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sabato 16 luglio 2016

Il paesaggio di un'altra lingua

... per me sarebbe inconcepibile scrivere in un’altra lingua, ad esempio in tedesco, l’unica in cui potrei farlo (ma solo, come mi è accaduto, per quel che riguarda testi critici o articoli, non testi letterari, di invenzione). Non si tratta soltanto di padronanza di un’altra lingua. Il mio modo di vedere, organizzare, sentire, rappresentare il mondo è legato inesorabilmente alla sintassi italiana. Ma il passaggio da una lingua all'altra, la scissione fra lingua madre e lingua dell’esilio, di cui ci sono tanti grandi esempi, mi hanno sempre affascinato...


frammento della conversazione di Claudio Magris con Manuel Poppo Lopes Cardoso sul Corriere della Sera 
sabato 16 luglio 2016

sabato 30 aprile 2016

Memoria e desiderio nel turbine di aprile...

Aprile è il mese più crudele;  cresce
lillà da terre morte, mischia
memoria e desiderio, turba 
pigre radici con acque di primavera. 
L’inverno ci tenne caldi, avvolse
la terra in obliosa neve
nutriva poca vita con secchi tuberi.
L’estate ci sorprese...


T. S. Eliot frammento di The Waste Land
tradotto da Cristina Campo
La tigre assenza
Adelphi 1991


April is the cruellest month, breeding
Lilacs out of the dead land, mixing
Memory and desire, stirring
Dull roots with spring rain.
Winter kept us warm, covering
Earth in forgetful snow, feeding
A little life with dried tubers.
Summer surprised us...

giovedì 12 novembre 2015

L'io lirico, sovrano e signore delle mie parole

(...) quando
 traduco
 un
 altro
 poeta,
 sono
 anche
 obbligato
 a
 dimenticare,
 o
 almeno
 a
 relativizzare,
 quella
 voce
 che
 credevo
 così
 mia,
 a
 farla
 per
 quanto
 possibile
 tacere,
 considerandola
 talvolta
 quasi
 nemica.
 Non
 io,
 il
 mio
 io
 lirico,
 che
 poco
 prima
 consideravo
 signore
 e
 sovrano 
delle 
mie
 parole, 
ma
 l’altro 
deve

parlare,
 quell'altro
 che
 ha
 una
 pronuncia
 e
 uno
 sguardo
 a
 me
 estranei.

Fabio Pusterla 
in Parola plurale
Sessantaquattro poeti italiani fra due secoli
Luca Sossella editore 2005


venerdì 21 novembre 2014

Tradurre è protrarre le parole di un addio

Tradurre, me ne sarei accorto dopo, è protrarre le parole di un addio. Perché nella separazione dell'autore, nella lontananza, temporale e geografica e linguistica dell'autore, si ricompone una presenza: la nuova lingua, la lingua del traduttore, accogliendo nella sua casa l'originale, offrendo ad esso un nuovo abito, nuovi suoni, nuovi ritmi, istituisce uno spazio-tempo perché quella distanza - che è distanza dall'originale- sia compensata, o almeno mitigata.

Antonio Prete
Trattato della lontananza 
Bollati 2008 

martedì 9 settembre 2014

Non c'è inizio né fine per l'immaginazione

Non c'è inizio né fine per l'immaginazione 
ma essa gode delle sue stagioni rovesciando l'ordine abituale 
come le piace. Con l'aria della stanza più fredda sembrerà costruire 
le passioni più roventi. Mozart danzava con la  moglie, 
fischiettando una sua melodia per tener lontano il freddo e Villon 
smise di scrivere sul suo Petit Testament soltanto quando l'inchiostro 
gelò. Ma gli uomini nella più atroce povertà di immaginazione 
comprano fronzoli indulgendo in stravaganti umori per colmarne 
la carenza in altro modo.

