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lunedì 8 febbraio 2016

Il tumulto del cuore insiste a far domande

Questa poesia l'ho già pubblicata un paio di anni fa, ma oggi è il 105° anniversario della nascita di Elizabeth Bishop, così eccola di nuovo con in più il testo originale e la copertina del libro.

E.P.


I. Conversazione

Il tumulto del cuore
insiste a far domande.
Poi smette e si accinge a rispondere
nello stesso tono di voce.
Nessuno coglierà la differenza.

Conversazioni prive d’innocenza
al loro avvio, coinvolgono poi i sensi,
nelle intenzioni almeno.
E poi non c’è più scelta
e poi non c’è più senso;

finché un nome
e tutto quel che implica coincidono.

Elizabeth Bishop
Miracolo a colazione
traduzione di Damiano Abeni, Riccardo Duranti e Ottavio Fatica
Adelphi 2005


IN COPERTINA
Elizabeth Bishop, Cucina rossa e fiori (1955); tratto da Elizabeth Bishop, Exchanging hats. Paintings.
(dal sito Adelphi)


The tumult in the heart 
keeps asking questions. 
And then it stops and undertakes to answer 
in the same tone of voice. 
No one could tell the difference. 

Uninnocent, these conversations start, 
and then engage the senses, 
only half-meaning to. 
And then there is no choice, 
and then there is no sense; 

until a name
and all its connotation are the same.

mercoledì 5 novembre 2014

Una poetica della lontananza: le lettere Elizabeth Bishop e Robert Lowell

Sul numero di Poesia, storica e imperdibile rivista edita da Crocetti, nel nuovo numero ora in edicola 


è stata pubblicata la recensione che ho dedicato al'epistolario di Elizabeth Bishop e Robert Lowell Scrivere lettere è sempre pericoloso.



Eccone un assaggio:

"...una storia che ha intessuto una vera e propria poetica della lontananza. Come se Orfeo avesse scritto a Euridice per trent'anni e lei – qui sta la sorpresa – gli avesse risposto o addirittura scritto per prima precedendolo nei luoghi della poesia. La poetica della lontananza ha sue peculiarità, si nutre di distanza nel tempo e nello spazio, di desiderio inappagato e soprattutto di nostalgia. Buona parte delle lettere di Cal si chiude con una sola domanda, variamente articolata, che è sempre la stessa: “quando verrai?”. E dopo gli incontri, non frequenti ma intensi, una certezza si instilla nelle anime dei due poeti americani, che questa amicizia è più forte di qualunque distanza, problema o altro amore e che sopravviverà a ogni cosa.
“Le mie poesie sembreranno più blu dell’Oceano Pacifico quando sarai qui”, scrive Cal nell’attesa dell’arrivo di Elizabeth che vive, siamo nell’aprile del 1957, ormai stabilmente in Brasile e dopo quell’incontro lei gli scrive “santo cielo! Che bello parlarti al telefono, sembravi sempre lo stesso!”. Ma entrambi mutavano, nelle speranze e nei progetti e anche le loro voci poetiche andavano consolidandosi. Sempre nel 1957, a dicembre, è Cal a riconoscere il debito che la sua poesia ha nei confronti di quella della Bishop “il passo in avanti mi ha portato dove tu sei sempre stata” e ancora “quando cominceremo a scrivere vere poesie? Io ho la netta sensazione di non averlo mai fatto. Una sensazione che invece non ho con le tue”. Elizabeth è pronta a smontare, come fa spesso, questa vena malinconica di Cal: “ Ma con «il passo in avanti mi ha portato dove tu sei sempre stata» che diavolo intendi dire? Io non sono andata proprio da nessuna parte, sai. Se non a quelle prime panchine dove sedersi e riposare, sotto una pergola di lato, all’inizio del dedalo…”.
“Ti ho scritto molte lettere con l’immaginazione” scrive la Bishop, e di immaginazione si è nutrita questa relazione che li faceva muovere come le due lancette di un orologio da un capo all’altro del mondo, sempre lontani e di rado così vicini da poter sentire l’uno la voce dell’altra. "

Elena Petrassi

martedì 30 settembre 2014

Meticoloso, ponderoso, enorme mattino

Al quinto piano


Ancora buio.

