giovedì 31 luglio 2014

Propagare il colore dell'estate

Altro compleanno

A fine luglio quando
da sotto le pergole di un bar di San Siro
tra cancellate e fornici si intravede
un qualche spiccio dello stadio assolato
quando trasecola il gran catino vuoto
a specchio del tempo serperato e pare
che proprio lì venga a morire un anno
e non si sa che altro un altro anno prepari
passiamola questa soglia una volta di più
sol che regga a quei marosi di città il tuo cuore
e un’ardesia propaghi il colore dell’estate.


Vittorio Sereni
Stella Variabile
Garzanti 1981

mercoledì 30 luglio 2014

Attraverso lo stile, attraverso una forma

Marc Augé è uno dei maggiori pensatori della contemporaneità. Il suo sguardo appuntito, che si nutre di filosofia, scienze sociali, letteratura, illumina gli aspetti meno ovvi della realtà.
Etnologo di culture primitive, dagli anni ’90 applica in modo originale gli strumenti della propria disciplina alla società occidentale, al nostro presente, alla metropoli. Sua l’espressione “etnologo nel metrò” e sua la fortunata definizione dei “non-luoghi”, i luoghi attuali della socialità(sale d’attesa, stazioni, ipermercati…).

Si vuole introdurre nelle scuole la “educazione sentimentale” pensando alla lotta contro bullismo e violenza di genere. Ma basterebbe parlare di educazione al rispetto. L’espressione “educazione sentimentale” mi sembra vaporosa. In fondo già la letteratura a scuola dovrebbe educare i sentimenti, se ci sono insegnanti bravi capaci di mettere in relazione i libri e la vita.
«L’educazione sentimentale secondo Flaubert è la lezione della vita così come la concepisce: la fine delle illusioni amorose e politiche, il disincantamento del mondo e delle passioni. L’espressione mi sembra mal scelta per definire un progetto di formazione volontaristico. Una lettura informata e critica dei grandi romanzi del XIX secolo sarà al contrario una iniziativa ricca e promettente ma richiederà molta sottigliezza; bisognerà far sentire ai giovani lettori e alle giovani lettrici che le loro questioni e i loro problemi non sono inediti».
(…)

Come Calvino ritiene che l’immaginario creativo (legato all’arte, al mito) è oggi messo in crisi dalle troppe immagini che ci invadono?
«È vero che l’immagine può apparire come qualcosa che uccide l’immaginazione. È vero anche che ogni giorno siamo alienati davanti alle immagini degli altri e di noi stessi».
(…)
Ma alla fine cosa educa i sentimenti?
«Noi pensiamo di vivere in un mondo caratterizzato dalla istantaneità e dall’ubiquità nel momento in cui tempo e spazio sono i due costituenti della simbologia sociale necessaria appunto alla relazione con gli altri, la quale è poi indispensabile alla affermazione dell’individuo. Questo aspetto della crisi anima la riflessione artistico. I momenti di crisi sono talvolta portatori di elementi che permettono di uscirne: crisi di coscienza, presa di coscienza. Dunque: cosa educa i sentimenti? Due cose, tra loro connesse: la relazione con gli altri e poi l'arte, la letteratura, la quale ritrae il momento di crisi, la difficoltà di essere autentici o spontanei, ma ci indica sempre il modo di uscirne, attraverso lo stile, attraverso una “forma”».

Frammenti dell’intervista di Filippo La Porta a Marc Augé

Il Messaggero martedì 29 luglio 2014

martedì 29 luglio 2014

In cima a ogni nuvola per tutti i cieli

Due lettere
I
Lettera da
Anche se vi fosse stata una luna crescente
In cima a ogni nuvola per tutti i cieli,
Che inondasse la sera di luce cristallina,
Si sarebbe desiderato dell’altro, altro, altro:
Qualche interno fedele a cui ritornare,
Una casa contro il proprio io, un’oscurità,
Un agio in cui vivere la vita di un momento,
Il momento di amore e fortuna di una vita,
Libero da tutto il resto, libero soprattutto dal pensiero.
Sarebbe stato come accendere una candela,
Come appoggiarsi a un tavolo, proteggendosi gli occhi
E ascoltando un racconto che si desiderava intensamente ascoltare,
Come se fossimo tutti seduti di nuovo insieme
E uno di noi parlasse e tutti credessimo
A quel che ascoltassimo e la luce, pur poca, bastasse.
Wallace Stevens
Il mondo come meditazione
a cura di Massimo Bacigalupo
Guanda 1998

