martedì 31 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/814. Abbiamo vissuto nell’ordine del tempo

 

 


 

La pittura è stata spesso foriera di folgorazioni nel corso della mia vita ed è accaduto di nuovo anche oggi alla mostra Tiziano e l’immagine della donna nel Cinquecento Veneziano. Sono esposti anche quadri di Tintoretto, Paolo Veronese, Giorgione, Palma il Vecchio e molte delle opere sono di grande bellezza. Ma la forza espressiva di Tarquinio e Lucrezia, dipinto tra il 1570 e il 1576, probabilmente l’ultimo quadro dell’artista, mi ha fatto molto riflettere sulla potenza espressiva dell’ultima fase della vita. Perché è vero, così come esistono artisti che brillano nel loro massimo fulgore durante la giovinezza, Rimbaud vale per tutti, ci sono artisti che cambiano, maturano, crescono anno dopo anno. Crescere non è forse il verbo adatto, utilizzare la parola crescita come sinonimo di miglioramento è una stortura della mentalità economicista della nostra epoca. Nel suo ultimo dipinto Tiziano ha rinunciato, o forse dovuto rinunciare, alla chiarezza del tratto, alla limpidezza dei lineamenti, ma quanta potenza emerge da una scena di violenza senza tempo? È come se il tempo fosse un setaccio e attraverso le sue maglie sempre più strette, solo le cose più importanti arrivano a risplendere proprio mentre è la luce del tramonto che illumina la vita. Un altro quadro meraviglioso è di Palma il Vecchio, un ritratto di donna nota come “la Bella” e la sua bellezza davvero ci giunge intatta dai quasi cinquecento anni che ci separano.

 

Quando la luce svanisce

 

 

Se guardo il tuo viso

liscio, privo di rughe,

riesco a immaginare

tutti i sentieri che saranno

scolpiti dalla vita. Se

guardo il tuo viso segnato

e sfioro i segni del tempo,

so che hai vissuto e

che nell’ordine del tempo

sei entrato. Un tempo

che era nostro, che è

nostro anche se la luce

scema sul filo dell’orizzonte.

 

 



Così anche questo mese finisce e oggi, martedì 31 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra, ha raggiunto il limite dell’orizzonte e si congeda con questa Cronaca 814, rugosa e allegra.

lunedì 30 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/813. Non una tregua – un dono per questa terra folgorata

 

 


 

Libri, montagne di libri, enciclopedie. Ti chiedi perché non li hai ancora letti tutti, ma no, forse li hai durante quei meravigliosi e interminabili pomeriggi d’infanzia, quando il tempo si tendeva come un elastico e come un elastico ti lanciava in mondi vasti e sconosciuti. Quanto ho viaggiato durante quegli anni, quanto mi sono appassionata alla lettura, quanto è stato difficile prendere commiato da quella cameretta e dai sogni generati dai libri e dall’attesa. Ma ora tutto è compiuto, le cose hanno trovato altre destinazioni, i libri nuovi lettori e la casa avrà una nuova vita, una nuova famiglia. La vera natura delle cose è il mutamento, l’essere create e usate, poi trasmesse o gettate. Quasi niente di ciò che pertiene noi umani è eterno, ma non siamo capaci di resistere al fascino degli oggetti, alla loro importanza affettiva, prima ancora che al valore intrinseco o d’uso. Gli oggetti ci parlano, si parlano da una generazione all’altra, ci accompagnano, a volte ci opprimono, a volte ci servono. Prendo con me un’edizione dei Promessi Sposi illustrata da Giorgio De Chirico, trascino un frammento di passato nel futuro e mi accontento. È così strana la vita in questo scorcio di tempo e di spazio, è così difficile dare un senso alle cose che accadono a prescindere da noi e dalla nostra volontà, cioè quasi tutte.

Apro a caso Antonella Anedda e leggo:

 

 

XIII

 

          a Nathan Zach

 

 

 

Anche questi sono versi di guerra

composti mentre infuria, non lontano, non vicino

seduti di sghembo a un tavolo rischiarato da lumi

mentre cingono le porte di palme

anche questo è un canto verso Dio

che chini lo sguardo sui suoi vermi e ci travolga

amati e non amati.

