venerdì 31 ottobre 2014

La pioggia sibila pioggia

Pomeriggio d’ottobre

Fanni dorme accanto a me sotto la quercia,
da quando dorme tante ghiande sono cadute,
mi metto a litigare con ogni fronda innocua –
perché con un abbraccio ha chiesto di vegliarne il riposo.

Ma il sole mi strizza l’occhio attraverso il cespo della fronda,
e mi assediano i ronzii delle vespe arrabbiate.
La fronda risponde ghianda su ghianda,
ne cade una, poi subito un’altra, non riesce a stare sull'albero.

Fanni si desta, gli occhi azzurri insonnoliti,
le mani così belle, mani di immagini sacre, preoccupata
cerca di riconciliarmi con la fronda, mi accarezza la bocca
e tiene il dito ancora sui miei denti che mordono

per non farmi parlare. È così che si prepara il nuovo silenzio
e dal silenzio lassù sono sei giorni
che la pioggia sibila pioggia, lavando via le ghiande,
legandoci come un nastro nero al novembre.

Miklós Radnóti
Mi capirebbero le scimmie
Poesie (1928-1944)
a cura di Edith Bruck

Donzelli 2009

giovedì 30 ottobre 2014

Sei un chiuso silenzio che non cede

Anche tu sei collina
e sentiero di sassi
e gioco nei canneti,
e conosci la vigna
che di notte tace.
Tu non dici parole.
C’è una terra
che tace e non è terra tua.
C’è un silenzio che dura
sulle piante e sui colli.
Ci son acque e campagne.
Sei un chiuso silenzio
che non cede, sei labbra
e occhi bui. Sei la vigna.
E’ una terra che attende
e non dice parola.
Sono passati giorni
sotto cieli ardenti.
Tu hai giocato alle nubi.
E una terra cattiva –
la tua fronte lo sa.
Anche questo è la vigna.
Ritroverai le nubi
e il canneto, e le voci
come un’ombra di luna.
Ritroverai parole
oltre la vita breve
e notturna dei giochi,
oltre l’infanzia accesa.
Sarà dolce tacere.
Sei la terra e la vigna.
Un acceso silenzio
brucerà la campagna
come i falò la sera.
30-31 ottobre 1945

Cesare Pavese

mercoledì 29 ottobre 2014

Nella pioggia, nelle ombre, nel vento

Una cosa

Nel grigio colore del tempo
esiste una cosa,

nella pioggia, nelle ombre, nel vento

esiste una cosa
nel grigio colore del tempo.

Non so il suo nome.

Miroslav Mader
Antologia della poesia croata contemporanea
a cura di Marina Lipovac Gatti
Hefti 1999

martedì 28 ottobre 2014

Le foglie che stanno invisibili sui rami

Autunno

Non raccogliere le foglie gialle e rosse, né quelle che volano.
Non raccoglierne più.
Se continui, arriverai alla fine della sera e del mattino.
Ti stancherai.
Le tue mani sono piccole, questo autunno è senza fine,
dovunque tu ti volga continua.
Non raccoglierne più, tutto questo è tuo, anche quelle foglie 
che ancora non sono spuntate e ora stanno invisibili sui rami.

Danijel Dragojević
Antologia della poesia croata contemporanea
a cura di Marina Lipovac Gatti
Hefti 1999

lunedì 27 ottobre 2014

Il correre, ancora e sempre, sotto il vento

La giornata riuscita e la concisione. 

(...)
La giornata riuscita e la gaia attesa. La giornata riuscita e lo smarrirsi per scoprire. 

(...) 
Chi parla a chi, qui? Io parlo a me. La quiete da corvi pomeridiana. 
Il correre del bambino, ancora e sempre, sotto il vento. E ancora e sempre, lassù in alto, ecco pendolare per te le palline del platano: "il cuore non c'è più" (tradotto dal francese). 
E ancora e sempre nel fruscio, sia pure della ramaglia rinsecchita di una quercia, io divento tu. 
Che cosa saremmo, noi, senza il fruscio? 
E qual è la parola che gli corrisponde? Il Sì (senza voce).