lunedì 28 luglio 2014

In tutte le notti esiste un’estate

Primi passi al buio

C’era stata la faticosa scoperta
di bestie feroci dentro la luce.
Della crudeltà segreta di un raggio di sole
conoscevo tutti i sintomi, ormai,
e riuscivo a difendermi, mi ero fatta prudente,
dunque mi si era avvicinata la notte.
Come vecchia che vive sui monti,
dissodatrice di terre sassose, esperta dell’orto,
maestra nel far da mangiare con poco,
lavorava, non faceva parola, non voleva nulla.
Finita la sua giornata lasciava lì tutto,
abbandonava l’esito al sole.
La mattina aprivo le finestre
su pertiche di terreno soffice, ricco di nutrienti.

Più ancora vale la notte perché cancella le cose,
e ciò che di te rimane senza più luce,
come radici che crescono dentro il terreno,
come l’ispessirsi della corteccia negli alberi,
si nutre di notte, ingrassa,
ti rende più forte: metallo che vale
non teme ribassi perché non dipende da te.
Lo sai che la mente che viaggia da sola è l’arpia più crudele,
non vede né ombra né sole,
un gallo cieco che canta a tutte le ore del giorno.
E senza difese, con sempre più gioia,
abbracciavo la notte. Crescevo.
Mille qualità nasconde la notte
e una di queste è il silenzio.
È semplice e onesto: ovunque cominci
va sempre in un senso, l’altezza.
Ma il buio gira attorno, si inclina,
si allarga, pesa e nasconde.
E non dimori più nella certezza del tuo profilo,
davanti a te l’arpia del buio
ti mangia lo spazio tranquillo del sonno
che unisce il corpo alla mente, la placa.
girevole il buio è ruotato
sei finita in un’altra delle sue stanze,
senza vecchie. E vengono sempre più avanti.

Quella notte non era già verso l’alba,
non presero il via i canti degli uccelli,
piuttosto, con fredda lentezza, scavavano dentro di te.
Scavavano adagio, con ordine,
e non si turbava il silenzio,
in fondo, non senti nemmeno dolore
e fresche e profumate rimangono le lenzuola,
la nuca si appoggia nel sonno.
Il corpo rimane tranquillo: risponde a un’atavica vita
che tu non puoi in alcun modo soccorrere.
Da solo ci riesce, resiste,
e spunta gli artigli anche al buio.
Ma tu resti inerme, svuotata da unghie, da becchi,
e dentro le tenebre aspetti.

In tutte le notti esiste un’estate,
esiste un inverno, vi sfrecciano raggi incidenti,
si allunga la meridiana del corpo
che sente il girarsi del buio
e scivola non si sa dove,
non è salvata dal muro.
E quando la notte incide la terra
con raggi che piovono dritti dall'alto,
c’è un moto aggressivo del buio,
un sovrappiù di energia si scarica sui teneri corpi nel sonno.
Così succede alle cose
che quando arrivano al culmine si fanno crudeli.

Il corpo fa come la terra: assorbe e riposa
e nel suo riposo lavora, ripara lo scempio dei becchi.
E dentro le tenebre aspetti.
Crana, luglio 2007

Annalisa Manstretta
Il sole visto di lato
Atì editore 2012

domenica 27 luglio 2014

Scrivere per cinquantatré giorni di indemoniata dettatura

Henri Beyle terminò la Vita di Henry Brulard nel marzo 1836, raccontando il suo primo arrivo a Milano nella primavera del 1800, a diciassette anni. Era una giornata di maggio. Entrò a cavallo nel magnifico cortile della Casa d’Adda, ammirando tutte le cose. Salì per uno scalone superbo: era la prima volta che l’architettura produceva il suo effetto su di lui. Presto gli portarono delle eccellenti cotolette impanate, che per molti anni gli ricordarono Milano. 
«Dalla fine di maggio al mese di ottobre o di novembre, conobbi un intervallo di felicità celeste, folle e completa».
Il 4 novembre 1838, trentotto anni dopo, Stendhal era a Parigi, nella sua abitazione di Rue Caumartin 8, dove cominciò a dettare La Certosa di Parma ad August Dupont. Non sopportava i progetti, i piani, le lente, sistematiche, faticose costruzioni: progettare un romanzo — diceva — gli «ghiacciava l’ispirazione». Dettare, invece, faceva emergere l’immensa fluidità orale della scrittura: gli dava estro, velocità, felicità, leggerezza, quell'allegro , in cui vedeva l’unico tono possibile della letteratura.

