lunedì 28 febbraio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/722. Dal luogo illune del tuo silenzio mi riscuote ogni giorno l’urlo del mattino


Tutto il giorno non ho fatto altro che pensare a quei poveri bambini che sono morti sotto i bombardamenti russi. La morte dei bambini, di tutti i bambini, è insopportabile. E più invecchio, più diventa difficile. Oggi ho perso le parole, io che ne scrivo centinaia ogni giorno. Vado a rileggere una poesia di Elsa Morante, una poesia che è una preghiera laica.

 

 

Addio

I

 

Dal luogo illune del tuo silenzio

mi riscuote ogni giorno l’urlo del mattino.

O notte celeste senza resurrezione

perdonami se torno ancora a queste voci.

 

Io premo l’orecchio sulla terra

a un’eco assurda dei battiti sepolti.

Dietro la belva in fuga irraggiungibile

mi butto sulla traccia del sangue.

 

Voglio salvarti dalla strage che ti ruba

e riportarti nel tuo lettuccio a dormire.

Ma tu vergognoso delle tue ferite

mascheri i cammini della tua tana.

 

Io fingo e rido in un ballo disperato

per distrarti dall’orrenda mestizia

ma i tuoi occhi scolorati di sotto le palpebre

non ammiccano più ai miei trucchi d’amore.

 

Alla ricerca dei tuoi colori del tuo sorriso

io corro le città lungo una pista confusa.

Ogni ragazzo che passa è una morgana.

Io credo di riconoscerti, per un momento.

 

E mendicando rincorro lo sventolio di un ciuffetto

o una maglietta rossa che scantona…

Ma tu rintanato nel tuo freddo nascondiglio

disprezzi la mia commedia miserabile.

 

Buffone inutile io deliro per le vie

dove ogni fiato vivente ti rinnega.

Poi, la sera, rovescio sulla soglia deserta

un carniere di piume insanguinate.

 

E chiedo una tenerezza al buio della stanza,

almeno una decadenza della memoria,

la senilità, l’equivoco del tempo volgare

che medica ogni dolore...

 

Ma la tua morte cresce ogni giorno.

E in questa piena che monta io cado e mi riavvento

in corsa dirotta, per un segno,

un punto nella tua direzione.

 

O nido irraggiungibile e caro,

non c’è passo terrestre che mi porti a te.

Forse fuori dai giorni e dai luoghi?

La tua morte è una voce di sirena.

 

Forse attraverso una perdizione? o una grazia?

o in quale veleno? in quale droga?

forse nella ragione? forse nel sonno?

La tua morte è una voce di sirena.

 

Voglia di un sonno che pare una tua dolcezza

ma è stata già l’impostura dove ti ho perso!

La tua morte è una voce di sirena

che vorrebbe sviarmi da te nelle sue fosse.

 

Forse, io devo accettare tutte le norme del campo:

ogni degradazione, ogni pazienza.

Non posso scavalcare questa rete spinata

mentre al tuo grido innocente non c’è risposta.

 

La tua morte è una luce accecante nella notte

è una risata oscena nel cielo del mattino.

Io sono condannata al tempo e ai luoghi

finché lo scandalo si consumi su di me.

 

Io devo, qui, trescare e patteggiare con la belva

per rubarle il segreto del mio tesoro.

O pudore d’una infanzia uccisa,

perdonami questa indecenza di sopravvivere.

 

 

 

Oggi è lunedì 28 febbraio del primo anno di guerra e del terzo anno senza Carnevale, nessuno parla più di Covid, travolti come siamo dalle immagini della guerra in Ucraina. Ci sarà riposo sulla terra? Ci sarà mai una pace duratura? Mi chiede questa Cronaca 722 e io sfoglio i libri di poesie e non trovo risposte.

domenica 27 febbraio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/721. Dinanzi al foglio bianco, è un po’ che aspetto le parole

 


È domenica mattina, una mattina che immagino sarà interessante, visto che continuerò il laboratorio con Fiammetta. Mille e mille informazioni mi arrivano da tutti i media che vado a consultare, non riesco a farne a meno, l’angoscia sale insieme al senso di impotenza. Ma il tempo passa e vorrei che il mondo tornasse indietro, alla settimana scorsa, quando avevamo “solo” la pandemia da affrontare. Intanto che cerco uno spunto non guerresco per scrivere la Cronaca 721 di domenica 27 febbraio del terzo senza Carnevale e con la guerra, ritrovo questa poesia, una poesia che profuma di quiete e di serenità e tanto mi basta per oggi.

 

 

Mattina di febbraio

 

Dinnanzi al foglio bianco, è un po’ che aspetto

le parole. Che però non arrivano.

Non ottengo che, docili, si posino

sul quaderno e che dicano quel che ora

tento di dire: che questa mattina

il sole di febbraio gioca sopra

i tetti del quartiere, che in un cielo

così azzurro ci sono solo due

o tre nuvole bianche,

che suona mezzogiorno all'orologio

della parrocchia e allegro

un passero si posa all'improvviso

sulla ringhiera del balcone:

batte

le ali, saltella, col becco si liscia

le piume, guarda, inquieto,

di qua, di là, e, d’un tratto,

gaio riprende il volo nella luce del giorno.

 

 

Ecco la luce del giorno sta svanendo, arriva una nuova notte, per alcuni sarà l’ultima notte, alcuni di quelli che stanno cercando di sfuggire alla guerra e non ci riusciranno.

