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venerdì 24 giugno 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/838. Quanto sei bella Roma quando è sera

 


  

Prima di partire dall’Umbria per Roma, sono rimasta parecchio a guardare il lago Trasimeno e la bellezza del paesaggio intorno, quanto mi è mancato viaggiare in questi anni…. come a tutto il resto del mondo. Ormai faccio davvero fatica a restare seduta davanti al computer a lavorare, fare call, corsi. Via, via, via… voglio stare in giro, ascoltare la voce delle persone dal vivo, abbracciarle, fermarmi a guardare il cielo e continuare a pensare che in questa bolla di mondo che il destino ci ha riservato, possiamo fare finta di niente e vivere come se non ci fossero la guerra, la pandemia in recrudescenza, la siccità. È davvero uno scenario da pre-apocalisse, ma lo ignoro, volutamente. Raffaella mi accompagna alla stazione e poi parte per uno dei suoi molti viaggi di lavoro. Ho il tempo di fare colazione in pasticceria e fare un po’ di osservatorio antropologico, una delle mie attività preferite. Colgo frammenti di conversazione tra la barista e gli avventori, poi vado in stazione dove una pattuglia della Polizia di Stato, chiede i documenti a tutti i presenti. Finalmente è ora di partire, il viaggio per Roma non è lungo, e sui treni regionali si vede la vera Italia che viaggia, lavora, dorme, ride, ascolta musica ad alto volume. Quel che non ho calcolato è che il treno regionale arriva alla stazione Termini nell’ultimo binario, proprio fuori, fuori, e sotto un sole cocente bisogna trascinarsi sino all’uscita. Affaticata non prendo in minima considerazione l’idea di andare coi mezzi pubblici e prendo un taxi, in una coda di taxisti nervosi che temono che gli altri rubino i clienti, che pure sono tanti. Infatti, due litigano violentemente e si prendono a male parole, alla fine salgo sul mio taxi e dopo aver dato l’indirizzo della mia amica Camilla, mi immergo nella bellezza eterna della città eterna, assediata da cinghiali e rifiuti, ma non in tutti i quartieri. Quando arrivo lei e suo figlio Nico mi stanno aspettando per il pranzo. Prima mangiamo una zuppa fredda di zucca e carote, poi pomodori ripieni di riso al forno, insalata fredda di pollo, mozzarella e pomodoro. Mangiamo un poco di tutto e avanzerà abbastanza cibo per il mio pasto serale. Dopo pranzo Nico sparisce in camera sua e io e Camilla ci adagiamo sui divani paralleli del soggiorno e iniziamo a parlare di Celan, Kafka, Bachmann, di tutte le cose accadute in questi anni, dei figli cresciuti, dei libri scritti e da scrivere. Nel tardo pomeriggio Camilla e suo marito Paolo partono perché devono seguire dei lavori nella casa in campagna, che è in Umbria, non molto lontano da Piegaro, dove ero io sino a qualche ora prima. Quando loro sono partiti e sono rimasta sola in casa ho sentito forte le stesse emozioni che ho provato la prima volta che sono venuta a trovarli, un senso di casa e di famiglia, loro hanno quattro figli, e di benessere. Resto per un po’ ancora a leggere allungata sul divano, poi vado in terrazza ad ascoltare le rondini, a guardare un cielo che si tinge di rosa, ad ascoltare le voci degli avventori dei bistro e ristoranti che sono nelle numerose vie che si incrociano. Apparecchio la tavola in maniera spartana, recupero dal frigorifero il cibo avanzato dal pranzo, una bottiglia di acqua fresca e mi lascio cullare dall’atmosfera dolce e romana. Prima di andare a dormire leggo e sono gioiosa per questo venerdì 24 giugno del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 838 è lieta di essere qui con me a Roma.

giovedì 23 giugno 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/837. Impressioni di Perugia e dintorni

 


 