L’uccello sconosciuto sta sul ramo solito.
Nel sonno abbaia il cagnolino dei vicini,
lo fa una volta sola, in tono interrogativo.
S’interroga nel sonno anche l’uccello, forse,
una volta o due, trillando tremulo.
Domande – se poi domande sono – 
che ottengono risposta, pronta, semplice,
dal giorno in persona.

Meticoloso, ponderoso, enorme

mattino; luce grigia
che mina ogni ramo spoglio, ogni singolo
fuscello, da una parte sola, dando
un altro albero di venature vitree...
L’uccello è sempre li. Ora sembra sbadigliare.

Il cagnolino nero corre nel cortile.

La voce del padrone s’alza, aspra:
“Dovresti vergognarti!”.
Cosa ha fatto?
Allegro lui saltella su e giù;
scorrazza in tondo tra le foglie morte.

Senso della vergogna, zero.

Lui e l’uccello sanno che c'è una risposta
a tutto, a tutto si provvede, non occorre
rifare la domanda.
– Ieri ha portato a oggi senza sforzo!
(Uno ieri per me quasi impossibile rimuovere).

Elizabeth Bishop

Miracolo a colazione
traduzioni di Damiano Abeni, Riccardo Duranti e Ottavio Fatica
Adelphi 2006

mercoledì 26 marzo 2014

Un nome e tutto quel che implica coincidono


I. Conversazione

Il tumulto del cuore
insiste a far domande.
Poi smette e si accinge a rispondere
nello stesso tono di voce.
Nessuno coglierà la differenza.

Conversazioni prive d’innocenza
al loro avvio, coinvolgono poi i sensi,
nelle intenzioni almeno.
E poi non c’è più scelta
e poi non c’è più senso;

finché un nome
e tutto quel che implica coincidono.

Elizabeth Bishop
Miracolo a colazione
Traduzione di Damiano Abeni, Riccardo Duranti e Ottavio Fatica
Adelphi 2005

sabato 8 marzo 2014

Qualunque cosa sembrava all'improvviso materia per la poesia

"Caro Robert, se sapessi quante conversazioni immaginarie faccio con te tutto il tempo".
"Quando penso a come mi sembrerebbe il mondo e la mia vita se tu non fossi presente in tutti e due - mi sembrerebbe molto vuoto, credo".
"Da quando ho visto alcune delle tue poesie ho sentito un meraviglioso senso di sollievo, come se le avessi scritte io".
"Tutte hanno quella presa sicura, come se tu avessi attraversato un periodo in cui qualunque cosa sembrava all'improvviso materia per la poesia - neanche materia, sembravano essere poesia, e tutto il passato era illuminato qua e là da lunghi raggi, come l'alba lungamente attesa".
(...)
Elizabeth Bishop parlava molto meno volentieri di se stessa di quanto lo faceva Lowell: un vero poeta, pensava, doveva nascondere l'ego e le sue, quasi sempre infelici vicissitudini. 

frammenti della recensione che Pietro Citati ha pubblicato sul Corriere della Sera di martedì 25 febbraio 2014, dedicata all'epistolario di

