im Geheimnis,
immer steht er in der Bilder Flut,
ihrer Zeugung , ihrer Keimnis,
selbst die Schatten tragen ihre Glut.
Trächtig ist er jeder Schichtung
denkerisch erfüllt und aufgespart,
mächtig ist er der Vernichtung
allem Menschlichen, das nährt und paart.
Ohne Rührung sieht er, wie die Erde
eine andere ward, als ihm begann,
nicht mehr Stirb und nicht mehr Werde:
formstill sieht ihn die Vollendung an.

domenica 6 ottobre 2013

Tra l'indice e il pollice ho la penna

SCAVANDO
Tra l’indice e il pollice riposa
La mia penna tozza e comoda come una pistola.
Sotto la finestra il suono netto e stridulo
Della vanga che affonda nella terra ghiaiosa:
Mio padre, che scava. E guardo giù
Finché la schiena gli si abbassa fra le aiuole
E torna su come vent’anni di prima
Piegandosi a tempo tra le piante di patate
Dove stava scavando.
Con lo stivale rozzo annidato sul vangile
Spostava l’asta fermamente contro
La parte interna del ginocchio. Sradicava le piante
Affondando la lama lucida e noi raccoglievamo
Le nuove patate, ci piaceva
Sentirle fredde e dure fra le mani.
Per Dio, il vecchio sapeva maneggiare la vanga.
Proprio come il suo vecchio.
Tagliava più torba mio nonno in un giorno
Di ogni altro uomo nella torbiera di Toner.
Una volta scesi a portargli il latte
In una bottiglia col tappo di carta. Si alzò
Lo bevve, e si rimise subito al lavoro
Incidendo e tagliando nettamente, sollevando
Zolle sulla spalla, e scendendo sempre più giù
Per trovare quella buona. Scavando.
E mi torna in mente l’odore freddo della terra
Delle patate, lo scalpiccio sulla torba fradicia,
I colpi risoluti della vanga tra le radici vive.
Ma io non ho la vanga per seguire uomini così.
Tra l’indice e il pollice
Ho la penna.
Scaverò con quella.
 Seamus Heaney
tradotto da Franco Buffoni per la Fondazione Piazzolla nel 1991
DIGGING
Between my finger and my thumb
The squat pen rests; snug as a gun.
Under my window, a clean rasping sound
When the spade sinks into gravelly ground:
My father, digging. I look down
Till his straining rump among the flowerbeds
Bends low, comes up twenty years away
Stooping in rhythm through potato drills
Where he was digging.
The coarse boot nestled on the lug, the shaft
Against the inside knee was levered firmly.
He rooted out tall tops, buried the bright edge deep
To scatter new potatoes that we picked,
Loving their cool hardness in our hands.
By God, the old man could handle a spade.
Just like his old man.
My grandfather cut more turf in a day
Than any other man on Toner’s bog.
Once I carried him milk in a bottle
Corked sloppily with paper. He straightened up
To drink it, then fell to right away
Nicking and slicing neatly, heaving sods
Over his shoulder, going down and down
For the good turf. Digging.
The cold smell of potato mould, the squelch and slap
Of soggy peat, the curt cuts of an edge
Through living roots awaken in my head.
But I’ve no spade to follow men like them.
Between my finger and my thumb
The squat pen rests.
I’ll dig with it.


sabato 5 ottobre 2013

Guardare e scrivere

Una finestra è un punto di osservazione da cui guardare il mondo esterno, che fluisce sbadato e insondabile, ed è insieme uno squarcio attraverso il quale spiare la vita, sempre misteriosa e inafferrabile, che scorre e si consuma in stanze sconosciute, ma è anche uno specchio in cui il flâneur, l'uomo che vagabonda per la strada cercando di cogliere il segreto e l'essenza di una città, scorge insieme l'interno di una casa e il riflesso del suo volto, scopre se stesso immerso nel fluire delle cose e indistinguibile, nel suo essere più profondo e ignoto, da esse. Così accade ad Antonio Muñoz Molina, famoso scrittore che camminando per New York diviene un passante anonimo e sconosciuto non solo agli altri ma pure a se stesso, in quel vero capolavoro che è il suo libro Finestre di Manhattan, uscito alcuni anni fa e splendidamente tradotto da Maria Nicola. Pochi libri dimostrano con altrettanta forza poetica la verità di quella parabola di Borges che narra di un pittore, il quale dipinge paesaggi - alberi, città, montagne, fiumi - e alla fine si accorge di aver dipinto il proprio autoritratto, non perché abbia alterato soggettivamente la realtà, ma perché la sua identità - come quella di ognuno di noi - consiste nel modo in cui vede, sente, coglie, ama o respinge il mondo, le persone e le cose. 