Impressioni di Perugia la prima volta che la visito: Medioevo, allegria, curiosità, bellezza, a misura umana. Il mattino facciamo una lunga passeggiata per le vie del centro, fermandoci a guardare le facciate dei palazzi, i cortili, le facce dei perugini, a respirare i profumi che escono dai forni e dalle pasticcerie. Dopo un pranzo rapido in una piazza attraversata da pochi turisti, torniamo a casa di Raffaella, l’editrice di Kaba Edizioni che mi ha invitato a presentare il nuovo libro di Anna Maria Farabbi La via del poco, in coedizione tra piédimosca edizioni e Al3vie, una raccolta di otto plaquette uscite negli anni che trovano insieme una nuova vita e contribuiscono a dare il senso all’opera raffinata della poetessa. Nel pomeriggio scendo in giardino, mi ronzano intorno api e farfalle, il profumo delle piante che mi circondano è intenso è persistente, mi riempio gli occhi di verde e provo una gioia creaturale perfetta. Il gatto – o gatta ? – che si è presentato alla porta ieri sera miagolando a voce altissima sino a quando non abbiamo condiviso il prosciutto crudo che stavamo mangiando insieme a un melone dolcissimo, non appena mi siedo per rileggere gli appunti e prepararmi alla presentazione che ci sarà nel tardo pomeriggio da POPOUP libri-spunti-spuntini, arriva e inizia a fare le fusa, si rotola nel prato, mi salta in braccio, mi dà tenere testate sulla guancia e poi si sdraia accanto a me. Le ore che passano sono perfette, una vita più vita, grazie alla natura nella quale sono immersa e alla presenza dell’adorabile micio. Poi arriva l’ora di tornare in città, la libreria è in uno slargo che mi ricorda un borgo ligure, c’è una fontana, le case rosa, gialle e verdi, la gente inizia ad arrivare, ci accomodiamo, beviamo acqua fresca, chiacchieriamo, poi inizia la presentazione, Anna Maria legge alcuni testi su mio invito, ha una voce molto bella e una grande capacità interpretativa. Del suo libro vorrei parlare in un post dedicato, così mi limito a copiare una poesia.

 

 

È la freccia scoccata dal dio delle origini

che affonda precisa/mente

dentro la terra vivente

della mia fronte

Sono milioni di uccelli

in uno stormo a punta

che vengono a riprodursi in me

nel brevissimo periodo del disgelo

 

 

Prima di ripartire ci fermiamo a comprare al volo due pizze, così scopro che in Umbria la quattro stagioni la fanno col prosciutto crudo e mezzo uovo sodo. Farò felice il micio, ne sono certa. La mia pizza alla fine la mangio in macchina, non tutta, e quando arriviamo a casa ecco che subito il gatto arriva a chiedere la pappa. Mangia senza esitazione il prosciutto, ma di fronte all’uovo sodo, si ferma e mi guarda, come se mi stesso dicendo “Ma davvero devo mangiare questa roba gialla e bianca?”, alla fine mangerà solo il tuorlo. Quando ha finito se ne va e mi intristisco un po’, perché non so se e quando ci rivedremo. Ecco che finisce così questo giovedì 23 giugno del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 837 afferma con decisione che l’uovo sulla quattro stagioni non ci va.

sabato 18 giugno 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/832. Il mondo esiste, e non ha bisogno di me

 



Continua la pigra deriva estiva e io leggo poesia, scrivo e fantastico sdraiata in spiaggia. Il resto del tempo lo trascorro a nuotare, a chiacchierare con i vicini di ombrellone e passeggiare in pineta L’estate è ormai arrivata, mi sono così allontanata dalla vita cittadina e respirare salsedine e resina mi ritempra e mi riempie di gioia. In questa vita beata continuo a leggere Alfonso Brezmes Quando non ci sono e le sue parole sono un balsamo.

 

 

 

Microcosmo

 

Sto seduto qui.

Mormora un fiume

che non raggiunge lo sguardo.

Presto farà notte

e verranno gli animali

con i loro occhi come ferite,

soffierà il vento,

cadrà qualche stella,

e il mondo avrà compiuto

un altro giro perfetto

su se stesso.

Sto seduto qui.

Tutto è così semplice.

Il mondo esiste,

e non ha bisogno di me.

 

 

 

Oggi è sabato 18 giugno del terzo anno senza Carnevale e la città mai più silenziosa mi stava aspettando. Sono così contenta di essere qui com’ero contenta di essere al mare ancora stamattina e questa Cronaca 832, in realtà, sta ancora sguazzando tra le onde.

giovedì 9 giugno 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/823. La parola semplice, della stessa materia della luce

 


  

Oggi giornata di lavoro durissimo, intenso e divertente e poi a fine pomeriggio incontro alla Libreria delle Donne per programmare gli incontri futuri. Ci sono tanti libri interessanti, documentari e persone da incontrare e scoprire. Però oggi è anche uscito un prezioso libro Verrà la pace e avrà i tuoi occhi. Piccolo vademecum per la pace ricco di riflessioni e poesie dedicate a questo tema imprescindibile per educarci a vivere in un mondo senza conflitti. Che è un intento utopistico, lo so bene, ma senza l’orizzonte dell’utopia, come scriveva Eduardo Galeano, è difficile continuare a camminare. Nel libro c’è anche la mia poesia Trittico degli alberi e della pace che ho già postato nelle Cronache, così scelgo la poesia di Lorenzo Gobbi:

 

 

La gioia è un turbine di quiete

 

Ho imparato, Layla, quanto

è giusto stendere la mano

al disperdersi dei passeri

per fame – senza foga di nutrire,

di salvare. Impazzirei se non sognassi

un dio che è pane.