William Carlos Williams
Improvisations
Kora in Hell
1920 Four Seasons Company
traduzione Elena Petrassi

There is neither beginning nor end to the imagination 
but it delights in its own seasons reversing the usual order 
at will. Of the air of the coldest room it will seem to build 
the hottest passions. Mozart would dance with his wife, 
whistling his own  tune to keep the cold away and Villon 
ceased to write upon his Petit Testament only when the ink 
was frozen. But men in the direst poverty of the imagination 
buy finery and indulge in extravagant moods in order 
to piece out their lack with other matter.

giovedì 12 giugno 2014

Tradurre è far cambiare casa alle parole

L’imballatore
Cos’è la tra­du­zione? Su un vas­soio
La testa pal­lida e fiam­mante d’un poeta
Vladimir Nabo­kov
L’imballatore chino
che mi svuota la stanza
fa il mio stesso lavoro.
Anch'io fac­cio cam­biare casa
alle parole, alle parole
che non sono mie,
e metto mano a ciò
che non cono­sco senza capire
cosa sto spo­stando.
Sto spo­stando me stesso
tra­du­cendo il pas­sato in un pre­sente
che viag­gia sigil­lato
rac­chiuso den­tro pagine
o den­tro casse con la scritta
“Fra­gile” di cui ignoro l’interno.
È que­sto il futuro, la spola, il tra­slato,
il tempo mano­vale e cite­riore,
tra­sfe­ri­mento e tropo,
la ditta di trasloco.
Valerio Magrelli
Eser­cizi di Tip­to­lo­gia
Mondadori 1992

venerdì 23 maggio 2014

e manca sempre una cosa, un bicchiere, una brezza, una frase

Ottenere tutto per sufficienza divina –
le vigilie, i consensi, i presagi,
le cose belle della vita –
il talento, la virtù, l’impunità, 
la tendenza di accompagnare gli altri a casa,
la situazione di passeggero,
la convenienza di imbarcarsi subito per trovare posto,
e manca sempre una cosa, un bicchiere, una brezza, una frase,
e la vita duole quanto più la si gode e quanto più la si inventa.


Fernando Pessoa
Una sola moltitudine
traduzioni di Antonio Tabucchi e Maria José de Lancastre
Adelphi 1979

martedì 8 aprile 2014

La poesia è un giardino immaginario con veri rospi dentro

La poesia


Non piace neanche a me: ci sono cose ben più importanti di tutte quelle astruserie.
    Eppure, con tutto il disprezzo possibile, leggendola, uno scopre
    che dopotutto c'è in essa qualcosa di autentico.
        Mani che possono afferrare, occhi
        che possono spalancarsi, capelli che possono drizzarsi
            se serve: e queste cose non sono importanti


perché è possibile spiegarle in modo pretenzioso ma perché sono 
    utili. Quando sono così elaborate da diventare incomprensibili
    si può dire lo stesso di ognuno di noi, che non
        ammiriamo quel che
        non riusciamo a capire: il pipistrello
        appeso sottosopra o in cerca di qualcosa da


mangiare, elefanti al lavoro, un cavallo selvaggio che si rotola, il lupo infaticabile
    sotto un albero, il critico irremovibile che rabbrividisce come un cavallo quando
                                                                                                                        /sente 
    una pulce, il tifoso di base-
        ball, l'esperto di statistica,
        senza escludere «documenti d’affari e



libri scolastici»; tutti fenomeni importanti. Eppure una distinzione
    va fatta: se sono dei mezzi poeti a metterli in risalto, il risultato non è poesia,
    né lo sarà finché i poeti tra noi non diventeranno
            «letteralisti del-
            l’immaginazione», superiori
            a insolenza e volgarità e non offriranno


al nostro esame «giardini immaginari con veri rospi dentro». 
    Ma intanto, se per un verso vuoi
    la materia prima della poesia in
        tutta la sua crudezza e 
        per un altro quel che c'è
            di autentico, beh, allora t’interessa, la poesia. 


Marianne Moore

Complete Poems
Faber&Faber 1984
traduzione di Francesco Dalessandro
dal blog Poesie senza pari


mercoledì 19 febbraio 2014

Stanza silenziosa

Prima, quando stavo seduta alla mia scrivania, mi sentivo sempre molto in ansia, come se stessi perdendo qualcosa della vita. Così, non sapevo concentrarmi bene sui miei studi. E quando ero nella "vita vera", tra la gente, avevo sempre molto desiderio di tornare alla scrivania, e non ero per nulla felice tra la gente. Questa separazione innaturale tra lo studio e la "vita vera", ora è scomparsa. Adesso, alla scrivania ci "vivo" davvero. Lo studio è diventato un'autentica "esperienza di vita" e ha smesso di essere qualcosa che riguarda soltanto la testa. Alla scrivania sono immersa totalmente nella vita, e nella "vita" porto la pace interiore e l'equilibrio che ho acquisito dentro di me. Prima, ero obbligata a ritirarmi ogni volta dal mondo perché le sue troppe impressioni mi confondevano e mi rendevano infelice. Dovevo fuggire in una stanza silenziosa. Adesso, porto con me questa che possiamo chiamare "stanza silenziosa", e posso rifugiarmi là in qualsiasi momento, anche se mi trovo se un tram affollato o su un treno che si ferma con tutto il suo peso. (...)
9 gennaio 1942