Non una tregua – un dono

per questa terra folgorata.

 

 

 

Il poco della poesia è il dono più grande, è la preghiera laica che arriva a credenti e non credenti. E questo mi basta per oggi, lunedì 30 maggio del terzo anno senza Carnevale e per la sua Cronaca 813, folgorata da questa poesia.

domenica 29 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/812. Forse l'anima non esiste ma esistono i suoi luoghi

 

 


La poesia di Antonella Anedda è tra le mie preferite in assoluto, così anche per oggi ne scelgo una tratta da Notti di pace occidentale:

 

 

Irgendwo in RuBland ist meine Seele.
Gertrud Kolmar

In qualche luogo in Russia esiste la mia anima
se anima si chiama
questo ascolto del corpo a gola tesa: voce – e libri
libri simili a ferri tra le pietre di un monte
metalli su cui posare i piedi lentamente.
Dunque non solo carta – immagini:
steppa, slitta, sonagliera
ma in quell'uscire del corpo dall'infanzia
colori netti come mai accade da bambini
non un dio ma un'orma nelle cose
come se a ogni forma potessimo levare il suo sigillo.

 

Forse l'anima non esiste ma esistono i suoi luoghi
la distanza: verste da percorrere a ritroso
una lingua capace di dire ciò che preme
suono, frontalità, selvatiche radici
respiro di pianure
sì respiro – per lo stretto di un´isola
e al posto delle rime
il ritmo di un pensiero
mai udito
inaudito
come sempre è cercare concisione nell'altezza.

 

 

 

Mi è sempre piaciuto come le steppe russe si confondono con i paesaggi rocciosi della Sardegna settentrionale, come lo sguardo poetico e le lingue si confondano e cerchino redenzione in un unico paesaggio immaginario che sta solo nell’anima del poeta.

Questa Cronaca 812 se ne sta accanto a me sul tavolo, acciambellata come un gatto, e oggi è domenica 29 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra.

sabato 28 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/811. Chiamo lingua questo destino della forma, l’azzurro dei suoi segni

 

  


Oggi a Milano soffiava un ventaccio anomalo che sembrava la Bora triestina, forse è così che la città mai più silenziosa protesta perché non ha il mare. Era talmente forte questo vento che faticavo a tenere gli occhi aperti, e così sono uscita per andare a passeggio e poi fermarmi a leggere in qualche baretto del quartiere e me ne sono tornata a casa senza neanche avere fatto la spesa, perché era quasi impossibile stare all’aperto. Così me ne sono tornata a casa, ma ero contenta lo stesso perché sto leggendo i Diari di Virginia Woolf, il primo volume per la precisione, e quando leggo VW sono sempre felice anche se per ora non è successo ancora niente di rilievo. La seconda contentezza di questo sabato e che ho buttato via ancora un po’ di vecchie carte ormai inutili, la terza contentezza è che ho deciso di rivedere i tre film di Millennium, la saga originale di Lisbeth Salander, che mi piace molto. Perché mi piace molto? Perché Lisbeth è una che non si arrende mai e poi mai, un’anima solitaria avanza nella vita come una nave rompi-ghiaccio. E poi scelgo un’altra poesia di Antonella Anedda:

 

a Franco Scataglini

 

Anche per me la Russia

Era lunarità dolente

- tundra senza alture –

cupole radenti

al deserto dei prati.

 

Anch’io sono uno scriba

con un tavolo breve che si piega

la schiena indifesa – la cera rappresa tra le dita.

 

Chiamo lingua questo destino della forma

l’azzurro dei suoi segni, il foglio

come luna tra le foglie.

 

Nel vetro di un vagone

vedo me stessa buia

venire col suo pegno

di ombra e di paura

fino allo spazio ardente

del nome che si perde.