incipit dell'articolo di Pietro Citati

La Certosa di Parma. Quei cinquantatré giorni di indemoniata dettatura
Corriere della Sera domenica 15 giugno 2014

sabato 26 luglio 2014

Scrivere sulla carta è vivere in un mondo più personale

La parola «ipnosi» lui non la usa, ma Don DeLillo sembra pensare a qualcosa di simile mentre mi parla della sua diffidenza nei confronti della tecnologia e della sua capacità di cambiare in profondità l’individuo e le sue relazioni sociali: 
«Più ancora della rapidissima evoluzione» spiega il grande romanziere americano di origine molisana, «a lasciare senza fiato è la sua capacità di alterare i comportamenti umani, il nostro senso della necessità. Qualunque novità offerta dalla tecnologia, che sia o no significativa, diventa immediatamente la cosa di cui abbiamo disperatamente bisogno. Se la tecnologia ci consente di alterare la realtà con le sue novità e i suoi trucchi, noi siamo assolutamente determinati a battere queste nuove strade senza preoccuparci delle conseguenze, senza porci alcun quesito etico. La tecnica prevale su ogni scrupolo»
(...)
«Posso solo dirle che la tecnologia non ha impatto sul mio lavoro. Continuo a usare una macchina da scrivere meccanica: lavoro manuale, i caratteri impressi sulla carta. Significa molto per me», spiega il celebre artigiano delle parole, convinto che solo in questo modo può dare consistenza scultorea alle frasi: 
«Così ho la possibilità di studiare la pagina non solo per il significato delle parole e dei periodi, ma anche per il loro effetto visivo. Una parola su carta ha un effetto diverso rispetto allo schermo. Quello della carta è un mondo più personale, intimo rispetto all'universo digitale». 

incipit e frammento dell'intervista di Massimo Gaggi a Don DeLillo
Corriere della Sera lunedì 23 giugno 2014
.

venerdì 25 luglio 2014

Notturno, estate

Estate

A sera tace il lamento
del cuculo nel bosco.
Più profondo si china il frumento,
e il papavero rosso.

Nero temporale minaccia
sopra la collina.
L'antico canto del grillo
si spegne nel campo.

Non più si muove il fogliame
dell'albero castagno.
Sulla scala a chiocciola
fruscìo della tua veste.

Quiete la candela risplende
nella stanza oscura.
Una argentea mano
la spense;

silenzio del vento, notte priva di stelle.


Georg Trakl
Le poesie 
prefazione di Claudio Magris
introduzione di Margherita Caput e Maria Carolina Foi
traduzione di Vera degli Alberti e Eduard Innerkofler

Garzanti 1983/2004

giovedì 24 luglio 2014

La scrittura inizia con due pensieri che diventano uno

Col passare del tempo mi sono resa conto che la mia scrittura - fantasia e pensiero - inizia con un istante in cui d'un tratto mi accorgo che due cose a cui avevo pensato separatamente sono parti dello stesso pensiero, dello stesso lavoro. Io penso, forse fantasiosamente, che l'eccitazione sia l'eccitazione dei neuroni nel cervello, che attiva le sinapsi che connettono la rete di dendriti, due movimenti che diventano uno. 

Antonia S. Byatt
Fortuny
sulla rivista Gondola days 
traduzione di Maria Nadotti

mercoledì 23 luglio 2014

Il silenzio non ha respiro

Il silenzio non ha respiro

Certo che lo spazio è curvo
come rotondo è il tempo
e la terra su cui poggiamo
tra le mani di un vasaio
misterioso dalla cui argilla
sorgiamo, ci innalziamo e
nel tetto dei suoi palmi
per un istante contempliamo
lo splendore di tutte le stelle
e siamo cenere, polvere nel
vento, silenzio senza respiro.

Elena Petrassi
Figure del silenzio
Atì editore 2010

Avremo scritto il nostro sogno, avremo sognato il nostro scrivere

Lancio di dadi sull'acqua

C'era una tavola come apparecchiata, ma per terra.
Parevano scodelle quei fogli scritti e fitti
mezzo strappati da una tovaglia di carta –

"Avremo scritto il nostro sogno, avremo sognato il nostro scrivere"

C'erano come dadi sulle carte sgranate,
ma erano i ciottoli del Mar Nero
improvvisamente lanciati sulle nostre vite –

       "Abbiamo seminato? Fiori. Raccoglieremo? Fogli"
"Avremo raccolto ancora ciottoli, ma chi potrà crederci"

Sulla carta apparecchiata
quasi una mappa confusa
tra pesci pane e un ricordo di vino.