Etty Hillesum nella traduzione di Lorenzo Gobbi
Il bene quotidiano
Breviario dagli scritti (1941-1942)
Edizioni San Paolo 2014

lunedì 2 dicembre 2013

Da nuvola, da nebbia

ΕΛΠΙΣ, Speranza

Ma di questo confine, di questo muro ferreo
l'orrenda porta è scardinata eppure
resta, per durata antica di roccia.
Qualcosa si muove, sciolto e lieve:
da nuvola, da nebbia, da scrosciare
d'acqua si leva con noi alata –
la conoscete, folleggia ovunque
un batter d'ali – e dietro di noi, gli eoni.

J. W. Goethe, 1827   

traduzione di Camilla Miglio dedicata a un amico che ha perso un amico

mercoledì 13 marzo 2013

La traduttrice perfetta


Portando al di qua

Per ogni parola che ho portato al di là, ne ho portate dieci
al di qua.
Più che tradurre, il mio lavoro è stato cisdurre.
Dall’estraneo al familiare, dallo straniero al noto.

La norma è questa. Pochissimi i traduttori, milioni i cisduttori.
Compresi bilingui e trilingui, che viaggiano meglio verso
casa pur ignorando dove sia di preciso.

O le migliaia che vedono il mondo in traduzione
di lingua ignota che per intuire consumano la vita. Cisduttori
supremi della perfezione, compilano dizionari umanese-
angelese la cui parte seconda resta sempre incompiuta.

Il medio patrono dei traduttori, non Girolamo ma Caronte,
porta i vivi nel regno dei morti e ogni tanto, per bilanciare
la barca, si fa cisduttore e ricarica un morto per il
regno dei vivi.
Perciò pure lui è un traduttore incompleto.

Traduttrice perfetta ne esiste una sola, patrona vera di quel
mestiere, che viaggia sempre in un senso, senza ritorno e
ti trasporta in silenzio nella lingua dell’acqua e terra e aria.

Edoardo Zuccato
Il dragomanno errante 
Quaderno di traduzioni
Atì editore 2012

mercoledì 6 marzo 2013

Una specie di canto

Attenda il serpente sotto
la gramigna
e la scrittura
sia di parole, lente e rapide, affilate
a colpire, quiete ad attendere,
insonni -

a conciliare con metafore
le persone e le pietre.
Componi. (Niente idee
se non nelle cose) Inventa!
Sassifraga è il mio fiore, che spacca
le rocce.

W.C. Williams
da The collected later poems
tradotto da Cristina Campo
in La tigre assenza
Adelphi 1991