 

 

Ecco che ora posso salutare questo sabato 28 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e la sua Cronaca 811, azzurra e ventosa.

venerdì 27 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/810. La nuova vita degli oggetti quando vengono donati

 

 


 

Mi interessa? Mi serve? Lo guarderò, userò ancora? Ci sono affezionata? Mi trasmette gioia o noia? Ho iniziato a frugare nella collezione di bigiotteria e ho individuato due collanine di pasta di vetro, una beige a filo singolo e l’altra rosa un filo e azzurro l’altro, ho anche scelto un braccialetto di filo di rame e corallini che mi aveva fatto un’amica di gioventù e poi un paio di orecchini ricavati da due piccole conchiglie bianche e beige, molate e incastonate in un filo di metallo. Poi ho scelto anche un paio di borsette mai usate, una tracolla di pelle arancione, molto anni Settanta e poi anche una minuscola borsetta da sera in seta nera con ricami d’argento, comprata ennemila anni fa. E ho pescato anche tra i libri comprati in doppio o triplo negli anni per farne poi dono: Da una stanza all’altra e Le lettere del mio nome, Sognami ancora di Grazia Livi, i racconti di Katherine Mansfield nell’edizione Oscar Mondadori, Nuove Poesie. Requiem, Le elegie duinesi di R. M Rilke, Canone Inverso di Paolo Maurensig, A occhi aperti. Conversazioni con Matthieu Galey di Marguerite Yourcenar, To the lighthouse  di Virginia Woolf, Paula di Isabel Allende, In fuga  di Anne Michaels, Diario di una scrittrice di Virginia Woolf, Il giunco mormorante di Nina Berberova, Ci sono bambini a zig zag e Vedi alla voce: amore di David Grossman, Vita breve di Katherine Mansfield di Pietro Citati, Le imperdonabili e Cuori pensanti di Laura Boella, Rainer Maria Rilke. Un incontro di Lou Salomé, Scrivere giorno per giorno di Christian Scharf e Scrivere Zen di Natalie Goldberg. È una strana manai quella di avere comprato libri doppi per poi regalarli, ma sono contenta di averlo fatto, perché la maggior parte sono ormai introvabili. La destinataria di questi doni è A., una ragazzina bella e talentuosa, che ha studiato violino per moltissimi anni e ama leggere. Spero che questi doni le piacciono, che i libri entrino a far parte del suo bagaglio culturale e della sua anima. (So per certo che le sono piaciuti moltissimo!) E sono così contenta di avere fatto dono di un pezzetto del mio mondo a una giovane donna che sul mondo si sta affacciando. È anche questo il senso di farsi mentori di giovani desiderosi di apprendere e io sono gioiosa perché lo sto facendo. Dopo questo incontro pomeridiano è seguita una bella cena in famiglia in un ristorante giapponese molto buono e questa Cronaca 810 di venerdì 27 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra, ha camminato sul filo del tempo e si è goduta questi piccoli piaceri che la vita ci offre anche in tempi tristi e difficili come questi.

giovedì 26 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/809. Il vento cade. Le mani spostano nel buio le tazze per la sera

 


Guardare Milano dall’alto e dal bello delle terrazze a casa del mio amico Luciano. Chiedere i nomi delle piante e dei fiori, respirare il profumo dei gelsomini, ammirare la luce che avvolge la città dall’alto mentre i rumori arrivano attutiti, gustare insieme un’ottima cena a base di parmigiana di melanzane, asparagi con le uova, insalata di pomodori, finocchi e cipolle di Tropea, crema pasticcera con le fragole fresche. Raccontarsi molto del proprio passato, dei primi amori, vedere la luce che scema lenta e dolce, in una di quelle belle serate estive come a maggio non se ne vedevano da anni. Ecco un’altra giornata da extra-mondo, dove dopo il lavoro ci sono le cose vere e importanti come l’amicizia. Porto sempre con me Notti di pace occidentale e lo leggo e rileggo:

 

Di colpo il giorno perde il suo rancore. Gli alberi

lo stretto cortile. Ombre di muri a picco

e cupo bianco di uccelli

trascinati con altro bianco tra i meli.

Fissa il tuo corpo nell’asta della siepe

in questa umiliazione di fogliame abbassato

falce di ramo, cespuglio di qualcosa

che da lontano ci tormenta.