Penso che sia stata pronunciata

la parola semplice, la sola

che ci ascolti intimamente

senza dire, della stessa materia

della luce.

Purifica il dolore... a me

non sembra: direi che c’è un bisogno

indiscutibile di gioia

com’è forse nella vita oscura

dei diamanti – gioia pura,

grazia illimitata perché a volte

l’opera si compia.

È bene liberare, Layla,

assolvere nel gesto e nella voce,

aspergere col sangue se bisogna –

il proprio, il solo. Se no, perché

parlare?

Quando si spezza la canna incrinata

e il lume che vacilla cede

tutto alla durezza della notte,

senti a poco a poco come

un fremito nel buio e nella terra:

un saluto che si colma, un abbraccio

caldo che ridona vita appena può.

 

 

Con un canto di speranza si chiude questo giovedì 9 giugno del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 823, semplice, pura, luminosa.

martedì 7 giugno 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/821. I vascelli delle nostre infinite esistenze possibili se ne stanno schierati nel blu dell’orizzonte estivo

 



 

Oggi è stato un giorno lacustre, iniziato con un feroce temporale e continuate nella dolcezza del Lago Maggiore. Non avevo voglia di gironzolare al mercato, così sono partita un po’ più tardi, ho pranzato nel solito ristorantino in piazze, ho fatto una passeggiata e poi una sosta in Feltrinelli dove ho comprato il nuovo libro di Federico Pace La più bella estate. Storie di una stagione in cui tutto è possibile e ho iniziato subito a leggerlo sul treno del ritorno. Così per contentezza e pigrizia ne copio un brano:

 

 

Un battito d’ali

C’è un tempo della vita, e una stagione dell’anno, in cui tutti gli abbozzi della nostra esistenza sembra che vogliano, e possano, realizzarsi. In quel periodo, in quella stagione effimera, riusciamo a intravedere i vascelli delle nostre infinite esistenze possibili mentre se ne stanno schierati nel blu dell’orizzonte estivo. Al chiuso della nostra stanza, vediamo le prue di quelle imbarcazioni pronte a salpare, quando, ancora sdraiati nel letto, intuiamo la luce del sole che, alle prime ore del mattino, balugina nello spazio minuto tra le fenditure delle persiane. Con addosso il leggero velo del sonno, ne immaginiamo le traiettorie, le infinite avventure. Rimaniamo a guardare, con gli occhi dell’immaginazione, tutte le peripezie che si andranno compiendo. Le terre in cui giungeremo, le persone che avremo l’opportunità di avvicinare e che ci toccheranno nel profondo. Le cose sconosciute che avremo tra le mani. E di quelle prospettive, prima di scendere le scale della casa in cui ci troviamo in quel tempo della nostra vita, sembriamo nutrirci e abbeverarci come di un alimento e un nettare prelibato. Non sappiamo ancora, e non possiamo nemmeno intuire, che ne sarà di quei vascelli schierati laggiù dove la terra si congiunge con il cielo”.

 

 

All’arrivo non sono tornata subito a casa, sono andata con un gruppo di vecchi colleghi a prendere un aperitivo al bistro del Piccolo Teatro e poi sono tornata a casa in tram. Anche oggi è stata una giornata gioiosa e lieve, come se il bello e il buono del mondo fossero tutti qui, nella mia città. Oggi è martedì 7 giugno del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 821 è contenta quanto me.  

martedì 17 maggio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/800. La gioia di scrivere circondati da un assedio di frasi

 

 


In questi giorni sono rimasta intrappolata nella poesia di Wislawa Szymborska e non ho proprio voglia di essere altrove, anzi mi sento proprio come la cerva di questa poesia, come se anche io fossi solo una creatura scritta.

 

La gioia di scrivere

 

Dove corre questa cerva scritta in un bosco scritto?

Ad abbeverarsi a un’acqua scritta

che riflette il suo musetto come carta carbone?

Perché alza la testa, sente forse qualcosa?

Poggiata su esili zampe prese in prestito dalla verità,

da sotto le mie dita rizza le orecchie.

Silenzio -anche questa parola fruscia sulla carta

e scosta

i rami generati dalla parola «bosco».

 

Sopra il foglio bianco si preparano al balzo

lettere che possono mettersi male,

un assedio di frasi

che non lasceranno scampo.

In una goccia d’inchiostro c’è una buona scorta

di cacciatori con l’occhio al mirino,

pronti a correr giù per la ripida penna,

a circondare la cerva, a puntare.

 

Dimenticano che la vita non è qui.

Altre leggi, nero su bianco, vigono qui.

Un batter d’occhio durerà quanto dico io,

si lascerà dividere in piccole eternità

piene di pallottole fermate in volo.

Non una cosa avverrà qui se non voglio.