C'era stata una fiamma, e intorno una tavola
come apparecchiata sullo scoglio
cancellata dalla sabbia e solo dopo secoli riemersa
sul fondo di un fiume essiccato.

Eravamo  morti da tempo
e si parlava nel vento

"Vorrei rinascere per amarti in qualche forma"
"Ma tu lo sai, avremmo forme strane e imperscrutabili – "

“In mille forme potrai pure nasconderti, ti riconosco subito”
“In mille forme, e ancora ti respiro”

La brezza aveva spento ogni lume,
e non avremmo saputo più dire
se eravamo ancora anime antiche
o forse bambini con  piedi piccoli
nelle pozze dello scoglio,
attenti a non farci ferire

dai granchi e dal vetro.

Camilla Miglio
Maree
Atì editore 2010 

martedì 22 luglio 2014

quelle notti dove la luce splende ancora di rimbalzo dal mare

Il sole e il mare, il profumo
della salvia e dell’aglio selvatico, e quelle notti
dove la luce splende ancora, di rimbalzo dal mare.

Dario Arkel
Fedele alla terra
Atì Editore 2008

lunedì 21 luglio 2014

Il poeta scava per scoprire gli altri in se stesso

Il poeta è un po’ come il minatore che dalla superficie, cioè dall'autobiografia, scava, scava, scava finché trova un fondo nel proprio io che è comune a tutti gli uomini. 
Scopre gli altri in se stesso

Giorgio Caproni 

Che cos'è la poesia

domenica 20 luglio 2014

Il canale del vento nel tempo è una fonte

BASSA MAREA

La linea dei pini
ci ha cavati dall’onda abolita,
e intanto la diomedea tace
mimando la Murgia, non più marina.

L’altopiano è quasi una faglia
spartita tra grano e zolle
mentre
l’eucalipto sorprende
un pianto, lo raccoglie
sognandosi in rosa di salice.

Il canale del vento
s’incide nella ruga dei mulini
di un paese
che non conosce acqua

ma nel tempo è una fonte.



Camilla Miglio
Maree

Il Passo di Efesto - Poesia
Atì editore 2010

sabato 19 luglio 2014

un petalo dietro la pagina e la riga prima del temporale

Sottrarsi a questa fatalità

Questo è il segreto, sottrarsi
a questa fatalità, tendere l’occhio
prima della mano a cogliere
il fulmine senza temporale e
la stella che cade nella piena
estate, nel cuore della notte,
nel centro della mia stanza
dove sfoglio il tuo segreto
un petalo dietro la pagina e
la riga prima del temporale.
anche io ho veduto lo stesso
bagliore e l’incanto di quella
estate, della tua notte di misteri.

Elena Petrassi
Figure del silenzio
Atì editore 2010

venerdì 18 luglio 2014

La casa di mattina. Silenzio di nuvole, silenzio di sole

La casa di mattina. Silenzio di nuvole, silenzio di sole
e di gerani, silenzio di pioggia, di vento o di entrambi.
«Tu» dicono gli alberi scossi con la voce dei rami
con la scura lingua della primavera incompiuta.
«Io, io» rispondo e rispondendo finalmente mi perdo
annusando la pioggia annusando le folate di vento.

La vita scorre sui pruni vola tra i pollini bianchi
- nei grani di acacia che hanno coperto la strada 
e il corpo di un topo in pace solenne -

Antonella Anedda
Il catalogo della gioia
Donzelli 2003

giovedì 17 luglio 2014

Dove non entra il vento

Collezionare perdite

Immagini, oggetti, fotografie, orecchie di lettere strappate, con ancora la spina di quella calligrafia.
Prendi una fotografia, taglia le parti più amate: l’ala del naso, la curva del collo.
Posale su di un cartone.
Metti lo spazio tra le parti, mettici l’aria.
Gli occhi.
Fai lo stesso lavoro. Allontanali, colora lo spazio (colora il dolore), fai concreta la separazione.
Scegli una gradazione, terra bruciata.
Cuci un pezzo di stoffa,  cuci un brano di lettera, cuci un’iniziale in quel mezzo-punto non entra il vento.