Un battito leggero di bastoni, forme ardenti e veloci

strette a un incubo segreto

l’arancia, lo sferico inganno di quel rosso

in un cesto di ferro.

 

Il vento cade. Le mani spostano nel buio le tazze per la sera.

È questo che ci fa tremare?

questo spazio che non saprà mai nulla, la notte che si compie

qui dove il cibo si addensa?

Guardo il tuo piede scostare un lembo scuro

forse un dorso di bestia ormai sottile

e la terra ritrarsi anche lei, buia, leggera.

Ora tutto è vicino incustodito

forse basterebbe uno scatto per capire – qui

contro i sassi – nell’aria, nell’aiuola.

 

Ma è solo notte

notte l’angolo esatto che ci stringe la nuca.

 

 

Poi si è fatto tardi, sono ritornata a casa con l’ultimo metrò, la città era ancora piena di gente, e oggi era giovedì 26 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 809 vorrebbe mangiare ancora le fragole con la crema pasticcera.

mercoledì 25 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/808. Il vento di maggio soffia dall’Isola al Continente

 


 

Nel poco e nel difficile di questi giorni, sfoglio libri di poesia come fossero oracoli. Cerco poesie che ricordo, rileggo poesie che ho dimenticato. Questa è di Antonella Anedda, tratta da Notti di pace occidentale:

 

Maggio, notte

                                                                             a mia madre e mio padre

 

 

Vento di maggio da Bonifacio a Corte, maestrale dalle Bocche a ritroso fino a Santa Teresa e a sud del sud fino al Campidano. Arcipelaghi a stella e furore di bellezza senza dei. Le mucche sfilano per la festa di Sant'Efisio con le corna circondate di fiori, avanzano con il mare luce-bianca sul dorso.

 

Laggiù - l'orizzonte. Qui - nella stanza - muore il cane più amato con il muso socchiuso alla luce quasi finito da una mano invisibile.

 

 

È tutta chiusa nel vento questa giornata che è mercoledì 25 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa sua Cronaca 808 soffia in tutto questo vento.

martedì 24 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/807. E se Eraclito e Parmenide avessero ragione contemporaneamente

 


Tornare in un martedì ricco di commissioni e lavoro a uno dei miei libri di poesia preferiti di Adam Zagajewski, Dalla vita degli oggetti:

 

Lava

 

E se Eraclito e Parmenide

avessero ragione contemporaneamente

e due mondi esistessero affiancati

uno tranquillo, l’altro folle; una freccia

scocca immemore, e l’altra indulgente

la osserva; lo stesso flutto si frange e non si frange,

gli animali nascono e muoiono nello stesso istante,

le foglie di betulla giocano con il vento e al contempo

si struggono in una crudele fiamma rugginosa.

La lava uccide e serba, il cuore batte e viene colpito,

c’era la guerra, la guerra non c’era,

gli ebrei sono morti, vivono gli ebrei, le città bruciarono,

le città rimangono, l’amore avvizzisce, il bacio è eterno,

le ali dello sparviero devono essere brune,

tu sei sempre con me, anche se non ci siamo più,

le navi affondano, la sabbia canta e le nuvole

vagano come veli nuziali sfilacciati.

Tutto è perduto. Tanto incanto. I colli

reggono cauti lunghi stendardi boscosi,

il muschio sale sul campanile di pietra della chiesa

e con labbra minute timidamente loda il Settentrione.

Al crepuscolo i gelsomini brillano come lampade

folli stordite dalla propria luce.

Nel museo davanti a una tela scura

si stringono pupille feline. Tutto è finito.

I cavalieri galoppano su cavalli neri, il tiranno scrive

una sgrammaticata condanna a morte.

La giovinezza si dissolve nell’arco

di un giorno, i volti delle fanciulle si fanno

medaglioni, la disperazione volge in estasi

e i duri frutti delle stelle crescono nel cielo

come grappoli d ’uva e la bellezza dura, tremula, immota

e Dio c’è e muore, la notte torna a noi

sul fare della sera, e l’alba è brizzolata di rugiada.