La poesia è di Eloy Sánchez Rosillo, tratta da Las cosas como fueron, traduzione di Francesco Dalessandro, Tusquets, 2004

sabato 26 febbraio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/720. Un mattino di sole, una città degli anni Settanta, una città notturna

 



Alla ricerca di una normalità sempre più difficile, sconcertata come tutti per quanto accade in Ucraina, mi dedico alle faccende che mi ero ripromessa di fare. Scelgo oggetti, butto oggetti, mi fermo a ricordare con oggetti in mano che non so se tenere o eliminare. Poi vado al mercato di quartiere del sabato mattina con mio fratello e compriamo pollo arrosto, patate al forno, peperoni ripieni. Dal pizzicagnolo olive taggiasche denocciolate, olive greche, olive pugliesi e lupini di cui mia madre andava matta e che non mangiavo da anni. Sembra una giornata qualunque di pre-pandemia, c’è il sole, incontriamo persone conosciute. Scopro che la vecchia panetteria è chiusa per sempre e che non riaprirà. Sono qui, nella mia città, preparo il pranzo, scaldo un po’ di pollo eppure nelle orecchie sento il cigolio dei carri armati che avanzano e il fragore delle bombe che esplodono, troppa immaginazione come sempre?

Nel pomeriggio inizio a seguire un nuovo laboratorio con Fiammetta, ritrovo vecchi amici e un tema nuovo da affrontare con curiosità e passione. “Il romanzo del paesaggio. Sublime contemporaneo” è un percorso dove andremo a esplorare, osservare e narrare il paesaggio italiano a partire dall’osservazione di luoghi, paesaggi e opere che suscitano emozioni sublimi o il sentimento del sublime. Il paesaggio italiano è quanto di meglio ci sia al mondo, le tre ore filano via e riesco a non pensare a cosa a accadendo in Ucraina. Dopo il laboratorio vado a una prima visione privata del nuovo film di Valeri Finessi, Donnarte dedicato alla nota gallerista Gigliola Rovasino che è presente. Una balda ottantenne sorridente e disponibile che ha attraversato il secolo scorso a contatto con le avanguardie artistiche e che ha gestito per anni la nota Galleria di Porta Ticinese che ho visitato pure io. Tra le mostre da lei ospitate c’è n’è una che voglio ricordare: Solidarietà transatlantiche. La Mostra Incessante per il Cile a Milano (1973-1977).

Per arrivare nello studio di Alberto Calcinai che ospita la proiezione, prendo la famosa filovia 90, la circolare destra, per un certo numero di fermate. Una Milano antica si dispiega sotto i miei occhi e una volta di più sento quanto sia grande il mio amore per questa città. Il film è davvero bello, emozionante ritrovare le immagini di quella Milano che non esiste più. Il padrone di casa è un noto fotografo e decine di sue fotografie adornano i muri, un altro elemento di piacere estetico in una serata ben riuscita, dove il mondo reale del presente è rimasto fuori dal perimetro delle stanze dove ho abitato in questo strano sabato di fine inverno, il 26 febbraio del terzo anno senza Carnevale con questa Cronaca 720 che sta girovagando nella notte in cerca di ispirazione. Mi fermo qui stasera, perché nonostante tutta la bellezza che mi ha circondato, continuo a sentire i carri armati e le bombe. La fotografia della Galleria fa parte dell’archivio dell’artista Giovanni Rubino.

venerdì 25 febbraio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/719. Stazioni di arrivo e stazioni di partenza



 

"Questa non è casa tua, spostati, mi dai fastidio”. Questa mattina mi sono svegliata con queste parole in testa e negli occhi le prime immagini dell’invasione dell’Ucraina. Prima ancora di essere ben sveglia mi sono ritrovata a pensare alle immagini che i media stanno pubblicando e che questa invasione sarebbe stata il Vietnam della Russia. Come tanta gente nel nostro mondo, non ho competenze politologiche, leggo e ascolto molto, mi dispero. Ho cercato di mantenere un po’ di distanza, ma non è facile, come fare a non disperarsi? Così adesso, dopo due anni di pandemia, ci ritroviamo di fronte a un’invasione che potrebbe essere il prologo della terza guerra mondiale, una guerra che forse è già iniziata e ancora non lo abbiamo capito. Più che continuare a guardare telegiornali e leggere reportage, mi sono rifugiata nei libri e sono tornata a immergermi nei 19 incontri di Paolo Di Paolo con altrettanti scrittori.

«Contatti magici»

Amava stanare gli scrittori, il giovane Frederic Prokosch, scrittore a sua volta. Li cercava come si cercano i libri e i dolci. O i padri.

«Potrei parlare con la signora Woolf?».

«Temo che la signora Woolf sia occupata».

Ha poco più che vent’anni, l’americano Prokosch, un fascio di fogli sotto il braccio e molta emozione addosso, quando si affaccia sulla soglia della londinese «Hogarth Press» per incontrare la grande scrittrice. «Era seduta dietro una cascata di bozze e teneva una matita dritta sullo scrittoio». Si guardano. Frederic comincia a parlare delle sue poesie (ne ha portate con sé alcune). «Sarò felice di leggerle, dal momento che sono soltanto trentatré...», sorride sarcastica Virginia.

«Oh, signora Woolf», dissi affannosamente, «non è questa la ragione della mia visita. Sono venuto perché...».

«Voleva guardarmi in faccia, suppongo». All’improvviso il contatto magico era stato stabilito. Il suo viso si delineò meglio, come

in una pellicola sotto l’azione dell’acido.

«Esattamente» dissi.