Senza il mio assenso non cadrà foglia,

né si piegherà stelo sotto il punto del piccolo zoccolo.

 

C’è dunque un mondo

di cui reggo le sorti indipendenti?

Un tempo che lego con catene di segni?

Un esistere a mio comando incessante?

 

La gioia di scrivere.

Il potere di perpetuare.

La vendetta d’una mano mortale.

 

 

Come dice bene l’ebbrezza del poeta, come intesse il mistero dello scrivere versi con una gioia che non ha eguali. Per questo l’ho scelta per questa Cronaca 800 di martedì 17 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra. Tutti questi 800 giorni sono intessuti di poesia che ho scritto, letto e copiato, poesia che è gioia e anche salvezza e salute mentale.

venerdì 29 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/782. Felice come una rana seduta sulla sua foglia di ninfea

 


Giornata lieve e piacevole, molto lavoro come sempre, ma anche piacevole compagnia, buon cibo e chiacchiere e poi una lunga passeggiata per tornare a casa, prima in tram e poi a piedi. L’aria è cambiata bruscamente perché dal tepore primaverile siamo passati allo strano freschetto causato dal vento gelido che ogni tanto spira a folate. La parte di viaggio che ho fatto in tram, invece, è stata perfetta perché non c’era quasi nessuno e ho attraversato lunghe vie fiancheggiate da alberi maestosi e antichi, soprattutto platani e ippocastani. Andare in tram e in treno ha sempre un effetto particolare sulla mia mente perché mi predispone alla creazione, soprattutto alla creazione poetica. Così mi è venuto in mente il titolo (possibile) della mia nuova raccolta di poesie e poi, nel tram tutto verde, ho immaginato una rana felice seduta sulla sua foglia di ninfea. E sono diventata quella rana felice e ho sentito il rumore lieve dell’acqua, il soffio delicato della brezza e il gracidare sommesso delle altre rane. Era un laghetto in estremo Oriente, ho visto giusto nei giorni scorsi un documentario ambientato in Vietnam, e forse ero proprio laggiù. E tutte queste percezioni e immaginazioni mi hanno regalato un buonumore infinito, una gioia profonda che sta nel mio laghetto interiore con tutte le rane e le ninfee che ci vivono comodamente e placidamente.

 

 

Fino all’oceano dell’immaginazione

 

 

Ora è bianca, ora

rosa e riluce d’acqua,

ondeggia con il vento

e accoglie il riposo

della ranocchia curiosa,

questa ninfea felice.

Io mi accingo a far

loro compagnia, ho

la mia foglia in questo

lago che sfocia in

un fiume che sfocia

nel mare e poi nell’oceano

dell’immaginazione.

 

 

Ecco che posso portare tutta questa bella giornata, i vestiti nuovi verdi e azzurri di Elisabetta, una misteriosa bevanda che sa di cioccolata e cannella anche se è bianca e lattiginosa e chiama alla mente il fiore prezioso dell’orchidea. E anche i libri amati di Grazia Livi, Nicole Krauss, Kate Millet, Connie Palmen e Alison Lurie in questa nuova Cronaca 782 di venerdì 29 aprile del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra.

lunedì 18 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/771. Dondolarsi ancora sul ramo più basso, anche se la notte è già scesa

 



 

È lunedì e di lunedì il mondo tace, la dolcezza del fine settimana è solo un ricordo, bisogna ricominciare a stare nella vita quotidiana, anche se la vita quotidiana è imbrigliata nella pandemia che diminuisce, ma non abbastanza, e nella guerra. Non è facile imparare a stare in questo mondo che non ci assomiglia, che non vorremmo fosse così com’è e che vorremmo diverso. Ma quanto possiamo davvero fare, se non porgere la nostra testimonianza? Oltre ai gesti di solidarietà possibile con la raccolta di denaro, abiti, cibo, medicine e coperte, non sono poi molte le azioni che possono fare la differenza. Possiamo però essere gentili con il nostro prossimo, con le persone a noi più vicine, possiamo donarci il bene quotidiano, sorriderci, accettare la fatica e continuare a sperare. In una fase storica come quella che stiamo vivendo è solo la speranza che può dare linfa al nostro vivere.

 

 

Conversazione con un albero e le sue foglie

 

Mi fermo sotto l’acero,

proprio quello che di

solito ammiro dalla

finestra. È sempre

lo stesso albero e

ogni giorno è diverso.

Le foglie sono più aperte,

il loro verde ancor più

brillante. Chiedo all’albero:

“Chi ti guarderà con questi

occhi amorosi quando io

non ci sarò più?”.

Sento una risposta che

le foglie si passano l’un

l’altra: “Quelli che leggeranno,

ci vedranno ancora tenere e

appena sbocciate come siamo.