Antonella Anedda
La vita dei dettagli

Donzelli 2009

mercoledì 16 luglio 2014

Non so cos'è la natura: la canto

Se volete che abbia un misticismo, ebbene, ce l’ho.
Sono mistico, ma solo con il corpo.
La mia anima è semplice e non pensa.
Il mio misticismo è non voler sapere.È vivere e non pensarci.
Non so cos'è la natura: la canto.
Vivo in cima a un colle
in una casa calcinata e sola,
e codesta è la mia definizione.


Fernando Pessoa
Una sola moltitudine
volume secondo
(Alberto Caeiro)
traduzioni di Antonio Tabucchi e Maria José de Lancastre
Adelphi 1979


martedì 15 luglio 2014

L'interiorità dell'immaginazione individuale

Ho dovuto convivere a lungo con me stessa, sia come scrittrice sia come donna. Non sarebbe stata un'esistenza molto diversa se fossi stata uno scrittore, un uomo. Qualunque sia il nostro sesso, noi scrittori, non importa come, dobbiamo fare una distinzione netta fra gli spazi da dedicare alla scrittura e quelli della vita — come posso definirla? — socio-biologica. Ha un effetto altisonante, questo termine, ma non posso optare per “vita emozionale” perché anche ciò che si crea nella vita dedicata alla scrittura implica emozioni forti.
La ripartizione del tempo e dell'impegno comporta un'autodisciplina ferrea. Un giornalista ha una scadenza da rispettare , mentre il poeta o il romanziere è padrone di se stesso (o di se stessa).
(...)
Ovviamente lo scrittore non sta ad aspettare la cosiddetta "ispirazione", come la chiama chi non è scrittore. 
Alla fine arriva, certo, ma di solito non nelle ore destinate allo scrittoio, alla macchina da scrivere, al programma di video-scrittura  ( o di qualunque strumento si tratti).
Quelle ore servono alla trasformazione di qualcosa che è già nato, idee che emergono nel corso di altre attività e di altre situazioni. 
Ti svegli nel cuore della notte. In un bar o in una riunione ti estranei dal chiacchiericcio concentrandoti intensamente, irresistibilmente su altro.
Penso di avere iniziato a scrivere fin da bambina, quando, nei tragitti lunghi o brevi sul sedile posteriore dell'automobile dei miei genitori, in silenzio raccontavo a me stessa storie, dialoghi, impressioni.
Oggi rivivo spesso questo tipo di esperienza nei viaggi aerei di una certa durata; fra un qui e un lì, le necessità di interagire con gli altri, conduco una vita interiore, l'interiorità dell'immaginazione individuale.

Nadine Gordimer 
1924-2014
frammenti dello scritto
Vivere con uno scrittore, che uscirà il 15 ottobre  per Feltrinelli, nella raccolta
Tempi da raccontare
traduzione di Valeria Gattei

anticipato su Repubblica martedì 15 luglio 2014

lunedì 14 luglio 2014

Scrivere è follia. è felicità

il problema non è che cosa scrivere
scrivere è come amare
non ha senso
è follia
felicità.
14 luglio 2000

Lalla Romano
Diario Ultimo
a cura di Antonio Ria
Einaudi 2006

domenica 13 luglio 2014

Scrivere è lasciare un'impronta nella polvere del tempo

Rielaborare incessantemente le proprie esperienze, provare a leggere la propria vicenda nel contesto della Storia, tentare di dare un significato alla propria vita, lasciare la propria impronta nella polvere del tempo, seppellire nella sabbia un coccio di ceramica o una moneta d'oro che un giorno qualcuno esumerà: alla fine, forse, è proprio questo il senso di ogni letteratura.


Melania Mazzucco, dalla sua postfazione 
Annamarie Schwarzenbach 
La gabbia dei falconi
traduzione e cura di Melania Mazzucco
Rizzoli 2006

sabato 12 luglio 2014

Leggere è un intreccio tra orecchio e sguardo, tra immaginazione e voce

Dove siamo quando leggiamo? In quale tempo e in quale spazio ha propriamente luogo il singolare, fragile evento della lettura? 
Qual è lo statuto della nostra soggettività mentre sul libro, di frase in frase, si mobilitano insieme l'orecchio e lo sguardo, l'immaginazione e la voce?
Una volta un grande scrittore del Novecento, Thomas Mann, ha raccontato una sua esperienza di lettura intrecciandola a un'esperienza di viaggio.