Peter Handke 
Saggio sulla giornata riuscita
traduzione di Rolando Zorzi

Garzanti 2005

domenica 26 ottobre 2014

Una sfera un piano e contro l'alta fiamma del fuoco

Benedetta tu a distanza
la più innocente tra le cose lontane
nicchia di tavolo e mela
una sfera un piano e contro l'alta fiamma del fuoco
le due forme congiunte a scavare il nitore di un vano.
Nulla in realtà ci chiama
eppure ci accostiamo agli oggetti
quasi fossero gli echi di una voce
l'annuncio indifeso di altre vite.
L'acqua nera, la sagoma del cane contro il molo.
Nessuno può dirli ricordi e fischiare davvero come allora
ma noi vediamo le tre stanze, lo scatto
di chi ancora viveva
e a un tratto gli armadi ci rimandano
un fuoco errante la stella incerta di un viso.
Nulla è compiuto nulla è ancora profondo.
C'è solo il tonfo di una calce improvvisa
e queste grida tra felci che sferzano le schiene
grida che non capiamo come accade nel buio agli inseguiti.
Alberi, corpi, folate contro i muri.
Basta un gesto: il rovescio di un gomito che spegne una candela.
Di colpo diventiamo ciò che aveva tremato.


Antonella Anedda
Notti di pace occidentale
Donzelli editore 1999

sabato 25 ottobre 2014

Un'infinita serie di mani dall'altra sponda del tempo

Luminismo 

E benché sia stato breve, esiguo, nulla

degno d’essere stato tenuto così a lungo, io lo ricordo, 
come fosse venuto da dentro, uno degli scenari 
che la mente monta per sé, notte su notte, solo 
per separarsene, rapida e senza preavviso. Il sole 
inondava il fondovalle, divampava sulle finestre
del paese affacciate a occidente. Le strade scintillavano come 
fiumi, 
e piante, cespugli, nubi vennero travolti dall’alluvione,
e nulla fu risparmiato – non il divano su cui sedevamo, 
non i tappeti, né gli amici che guardavano fisso il vuoto.
Tutto affogava nel fuoco dorato. Poi Philip 
posò il bicchiere e disse: "Questa mano è solo una 
in un’infinita serie di mani. Pensate…"
E finì così. La sera s’andò spegnendo e scurendo
finché l‘orlo occidentale del cielo assunse
l’aspetto violaceo di un’ ecchimosi, e tutti si alzarono
esclamando che gran tramonto era stato. Accadde tempo fa,
e fu fuori dal comune, ma poi accadde altro…
Un grido, quasi oltre la nostra capacita di udire, s’alzò, sempre 
più alto, 
come dall’altra sponda del tempo, fino a toccarci come null’altro, 
e così 
leggero che avremmo potuto vivere tutta una vita e non 
avvertirlo mai.
Non ho avuto idea cosa significasse fino ad adesso.

Mark Strand

Luminism

And though it was brief, and slight, and nothing
To have been held onto so long, I remember it,
As if it had come from within, one of the scenes
The mind sets for itself, night after night, only
To part from, quickly and without warning. Sunlight
Flooded the valley floor and blazed on the town’s
Westward facing windows. The streets shimmered like rivers,
And trees, bushes, and clouds were caught in the spill,
And nothing was spared, not the couch we sat on,
Nor the rugs, nor our friends, staring off into space.
Everything drowned in the golden fire. Then Philip
Put down his glass and said: “This hand is just one
In an infinite series of hands. Imagine.”
And that was it. The evening dimmed and darkened
Until the western rim of the sky took on
The purple look of a bruise, and everyone stood
And said what a great sunset it had been. This was a while ago,
And it was remarkable, but something else happened then—
A cry, almost beyond our hearing, rose and rose,
As if across time, to touch us as nothing else would,
And so lightly we might live out our lives and not know.
I had no idea what it meant until now.