Perché la poesia è un traghetto

del tempo presente nel futuro.

In un tempo che è un otto

rovesciato e che ritorna sempre

nel tempo in cui è partito”.

Avranno ragione le foglie?

Resisterà al tempo il mio albero?

Accarezzo il tronco, proprio

dove la corteccia tiene l’impronta

della mia mano e come un gatto,

l’albero risponde e rabbrividisce.

“Tornerò domani – gli dico – tornerò

e sarò nuova anch’io!”.

 

 

Oggi è lunedì 18 aprile del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca si dondola ancora sul ramo più basso, anche se la notte è già scesa.  

venerdì 8 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/761. Canta il vento, in coro con la vostra voce

 


 

Primavera, primavera… una lunga passeggiata, poi incontro con Elisabetta per pranzo… progetti, lavoro, futuro. Come se il mondo intorno fosse quello di prima, come se la pandemia fosse finita, come se non ci fosse la guerra. Poi è arrivato il momento dei doni, alcuni libri, alcuni vestiti. Voglio ricordare soprattutto una giacca bianca di lino cucita a mano da mia madre, foderata, nuova, elegante e mai indossata. Così si mescolano il passato remoto, con le mani di mia madre instancabili sulle stoffe e un presente che diventa subito un sogno, dove l’amicizia è il volano delle ore e la letteratura un obiettivo comune. A volte basta la sola presenza di una persona cara per scongiurare fiumi di lacrime e dare un senso alle cose che sono accadute, a quelle che stanno accadendo.

 

Non solo io vi sento

 

È fiorita la magnolia,

le foglie nuove dell’ulivo

scintillano nel vento.

Vi vedo ancora lavorare

nel giardino mentre lo

attraverso sulla passerella.

Non solo io vi sento,

fremono tutte le piante

e canta il vento, in coro

con la vostra voce.

 

Basta poco per fare di una giornata, una giornata perfetta. Ma il poco di oggi non era poco, era vita gioiosa e sovrabbondante. Lo sa anche questa Cronaca 761 di venerdì 8 aprile del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra.

domenica 27 marzo 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/749. Nato nella città dei ciliegi selvatici e dei girasoli dai duri semi

 

 


 

La domenica è il giorno del riposo e della quiete, vecchie riviste sfilano sul tavolo, si offrono ai miei occhi e poi si avviano meste, quasi tutte, verso il sacco della carta. Non sono poi molte le riviste che continuo a leggere in cartaceo, una è Internazionale, che leggo dal primo numero, cui sono abbonata e che insisto a leggere sulla carta e che poi regalo ai miei nipoti. È una delle riviste più interessanti i circolazione a mio avviso, anche se l’effetto che mi fa, settimana dopo settimana è quello di aumentare i miei livelli di angoscia cosmica. Il tempo delle riviste passa abbastanza veloce, poi decido di rileggere un libro di poesia e scelgo di nuovo lui, l’adorato e compianto Adam Zagajewski, nato a Leopoli in Ucraina nel 1945 e morto a Cracovia nel 2021. La sua famiglia fu costretta a trasferirsi in Polonia a causa delle politiche di trasferimento forzato decise dalle autorità sovietiche alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Questa poesia è tratta dalla raccolta Dalla vita degli oggetti, a cura di Krystyna Jaworska, Adelphi 2012.

 

 

Presenza

 

Sono nato nella città dei ciliegi selvatici 

e dei girasoli dai duri semi 

(a metà strada fra l’Occidente e l’Oriente, 

come si soleva credere allora; globi 

verderame vigilavano sbadati sulle case).

Solo l’assenza può essere perfetta?

La presenza è infatti contagiata dal peccato 

originale dell’esistere - dall’eccesso, da un selvaggio 

orgoglio orientale, mentre il bello, come un coltellino 

da frutta, si accontenta di un ritaglio di pienezza.

La vita si accumula nelle peschiere 

delle generazioni e non svanisce del tutto 

quando queste scompaiono, 

ma diventa secca e leggera, ricorda 

una preghiera distratta, le labbra screpolate 

di un ragazzo che si confessa per la prima volta 

e sente il legno del confessionale 

scricchiolare sotto le ginocchia.

A sera giunge l’autunno e porta via 

le messi, gialle, mature per la fiamma.

So che le realtà sono almeno quattro, 

e non già una, e si compenetrano 

a vicenda, come i Vangeli.

So di essere solo e al tempo stesso unito 

a te, per sempre, nel dolore e nella gioia. 

So che immortali sono solo i misteri.