Ezio Raimondi 
Un'etica del lettore
Il Mulino 2007

venerdì 11 luglio 2014

I romanzi sono fatti di forme, non di idee. Forme del linguaggio. Forme d'espressione

In quanto scrittrice, creatrice di letteratura, narro e rifletto al tempo stesso. Le idee mi commuovono. Ma i romanzi sono fatti di forme, non di idee. 
Forme del linguaggio. Forme d’espressione. 
Non ho in testa una storia fino a quando non ne conosco la forma. 
(Come sosteneva Vladimir Nabokov, “il disegno della cosa precede la cosa”). 
E – in modo implicito o sottinteso – i romanzi nascono dall'idea che uno scrittore ha di ciò che la letteratura è o può diventare.

Susan Sontag
Nello stesso tempo: la coscienza delle parole
traduzione di David Rieff
Mondadori 2008 

giovedì 10 luglio 2014

Con la stessa scrittura del mare sulle sabbie

ALFABETO DEL MONDO

Invano mi attardo a decifrare
l'alfabeto del mondo.
Leggo nelle pietre un oscuro singhiozzo,
echi soffocati tra torri e palazzi,
grazie al tatto indovino la terra
piena di fiumi, paesaggi e colori,
ma quando li copio mi sbaglio sempre.
Per scrivere devo aggrapparmi a una linea
sul libro dell'orizzonte.
Disegnare il miracolo di quei giorni
che galleggiano avvolti nella luce
e si liberano in canti di uccelli.
Quando in strada gli uomini che oscillano 
dal rancore alla fatica, cavillosi,
mi si rivelano più che mai innocenti.
Quando il baro, il furfante, l'adultera,
i martiri dell'oro o dell'amore
sono soltanto segnali che non ho saputo leggere,
che ancora non riesco ad annotare nel mio quaderno.
Quanto vorrei che almeno per un istante
questa pagina febbricitante di poesia
incidesse ogni lettera nella sua trasparenza:
la o del ladro, la t del santo
il gotico dittongo del corpo e del suo desiderio,
con la stessa scrittura del mare sulle sabbie,
la stessa cosmica pietà
che la vita distende davanti ai miei occhi.

Eugenio Montejo

La lenta luce del tropico
Antologia poetica 
traduzione di Luca Rosi
Le Lettere 2006

ALFABETO DEL MUNDO
En vano me demoro deletreando
el alfabeto del mundo.
Leo en las piedras un oscuro sollozo,
ecos ahogados en torres y edificios,
indago la tierra por el tacto
llena de ríos, paisajes y colores,
pero al copiarlos siempre me equivoco.
Necesito escribir ciñéndome a una raya
sobre el libro del horizonte.
Dibujar el milagro de esos días
que flotan envueltos en la luz
y se desprenden en cantos de pájaros.
Cuando en la calle los hombres que deambulan
de su rencor a su fatiga, cavilando,
se me revelan más que nunca inocentes.
Cuando el tahúr, el pícaro, la adúltera,
los mártires del oro o del amor
son sólo signos que no he leído bien,
que aún no logro anotar en mi cuaderno.
Cuánto quisiera al menos un instante
que esta plana febril de poesía
grabe en su transparencia cada letra:
la o del ladrón, la t del santo
el gótico diptongo del cuerpo y su deseo,
con la misma cósmica piedad
que la vida despliega ante mis ojos.
(de Alfabeto del mundo, 1986)

mercoledì 9 luglio 2014

Autoelegia e un'ombra

Al chiaro della sabbia

nudo è il suo corpo ancora,
quando due altri astri sono gli occhi.
Un corpo sconosciuto, poi calore,
adesso che con pigri movimenti
ho raccolto gli indumenti caduti
sotto l’ombra del pino,
i bianchi indumenti dimenticati.
Nella sera già fredda,
con compiaciuto ardore e con tristezza,
vestiamo i nostri corpi,
con ancora le labbra sulla carne
tra il risuonare stanco delle onde.

Quando appare la luce e già ferisce,
ritorna alla città
la nostra bella e afflitta giovinezza.

Francisco Brines
da Poeti spagnoli contemporanei
traduzione di Emilio Coco
Edizioni dell'Orso 2008

martedì 8 luglio 2014

Il ritmo è il denominatore comune di tutte le arti


Molto tempo addietro era stato un mio professore, una persona molto sensibile, a farmi notare che il ritmo è il denominatore comune di tutte le arti; ma aveva tralasciato di aggiungere, o aveva voluto che lo scoprissi da adulto, che è anche il denominatore comune di ogni esperienza umana. Ora cominciavo poco a poco a riconoscere che questo ritmo è ciò che crea o distrugge ogni istante delle nostre vite.
Come si può vivere un solo giorno nel suo ritmo autentico, un giorno composto di una moltitudine di ritmi che si intreccia sottilmente? Riconoscere il problema non vuol dire sapere la risposta, ma soltanto prendere atto che ogni momento sciupato non ritornerà più.