(…)

La domanda da cui ogni volta sono partito, ha a che fare con i libri. E con i luoghi. Nasce dalla volontà di capire che cosa lega, che cosa può legare pagine di carta e inchiostro alla geografia fisica e sentimentale. Nella vita di ogni lettore appassionato, ci sono singolari corrispondenze tra libri e paesaggi attorno. Per questo, «la tentazione di accoppiare luoghi e letteratura – ha scritto Giorgio Montefoschi – non ce la scrolliamo di dosso». Per questo, se andiamo a San Pietroburgo, mettiamo in valigia un romanzo di Dostoevskij; e se passeggiamo per le strade di Parigi, può tornarci sulle labbra un verso di Baudelaire. Sarà che spesso le parole di un poeta si rivelano più utili di quelle stampate sulle guide turistiche. Sarà che i libri ci tengono compagnia (e in viaggio spesso siamo soli); ci aiutano a mettere a fuoco dettagli, a fare scoperte, a ricordare. Ma anche, banalmente, a passare il tempo. Si racconta in proposito di tale Sir Richard Morison che, partito da rive inglesi al la volta della Germania, riuscì a leggere in viaggio tutto Erodoto, cinque tragedie e tre orazioni di Isocrate e altre sette di Demostene, in lingua originale. Ma era il 1550 e, per arrivare, impiegò ventisei settimane. In queste pagine si racconta di romanzi che mettono addosso il desiderio di partire; di viaggi fatti sulle tracce di scrittori amati; di strani cortocircuiti che si attivano quando un libro sfiora il paesaggio dell’infanzia, o una terra lontanissima in cui ci perdiamo, o ancora, semplicemente, la nostra poltrona in salotto. Per ogni viaggio, quindi, ci sono stazioni di arrivo ma anche di partenza. Che, messe l’una accanto all’altra, disegnano un itinerario tutto italiano: dal mare di Genova a Orbetello, da Piacenza a Castellammare di Stabia, giù fino a Vigàta, che forse non esiste, o forse sì. A spiegare quanto decisivo sia il luogo da cui ci muoviamo, pensa Raffaele La Capria nelle ultime pagine: «Viaggi, conosci paesi nuovi e diversi, per sapere qualcosa che già stava scritto nel punto di partenza. Ma è al ritorno all’arrivo che lo scopri. Che scopri quanto sia parte di te».

Ecco finita la lunga citazione da Di Paolo, che ho copiato per poterla rileggere.

Resto nei libri oggi, fino a quando non esco a cena con due amiche che sono state anche colleghe. Si chiamano entrambe Paola, quindi sono le Paoline per estensione, e compiono entrambe gli anni il giorno precedente il mio compleanno, cioè il 28 giugno.

Ecco che anche questa Cronaca 719 di venerdì 25 febbraio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra, si acquieta un po’ e mi accompagna a zonzo, in una serata fredda e luminosa.

giovedì 24 febbraio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/718. Donne fantastiche che scrivono libri fantastici

 


Tra le tante cose che mi piace fare, una di quelle che più mi ha appassionato nel corso della vita è organizzare presentazioni di libri, dibattiti e cicli di conferenze. Così in marzo sarò alla Libreria delle Donne di Milano a presentare con le autrici e l’autore due libri e un film. Il primo incontro sarà sabato 5 marzo alle 18 dove l’ospite sarà Giuliana Misserville con il suo bel libro Donne e fantastico. Narrativa oltre i generi. Con noi ci sarà anche Nicoletta Vallorani, una delle scrittrici di cui si ha scritto Giuliana. Durante l’incontro che abbiamo fatto oggi per organizzare gli incontri dei prossimi tre mesi, mi sono interrogata sulle radici di questa mia passione. Di sicuro ha a che fare con il desiderio di conoscere scrittori e scrittrici, di sicuro di metterli a confronto, di entrare in mondi nuovi, di poter riflettere insieme su un punto di vista, su una visione del mondo. Ieri ho iniziato a scrivere di viaggi, oggi vorrei lasciarmi andare a un vagabondaggio nei libri, perché davvero ogni libro è un viaggio, ogni scrittore un esploratore di un mondo nuovo. Per invitarvi a questo incontro, in maniera che possiate organizzarvi, copio l’introduzione di Giuliana al volume:

 

“Il fantastico, il gotico,  l’horror e la fantascienza sono generi letterari che a lungo hanno registrato un doppio pregiudizio. Ritenuti, a torto, narrativa spazzatura o comunque di facile consumo, sembravano essere, contro ogni evidenza, territori preclusi alla scrittura delle donne che quindi a doppio titolo restavano fuori dal canone. La tesi di questo libro è che il fantastico in Italia stia emergendo dai confini della narrativa di genere e che questa rinnovata vitalità e forza sia dovuta soprattutto a un gruppo di scrittrici che, sul passaggio di millennio, ha ritenuto più efficace adottare modalità di racconto che prescindessero dai dettami del realismo. Per scelta non ho voluto parlare solo di narrativa fantastica italiana, convinta come sono che la presenza di una tradizione nazionale non sia né isolata né isolabile, pena una letale dose di provincialismo, rispetto alla letteratura di altri paesi, soprattutto nella nostra epoca così profondamente segnata dalla comunicazione globalizzata e da internet. Le autrici di cui mi occupo in questo saggio, con una scelta totalmente personale, sono coloro che hanno forzato i confini del genere cercando spazio nel territorio aperto della narrativa. Scrittrici che, invece di limitarsi a produrre romanzi “vendibili”, hanno lavorato con talento mantenendo nella mente e nel cuore grandi e vaste letture non deprivate da barriere nazionalistiche o di genere. Le opere in questione, solo parzialmente esaustive della produzione delle singole autrici, saranno attraversate da una lettura “in controluce” dei romanzi di alcune scrittrici straniere perché ritengo ci sia  una singolare corrispondenza tra la fabulazione angloamericana degli anni Settanta e quella che stiamo finalmente vivendo anche in Italia. Naturalmente sono state seguite soltanto alcune genealogie dell’immaginario e pertanto queste pagine non hanno alcuna pretesa di completezza. Tuttavia l’insieme delle scritture qui ricomprese costituisce una significativa rappresentazione della narrativa fantastica italiana di questi ultimi anni, che pur nella sua diversità e assoluta libertà ha ragionato attorno ai nodi più spinosi del dibattito pubblico giovandosi delle idee e delle tematiche messe a punto dalle principali studiose femministe. Il loro lavoro ci interroga sulla concezione dell’umano facendoci intravedere dimensioni altre e ampliando le possibilità di conoscenza sul mondo e sulle creature che lo abitano”.