 

 

 

Questa poesia racchiude il senso di questa domenica 27 marzo del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 749 sogna la città dei ciliegi selvatici e dei girasoli dai duri semi.

sabato 26 marzo 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/748. Le ore di studio matto e allegro, felice

 


 

Il sabato è sempre un giorno gioioso e oggi l’ho trascorso di nuovo immersa nella poesia di Piera Oppezzo. Il mattino per preparare il mio intervento, il pomeriggio perché alla Casa delle Associazioni e del Volontariato, abbiamo visto insieme il film di Luciano Martinengo Il mondo in una stanza e poi abbiamo raccontato di lei, delle sue poesie e ne ho anche lette alcune. La sala era piena ed è stato bello condividere con le persone presenti la vicenda umana e artistica di Piera Oppezzo. Dopo siamo andati a prendere un aperitivo al Bar Atlantic dell’Esselunga, la piazza era piena piena di bambini che giocavano e i loro giochi, le grida, le corse, mi hanno messo una grande allegria. Sarebbe bello se a tutti i bambini del mondo fosse reso possibile di pensare solo a giocare e a studiare, due delle attività dell’esistenza di noi umani che sono imprescindibili per vivere una buona vita. Se le attività ludiche sono comuni anche tra molte altre specie, soprattutto i mammiferi, lo studio è davvero qualcosa di così tipicamente umano e, per fortuna, negli ultimi decenni si è affermata l’idea che lo studio non appartenga più soltanto alle prime fasi della vita, infanzia e adolescenza, ma che possa essere un’attività che ci accompagna e ci aiuta a dare senso al nostro stare al mondo lungo tutto il corso della vita. Anche per me è così, non ho mai smesso di studiare, dopo sociologia, scienza politica, economia che ho studiato da ragazza insieme alla lingua e letteratura italiana, francese, inglese e americana, spagnola e russa, i miei interessi si sono via via indirizzati e concentrati su psicoanalisi e psicologia, neuroscienze e filosofia, una nuova grande sfida per me che mi appassiona e mi appaga.

 

 

Quando la sete e la fonte sono la stessa cosa

 

Il luogo è sempre quello,

un tavolo o una scrivania.

Il silenzio della casa intorno,

infranto solo dai sussurri

dei libri. Più sommessi quelli

dei già letti, più intensi

quelli dei libri nuovi. Cosa

avrò imparato alla fine di questo

viaggio che è un libro appena

finito? Non lo so, per questo

apro la prima pagina con

la matita in mano, il quaderno

degli appunti e una sete che

cresce pagina dopo pagina,

mentre la fonte che disseta,

è il libro stesso che mi cattura

e dona senso a queste ore di

studio matto e allegro, felice.

 

 

 

È stata una buona e bella giornata questa, una giornata allegra e piena di calore umano e di poesia. Questo sabato 26 marzo del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra. Questa Cronaca 748, studiosa come me, è seduta dall’altro lato del tavolo e studia, seria e concentrata.

venerdì 11 marzo 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/733. La felicità del venerdì sera, nonostante tutto

 


È una sensazione piccola, che si affaccia sin dal venerdì molto presto. Ogni giornata segue i soliti rituali. Il primo caffè, una scorsa rapida delle notizie, poi una vera colazione, che da quando è scoppiata la pandemia è diventata un momento più lungo e piacevole. Poi inizia la giornata di lavoro, le mail a cui rispondere, le video call su molteplici piattaforme, l’archivio digitale da tenere in ordine, i testi da scrivere e revisionare, le telefonate. Di fatto, è come se ogni giorno procedesse con la regolarità di un zigzag, di una gettata di filo sui ferri o sull’uncinetto, di un ricamo che conosciamo a memoria. Sino a quando il resto del mondo non irrompe nelle nostre giornate. Da quando è scoppiata la guerra questo è ancor più vero e doloroso. Poi la mente riprende il controllo e la giornata continua, minuto dopo minuto, ora su ora. E quella piccola felicità, l’idea del venerdì sera che si avvicina, prende il sopravvento e ci porta sulla soglia del tempo liberato dal lavoro. Si organizzano aperitivi e cene con familiari e amici, si decide di andare al cinema, si inizia a leggere un libro nuovo. E poi, e poi… ciascuno di noi potrebbe allungare questa breve e banale lista delle mille cose che appassionano, che danno un senso alla vita. È anche così che costruiamo una cornice di senso alle nostre vite, anche mentre viviamo il senso di orrore e l’impotenza di non poter agire, di non poter fare la differenza. In quest’epoca di giganteschi bla bla sui social il nostro essere impotenti e ininfluenti è ancor più evidente e dirompente. Mi vengono in mente, a tal proposito, i crocicchi di anziani che si trovavano in piazza del Duomo, lato Galleria, a discutere di qualunque argomento. Forse loro un po’ di differenza la facevano, perché si facevano un’opinione e poi andavano a votare, in quell’epoca dorata dove la politica era una professione e non un’improvvisazione. Certo non so dicendo che fosse un tempo migliore, non lo era, non lo è e lo vediamo ancor più in queste settimane in cui un uomo del Novecento, uno zombie risorto dalle ceneri della Guerra Fredda e del crollo dell’URSS, ha trascinato il mondo sull’orlo della terza guerra mondiale. Non è vero che il Novecento è stato un secolo breve, il Novecento è il secolo che ha inghiottito la Storia. Ma la smetto con le mie amare e banali considerazioni, mi concentro sul fatto che il venerdì sera è finalmente arrivato e che potrò condividerlo con gioia, con quelli che amo, con le cose che amo fare.