Elizabeth Lowell e Robert Bishop
Scrivere lettere è sempre pericoloso
Corrispondenza 1947-1977
Adelphi 2014


sabato 7 dicembre 2013

La perfetta mira di quest'aria d'inverno

Più fredda l'aria
Dobbiamo ammirare la perfetta mira
di quest’aria d’inverno, cacciatrice provetta
la cui arma spianata non ha bisogno di mirino,
se non fosse che, lontano o vicino,
la sua preda è sicura, il colpo netto.
L’infimo tra noi è così che tira.
Per ridurre il margine d’errore
Sono ferme le barche e di gesso gli uccelli;
la galleria dell’aria coincide
con quella angusta che il suo sguardo incide.
Il centro del bersaglio, la pupilla,
collima con la mira e con l’ardore.
Ha il tempo in tasca, colò suo ticchettio
segna il passo su un attimo. Non cura
momento e circostanze, lei, ha invocato
l’atmosfera per questo risultato.
(E l’orologio chiude l’avventura
tra ruote e fogli e nubi a scampanio)

Elizabeth Bishop
Miracolo a colazione
Traduzione di Damiano Abeni, Riccardo Duranti e Ottavio Fatica
Adelphi 2005

giovedì 25 luglio 2013

Insonnia

La Luna nello specchio del comò
guarda milioni di miglia lontano
(e forse con orgoglio, a se stessa,
ma non sorride, non sorride mai)
via lontano lontano oltre il sonno,
o forse è una che dorme di giorno.
Se l'Universo volesse abbandonarla,
lei gli direbbe di andare all'inferno,
e troverebbe una distesa d'acqua
o uno specchio, sul quale indugiare.
Tu dunque metti gli affanni in un sacco
di ragnatele e gettalo nel pozzo
nel mondo alla rovescia dove
la sinistra è sempre la destra,
dove le ombre in realtà sono corpi,
dove restiamo tutta la notte svegli,
dove il cielo ha tanto poco spessore
quanto è profondo il mare e tu mi ami d'amore.
Elizabeth Bishop 

da PensieriParole

mercoledì 24 luglio 2013

L'arte è sempre quella


L’arte di perdere s’impara presto
tutte le cose col segreto intento
di andare perse, che non è un disastro.
Perdi una cosa al giorno. Con malestro
accetta chiavi perse, un’ora al vento.
L’arte di perdere s’impara presto.
Perdi di più, più in fretta; al peggio apprestati:
luoghi e nomi e dov’è che avevi in mente
di recarti. Non sarà mai un disastro.
L’orologio di mamma ho perso; e questa!
che è l’ultima di tre case nel niente.
L’arte di perdere s’impara presto.
Ho perso due città, belle. E, più vasti,
altri regni, due fiumi, un continente.
Mi mancano, ma non è poi un disastro.
Anche perdere te (la voce, il gesto
amato) non mi smentirà. È evidente:
l’arte di perdere fin troppo presto
s’impara, e sembra (scrivilo!) un disastro.

Elizabeth Bishop
Miracolo a colazione
Traduzione di Damiano Abeni, Riccardo Duranti e Ottavio Fatica
Adelphi 2005
da PensieriParole

lunedì 11 marzo 2013

Risposta a Elizabeth Bishop


Siamo noi la coppia di gufi spaventata dall’incendio
– tu li hai visti – occhi fissi, gridavano attorno,
volavano in cerchio.
E siamo l’armadillo stanato dal fuoco:
all’improvviso appare, silenzioso, rigido di paura,
e coda tra le gambe scappa.
E l’alce notturna siamo, gigantesca, informe
sotto la luna piena, che ti annusa e odora di selvaggio.
E questa pioggia fredda, battente, triste
che oggi scende dal cielo di Milano – che tu non vedi –
siamo noi.

Altri gufi a coppie nei nidi tra le rocce dietro casa tua
adesso fanno uova, cacciano i rospi di notte quando piove.
Dalle foreste del nord, nella notte, con la luna
altre alci sbucano sulle strade degli uomini. Li annusano.
Riconosciti, siamo noi. Non scappare più. Non precipitare.

Questa è la poesia - inedita -  che Annalisa Manstretta ha dedicato a Elizabeth Bishop per lo spettacolo Nel grembo di ogni voce, andato in scena lo scorso 2 marzo a Bergamo.