martedì 7 agosto 2012

Tradurre è trovare la nota giusta

Magris - Quando mi capita, in qualche città all’estero, di presentare un mio libro tradotto, spesso, mostrando l’edizione italiana, dico che quel testo l’ho scritto io, aggiungendo che l’altro, la versione nell’altra lingua, l’abbiamo invece scritto in due, io e il traduttore o la traduttrice. La traduzione letteraria infatti è una vera e propria ri-creazione; è un lavoro linguistico e poetico, la trasformazione di qualcosa in qualcosa d’altro, che pure mantiene la sua originalità e la sua unicità. Dire quasi la stessa cosa, ha scritto Umberto Eco; quel quasi è lo spazio avventuroso del ricreare. Tradurre è impossibile e necessario, scrivevano tanti anni fa due germanisti triestini, Guido Cosciani e Guido Devescovi; in questo senso assomiglia alla vita e alla necessità di afferrarne il senso sempre sfuggente. Come diceva Schlegel, l’inventore del Romanticismo, è la prima forma di critica letteraria, perché scopre inesorabilmente i punti di forza di un testo e quelli deboli, dove un testo tiene e dove annaspa o bara. Ne parlo con una maestra di quest’arte singolare, Ljiljana Avirovic, studiosa croata vivente da decenni in Italia e docente di Teoria e pratica della traduzione dall’italiano in croato e di Teoria e pratica della traduzione specialistica in italiano e in croato presso la Scuola superiore di lingue moderne per interpreti e traduttori dell’Università di Trieste, scuola di cui costituisce una colonna portante...«Ho tradotto anch’io — le dico tornando insieme a lei a Trieste da un convegno a Zagabria — anche se non posso certo paragonarmi a te, e so che la versione creativamente fedele estrae da ogni libro qualcosa d’altro che ha ancora da svilupparsi, da crescere… Per entrare nel vivo del lavoro di bottega, come procedi quando attacchi la versione di un libro? Ci sono varie fasi?».
Avirovic — Sì, procedo per fasi. La teoria della traduzione propone tre fasi: la comprensione, l’interpretazione e la stilizzazione. Lo studio che precede la traduzione (le prime due fasi) è molto utile; permette al traduttore di farsi un’idea su cosa sarà, o cosa vorrebbe fosse, il risultato finale. La terza fase è originata dal talento: esso è un dono che consente la nuova creazione di un’opera preesistente e, nel contempo, è lo specchio delle brame traduttive. Ad esempio, con le tre differenti letture del tuo romanzo Alla cieca prima di iniziare la traduzione, ho afferrato il ritmo narrativo e ricreato spero degnamente la tua opera nella mia lingua. Nell’angolo creativo del mio animo sento ancora il timbro musicale di quelle frasi...

Claudio Magris in conversazione con Ljiljana Avirovic
Corriere della Sera 6 agosto 2012

sabato 30 giugno 2012

L'arte secondo Camus

Il fascino un po' incomprensibile della citazione di Camus fatta dalla Frame (vedi post di ieri) mi ha spinto a riprendere in mano l'originale.
« Vivre bien sûr c'est un peu le contraire d'exprimer. Si j'en crois les grands maîtres toscans c'est témoigner trois fois dans le silence, la flamme et l'immobilité. »
Questo è l'incipit originale del saggio Il deserto, dedicato al suo maestro Jean Grenier, che è l'ultimo della raccolta Nozze.
Ecco la mia traduzione: « Vivere di certo è un po' il contrario di esprimere. Se credo ai grandi maestri toscani è testimoniare tre volte nel silenzio, nella fiamma e nell'immobilità". Non mi resta che rileggere tutto questo scritto.
Il saggio è presente nella raccolta


Albert Camus
Opere - Romanzi, racconti, saggi
a cura e con introduzione di Roger Grenier
Classici Bompiani 1988

venerdì 15 giugno 2012

Tradurre poesia

Tradurre poesia è, nel migliore dei casi, un'arte dell'approssimazione, e non esistono regole fisse per stabilire che cosa funziona e che cosa non funziona affatto. E' in buona parte questione d'istinto, di orecchio e di buon senso. Tra una scelta letterale e una più poetica, non ho mai esitato a preferire la seconda. Mi sembrava più importante dare ai lettori che non conoscono il francese una vera idea di ogni testo come componimento poetico, che affannarmi in favore di un'aderenza parola-per-parola. Una poesia si esperisce non solo per ciascuno dei vocaboli che contiene, ma nelle interazioni fra loro - la musica, i silenzi, le forme - e se al lettore non si fornisce l'occasione di entrare nella totalità di questa esperienza, resterà escluso dallo spirito dell'originale. Ecco perché ritengo che le poesie debbano essere tradotte dai poeti.


