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lunedì 25 gennaio 2016

Scrivere è sempre un atto di rinuncia

Il secondo commento nel libro è dedicato a Henry James. È molto breve e riempirebbe, forse, due colonne sulle pagine della North American Review. Tuttavia, ci sembra che alla fine sia stato detto qualcosa di fondamentale, qualcosa che è sempre stato eluso, che non è mai stato espresso, su Henry James. Essendosi molte menti raffinate applicate a questo compito, ed essendo state riempite non solo molte colonne, ma degli interi volumi, con i loro commenti, in un primo momento riesce difficile rendersi conto di quanto Conrad, con grande facilità, le distanzi per poi superarle tutte. Forse è diverso il punto di partenza. Mentre tutti gli altri sono rimasti diligentemente a raccogliere frammenti e ammucchiare ritagli dal di fuori, Conrad ha in qualche modo sollevato la cortina ed è entrato all'interno. Quello che dice è frammentario; si presta a infinite elaborazioni; ma rinvia a ciò che è fondamentale e durevole. 

«Henry James è lo storico delle coscienze raffinate… Nessuno ha reso meglio di lui, forse, la tenacia di un carattere, o ha saputo come drappeggiare il manto dell’integrità spirituale sulla figura china di un vincitore in una lotta infruttuosa.» 

Questi sono colpi che mettono a nudo le fondamenta.
Naturalmente, è il romanziere e non il critico che parla. È l’uomo che ha fatto in prima persona ciò di cui parla e che, per questo, riesce a penetrare dentro la mente dello scrittore e vedere il suo disegno, curandosi meno, forse, dei particolari. Ma sebbene Conrad come romanziere parli con autorità, dobbiamo ancora tenere conto del particolare tono di quell'autorità, della convinzione che si sente sempre nella sua voce. Se i brevi saggi su Henry James, Maupassant, Turgenev, Anatole France hanno lo spessore e la coesione propri della vera letteratura e non del giornalismo, è soprattutto perché sono fondati su certi princìpi generali e duraturi che sono applicabili a tutta la narrativa e non soltanto ai volumi specifici presi in esame.

«Che sia necessario sacrificare qualcosa, che si debba rinunciare a qualcosa, è la verità incisa nei più riposti recessi del bel tempio costruito a nostra edificazione dai maestri della narrativa. Non c’è alcun altro segreto al di là del sipario. Tutte le avventure, tutto l’amore, ogni successo, sono tutti compresi nella suprema energia di un atto di rinuncia.»

Questa frase si trova nel saggio su Henry James. Voltiamo la pagina e troviamo che la consumata semplicità della tecnica di Maupassant è basata, «come tutte le grandi virtù», soprattutto sulla rinuncia a se stessi. Il suo notevole merito è di essere pietoso, coraggioso e giusto.

frammento dell'articolo A prince of prose, Times Literary Supplement del 3 marzo 1921

Virginia Woolf
Voltando pagina
Saggi 1904-1941
a cura di Liliana Rampello
Il Saggiatore 2011

giovedì 5 giugno 2014

L'ordine, la forma, la tessitura dei miei romanzi

C'è un'idea, in quello che scrivo, senza la quale non avrei dato un centesimo per l'intero lavoro. 
È l'idea più bella e piena, e il suo prendere corpo è un trionfo di pazienza e di ingegno. Dovrei lasciare a qualcun altro il compito di dirlo: ma il fatto che nessuno lo dica è precisamente ciò di cui stiamo parlando. 
È la piccola magia che scorre da un capo all'altro dei miei libri; il resto, al confronto, si ferma alla superficie. 
L'ordine, la forma, la tessitura dei miei romanzi saranno forse un giorno, per gli iniziati, una rappresentazione completa di tutto ciò. Dunque, è questo che i critici devono cercare. Direi addirittura - soggiunse con un sorriso - che è quello che i critici devono trovare.

Henry James
La figura nel tappeto
a cura di Benedetta Bini
Sellerio 2002

mercoledì 17 aprile 2013

La casa della narrativa non ha una finestra sola, ma un milione


La casa della narrativa – non ha una finestra sola, ma un milione – un numero quasi incalcolabile di possibili finestre, ognuna delle quali è stata aperta o è ancora apribile, sulla sua vasta fronte, dalla necessità della visione e dalla pressione della volontà individuale.
Queste aperture, di forma e misure dissimili, danno tutte sulla scena umana, sì che ci si potrebbe aspettare, da esse, una identità di riproduzione maggiore di quella che troviamo. Esse sono finestre nel migliore dei casi o altrimenti meri fori in un muro morto, sconnessi, collocati in alto; non sono porte coi cardini che si aprano direttamente sulla vita. Ma hanno questa caratteristica, che ad ognuna di esse v’è una figura con un paio d’occhi o almeno con un binocolo, che costituisce uno strumento unico di osservazione, il quale assicura a chi ne fa uso un’impressione distinta da ogni altra. Lui e i suoi vicini osservano lo stesso spettacolo, ma uno vede di più là dove un altro vede di meno, uno vede nero là dove un altro vede bianco, uno vede grande là dove un altro vede piccolo.
E così via di seguito: fortunatamente non è dato dire dove, per un particolare paio d’occhi, la finestra non si possa aprire: “fortunatamente” in virtù, precisamente, di questa incalcolabilità di raggio. Il campo che si estende, la scena umana, è la “scelta del soggetto”; ma, sia da sola che insieme ad altre, essa non è nulla senza la presenza dell’osservatore – senza, in altre parole, la coscienza dell’artista.
Henry James, 
prefazione a Ritratto di signora
in Le Prefazioni, a cura di Agostino Lombardo, Neri Pozza, 1956.

martedì 16 aprile 2013

Nella stanza della coscienza

L’esperienza non è mai limitata e non è mai completa; è una sensibilità immensa, una sorta di enorme ragnatela di sottilissimi fili di seta, sospesa nella stanza della coscienza, che cattura nel suo tessuto ogni particella portata dall’aria.

Henry James ne L’arte della narrativa del 1884 citato da Edoardo Boncinelli 
ne La Lettura del Corriere della Sera