 

Giuliana parte con l’adorata Ursula K. Le Guin, di cui ho scritto la voce per l’Enciclopedia delle donne, per proseguire con Angela Carter per arrivare alle italiane Gilda Musa, Paola Capriolo e Alda Teodorani. Oltre alle appena citate faccio qualche altro nome per pura passione mia: Viola Di Grado, Loredana Lipperini, Nicoletta Vallorani, Laura Pugno e la compianta Chiara Palazzolo.

 

Con la Cronaca 718 e una borsa piena di libri nuovi, me ne torno a casa e mi metto a leggere, disciplinata e silenziosa, seduta alla mia scrivania. Oggi è giovedì 24 febbraio del terzo anno con un Carnevale incerto.

mercoledì 23 febbraio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/717. Ogni viaggiatore è un grande occhio spalancato sul mondo

 



Stiamo qui in attesa, increduli che qualcosa di irreparabile possa accadere. Continuiamo a studiare, a lavorare, a scrivere e a leggere. Sono un po’ inquieta e oscillo di continuo tra il desiderio di stare rintanata in casa e il desiderio altrettanto forte di viaggiare, di ricominciare a viaggiare. Così ho iniziato l’ennesima risistemazione dei libri per avvicinare tutti i libri dedicati ai viaggi e al viaggiare. E poi, come faccio sempre, ne ho preso uno e ho iniziato a leggere, in questo caso rileggere. Il libro in questione è di Paolo Di Paolo, Ogni viaggio è un romanzo. 19 incontri con scrittori, e così ho smesso di sistemare gli altri libri.

Leggo la dotta introduzione di Pietro Citati che ammette che “Dopo anni di tranquillità e di pace, anche il sedentario è assalito dall’inquietudine. La vita, nella quale si adagiava così mollemente, ora lo soffoca. Gli stessi volti, che lo circondano da anni, le stesse parole ascoltate ogni giorno, la stessa cerchia nella quale vive con una indifferenza sempre più grande, senza vedere né ascoltare, sembrano stringerlo da ogni parte, con un’intenzione minacciosa. Egli teme di essere inchiodato per sempre nel medesimo luogo; e in segreto «col cuore grosso di rancore e di amari desideri», comincia a meditare la fuga, come tutti quelli che vogliono «cullare il loro infinito sul finito dei mari». La preparazione del viaggio è lenta e meticolosa. Raccoglie libri di ogni specie sul paese che visiterà, compra manuali di storia e di archeologia, e soprattutto le predilette guide di viaggio. Consulta le carte, studia gli itinerari, calcola le distanze: cerca di avere precisa nella mente la topografia di Luxor o di Amsterdam, di Palmira o di Praga; tenta di indovinare quale sorpresa lo coglierà ad ogni angolo della strada, come se, per un’ultima, invincibile resistenza, volesse consumare il viaggio prima di compierlo. Infine, l’aereo corre sulla pista, solleva il carrello, si slancia nel cielo, attraversa montagne di nubi; e mentre il viaggiatore slaccia la fibbia che lo tiene legato, l’ultimo distacco si compie dentro di lui. Si lascia tutto dietro le spalle, anche i volti più amati che sembrano cadere come ombre nel pozzo del passato. La vita che ha vissuto o finto di vivere, i libri che ha letto, i pensieri che ha coltivato per anni, gli sguardi che ha intrecciato con altri sguardi non esistono più. Ora egli è un grande occhio spalancato sul mondo: un occhio che non conosce passato e futuro, ma soltanto presente, e cerca di raccogliere quanto attraversa per un attimo la sua pupilla. Non ha molto tempo davanti a sé. Come tutti, sosta in alberghi anonimi e indifferenti, in aeroporti tediosi, percorre sopra un tassì nelle ore di un solo giorno lo spazio che altrimenti avrebbe percorso in un anno. I monumenti si affollano l’uno dopo l’altro nella sua mente; e sembra che le impressioni non abbiano il tempo di raccogliersi e di distinguersi. Ma proprio questa velocità dà al suo sguardo una forza visiva, che altri tempi ignoravano. Le linee essenziali del paesaggio vengono improvvisamente colpite dalla luce, le forme e i colori delle opere d’arte risaltano con un’intensità allucinante, ciò che è secondario viene cancellato, e i rapporti tra le tappe del viaggio, che un lungo soggiorno gli avrebbe nascosto, si intrecciano con una precisione geometrica. Così, il viaggiatore si accorge che il suo percorso non è casuale. Tra un aereo e un tassì, tra un albergo e un ristorante, il viaggio disegna senza che egli lo abbia voluto un itinerario simbolico, una forma misteriosa: qualcosa che accenna a un principio e a una fine, a ritorni, echi, pause e riprese; dove tutto è così carico di significati da generare una tensione quasi insostenibile”.

 

È questo anche per me il senso del viaggio?, mi chiedo mentre continuo a leggere e mi dimentico di tutte le altre incombenze.