venerdì 24 ottobre 2014

Tutte le nuvole non sono più alte di noi

La Cordillera de los Andes


La prima impressione è terribile, vicina alla disperazione.
Anzitutto scompare l’orizzonte. Le nuvole,
non sono più alte di noi tutte le nuvole.
Noi siamo dove
all'infinito, senza mutamento,
sono gli alti pianori delle Ande
che si stendono, si stendono, si stendono.
È un suolo nero, senza gioia.
È un suolo venuto da sotto,
senza piante.
È una terra vulcanica.
È un suolo nudo! con sopra le case nere
che nulla tolgono alla sua nudità:
è un nudo nero di cose cattive.
Chi non ama le nuvole
non venga all'Ecuador.
Sono i cani fedeli delle montagne,
fedeli e grandi cani: alta
corona dell’orizzonte.
Siamo a tremila metri, si dice,
a un’altezza pericolosa per il cuore, si dice,
per la respirazione, per lo stomaco,
e per tutto quanto il corpo del forestiero.
Brachicefali, tarchiati, a passi brevi,
affardellati incredibilmente gli Indiani
si muovono in questa città che si aggrappa
a un cratere di nuvole, di nuvole.
Dove andrà questo curvo pellegrinaggio?
S’incrocia, torna a incrociarsi, sale: e
nient’altro, la vita di tutti i giorni.
Quito e le sue montagne.
Gli piombano addosso, stupiscono, si trattengono,
si ritirano: e poi eccole lastricate.
Quassù si fuma l’oppio d’alta montagna,
voce bassa, passi brevi, soffio corto,
scarsi i litigi dei bambini e dei cani,
nessuno, o quasi, che rida. Quassù.
Henry Michaux
tradotto da Luciano Erba 
I miei poeti tradotti 
a cura di Franco Buffoni, Novara, Interlinea, 2014 

giovedì 23 ottobre 2014

Ora non so cosa fosse vero

Così poco
Così poco ho detto.
Giorni brevi.
Giorni brevi,
Notti brevi,
Anni brevi.
Così poco ho detto,
Non ho fatto in tempo.
Il mio cuore si è stancato di
Entusiasmo,
Disperazione,
Ardore,
Speranza.
Le fauci del leviatano
Si sono richiuse su di me.
Nudo giacevo sulle rive
In isole disabitate.
Mi ha trascinato in sé con l’abisso
La bianca balena del mondo.
E ora non so
Cosa fosse vero.

Czeslaw Milosz
Poesie 
a cura di Pietro Marchesani
Adelphi 1983

mercoledì 22 ottobre 2014

L'aria brucia e rade - a falce - il passato

Mette in fila i ricordi
loro gridano che non sono mai esistiti.
Mette in fila i nomi
loro battono insieme come cucchiai di legno
Mette in fila i visi e loro a schiera si sfaldano
confondendo le unghie con i suoni.
Parla con l’aria: “Tu non ferisci”, dice,
ma l’aria brucia e rade - a falce - il passato.


Antonella Anedda 
Salva con nome 
Mondadori 2012

martedì 21 ottobre 2014

Nubi, nuvole bianche e silenziose

Nuvole
Nuvole, mie terribili nuvole,
come batte il cuore, è triste la terra,
nubi, nuvole bianche e silenziose,
vi guardo all’alba con occhi di pianto
e so che in me alterigia, bramosia
e crudeltà e il seme del disprezzo
per un sonno morto intessono il giaciglio
e i più bei colori della mia menzogna
hanno nascosto il vero. Chino gli occhi
e sento il turbine che m’attraversa,
ardente, secco. Oh, terribili siete,
nuvole, guardiani del mondo! Ch’io dorma,
possa la notte avvolgermi pietosa.

Czeslaw Milosz
Poesie 
a cura di Pietro Marchesani
Adelphi 1983

lunedì 20 ottobre 2014

La nuvola non muta colore né forma

Gente sul ponte

Strano pianeta e strana la gente che lo abita.
Sottostanno al tempo, ma non vogliono accettarlo.
Hanno modi per esprimere la loro protesta.
Fanno quadretti, ad esempio questo:

A un primo sguardo nulla di particolare.
Si vede uno specchio d’acqua.
Si vede una delle sue sponde.
Si vede una barchetta che s’affatica.
Si vede un ponte sull’acqua e gente sul ponte.
La gente affretta visibilmente il passo.
perché da una nuvola scura la pioggia
ha appena cominciato a scrosciare.

Il fatto è che poi non accade nulla.
La nuvola non muta colore né forma.
La pioggia né aumenta né smette.
La barchetta naviga immobile.
La gente sul ponte corre proprio
là dov'era un attimo prima.