 

 

I versi di questa magnifica poesia sono tutti pronti per diventare titoli delle nuove Cronache o di future poesie apocrife. Vedrò nei prossimi giorni cosa accadrà. Oggi è martedì 24 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 807 ha scelto di essere euclidea e credo abbia ragione.

lunedì 23 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/806. Come se non fossimo dotati dell’orecchio assoluto per il silenzio

 

 


Dato che il lunedì è sempre lunedì, mi abbevero alla fontana dell’amarezza indolente di noi fortunati abitanti occidentali e vado a pescare tra le poesie di Adam Zagajewski e ne scelgo una tratta da Prova a cantare il mondo storpiato (Interlinea, 2019), a cura di V. Parisi:

 

 

In prima persona plurale

 

A Julian Kornhauser

 

Indossiamo parole usate, enfasi e disperazione

corrose dalle labbra altrui,

camminiamo sulle botole dell’altrui spavento,

in un’enciclopedia scopriamo la vecchiaia,

di sera fingiamo che sia scoppiata la guerra,

conversiamo con Baczyński,

facciamo in fretta i bagagli,

ci ricordiamo dei poeti d’un tempo,

andiamo in stazione, condanniamo il fascismo,

e poi trionfalmente,

in uno scompartimento di prima classe,

in prima persona plurale,

diamo voce a tutta la nostra perspicacia,

come se non fossimo dotati

dell’orecchio assoluto per il silenzio.

 

 

 

Questa poesia mi ravviva il senso di impotenza e frustrazione per la guerra che non solo non finisce, ma si è come fermata in un tempo sospeso segnato dal battito moribondo dei siti d’informazione che hanno raffreddato l’enfasi guerresca di questi primi tre mesi di guerra. Così, forse è davvero meglio esercitare l’orecchio assoluto per il silenzio che ai poeti non può certo mancare. Oggi è lunedì 23 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 806 si tace con me per andare a dormire. 

domenica 22 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/805. Nella città di vetro dimorano i pittori e i poeti

 

 

Oggi ho trascorso una piacevolissima domenica con i miei vecchi e carissimi amici Lucia e Roberto. Lei è anche una ex-collega con cui ho fatto un viaggio magnifico a Lampedusa giusto venti anni fa e lui è un pittore eccezionale con il quale collaboro pure da venti anni. non ci vedevamo da prima dello scoppio della pandemia, anche se siamo rimasti sempre in contatto, e ritrovarsi è stato come essersi lasciati il giorno prima. Così tra buon cibo e buon vino, in un trionfo di peonie e rose che ho regalato a Lucia che ama i fiori, la giornata è trascorsa nella frescura della loro bella casa. Una giornata dove Roberto mi ha mostrato molte delle opere che ha dipinto e disegnato in questi due anni ed è stata una gioia vedere opere vecchie e nuove. E la grande emozione di rivedere La città di vetro intorno alla quale avevo scritto questa prosa che mi piace riproporre.

 

“Aspettavo ogni giorno, in piedi sulla riva del lago, che la città si rivelasse ai miei occhi. In pochi credevano che esistesse, chi l'aveva veduta era impazzito, chi aveva donato al dio delle risa i suoi pensieri aveva smesso di cercare, chi era partito non aveva più  trovato il filo del ritorno. O forse si era solo lasciato morire nel lago per non dire la propria sconfitta.

Cosa resta di un uomo che ha perduto la sua visione? Cosa resta di un uomo che ha smesso di desiderare?

Ah maledetta mattina in cui i miei occhi d'infanzia hanno visto per un attimo, perfetto e rotondo, gli altissimi palazzi, i monumenti, le strade della città di vetro rilucere nel mio mattino.

Il sole attraversava le antiche mura dando loro consistenza e colore.

Le acque del lago, bianche nel riverbero dell'alba, si aprirono come uno specchio e la città si mosse dal centro dell'acqua sino a me.