Oggi è mercoledì 23 febbraio del terzo anno con un quasi Carnevale e questa Cronaca 717 ha deciso che è ora di andare a recuperare la tracolla da viaggiatrice, e credo che abbia ragione.

martedì 22 febbraio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/716. Amicizia, desideri e tempo tra il lago e la città

 


 

Ci sono giorni in cui vorrei essere capace di tenere insieme le immagini e i suoni, il profumo dell’aria, gli incontri e le voci. Ho passato la giornata sul lago Maggiore a guardare le onde piccole, i tuffi delle anatre e dei gabbiani, i rari passanti, qualche famiglia con bambini piccoli che corrono e ridono, come solo i bambini sanno fare. Perché i bambini corrono sempre? Mi piace pensare che anche noi un tempo, amavamo correre perché era tale la gioia di vivere che era impossibile restare fermi, bisognava andare incontro alla vita. Correre era uno dei giochi che più amato nell’infanzia e adolescenza, a volte mi sembrava di volare, di star toccando davvero il cielo, anche quando non c’era un vento fortissimo come quello che attraversa queste strane giornate di febbraio, dove non piove, la primavera già si affaccia e l’aria secca rende luminoso non solo il lago, ma anche la città non silenziosa.


La memoria è una pagina bianca

 

In un soffio inseguo

la linea d’ombra che

separa il mattino dal

pomeriggio ma non

la fermo, non la prendo,

è solo la luce più densa

a dire come ci si avvicina

alla notte, dove il tempo

è inchiostro e la memoria

una pagina bianca.

 

 

Dopo le ore dolci trascorse al lago sono stata a casa dell’amico Luciano Martinengo con i miei nipoti Marco e Andrea. Abbiamo visto il suo ultimo film America Alternativa 1972, girato con materiali d’epoca originali e montato durante i mesi di lockdown. Per me era la seconda visione, ma ci tenevo che anche i ragazzi lo vedessero. È stato bello vedere e sentire quei ragazzi di mezzo secolo fa che in presa diretta esprimevano la loro visione del mondo, il loro desiderio di cambiamento. Alla fine del film una parte di quei ragazzi si raccontavano in una call in zoom com’era andata la loro vita. Poi abbiamo trascorso una bella serata seduti intorno a una tavola ricca di buon cibo insieme anche a Valerio, altro regista talentuoso e Nicola Eugenia, un’amica siciliana in visita a Milano. Quel che mi incanta di Luciano è il suo essere rimasto allo stesso tempo il ragazzo delle comuni e l’uomo maturo che è ancora curioso delle persone e delle storie, che non ne ha mai abbastanza di conoscere il mondo.

Sono tornata a casa con l’ultimo metro e quando ho attraversato la piazza c’era un uomo visibilmente alterato che gridava “Io sono Marco Aurelio e voi dovete aiutarmi a fare la guerra contro Putin”. Inquietante per quello che diceva, per come lo diceva e per il tono quasi messianico, invasato, che sosteneva le sue parole.

Oggi è martedì 22 febbraio del terzo anno quasi senza Carnevale e questa Cronaca 716 se ne sta con le mani a tapparsi le orecchie perché non vuole sentir pronunciare la parola guerra.

lunedì 21 febbraio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/715. Il tempo è un gatto addormentato, un compito non ancora finito nel quaderno nuovo


 


Un gatto addormentato davanti al fuoco sogna di essere una camelia, ma quando si sveglia è ancora un gatto. Allora è la camelia che si addormenta e sogna di essere una ragazzina che corre e corre sotto una pioggia leggera e accanto a una nuvoletta che volteggiava un po’ troppo in basso, un po’ troppo vicino alla terra. La madre sogna e cuce, sogna ad occhi aperti, sogna il giorno in cui smetterà di cucire e i vestiti si limiterà a indossarli e ad andare a passeggio con la giacca nuova e quella bella camelia appuntata sul bavero. Ragazzina ha smesso di correre e adesso è china sui libri di scuola. Ha già finito i compiti di italiano e ora sta studiando scienze naturali e poi farà gli esercizi di matematica e ancora non riesce a decidere cosa le piaccia di più tra tutte quelle materie, cosa le piacerebbe studiare davvero e poi cosa le piacerebbe fare da grande. Da grande è un tempo che non ha tempo, un tempo a venire che oggi ha la dimensione di un sogno e ragazzina lo sa bene, perché anche lei sogna ad occhi aperti, proprio come fa sua madre. Un sogno concreto, ma si realizzerà mai? – è quello di avere una stanza tutta per sé, una stanza dove poter studiare e leggere lontano dagli sguardi dei genitori. Anche se sul tavolo della cucina, in effetti si sta bene. L’unica scocciatura è quella di dover raccogliere tutti i libri una volta finiti i compiti e apparecchiare, riempire la bottiglia con l’acqua del rubinetto e poi una bustina di idrolitina, tagliare il pane e girare il sugo nella pentola. In verità a ragazzina piace stare in cucina ad aiutare sua madre. Quando un giorno avrà non solo una stanza tutta per sé, ma anche una casa tutta sua, molto spesso si siederà al tavolo della cucina per leggere, scrivere e studiare. E in un giorno di fine inverno vedrà una camelia rossa che assomiglia a una gardenia fare capolino, solitaria, su un ramo già gemmato. E la raccoglierà e ricorderà l’altra cucina, il gatto addormentato, il fuoco acceso e la giacca nuova di sua madre, proprio quella giacca che ora è appesa nel suo armadio. È questo il segreto del tempo, tessere con la memoria una camelia rossa, una ragazzina che corre, una ragazzina che studia, un gatto che dorme, una nuvola che diventa pioggia, il vento che osserva tutto e scompiglia la carta e i rami.

Oggi è lunedì 21 febbraio dell’anno dove forse ci sarà Carnevale e questa Cronaca 715 se ne sta proprio come un gatto addormentato.

domenica 20 febbraio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/714. Il nome era un fiore o forse un altro fiore, o un gatto addormentato

 



“Non sono una gardenia” -  stava gridando il fiore rosso – “non sono una gardenia, io sono una camelia!”.