È difficile esimersi qui da un commento.
Il quadretto non è affatto innocente.
Qui il tempo è stato fermato.
Non si è più tenuto conto delle sue leggi.
Lo si è privato dell’influsso sul corso degli eventi.
Lo si è ignorato e offeso.

A causa d’un ribelle,
un tale Hiroshige Utagawa
(un essere che del resto
da un pezzo, e come è giusto, è scomparso),
il tempo è inciampato e caduto.
Forse non è che una burla innocua,
uno scherzo della portata di solo qualche galassia,
tuttavia a ogni buon conto
aggiungiamo quanto segue:

Qui è bon ton
apprezzare molto questo quadretto,
ammirarlo e commuoversene da generazioni.

Per alcuni non basta neanche questo.
Sentono perfino il fruscio della pioggia,
sentono il freddo delle gocce sul collo e sul dorso,
guardano il ponte e la gente
come se là vedessero se stessi,
in quella stessa corsa che non finisce mai
per una strada senza fine, sempre da percorrere,
e credono nella loro arroganza
che sia davvero così.

Wislawa Szymborska
Gente sul ponte
a cura di Pietro Marchesani
Libri Scheiwiller 1996

domenica 19 ottobre 2014

Nella poesia deve esserci solo poesia

Tremarella

I poeti e gli scrittori.
Così infatti si dice.
Ma, se non scrittori, i poeti chi sono -
I poeti – la poesia, gli scrittori – la prosa.
Nella prosa può esserci tutto, anche poesia,
ma nella poesia deve esserci solo poesia -
In sintonia col manifesto, che l’annuncia
con lo svolazzo liberty d’una P maiuscola,
iscritta nelle corde d’una lira alata,
dovrei, più che entrare, arrivare volando -
E non sarebbe meglio scalza,
che con queste scarpe da quattro soldi,
pesanti, scricchiolanti,
goffa sostituzione d’un angelo? -
Avessi almeno un vestito più lungo, più lieve,
e versi che escono così, dalla manica,
da festa, da parata, da grande occasione,
un don dan don,
ab ab ba -
Ma là sul palco già guata un tavolino
da seduta spiritica, coi piedini dorati,
su cui fuma un piccolo candeliere -
Ne deduco che
dovrò leggere al lume di candela
ciò che ho scritto a macchina
tac tac tac alla luce d’una lampadina -
Senza preoccuparmi in anticipo
se sia poesia
e quale poesia -
Se del genere in cui la prosa è malvista -
O del genere che è benvista in prosa -
E qual’è la differenza,
percepibile oramai solo nella penombra
nello sfondo del sipario bordò
con frange viola?

Wislawa Szymborska
Gente sul ponte
a cura di Pietro Marchesani
Libri Scheiwiller 1996

sabato 18 ottobre 2014

Il mare è sempre davanti a me

Siedo al ristorante, ho terminato il pranzo, vedo il mare.

Mi nascondo col giornale, lo sollevo in alto:
non mi sento bene davanti a questo grande occhio.

Mi volto dall’altra parte, mi agito, mi rannicchio,
ma il mare è sempre davanti a me, fuoriesce dalla stampa
inonda la carta del giornale, sommerge le fotografie;

anziché l’odore della stampa, sento l’odore della salvia.


Antun Soljan

venerdì 17 ottobre 2014

Ho sentito la tristezza di capire che siamo come un sogno

Il dono infinito

Un pittore ci promise un quadro. 
Adesso, nel New England, so che è morto. Ho sentito, come altre 
volte, la tristezza di capire che siamo come un sogno.
Ho pensato all'uomo e al quadro perduti.
(Soltanto gli Dei possono promettere perché sono immortali)
Ho pensato al luogo prestabilito che la tela non occuperà.
Poi ho pensato: se la tela fosse lì, diverrebbe con il tempo
quella cosa in più, un cosa, una delle vanità, abitudini della mia casa;
Essa esiste in qualche modo. Vivrà e crescerà come una musica,
e rimarrà con me fino alla fine.
Grazie, Jorge Larco.
(Anche gli uomini possono promettere perché nella promessa c'è qualcosa di immortale)