Paul Auster 
L'arte della fame 
Incontri, Letture, Scoperte, saggi di poesia e letteratura
Einaudi 2002
traduzione di Massimo Bocchiola

venerdì 8 giugno 2012

Le luminosissime parole oscure ovvero una singola parola è intessuta di molti enigmi

La molteplicità dei significati (sprigionati da quelle che Bachmann, a proposito di Celan, chiama le "luminosissime parole oscure") mette a dura prova il lavoro di traduzione. Bachmann usa le parole sfogliandone i significati stratificati, sventagliandoli sotto gli occhi del lettore. In un'intervista del 1971, a proposito del linguaggio poetico, citava la frase "Ho fatto un prigioniero che non mi lascia più andare via" per spiegare il rapporto che uno scrittore ha con le parole, e, riferendosi alle "frasi prefabbricate", diceva: "Già una singola parola è intessuta di molti enigmi - più si guarda da vicino, più lontano rimanda; allora uno scrittore non può servirsi del linguaggio che è stato già trovato, cioè delle frasi, ma scrivendo, deve distruggerle" (In cerca di frasi vere, p. 142).
Chi si prova a tradurre è indotto di conseguenza allo stesso lavorio di decostruzione, scoprendo a ogni parola quanto nel passaggio da una lingua all'altra poco si acquista e quanto si perde.

Anita Raja che cita Ingeborg Bachmann che cita Paul Celan
in Ingeborg Bachmann: concepire l'indicibile
Concepire l'infinito a cura di Annarosa Buttarelli
La Tartaruga edizioni 2005

lunedì 30 aprile 2012

L'effetto della luce intensa

Ho coniato un modo di dire per descrivere l'effetto della luce intensa del sole sui muri bianchi delle case nel pomeriggio: "lavati di luce". Si può a stento sopportare di guardarli. A volte tutta la strada sembra coperta di Glassa Royal. E' molto difficile, con strumenti così logori come le parole, catturare il modo in cui appare la strada di prima mattina, nel pomeriggio e sotto la luna. E' come tentare di scrivere in modo intelligibile con matite consumate. Ho sempre desiderato essere un pittore, ma mai così tanto come da quando sono arrivata in Grecia. Le figure nere delle due sorelle vedove contro il muro di pietra bianco, gli occhi scuri e liquidi dei bambini, la frutta esotica, il pescivendolo con la bianca fusciacca di seta lavorata a maglia e un fiore di ibisco scarlatto dietro l'orecchio, la luce, la luce, la luce. E' come vivere al centro di un brillante. Qualunque cosa si dica sulla luce in Grecia è vera.
  Voglio una tavolozza, non una penna. Sono costretta a dire che questo o quello è "come" qualcos'altro - devo prendere la strada più lunga quando ciò che veramente voglio è immergere il pennello direttamente nell'oceano, nel cielo, nel sole, nell'occhio del mulo di Heleni, nella barba scura del prete, e trasportare il tutto su tela.  
   Voglio macinare le case bianche e mettere anche queste sulla tela e voglio macinare i cesti di anguille luccicanti e catturare l'esatta gradazione di colore del pane quando viene fuori dal forno sulla pala del fornaio. E' come, è come - è come cosa esattamente? Cammino frustrata su e giù per lo studio, mi getto sul letto e guardo, senza vederle, le mie mura rosa.
Se ti dico ancora una volta che il suono delle quaglie di notte mi rende nervosa, ti ricorderai che sono i fantasmi di sentinelle tedesche che si fanno segnali l'un l'altro? Posso dirti che l'enorme albero di tamerici accanto al Bar Yannis mi sembrò l'altro giorno fatto di soffici peli pubici verdi? Era arrivata una capra e stava ferma sulle zampe posteriori a rosicchiare un ramo basso, con grande divertimento degli oziosi. Io pensavo alle capre, al dio Pan e alla magia quando all'improvviso l'albero che non avevo mai osservato bene prima, mi sembrò fatto di soffici e verdi peli pubici.
   Ma tu ci sei stato qui, anche tu hai visto l'albero e sentito le quaglie. "Sì, è esattamente così", potresti dirmi, oppure "No, non è proprio così". Tu hai visto la faccia di Yannis. Se ti dico, a proposito della sua voglia, "sembra che qualcuno gli abbia tirato un bicchiere di vino rosso sulla faccia" - cosa penseresti? Ma non è per te che devo scrivere, è per quelli che non sono stati qui. L'artista come tramite? L'artista come tappeto magico? Sia Greene che Maugham furono capaci di fare questa cosa molto bene, catturando l'essenza di  un posto, il suo "profumo". E una volta fatto quello, il prossimo compito importante - fare muovere la gente. Michael, cosa sono le fatiche di Ercole in confronto a quelle dell'artista?




Audrey Thomas  Latakia                                                                                         Pungitopo Editrice
traduzione di Adriana Trozzi