Peter Brook 
I fili del tempo. Memorie di una vita
traduzione d Isabella Imperiali
Feltrinelli 2001

lunedì 7 luglio 2014

L'opera non è mai compiuta, tutto quel che creiamo è dentro di noi

L'opera non è mai compiuta. Essa ci lascia nell'incompiuto, nel cui spazio moriamo. Quel che ci rimane è solo la sua parte bianca, e non si tratta di utilizzarla, ma solo di tollerarla. Lì dobbiamo installarci. Accettare il vuoto il nulla, il bianco. Tutto quel che creiamo è dietro di noi.
Oggi io sono, di nuovo, in quel bianco: senza lingua, senza gesti, senza parole.

Edmond Jabès 
Il libro della sovversione non sospetta
a cura di Antonio Prete
SE 2005


domenica 6 luglio 2014

Due o tre fiocchi di nuvola bianca macchiavano il cielo, come punteggiatura ben distribuita in un testo

Tutto iniziò in una magnifica, perfetta giornata di sole. Il pomeriggio della prima domenica di luglio. Lontano, due o tre fiocchi di nuvola bianca macchiavano il cielo, come punteggiatura ben distribuita in un testo. La luce incontrastata del sole inondava senza riserve il mondo. In quel luglio sovrano, persino la carta appallottalata di una tavoletta di cioccolato luccicava nell'erba con un bagliore orgoglioso, quasi fosse un cristallo leggendario sul fondo di un lago. Se si guardava con attenzione, si avvertiva nella luminosità, come in un sistema di scatole cinesi, una luce di qualità diversa. Un concentrato di innumerevoli granelli di polline, morbidi e opachi, fluttuavano indolenti nel cielo, finché volteggiando non si depositavano sul terreno, lentamente, senza fretta...

Murakami Haruki
incipit del racconto Storia di una zia povera
I salici ciechi e la donna addormentata
traduzione di Antonietta Pastore
Einaudi 2010


sabato 5 luglio 2014

Frammenti possono conservare il senso di un'opera vera

In una grande opera vera ogni parte contiene il tutto.
frammenti possono conservare il senso di un'opera vera.
23 maggio 2000

Lalla Romano
Diario Ultimo
a cura di Antonio Ria
Einaudi 2006

venerdì 4 luglio 2014

Scrivere è circondare di silenzio i frammenti del mondo

Per me scrivere è sempre stato cogliere, dal tessuto fitto e complesso della vita qualche immagine, dal rumore del mondo qualche nota, e circondarle di silenzio.

Lalla Romano 
Nei mari estremi
Einaudi 1996

giovedì 3 luglio 2014

a volte mi ferisco scambiando la penna col coltello

Lezione 

Se devo scrivere poesie ora che invecchio 
voglio vederle scorrere, perdersi in altri corpi 
prendere vita e nel frattempo splendere sulle cose vicine 
tenermi compagnia come le cipolle sbucciate nella luce 
mentre preparo un brodo con gli occhiali offuscati 
appunto un verso su un foglio 
e a volte mi ferisco 
scambiando la penna col coltello. 

Antonella Anedda 
Salva con nome 
Mondadori 2012 

mercoledì 2 luglio 2014

Scrivere è nascondersi, smarrirsi fuori dal tempo

L'inconscio è fondamentale nella scrittura?
"Ne sono convinto".

È una relazione rischiosa?
"Scrivere è anche nascondersi. Julien Gracq ha detto che dentro a un libro che leggiamo ci sono le tracce di più testi fantasmi che sono stati rifiutati o scartati. Un buon critico si mette alla ricerca di quei fantasmi".

Viene in mente Flaubert.
"È un punto di svolta interessante per il nostro discorso. Penso allo straordinario controcanto alla sua opera che è l'Epistolario, in cui butta fuori tutto quello che viceversa nei romanzi trattiene. Lui paga qualsiasi parola scriva".

Nel senso?
"Deve costruire virgola per virgola il suo edificio letterario. Una fatica e una sofferenza terribile. È una figura cruciale della modernità. Un altro autore dell'800 che amo moltissimo è Balzac. Ma è uno scrittore diverso, meno problematico".

Più di superficie?
"Non proprio. C'è tutta una zona oscura che lievita nei suoi romanzi. Fa da sottofondo".