Jorge Luis Borges


The unending gift


Un pintor nos prometió un cuadro. 
Ahora, en New England, sé que ha muerto. Sentí, como otras 
veces, la tristeza de comprender que somos como un sueño. 
Pensé en el hombre y en el cuadro perdidos. 
(Sólo los dioses pueden prometer, porque son inmortales.) 
Pensé en un lugar prefijado que la tela no ocupará. 
Pensé después: si estuviera ahí, sería con el tiempo una cosa más, 
una cosa, una de las vanidades o hábitos de la casa; 
ahora es ilimitada, incesante, capaz de cualquier forma y 
cualquier color y no atada a ninguno. 
Existe de algún modo. Vivirá y crecerá como una música y 
estará conmigo hasta el fin. Gracias, Jorge Larco. 
(También los hombres pueden prometer, porque en la promesa 
hay algo inmortal.)

giovedì 16 ottobre 2014

Anche le ombre hanno questo fuoco

Colui che è solo è anche nel mistero
e sempre sta nel fiume delle immagini,
del loro generarsi, germinarsi,
anche le ombre hanno questo fuoco.

Gravido di ogni strato è nel pensiero
di ogni strato ricolmo e non disperso,
in suo potere ha l’annientamento
di ogni umano che si nutre e si accoppia.

Impassibile egli vede la terra
un'altra farsi da quella che fu sua,
non più “muori” e non più “divieni”:
la perfezione, immobile, lo guarda.

Gottfried Benn
Poesie statiche
traduzione di Giuliano Baioni
Einaudi 1972

mercoledì 15 ottobre 2014

I lampioni piangono l'estate

Portami lungo viali vuoti,
parlami di qualche sciocchezza,
pronuncia vagamente un nome.

I lampioni piangono l'estate.

Due lampioni piangono l'estate.

Cespugli di sorbo. Una panchina umida.
Amore mio, resta con me fino all'alba,
poi lasciami.

Rimasto come un'ombra offuscata,
vagherò qui ancora un po', ricorderò tutto,
la luce accecante, il buio infernale,
io stesso fra cinque minuti sparirò.

Boris Ryzhy

martedì 14 ottobre 2014

Quell'autunno perfino le poesie mi riuscivano bene

Non ho camminato nei tuoi sogni,
né mi sono mostrato in mezzo alla folla,
non sono apparso nel cortile
dove pioveva, o meglio cominciava a piovere
(questo verso lo cancello e non lo sostituirò),
era allettante credere,
come uno stupido,
che ti avrei incontrato presto,
eri tu che mi apparivi in sogno
(e mi prendeva una dolce tenerezza),
mi sistemavi i capelli sulle tempie.
Quell'autunno perfino le poesie
in parte mi riuscivano bene.
(Però mancava sempre un verso
o una rima per essere felice).

Boris Ryzhy

lunedì 13 ottobre 2014

Dove la strada infuocata tocca il cielo

Il giorno del bucato della poetessa che invecchia

Sollevo il viso ed esco, evitando la luce,
tenendomi lontano dalla curva dove la strada infuocata tocca il cielo.
Qualunque cosa esista al centro della terra mi
prenderà prima o poi. Prima. Di quanto io pensi.
Quel nucleo di luce concentrato
e chiuso, denso come una stella, come specchi
liquefatti. Rosso scuro e pesante. Trancio dal
macellaio. Già mi trascina giù, già
divento più bassa, in modo infinitesimo.
Le ossa delle gambe si ispessiscono – è l’inizio-
si contraggono, come muscoli.
Dopo arriva la fragilità, un vento secco che mi soffia
nel corpo,
sferzandomi da dentro, come se fossi
un fossile, le parti molli mangiate fino all'osso.
Presto diventerò di calcio. Comincia dal cuore.
Lavo moltissimo. Lavo tutto.
Se solo potessi fare tutto pulito, prima di morire.
Per vedere Dio, mi hanno detto, non si va
nella foresta o in città; non si va sul prato,
in riva al mare, a meno che non sia freddo.
Si va nel deserto.
Si pensa alla sabbia.

Margaret Atwood
traduzione di Loredana Magazzeni