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mercoledì 12 gennaio 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/675. Esco e incontro una foglia, la vita mi sorprende sempre

 

 


Qualunque cosa accada, la vita sempre ci sorprende, per quanto ci facciamo prendere dalla frenesia di controllare e prevedere gli avvenimenti, la vita va dove va.

Anche oggi sono riuscita a spolverare un ripiano della libreria piccola, a raggruppare i libri per autore, a decidere se ci fossero libri cui posso rinunciare. Ce ne sono, ce ne sono sempre di libri cui rinunciare, libri che non rileggerò mai più, ma anche libri che non leggerò e che è inutile che io continui a tenere imprigionati nei miei scaffali, finito anche questo lavoro, decido di andare a fare una passeggiata.

Esco e incontro una foglia, è l’ultima a essere caduta dall’albero bellissimo, la raccolgo, è piccola, sembra che stia tremando, decido di conservarla nel libro che sto leggendo. È una giornata fredda e sfolgorante, con una luce molto poco invernale, in campagna già fioriscono i fiorellini nei prati, le scuole sono aperte, la pandemia progredisce, i contagiati aumentano, le cose che accadono in questi giorni sono una ripetizione di cose che abbiamo già visto accadere, l’anno scorso e l’anno prima ancora, come se fossimo chiusi in un loop temporale infinito che non ci permette di superarlo e uscirne. Ma poi ho incontrato questa piccola foglia che non lascerò divorare dal tempo e che terrò con me in un libro molto amato che sto rileggendo, le memorie della de Beauvoir, quanto mi sta piacendo rileggerla.

 

 

Canto delle cose felici

 

Le piccole cose sono davvero

la felicità della vita. Una foglia

appena caduta, un libro amato,

una tazza di tè fumante alla

fine di una passeggiata. Sono

sublimi le piccole cose quando

incontrano la poesia, perché

smettono di essere cose e

diventano frammenti della

nostra anima strappati al

logoramento del tempo. Per

questo, anche per questo

scrivo poesie, per ricordare

che il tempo è solo un modo

per raccontare la felicità

delle piccole cose.

 

 

Sono questi attimi luminosi, questa pienezza dell’essere anche mentre ci occupiamo di piccole cose, a rendere gioiosa una giornata d’inverno che ha conosciuto poche buone notizie.

Bene, anche questo mercoledì 12 gennaio del terzo anno senza Carnevale volge alla sua conclusione e questa Cronaca 675 ha avuto la sua poesia e ne è contenta, lo so perché la sta rileggendo per la terza volta.

giovedì 10 settembre 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/186: ...un sasso, una foglia, una porta nascosta

 

Prima della creazione venne il sogno, fu un sogno di immagini vorticose, di colori incandescenti, di parole in lingue non ancora nate.

Poi la mano si aprì e si tese, caddero i semi di melograno, le foglie dell’oleandro si aprirono alla prima stagione e questo gesto creò la prima memoria e il primo oblio.

L’oblio non esiste senza memoria, la segue passo passo perché ne è l’ombra, a volte leggera, a volte così difficile da portare.

Se teniamo la memoria nel cuore dove starà l’oblio? In una tasca di oscurità? O sarà luce accecante che rende comunque impossibile la visione?

 

Lo sguardo si apre sul vasto mondo, a che età avremo accumulato abbastanza ricordi per iniziare a ricordare anziché a vedere?

Perché immagini che non sapevamo più di avere visto tornano nei nostri occhi pur se con quella patina opaca che denuncia il passare del tempo?

L’unico luogo dove lo sguardo non troverà mai una replica di ciò che già conosce è un cielo nuvoloso. Non grazie al cielo ma grazie alla mutevolezza stessa delle nuvole.

Mai, mai potremo guardare due volte la stessa nuvola, mai potremo richiamarla intatta nella nostra memoria.

Nel teatro interiore lo spazio è ancora più ridotto, così ci accontentiamo di approssimazioni e sovrapposizioni, sino a quando le forme non saranno compiute e basteranno a se stesse.

La forma delle nuvole è l’unico segno che il tempo riconosce e di cui si fida. Se una nuvola è cambiata, il tempo saprà di essere passato su questa terra e in questo cielo.

La luce accompagna le metamorfosi nuvolesche, tinge la superficie e guida il carro d’oro del tramonto verso l’altro emisfero.

La diffusione dei colori è una conseguenza dell’amore sfrenato tra il tempo e la luce, l’arcobaleno e i pittori rapiscono i figli celesti di questo amore e ci trasmettono i colori e le forme. Che non è detto che siano o siano state reali.

I dipinti sono i figli terrestri della luce, lo sguardo dei pittori è la levatrice di paesaggi con figure assenti, di nature morte, di volti che mai si sono riflessi nell’occhio di un passante.

Davanti a noi le immagini si moltiplicano, come i dipinti, le poesie, i romanzi e noi viviamo in mondi che non sono il nostro e in quel mondo che ci colpisce lasciamo che i nostri occhi seminino e disperdano le visioni che già hanno accumulato.

Di certo non arriveremo mai con il nostro sguardo sino alla fine del tempo, con il nostro sguardo possiamo creare pietre miliari e lasciarle a chi ci seguirà.

“...un sasso, una foglia, una porta nascosta; di un sasso, una foglia, una porta. E di tutti i volti dimenticati.

Nudi e soli siamo venuti in esilio. Nel suo oscuro grembo non conoscemmo il volto di nostra madre, dalla prigione della sua carne siamo giunti all'indescrivibile, indicibile prigione di questa terra.