Ma era inutile che continuasse a gridare, perché le ragazzine che corrono hanno orecchie solo per il vento e nel cuore il desiderio di fare felice la mamma. “ Mamma, mamma! Guarda che bel fiore che ti ho portato, guarda che bella gardenia rossa!”. La madre alzò gli occhi dal vestito che stava cucendo e sorrise alla figlia. “Bella è davvero bella questa camelia rossa, tesoro. Vedi questo fiore è una camelia e non una gardenia, anche se un po’ si assomigliano e in tanti le scambiano una per l’altra. Ma i fiori non sono permalosi, ragazzina. Camelia sarà comunque felice di esserti piaciuta e che tu l’abbia portata alla tua mamma. Adesso mettiamo il gambo in un bicchiere per tenerla al fresco e più tardi usciremo insieme a fare una passeggiata, prima che faccia buio, così potrò sfoggiare il tuo bel fiore sulla mia giacca nuova. Ma adesso finisci i compiti tesoro, intanto che metto su l’acqua per il tè”. Ragazzina aveva i capelli inghirlandati di goccioline di pioggia che glieli facevano arricciare in teneri riccioli che assomigliavano ai boccioli sui rami dell’albero bellissimo che stava proprio davanti alla finestra della cucina, anche se ogni tanto gli sarebbe piaciuto sgranchirsi un po’ le radici. Camelia intanto si guardava intorno perché non era mai stata in una cucina ed era un fiore curioso. Le piaceva moltissimo guardare le fiamme che si allungavano e si spingevano e ridevano in fondo al camino. Le piaceva molto anche il profumo del tè, era gradevole, profumava di altri fiori di cui lei non conosceva il nome, ma forse lo avrebbe imparato. Ma più di tutto le piaceva stare a guardare un gatto tigrato grigio che stava sonnecchiando proprio davanti al camino. Ogni tanto capitava che qualche gatto randagio passasse davanti al suo vaso, ma non si fermavano mai abbastanza a lungo perché lei potesse coglierne l’essenza. I gatti erano misteriosi, custodivano segreti proprio come fanno i fiori. Per questo chi ama i fiori ama anche i gatti e viceversa. Molto compiaciuta di questa raffinata conclusione cui era giunta, camelia poté lasciarsi andare al tepore della stanza, sbocciare un po’ di più, stendere i petali e riposarsi in attesa che arrivasse il momento di uscire con madre e ragazzina a fare una passeggiata. Il gatto addormentato rizzò il pelo, come se qualcuno lo avesse sfiorato. E in effetti, nel suo sogno gattesco, qualcuno lo aveva sfiorato ed era stato un fiore rosso, forse una camelia, forse una gardenia.

Oggi è domenica 20 febbraio di un anno con pezzetti di Carnevale e questa Cronaca 714 è tornata dopo una lunga passeggiata e si è sdraiata accanto al gatto, in braccio a ragazzina e ha iniziato a fare le fusa.

sabato 19 febbraio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/713. Nessun vento è più veloce di una ragazzina che corre, neanche la pioggia può andare più veloce


Se la pioggia era stata nuvola era passato tanto tempo, troppo tempo perché potesse ancora ricordarlo. Sì, certo, la sensazione del vento che ti arrotola, ti arrotonda e ti trasporta, questo lo ricordava. Ricordava la sensazione di essere in un gregge, di essere leggera e pesante allo stesso tempo. Ricordava il sole e il cielo azzurro e profondo e l’ombra delle stelle che si affacciava e diventava luminosa mano a mano che la notte scendeva. Qualcosa ricordava, ma stava dimenticando e dopo qualche ora da pioggia, la pioggia stessa sentì che essere nuvola era solo un suo sogno. Quanto piaceva alle pioggia scendere e impregnare la terra e i vestiti degli umani. Le piaceva tanto quanto scivolare sulle foglie, che erano poche e secche perché si era ancora nell’inverno. Si ripromise pioggerella di tornare a visitare gli alberi dopo che i rami si fossero ricoperti di gemme, già se ne intravedevano alcune che occhieggiavano, tonde, cicciotte e pelose. Era rimasta a lungo nell’incavo di un tetto pioggerellina e anche nell’incavo di una mano che si era tesa oltre il davanzale della finestra aperta e ne aveva raccolta un po’ e poi l’aveva lasciata scivolare su una folta chioma scura di ragazzina, quella ragazzina che stava aspettando che la pioggia finisse per poter scendere in strada e riprendere a correre, non c’era niente di più bello al mondo, niente che le piacesse più della corsa. Pensandoci bene si rese conto che non era mai scesa a correre sotto la pioggia ragazzina, così salutò sua madre che era china su un lavoro di cucito e in un attimo fu in strada e scoprì di poter correre veloce tanto quanto pioggerella, anzi di poterla anche vincere e in questa corsa di poter battere anche il vento, perché nessun vento è più veloce di una ragazzina che corre, che sente il cuore che accelera e l’aria che vibra nei polmoni sino a quando il canto della vita non risuona ed è una campana tibetana e un campanile che suonano insieme, è il ronzio delle api ed il suono, il fruscio delle gemme che scoppiano ingannate dal primo sole, della corolla di una gardenia rossa che si schiude e la ragazzina la vede, smette di correre, si ferma. Come starebbe bene sulla giacca della mamma quella gardenia! Così ragazzina la stacca con un pezzetto di ramo, sa che il fiore poteva vivere ancora qualche giorno sul suo ramo, ma sa anche come sarà bella mamma con quel rosso fiore appuntato sul bavero della giacca, un rosso uguale a quello del suo rossetto, quasi ad annunciare la primavera che sta arrivando. Con il fiore strappato in mano riprende a correre ragazzina e la pioggia si ferma a guardare. Poi arretra e lascia che passi, solo qualche goccia si è accomodata sui petali che risplendono ancora di più, soprattutto quando il raggio di sole li colpisce.