Oggi è venerdì 11 marzo del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 733, perplessa e un po’ poco gioiosa, aspetta che io decida cosa fare stasera.

martedì 8 marzo 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/730. Marzo è il Mese dell'Attesa… le cose che non sappiamo stanno arrivando ora

 



È così difficile restare fermi ad aspettare? Sì è difficile, non c’è niente di più difficile che aspettare che qualcosa di buona accada e invece siamo assediati solo da immagini di guerra. Certo, sono consapevole che le narrazioni dei media contribuiscono a creare lo stato di ansia e di impotenza che ci affliggono, ma la mente razionale non basta a tenere a bada i fantasmi della guerra e del dolore. Così vado a cercare tra i libri di poesia e la poesia sa sempre come rispondermi. Impariamo ad aspettare, impariamo che le cose accadranno con noi o senza di noi.


 

Marzo è il Mese dell'Attesa.

Le cose che non sappiamo -

Le Persone pronosticate

Stanno arrivando ora -

Cerchiamo di esibire un'appropriata serietà -

Ma una pomposa Gioia

Ci tradisce, come il primo Fidanzamento

Tradisce un Ragazzo.

Emily Dickinson

J1404 (1877) / F1422 (1877)

 

March is the Month of Expectation.

The things we do not know -

The Persons of prognostication

Are coming now -

We try to show becoming firmness -

But pompous Joy

Betrays us, as his first Betrothal

Betrays a Boy.

 

 

Oggi è martedì 8 marzo del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 730 aspetta insieme a me.

mercoledì 12 gennaio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/675. Esco e incontro una foglia, la vita mi sorprende sempre

 

 


Qualunque cosa accada, la vita sempre ci sorprende, per quanto ci facciamo prendere dalla frenesia di controllare e prevedere gli avvenimenti, la vita va dove va.

Anche oggi sono riuscita a spolverare un ripiano della libreria piccola, a raggruppare i libri per autore, a decidere se ci fossero libri cui posso rinunciare. Ce ne sono, ce ne sono sempre di libri cui rinunciare, libri che non rileggerò mai più, ma anche libri che non leggerò e che è inutile che io continui a tenere imprigionati nei miei scaffali, finito anche questo lavoro, decido di andare a fare una passeggiata.

Esco e incontro una foglia, è l’ultima a essere caduta dall’albero bellissimo, la raccolgo, è piccola, sembra che stia tremando, decido di conservarla nel libro che sto leggendo. È una giornata fredda e sfolgorante, con una luce molto poco invernale, in campagna già fioriscono i fiorellini nei prati, le scuole sono aperte, la pandemia progredisce, i contagiati aumentano, le cose che accadono in questi giorni sono una ripetizione di cose che abbiamo già visto accadere, l’anno scorso e l’anno prima ancora, come se fossimo chiusi in un loop temporale infinito che non ci permette di superarlo e uscirne. Ma poi ho incontrato questa piccola foglia che non lascerò divorare dal tempo e che terrò con me in un libro molto amato che sto rileggendo, le memorie della de Beauvoir, quanto mi sta piacendo rileggerla.

 

 

Canto delle cose felici

 

Le piccole cose sono davvero

la felicità della vita. Una foglia

appena caduta, un libro amato,

una tazza di tè fumante alla

fine di una passeggiata. Sono

sublimi le piccole cose quando

incontrano la poesia, perché

smettono di essere cose e

diventano frammenti della

nostra anima strappati al

logoramento del tempo. Per

questo, anche per questo

scrivo poesie, per ricordare

che il tempo è solo un modo

per raccontare la felicità

delle piccole cose.

 

 

Sono questi attimi luminosi, questa pienezza dell’essere anche mentre ci occupiamo di piccole cose, a rendere gioiosa una giornata d’inverno che ha conosciuto poche buone notizie.