Cosa l'affascina del sottofondo?
"L'oscurità può diventare una risorsa narrativa. Non è un caso che mi sia laureato su Dino Campana. La sua follia mi incuriosiva. Impiegai alcuni strumenti analitici derivati, però, più da Jung che da Freud".

Una preferenza che giustificherebbe come?
"La psicoanalisi di Freud applicata alla letteratura mi risulta meccanica e prevedibile. Jung opera una discesa agli inferi. Provò a spiegare anche Joyce, che pure non amava la psicoanalisi".


(...)
Gli anni di Parma?
"Più esattamente gli anni in cui, durante la guerra, sfollammo nella campagna del parmense. Ricordo certe sere in cui un vecchio si fermava da noi, chiedendo alla mamma un piatto di minestra. In cambio adunava in una stalla noi bambini e quelli delle case coloniche vicine e raccontava delle storie meravigliose. Fu un'esperienza straordinaria che mi fece capire che la lettura anche quando è un fatto individuale, riflette un mondo di legami collettivi".

È il meccanismo dell'ascolto della fiaba.
"Quasi tutto parte da lì. È vero. Walter Benjamin disse che quando il narratore raccoglie attorno al fuoco un po' di gente produce una specie di miracolo. Ognuno di coloro che ascolta diventa lui stesso narratore. Si crea una catena emotiva fortissima".


Mi pare difficile che oggi si legga ancora in quel modo.
"Si pensi al Processo: un uomo passa quasi l'intera vita davanti a una porta, si sente dire che non può varcarla e poi scopre che quella è la sua porta. Nel racconto Nella colonia penale la scrittura stessa è una forma di tortura che pian piano incide sulla schiena del condannato la sentenza. Cosa c'è di più crudele?".

E Proust?
"È sufficiente seguire il destino dei personaggi della Recherche, vedere come sono spiati dal narratore, che non concede loro né tregua né clemenza, per capire che Proust ha bisogno di quel sentimento per raccontare che un certo mondo, il suo, era finito".


(...)
l mestiere del critico sta morendo?
"C'è sempre una certa enfasi quando si tirano fuori i certificati di morte. Anche del romanzo si diceva che fosse defunto".

E invece?
"È ancora qui".

Però nel Novecento accade qualcosa di decisivo.
"Saltano i tempi narrativi. L'ultimo romanzo in cui ancora il calendario funziona perfettamente è I Buddenbrook di Thomas Mann. Anche un romanzo complesso come I fratelli Karamazov, fatto di piani narrativi molteplici e complicati, è una specie di orologio perfettamente regolato. Se invece si va alla Recherche di Proust si nota che i tempi epici non sono più misurabili con strumenti oggettivi".

Non corrispondono alla vita biologica dei personaggi?
"Proust se ne disinteressa".

Perché il tempo narrativo deflagra?
"È difficile da spiegare. Certamente all'inizio del Novecento accade qualcosa nei vari ambiti: dall'arte figurativa, alla poesia alla musica, alla letteratura e naturalmente nella scienza, basti pensare alle rivoluzioni di Einstein".

E alla psicoanalisi.
"Ovviamente. Non c'è più un tempo oggettivo misurabile".

Tranne che in economia.
"Il tempo lì diventa ferreo. La letteratura e l'arte in genere si sottraggono a questa tirannia".

Meglio smarriti ma liberi?
"In un certo senso. Anche se lo "smarrimento" non è una condizione che viene scelta ma subita".

I quattro grandi dinamitardi della letteratura del Novecento sono considerati Proust, Musil, Kafka e Joyce. La convince?
"Direi di sì. Ci sono altri grandissimi come Faulkner per esempio, o Bulgakov. Ma la statura non è lo stessa di quelli che ha citato".

E tra questi lei predilige Proust.
"Non è un segreto. Ho scritto tantissimo su di lui. Ma ho anche letto moltissimo Kafka, che amo enormemente".

Proust e Kafka sono due mondi opposti.
"Senza dubbio. E tuttavia sia l'occhio dell'uno che dell'altro sono precisi e crudeli".

Crudeli?
"Quel modo di raccontare si chiude con la morte di Tolstoj. Per quanto raffinato, straordinario e in perfetta solitudine, Tolstoj è l'ultimo narratore della tribù. Poi tutto cambia. Il romanzo muta pelle. Va in mille pezzi".


frammenti della conversazione di Antonio Gnoli con Mario Lavagetto
Repubblica 16 marzo 2014