Oggi è sabato 19 febbraio di un anno con abbastanza Carnevale e questa Cronaca 713 è ancora fiabesca e corre, corre con ragazzina.

venerdì 18 febbraio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/712. La sensazione di essere pioggia, il coraggio di diventare pioggia

 

Cos’è una città? Si chiese la nuvola piccolina che svolazzava su e giù in un cielo cristallino, portata da un vento dispettoso che continuava a farle il solletico. La nuvola grandicella sapeva già la risposta e si avvicinò alla piccolina per darle qualche spiegazione.

“Una città è dove vivono, lavorano, dormono e mangiano gli umani. Noi le città possiamo vederle dolo dall’alto. Perché se le vediamo troppo da vicino vuol dire che non siamo più nuvola ma pioggia”. La spiegazione era molto interessante, ma la nuvoletta stentava a credere di non poter essere più la stessa nuvola se si fosse avvicinata troppo. Così approfittò di ogni singola zaffata di vento per avvicinarsi sempre più verso la terra e verso le case. Quel che vide le piaceva moltissimo, era proprio curiosa quella nuvoletta. Ma proprio mentre era pronta a lasciarsi andare al tuffo finale, ecco che sbaf! E il vento l’aveva riportato nel gregge delle sorelle, tutte molte, molto più grandi e maestose di quanto non lo fosse lei. Si rassegnò, nuvoletta, pensando che alla prima occasione ci avrebbe riprovato, ma poi guardò il sole e capì che l’attraeva tanto quanto la città degli uomini. “Ma il sole è forse la città delle nuvole?” chiese la nuvolina a una nuvola più grande che stava sonnecchiando proprio in coda alla carovana. “Macché cosa dici nuvolina sciagurata! Mai ti devi avvicinare al sole perché se ti lasci trasportare da una corrente ascensionale gli arriverai talmente vicino che evaporerai in mille e mille goccioline di vapore acqueo e poi più nulla. Nessuno sa cosa accada dopo, nessuno riesce a vedere se in quel vapore c’è ancora traccia della nuvola originaria”. Nuvoletta rinunciò così alla salita verso il sole che non le sembrava poi così interessante. Ma non riusciva a smettere di pensare a quanto le sarebbe piaciuto andare a capofitto verso la città. Fu un momento e riuscì a cavalcare un refolo di vento discendente che la portò giù, giù, sempre più giù a una velocità sorprendente. All’inizio sentì solo un brivido, poi punture, poi scosse elettriche, conosceva quelle sensazioni perché una nuvolona scura e arcigna gliene aveva parlato qualche giorno prima – e badate che un giorno di una nuvola non è come il nostro giorno, il giorno di una nuvola dura tanto quanto un nostro anno. Si lasciò andare nubilotta e all’ennesimo scossone sentì che si stava moltiplicando che ogni sua molecola si stava rimescolando e diventava acqua, acqua piovana. Era questo allora diventare pioggia? Era questa la sensazione? Ma era bellissimo! Ogni goccia era uno sguardo, una carezza, un salto. Nuvolina toccò terra, toccò i tetti e le cime degli alberi. Toccò anche molte teste di umani, i bambini ridevano, le signore un po’ meno, soprattutto se erano state dal parrucchiere. Era felice anche la terra di sentire quel solletico, era felice l’ombrello rosso e il bambino che lo impugnava saltò a piedi uniti in una pozzanghera che nuvolina aveva creato all’improvviso. Fu in quel momento che capì la nuvoletta, capì che essere nuvola è solo una possibilità, ma per conoscere il mondo bisognava avere il coraggio di diventare pioggia.

Oggi è venerdì 18 febbraio dell’anno con un quasi Carnevale e questa Cronaca 712 è diventata pioggia insieme alla nuvolina.

giovedì 17 febbraio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/711. Sentire il mondo con la gioia dell’essere bambini

 

 


 

Il paese dell’infanzia è un luogo fatto di luoghi, di profumi, di sapori. È un luogo di immagini, di sole, un luogo dove i genitori sono eternamente giovani, ci sono ancora i nonni e noi siamo solo bambini che corrono dentro e fuori dall’acqua in una giornata calda di agosto. Ma il paese dell’infanzia è anche un luogo di nebbia bassa, di cielo bianco, di un inverno infinito segnato dalle sirene delle fabbriche, dai giorni di scuola a guardare fuori dalla finestra e a vedere solo le cime degli alberi spogli e la pioggia che cade e cade.

Il paese dell’infanzia è un luogo nel cuore e nella memoria che coincidono in noi, anche se non tutti hanno questo desiderio di ritornare, forse perché non tutti hanno un tempo mitico dove le radici hanno fatto presa nella realtà e nel mondo e hanno dato all’albero dell’immaginazione il modo per crescere e potersi ripiegare su se stesso e nutrirsi della linfa della nostalgia e agitarsi al vento della memoria.

 

 

Dove affondano le radici del tempo

 

 

È un albero che ha radici

nel tempo, un albero fatto

di immagini, un albero dove

i sogni stanno appesi come

frutti maturi. Possiamo

sentire le radici, possiamo

immaginare il mondo

sotterraneo che le nutre.

Così come sentiamo che

soffia il vento del tempo

presente  e che ogni

istante scivola dalla corteccia

giù sino al terreno e cerca

dove fermarsi, cerca un modo

per tornare nel visibile se

la memoria ci avrà fatto

la grazia, se continueremo

a sentire il mondo con la gioia

dell’essere bambini.

