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domenica 11 luglio 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/490. Genova, una città presa tra le nuvole e il mare

 


Di cosa è fatta l’anima di una città? Certo, è un miscuglio di tutte le anime di chi la abita e di chi l’ha abitata. Poi ci sono le case, dai più suntuosi palazzi alle più umili abitazioni. E le chiese, i palazzi pubblici, i musei e le scuole. Ogni città è diversa da tutte le altre città, ogni città è un’invenzione e un ricordo allo stesso tempo. Conosco molto bene la maggior parte delle città italiane, dei capoluoghi intendo, e molte città minori per dimensioni ma non per storia e bellezza. Con il clima odierno si sposa bene una città di mare cantata, scritta e messa in poesia da decine di artisti. Così cerco un frammento di Genova di Dino Campana:

 

 

Per i vichi marini nell'ambigua

Sera cacciava il vento tra i fanali

Preludi dal groviglio delle navi:

I palazzi marini avevan bianchi

Arabeschi nell'ombra illanguidita

Ed andavamo io e la sera ambigua:

Ed io gli occhi alzavo su ai mille

E mille e mille occhi benevoli

Delle Chimere nei cieli: ......

Quando,

Melodiosamente

D'alto sale, il vento come bianca finse una visione di Grazia

Come dalla vicenda infaticabile

De le nuvole e de le stelle dentro del cielo serale

Dentro il vico marino in alto sale, ..................................

Dentro il vico chè rosse in alto sale

Marino l'ali rosse dei fanali

Rabescavano l'ombra illanguidita, ..................................

Che nel vico marino, in alto sale

Che bianca e lieve e querula salì!

«Come nell'ali rosse dei fanali

Bianca e rossa nell'ombra del fanale

Che bianca e lieve e tremula salì:...» —

Ora di già nel rosso del fanale

Era già l'ombra faticosamente

Bianca ......................................................................

Bianca quando nel rosso del fanale

Bianca lontana faticosamente

L'eco attonita rise un irreale

Riso: e che l'eco faticosamente

E bianca e lieve e attonita salì........................................

Di già tutto d'intorno

Lucea la sera ambigua:

Battevano i fanali

Il palpito nell'ombra.

Rumori lontano franavano

Dentro silenzi solenni

Chiedendo: se dal mare

Il riso non saliva...

Chiedendo se l'udiva

Infaticabilmente

La sera: a la vicenda

Di nuvole là in alto

Dentro del cielo stellare.

 

 

E con la poesia si riaccendono ricordi di quella città che visitato parecchie volte e che mi ha incantato nei suoi carruggi, nel mare che irrompe in fondo alle strette strade, e mi ritrovo a Boccadasse, in spiaggia, con poca gente, ma con la città tutta intorno. Così dovrebbero essere le domeniche estive, marine, soleggiate e pigre.

E oggi è proprio domenica 11 luglio del secondo anno senza Carnevale con la Cronaca 490 che sonnecchia in riva al mare e io con lei.

sabato 28 gennaio 2017

il mare ha tutta un'altra apertura di sogno

Genova non ha i giorni tutti uguali; sono io che le chiedo di tornare ai nostri giorni tutti uguali. Anche i liguri sono un po' ritrosi come noi; ma il mare ha tutta un'altra apertura di sogno. E la luce è completamente diversa.

Paolo Conte intervistato da Aldo Cazzullo in occasione del suo 80° compleanno
Il Corriere della Sera
sabato 28 Gennaio 2017

venerdì 9 marzo 2012

L'esperienza della luce

(tratto dalla raccolta Racconti di Genova di Dario Arkel - Atì Editore)



Dove c’è molta luce l’ombra è più nera.
J.W. Goethe



Un racconto di me piccolo di tre anni me lo devi concedere, figlia, anche se ti annoierà.
Nei primi giorni di giugno caricavamo la Dauphine anche sul tetto, e partivamo da Genova per la montagna. Raggiungevamo Cogne, il paese della mia infanzia. Qui, d’un tratto, mi si è rivelata la vita. No, non il vivere, che è di tutti, ma la vita come calore da afferrare. E' successo in un lampo. Giunti a destinazione, scendiamo dalla macchina e mentre i miei portano a casa i bagagli, io scappo, come facevo sempre. Corro e corro lungo la strada sterrata. tutte le strade erano sterrate, allora. Corro dove so esserci una vecchia fontana. sono tra le case e l’ombra mi copre,
come se fossi cieco. Sono diretto là, e so che prima c’è un incrocio, e ai due lati della via due pollai puzzolenti, uno per lato. Io le galline le facevo scappare, le odiavo, con quel loro odore. Le liberavo e i cogneins si infuriavano. sapevano di questo bambino dispettoso. Sto per arrivare quando qualcosa si impadronisce di me, bloccando il mio slancio. I miei occhi sono aperti, ma anche questa volta sono come cieco, abbagliato da un flash ravvicinato. La luce improvvisa del sole mi penetra come un fuso e resto sbalordito, preso nella tenaglia dei raggi, e un incendio avvampa dentro di me. il viso, subito, e poi tutto il resto è imbavagliato e diventa antico: la luce che mi
ribalta è antica, viene da prima e ora so che mi trascinerà nel poi. E' un brivido, l’assolo di un attimo, e la mamma arriva. Mi afferra la mano, mi dà una sculacciata che non sento né capisco e mi porta via, mentre resto girato verso la fontana, l’incrocio, i pollai. Mi accorgo adesso delle galline, della puzza; ogni cosa intorno a me è tanta, troppa, e gorgoglia ringhiando. Nel tragitto del ritorno mia madre, che mai ha smesso di parlare, mi strattona, e allora non cammino più, lei mi trascina e io rotolo nella terra battuta. Passiamo a fianco delle arnie, un’ape fa la guardia e trova nel mio occhio destro il bersaglio. Mi trafigge e una scossa brucia e mi gonfia. Ritorno a casa, la mamma è preoccupata e io piango. e sono un altro, ho appena scoperto il dolore che riporta alla luce, figlia mia.