Le mie mani diventarono azzurre, la mia fronte splendeva, il cielo era rosso come i lamponi, rosso come il sangue, rosso come i papaveri, rosso come un bambino vede il rosso.

Mia madre mi chiamò dalla porta di casa, la città scomparve, io persi la visione e imparai a desiderare.

La città è in me da quel giorno, l'ho rubata al lago. Nessuno da allora ha più detto di averla veduta, tutti continuano a cercarla, io la custodisco come un segreto, come un tesoro rubato.

La città non ha parlato, non ha rivelato ancora a nessuno il suo mistero, non ha  raccontato le  sue storie.

La città dorme nel centro del lago, i suoi abitanti sono fatti di buio, i suoi abitanti sono fatti di stelle. Se così non fosse loro pure avrei veduto.

Io cerco una città che custodisco in me e dietro i miei occhi marchiati dal sole, è una galassia dalle braccia colorate che ruota verso sinistra a dirmi che la città è la sua capitale.

Io sono il palazzo con le finestre aperte e bianche, io sono la città intera e la galassia che ruota.

Mia madre mi sta ancora chiamando, ferma sulla porta della cucina.

La città porta il mio nome, io porto il volto di questa città.

Perché‚ un palazzo non basta a contenere la mia visione.

Io non ho perduto nulla se non il coraggio di guardare. Lascio che i colori si sciolgano sulle mie mani, imprecisi come un ricordo lontano, sfumati come il sapore della tua bocca la prima volta che ti ho baciata.

La città dorme in me, tranne quel poco che ho lasciato sulla tela.

Il cielo è rosso, le mie braccia stanche.

Io sono la visione, quel cielo rosso, io sono la tela e la ragione, la voce che fa vibrare l'acqua del lago.

Io sono, perché‚ in quell'acqua cerco il mio vero volto”.

 

Ecco che finisce anche questa domenica 22 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 805 ancora si aggira per la città di vetro.

sabato 21 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/804. Ma ecco il primo uccello che consegna il suo canto


 


Svegliarsi il mattino presto di sabato, quando il mondo inizia a tirare il respiro e a prepararsi alla festa è uno dei momenti migliori della settimana. Oggi mi sveglio ancora in compagnia di Billy Collins.

 

Aubade

 

Se vivessi nella casa di fronte a me
e fossi seduto al buio
sul bordo del letto
alle cinque del mattino,

mi potrei chiedere che cosa ci fa
la luce accesa nel mio studio a quest’ora,
eppure eccomi alla mia scrivania
nel mio studio a chiedermi la stessa identica cosa.

So che non dovevo alzarmi così presto
per aprire con un coltellino
i pacchi di giornali all’edicola
come potrebbe pensare l’uomo della casa di fronte.

È ovvio che non sono un agricoltore o un lattaio.
E non sono l’uomo della casa di fronte
che siede al buio perché sonno
è sua madre e lui uno dei suoi tanti orfani.

Forse sono sveglio solo per ascoltare
il tenue stridulo tintinnio,
del tungsteno nell’unica lampadina
che ha lo stesso suono del fruscio degli alberi.

O il mio compito è solo quello di stare seduto immobile
come il bicchiere d’acqua sul comodino
dell’uomo della casa di fronte,
immobile con la fotografia di mia moglie in cornice?

Ma ecco il primo uccello che consegna il suo canto,
ed ecco il motivo del mio essere in piedi:
per catturare la canzone di tre note di quell’uccello
e aspettare ora assieme a lui una risposta.

 

Ma che risposta ho aspettato io per tutto il giorno? Nessuna risposta è arrivata, solo domande, domande a non finire sul tempo, sulla guerra, sulla vita e sulla morte.

Oggi è sabato 21 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 804 ha passeggiato silenziosa con me tutto la giornata.

venerdì 20 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/803. Le scuse della poesia: chiedo scusa al caso se lo chiamo necessità

 



Non sono proprio certa di condividere tutte le scuse di Wislawa Szymborska, ma la poesia ha un suo perché e io mi sono lasciata trascinare dal ritmo e dalle immagini più che dal significato. A volte bisogna anche abbandonarsi a questo stare nelle parole senza porsi troppi perché, senza vivere nel senso di colpa e nel rimpianto. A volte bisogna vivere e basta, così come accade in questi giorni di una guerra sempre più stanca e dall’esito ancora imprevedibile.