Pietro Citati
incipit della recensione pubblicata sul Corriere della Sera il 27 maggio 2013

venerdì 4 ottobre 2013

Le rose arrugginite dell’autunno

Le rose arrugginite dell’autunno
osservano lo spazio bianco dalla pioggia – 
la pioggia cuce il cielo alla terra
con mille brividi e punti.


Maria Pawlikowska

questo frammento di poesia, tratto dal'antologia collettiva L'altro sguardo. Antologia delle poetesse del Novecento l'ha postato ieri la scrittrice Lisa Corva sul suo blog che è una miniera di citazioni e belle storie.

giovedì 3 ottobre 2013

ottobre, notte

Accetta questo silenzio: la parola stretta nel buio della gola come una bestia irrigidita, come il cinghiale imbalsamato che nei temporali di ottobre scintillava in cantina. Livido e intrecciato di paglia, il cuore secco, senza fumo, eppure contro il fulmine che inchiodava la porta, ogni volta nel punto esatto in cui era iniziata la morte: l'inutile indietreggiare, il corpo ardente, il calcio del cacciatore sul suo fianco.

Chiudi gli occhi. Pensa: lepre, e volpe e lupo, chiama le bestie che cacciate corrono sulla terra rasa e sono nella fionda del morire o dell'addormentarsi sfinite nella tana dove solo chi è inseguito conosce davvero la notte, davvero il respiro.

Antonella Anedda
Notti di pace occidentale

Donzelli editore 1999

mercoledì 2 ottobre 2013

Il racconto è verticale, il romanzo orizzontale

Gli editori non amano i libri di racconti, vogliono romanzi. E pazienza se poi i romanzi, in grandissima parte, non sono che racconti dilatati, e quindi romanzi sbagliati. Perché un romanzo è qualcosa di diverso da un racconto. Il primo ha una costruzione complessa, personaggi che evolvono nel corso della storia, un intreccio con un certo numero di sorprese e cambiamenti (psicologici, esistenziali, temporali). Nel racconto è essenziale un punto focale, perché centrale è il dettaglio. Detto altrimenti: il racconto va in profondità, è verticale; mentre il romanzo è prevalentemente orizzontale. La morte di Ivan Il’ič, per esempio, non è un romanzo, anche se gli editori si affannano a presentarlo come tale e anche se è abbastanza lungo perché i lettori abbiano l’illusione di aver letto un romanzo. Ma cos’è questo dettaglio illuminato dal racconto? E’ il perturbante della vita. Nel caso di Ivan Il’ič è la morte in persona. Un racconto riuscito mette a fuoco una crisi, una crepa nello scorrere liscio dei giorni.

Sandra Petrignani
incipit di una recensione dedicata alla raccolta di racconti Purchè una luce sia accesa nella notte di Patrizia Zappa Mulas 

martedì 1 ottobre 2013

Le due case di Jung

Küsnacht è un villaggio a otto chilometri da Zurigo. Dalla città si raggiunge in dodici minuti di treno. Ci si arriva anche in vaporetto e dal vaporetto si può effettivamente vedere, facendosela indicare, la ricca villa di Jung, dove oggi vivono ancora gli eredi. E’ vicinissima all’acqua, e intorno e in lontananza il contorno delle montagne. L’ingresso è al numero 228 della SeeStrasse, la strada principale che da Zurigo corre verso sud lungo il lago fino a Rapperswil. Il cancello è sempre spalancato, per permettere, forse, agli ammiratori del grande psicanalista scomparso nel 1961 di entrare in giardino, fare qualche passo lungo il vialetto d’ingresso punteggiato di conifere nane, scattare fotografie, leggere la celebre frase che Jung stesso volle scolpita sull’architrave del portoncino: Vocatus atque non vocatus deus aderit, cercato o no il dio verrà. Non è una dichiarazione di fede cristiana. Risale all’oracolo di Delfi e la parola dio va intesa come «domanda ultima». Spiegò Jung in un’intervista: «Misi quell’iscrizione per ricordare ai miei pazienti e a me stesso che “il timore di Dio è l’inizio della sapienza”» come dice il Salmo. E perché: «Tutti i fenomeni religiosi, che non siano meri rituali della Chiesa, sono strettamente intrecciati con le emozioni».

frammento di un articolo di Sandra Petrignani del 20/8/2011