Bene, anche questo mercoledì 12 gennaio del terzo anno senza Carnevale volge alla sua conclusione e questa Cronaca 675 ha avuto la sua poesia e ne è contenta, lo so perché la sta rileggendo per la terza volta.

venerdì 31 dicembre 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/663. Il mio cuore pulsa di una gioia interiore incomprensibile e sconosciuta, come se andassi camminando nel sole radioso su un prato fiorito

 

Così finisce anche questo 2021, non l’anno della rivoluzione, ma l’anno della prosecuzione, in continuità con il 2020, ingessato dalla pandemia, addolorato per i morti, deluso dai vaccini che non hanno contribuito a costituire la tanto agognata immunità di gregge, ma a rendere meno letali le conseguenze del virus, che non è poco, ma non è abbastanza rispetto al nostro desiderio di tornare a una vita “normale”. Così questo dannato virus ha finito col somigliare al virus del raffreddore, pervasivo, contagioso e inevitabile. Per questo vaghiamo per la città molto silenziosa stanchi, forse un po’ sfiduciati, ma sempre pieni di speranza. Almeno, io lo sono piena di speranza, piena di gioia, nonostante tutto. Perché anche questo 2021 è stato un anno di ricchezza interiore, di progetti, di scrittura, di amicizia. Soprattutto di grandi amicizie, nuove e antiche, imprescindibili. Oggi sono uscita con la mia amica poetessa Annalisa Manstretta, una delle più valenti della nostra generazione. Al contrario di quanto facciamo di solito abbiamo parlato pochissimo di poesia e molto di cosmetici, profumi, vestiti, viaggi e desiderio di una vita più ricca di movimento e di novità. Un desiderio di leggerezza, di cose belle, di calore umano. Così questa Cronaca 663 di venerdì 31 dicembre, l’ultima del secondo anno senza Carnevale, la dedico a lei, all’amicizia e alle scoperte letterarie. Parte di questo brano lo ha scritto Moreno Montanari, nuovo amico, sulla sua pagina FB. Così mi sono procurata il libro Un po’ di compassione di Rosa Luxemburg, un volumetto che contiene una lettera alla sua amica  Sonja Liebknecht:

 

“È il mio terzo Natale in gattabuia, ma non fatene una tragedia. Sono calma e serena come sempre. Ieri sono rimasta a lungo sveglia–adesso non riesco ad addormentarmi prima dell’una, però devo essere a letto già alle dieci–, così, al buio, i miei pensieri vagano come in sogno. Ieri dunque pensavo: quanto è strano che, senza alcun motivo particolare, io viva sempre in un’ebbrezza gioiosa. Me ne sto qui, ad esempio, in questa cella oscura, sopra un materasso duro come la pietra, intorno a me nell’edificio regna come di regola un silenzio di tomba, sembra di essere rinchiusi in un sepolcro: attraverso la finestra si disegna sul soffitto il riflesso della lanterna accesa l’intera notte davanti al carcere. Di tanto in tanto si sente, cupo, lo sferragliare di un treno che passa in lontananza; oppure, più vicina, proprio sotto la finestra, la guardia che si schiarisce la voce e per sgranchirsi le gambe fa lentamente qualche passo con i suoi stivaloni. La sabbia stride in modo così disperato, sotto quei passi, che nella notte scura e umida si sente risuonare tutta la desolazione e lo sconforto dell’esistenza. Me ne sto qui distesa, sola, in silenzio, avvolta in queste molteplici e nere lenzuola dell’oscurità, della noia, della prigionia invernale–e intanto il mio cuore pulsa di una gioia interiore incomprensibile e sconosciuta, come se andassi camminando nel sole radioso su un prato fiorito. E nel buio sorrido alla vita, quasi fossi a conoscenza di un qualche segreto incanto in grado di sbugiardare ogni cosa triste e malvagia e volgerla in splendore e felicità. E cerco allora il motivo di tanta gioia, ma non ne trovo alcuno e non posso che sorridere di me. Credo che il segreto altro non sia che la vita stessa; la profonda oscurità della notte è bella e soffice come il velluto, a saperci guardare. E anche nello stridere della sabbia umida sotto i passi lenti e pesanti della guardia risuona un canto di vita piccolo e bello, se solo ci si presta orecchio. In quei momenti penso a voi, a quanto mi piacerebbe potervi dare la chiave di questo incanto, perché vediate sempre e in ogni situazione quel che nella vita è bello e gioioso, perché anche voi possiate sentire questa ebbrezza e camminare su un prato dai mille colori. Non intendo in alcun modo saziarvi d’ascetismo, di gioie immaginarie. Vi concedo, anzi, ogni reale piacere dei sensi. Vorrei soltanto donarvi, in aggiunta, la mia inesauribile letizia interiore, così da poter essere serena riguardo a voi, pensando che attraversate l’esistenza avvolta in un mantello trapunto di stelle, in grado di proteggervi da quanto è meschino, dozzinale e angosciante.”

 

Buon Anno Nuovo, Buon 2022. Vi auguro ogni bene, soprattutto di provare questa gioia che viene dalla vita stessa.