 

 

Sotto una piccola stella

 

Chiedo scusa al caso se lo chiamo necessità.

Chiedo scusa alla necessità se tuttavia mi sbaglio.

Non si arrabbi la felicità se la prendo per mia.

Mi perdonino i morti se ardono appena nella mia memoria.

Chiedo scusa al tempo per tutto il mondo che mi sfugge a ogni istante.

Chiedo scusa al vecchio amore se do la precedenza al nuovo.

Perdonatemi, guerre lontane, se porto fiori a casa.

Perdonatemi, ferite aperte, se mi pungo un dito.

Chiedo scusa a chi grida dagli abissi per il disco col minuetto.

Chiedo scusa alla gente nelle stazioni se dormo alle cinque del mattino.

Perdonami, speranza braccata, se a volte rido.

Perdonatemi, deserti, se non corro con un cucchiaio d’acqua.

E tu, falcone, da anni lo stesso, nella stessa gabbia,

immobile con lo sguardo fisso sempre nello stesso punto,

assolvimi, anche se tu fossi un uccello impagliato.

Chiedo scusa all’albero abbattuto per le quattro gambe del tavolo.

Chiedo scusa alle grandi domande per le piccole risposte.

Verità, non prestarmi troppa attenzione.

Serietà, sii magnanima con me.

Sopporta, mistero dell’esistenza, se strappo fili dal tuo strascico.

Non accusarmi, anima, se ti possiedo di rado.

Chiedo scusa al tutto se non posso essere ovunque.

Chiedo scusa a tutti se non so essere ognuno e ognuna.

So che finché vivo niente mi giustifica,

perché io stessa mi sono d’ostacolo.

Non avermene, lingua, se prendo in prestito parole patetiche,

e poi fatico per farle sembrare leggere.

 

 

E così è arrivato anche venerdì 20 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 803 non chiede scusa proprio per niente e impettita continua a leggere e rileggere questa poesia cercando un senso.

giovedì 19 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/802. La luce mette in corsivo ogni cosa che tocca

 

 


 

Saccheggio ancora Balistica di Billy Collins per il titolo di questa Cronaca e poi mi metto a girovagare in questi versi:

 

E dovrei ricordare la luce

che entra dalle grandi vetrate a quest’ora del giorno

e mette in corsivo ogni cosa che tocca.

 

 

È davvero la luce che scrive il mondo, lo rende visibile. Ma senza l’ombra il lavoro è imperfetto. E qui ricorro a un maestro dell’ombra il giapponese Junichiro Tanizaki e il suo Libro d'ombra:

 

 

 

“L'inchiostro di china acquarellato (il sumi e) è, tra i generi della pittura, quello a cui vorrei paragonare la stanza giapponese. Dove l'inchiostro sfuma, la è lo shoji; dove si addensa, là è è il toko no ma. Ogni volta che mi accade di vedere un toko no ma di particolare eleganza, mi meraviglia la dimestichezza che i Giapponesi hanno con i segreti dell'ombra. Con quanta raffinatezza sono state distribuite luce e oscurità! Niente di maniera e di artificioso: solo uno spazio spoglio, la semplicità del legno, la nudità delle pareti. I raggi luminosi che vi penetrano provocano, ora in questo, ora in quell'angolo, il raggrumarsi dell'ombra. Osservate come minuscolamente annotti dietro i travicelli, o tra i fiori, o sotto una mensola. Non è altro che ombra, comunissima ombra; e tuttavia, com'è alto il silenzio nelle anfrattuosità dell'aria, e com'è inalterabile la quiete! Non sarà forse condensata, in quelle chiazze taciturne, la cosa che gli Occidentali chiamano: "il mistero dell'Oriente"? Anch'io da bambino, ero percorso da un brivido, quando il mio sguardo si sviava in quegli angoli del soggiorno, o del salotto, dove la luce non giungeva mai.