 

 

Sto ferma sotto all’albero, sento le radici, le vedo affiorare, la linfa scorre veloce da loro al tronco, ai rami ancora spogli, alle gemme che iniziano a spingere. Oggi è giovedì 17 febbraio del terzo anno senza Carnevale e questa Cronaca 711 se ne sta meditabonda quanto me ad accarezzare il muschio sul tronco dell’albero.

mercoledì 16 febbraio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/710. Benvenuta notte, mio giorno più chiaro

 

 


 

Non cercherò vie di fuga da questa giornata di silenzio e gelo perché anche in quest’atmosfera rarefatta di fine inverno hanno trovato senso anche le prime ore del mattino che non sono riuscite a uscire dal grigio, né le ultime del giorno che hanno faticato a lasciare le strade e gli alberi con cui avevano appena iniziato a prendere confidenza. Anche le stagioni procedono tra queste tensioni, e poi all’improvviso, la mutevolezza della luce annuncia che tutto sta per cambiare, così come la telefonata di una nuova amica illumina il tardo pomeriggio di un sole siciliano. Così le lunghe ore di silenzio e lettura si illuminano di un racconto vivo e l’inverno sembra davvero meno inverno.

 

 

Dove non stavo guardando è arrivata l’ombra dei tuoi passi

 

Cerco un libro, lo sposto,

ne cerco un altro, lo trovo.

Pagina dopo pagina traccio

un sentiero, lascio dei segni

per poter ritrovare il senso

di marcia, per poter riconoscere

o vedere se non stavo guardando,

se stavo cercando l’ombra dei

tuoi passi e la tua assenza mi

ha distratto dal paesaggio

intorno. È fatto di piccole

cose questo giorno, piccole

che si restringono quando

la luce scema e posso

attraversare la soglia della

sera senza perdermi o

ritrovare cose che non

stavo cercando. Benvenuta

notte, mio giorno più chiaro

che non ha bisogno della

luce per declinare il senso

del nostro stare al mondo.

 

 

Parola dopo parola facciamo ordine nel mondo e ci confrontiamo con l’ordine del tempo che muta nella felicità dell’amicizia condivisa e del calore della vicinanza. Oggi è mercoledì 16 febbraio 2022, terzo anno senza Carnevale e questa Cronaca 710 brilla come una lucciola fuori stagione.

martedì 15 febbraio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/709. Redimere in silenzio un mondo buio

 


 

 

Una giornata gelida di pioggia, niente passeggiate, molto lavoro e nessuna poesia che bussa alla mia porta. Sono inutili i tentativi della Cronaca di irretirmi, me ne sto bene al calduccio anche senza il calore delle mie stesse poesie. Preferisco leggerne questa sera e recupero diversi testi di Gottfried Benn, tutti molto belli, sul blog Poesia in rete e decido di prenderne uno per la mia scrittura quotidiana.

 

 

Brina

 

Qualcosa si è dissolto

dalle arie nebulose e di notte

è cresciuto come un’ombra bianca

lungo l’abete, l’albero, il bosso.

 

E risplendeva come il morbido

bianco che cade dalle nubi,

e redimeva in silenzio un mondo buio

tramutandolo in pallida bellezza.

 

 

 

Mi piace sempre quando la poesia arriva come risposta a domande che non ho fatto, che ancora non ho fatto. Così continua a leggere Benn, vado a prendere i suoi libri e mi metto comoda, con questa Cronaca 709 acciambellata come un gatto davanti al fuoco. Forse cadrà la neve, forse qualcuno si sveglierà nel cuore della notte e aprirà a caso un libro o questo blog e le stesse risposte lo raggiungeranno e le domande si materializzeranno come il nostro fiato nelle albe invernali e il gelo inciderà nuove sillabe sulla finestra che protegge il mondo dal nostro sguardo. Oggi è martedì 15 febbraio 2022, il terzo anno senza Carnevale.

la poesia di Gottfried Benn, tradotta da Paola Quadrelli è stata pubblicata dalla rivista “Poesia”, Anno XV, Gennaio 2002, N. 157, Crocetti Editore.

lunedì 14 febbraio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/708. Sembra rovesciato il mondo nei pomeriggi invernali

 

 


Sono uscita anche oggi per una breve passeggiata all’imbrunire, ma faceva freddo, il vento gelido e la pioggia mi hanno spinta a rientrare a casa il prima possibile. Così ho fatto, incerta se riprendere in mano gli appunti del pomeriggio o rimettermi a rileggere la parte finale del romanzo nuovo. Così ho fatto e mi sono lasciata riprendere dalla storia e dai miei personaggi, mentre la Cronaca nuova, non ancora scritta, grattava alla porta come un gatto curioso e così ho dovuto lasciarla entrare. Aveva questa poesia per me e l’ho accettata.

 

 

Canto per un lunedì invernale

 

Posso lasciare il tuo nome

in bilico tra l’abete e questo

cielo bianco che copre nuvole

addormentate e un vento ancor

più improbabile, quieto come

sta sulla cima dei rami. Sembra

rovesciato il mondo, non senti

quanto silenzio dove prima

brillavano le luci della

sera? Ma tu non rispondi, non

puoi, neanche se ti ho chiamato,

non puoi, perché hai smarrito

il mio nome e anche la mia voce.

 

 

È così dolce sentire le parole che scorrono tra le dita e il foglio, scivolano e occupano il posto che già stavano reclamando, perché le parole amano anche l’inverno e i suoi infiniti lunedì.

Oggi è proprio un lunedì, il 14 febbraio del terzo anno senza Carnevale e questa Cronaca 708 ha preso molto sul serio il suo essere gatto e si sta lisciando le zampine, io la guardo in silenzio.