In verità, non esistono né segreti, né misteri: tutto è magia dell'ombra”.

 

Così, presa tra luce e ombra, tra casa e giardino, tra narrativa e poesia, continuo il mio imperfetto stare nella soglia, il luogo preciso dove nascono sillabe e versi.

 

Oggi è giovedì 19 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 802 è una perfetta sintesi degli opposti che si completano.

mercoledì 18 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/801. Oggi è un giorno di primavera così perfetto

 


Continuo a bighellonare tra vecchi libri di poesia e vecchi quaderni di appunti e abbozzi. Ho continuato a buttare vecchi quaderni di lavoro che non mi serviranno mai più e sto cercando di dare un senso e un ordine a tutte le scritture giovanili che sono molte, molte di più di quanto non mi fossi resa nello scorrere degli anni. per ora le metto in ordine, poi arriverà il tempo della selezione, ma quel tempo non è ancora oggi. Oggi però è il giorno giusto per una bella poesia di Billy Collins tradotta da Franco Nasi e tratta dalla raccolta Nine Horses, che credo sia ancora inedita in italiano.

 

 

Oggi

 

 

Se mai ci fosse un giorno di primavera così perfetto,

reso ancor più bello da una calda brezza intermittente,

da spingerti a spalancare

tutte le finestre di casa,

e ad aprire la porticina della gabbia del canarino,

anzi, a rimuoverla dallo stipite,

un giorno in cui i vialetti di freschi mattoni

e il giardino che scoppia di peonie

sembrassero incisi nella luce del sole

da farti venir voglia di prendere

un martello per il fermacarte di vetro

del tavolino del salotto

e  liberare così gli abitanti

dal cottage coperto di neve

perché possano uscire

tenendosi per mano e ammirare

questa cupola più grande azzurra e bianca,

be’, oggi sarebbe proprio un giorno così.

 

 

E oggi è anche mercoledì 18 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 801 passeggia tra le peonie in giardino.

martedì 17 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/800. La gioia di scrivere circondati da un assedio di frasi

 

 


In questi giorni sono rimasta intrappolata nella poesia di Wislawa Szymborska e non ho proprio voglia di essere altrove, anzi mi sento proprio come la cerva di questa poesia, come se anche io fossi solo una creatura scritta.

 

La gioia di scrivere

 

Dove corre questa cerva scritta in un bosco scritto?

Ad abbeverarsi a un’acqua scritta

che riflette il suo musetto come carta carbone?

Perché alza la testa, sente forse qualcosa?

Poggiata su esili zampe prese in prestito dalla verità,

da sotto le mie dita rizza le orecchie.

Silenzio -anche questa parola fruscia sulla carta

e scosta

i rami generati dalla parola «bosco».

 

Sopra il foglio bianco si preparano al balzo

lettere che possono mettersi male,

un assedio di frasi

che non lasceranno scampo.

In una goccia d’inchiostro c’è una buona scorta

di cacciatori con l’occhio al mirino,

pronti a correr giù per la ripida penna,

a circondare la cerva, a puntare.

 

Dimenticano che la vita non è qui.

Altre leggi, nero su bianco, vigono qui.

Un batter d’occhio durerà quanto dico io,

si lascerà dividere in piccole eternità

piene di pallottole fermate in volo.

Non una cosa avverrà qui se non voglio.

Senza il mio assenso non cadrà foglia,

né si piegherà stelo sotto il punto del piccolo zoccolo.

 

C’è dunque un mondo

di cui reggo le sorti indipendenti?

Un tempo che lego con catene di segni?

Un esistere a mio comando incessante?

 

La gioia di scrivere.

Il potere di perpetuare.

La vendetta d’una mano mortale.

 

 

Come dice bene l’ebbrezza del poeta, come intesse il mistero dello scrivere versi con una gioia che non ha eguali. Per questo l’ho scelta per questa Cronaca 800 di martedì 17 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra. Tutti questi 800 giorni sono intessuti di poesia che ho scritto, letto e copiato, poesia che è gioia e anche salvezza e salute mentale.