Chi di noi ha conosciuto il fratello? Chi ha guardato nel cuore del padre? Chi non è rimasto per sempre prigioniero? Chi non è per sempre solo e straniero?

O immane desolazione, persi nei torridi labirinti, tra le stelle lucenti su questo tizzone esausto e spento, persi! Muti cerchiamo la grande lingua dimenticata, la strada perduta per il cielo, un sasso, una foglia, una porta nascosta. Dove? Quando?

Perduto spirito, pianto dal vento, torna ancora”.

Muti cerchiamo la grande lingua dimenticata, scrutiamo il cielo in cerca delle nuvole che conosciamo anche se, già sappiamo, che anche il nostro sguardo dovrà dimenticarle.


Questa Cronaca 186 è nata il decimo giorno di settembre dell’anno senza Carnevale. Parlo e riparlo con tutti gli abitanti della Casa delle Parole perché sto scrivendo un altro testo e parlare serve a sciogliere i nodi.

 

La citazione è tratta dal romanzo di Thomas Wolfe O Lost, meglio conosciuto come Angelo, guarda il passato.


mercoledì 2 settembre 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/178: dove la luce riposa, la foglia canta, il vento danza

 


Settembre è il mese della luce, il tempo in cui i fendenti dell’agosto scemano, si ammorbidiscono e scompaiono in quella dolcezza stagionale che porta a maturazione anche i grappoli ormai pronti per la vendemmia.

Mentre le nuvole vagano indecise se andare o stare, mentre il vento gioca a spettinare le onde marine e le muta da grandi a piccole e viceversa all’insaputa del mare, noi pure entriamo in sintonia con la mutevolezza della stagione.

Ciò che è maturo viene raccolto, ciò che ha compiuto il proprio ciclo si abbandona alla caduta e scivola verso la terra che, ancora calda dei raggi solari, accoglie benevola le foglie morte e le porta a ritornare nell’albero da cui sono nate, o verso nuovi alberi e nuove radici per ritornare in circolo per la primavera dell’anno che verrà.

È la luce che guida i cambiamenti intorno e dentro di noi, che interviene a placare quelle inquietudini che il buio ci conduce. Quel buio che favorisce gli interrogativi e le ansie, le domande senza risposta sul futuro più prossimo e anche su quello più remoto: come andrà la riapertura delle scuole? La pandemia si fermerà o si estenderà? Cosa succederà al mio lavoro? Cosa faranno i bambini che non possono andare a scuola? E le persone ammalate, fragili o solo molto anziane, come possiamo impedire che si ripeta quel che è già accaduto la scorsa primavera?

Nell’incertezza totale di questi giorni, dove le discoteche hanno aperto, ma le biblioteche sono ancora inagibili se non su appuntamento, si cerca di tornare a una parvenza di normalità che, rispetto ai grandi proclami dei mesi scorsi, sono un ostinato tentativo di ritornare al tanto deprecato mondo di prima, mondo che, forse, ai più, non dispiace davvero.

Nella mia bolla social vedo che i libri bloccati nei mesi di lockdown stanno uscendo, che gli scrittori hanno ricominciato a fare presentazioni, che qualche festival e convegno già programmato si terrà, almeno in parte, in presenza.

Si procede a piccoli passi, per tentativi ed errori, molto di più dovrà essere fatto per l’istruzione, l’università, la cultura. Senza studio e formazione continua, non usciremo dalle secche degli ultimi vent’anni dove l’improvvisazione e l’incompetenza, i modelli proposti dalla televisione e dai media, hanno influenzato negativamente diverse generazioni. Anche se, quando smettiamo di ragionare per grandi gruppi, scopriamo intorno a noi un mondo più ricco e vasto di quanto non siamo stati capaci di immaginare. Scopriamo persone giovani ricche di idee e vitalità che pensano al futuro personale e a quello collettivo.

Credo che noi generazioni fortunate dei baby-boomers dovremmo, non solo continuare a impegnarci in quel che sappiamo progettare e fare, ma prepararci al cambio di stagione, dovremmo prepararci a passare il testimone, i posti di responsabilità ai più giovani. Ma in molti campi non lo stiamo facendo, per paura dell’invecchiamento, perché pensiamo di non avere ancora ottenuto i riconoscimenti che meritavamo. I motivi sono molteplici e quelli personali si accavallano con quelli di ordine sociale e colletivo.

Forse bisogna imparare dalla luce e dalle foglie che bisogna lasciarsi andare, mutare forma e colore, scoprire che la vita non è solo infanzia e adolescenza. Dovremmo imparare ad accettare gli anni della maturità e del declino e non pretendere di restare eternamente giovani grazie alla chirurgia estetica.

C’è un tempo per ogni cosa, un tempo debito che ci chiama a fare, dare e a essere non solo quel che abbiamo già dato e fatto, non solo chi siamo stati e chi siamo.

Che settembre e la luce morbida e dorata ci restino accanto, mentre impariamo ad accettare questi cambiamenti.


Il canto della foglia

 

Non ho scelto io il tempo

e il modo per venire al mondo.

Sono esplosa da una gemma,

sono rimasta poi tutta l’estate

a danzare con il vento, ben salda

sul mio ramo. Ora il vento mi

dice che è tempo di andare,

devo solo staccare quel poco

che ancora mi garantisce la

linfa dell’albero madre. Bevo

ogni goccia di pioggia, il vento

mi chiama di nuovo, mi stacco,

scendo e nell’aria resto, ancora

non tocco il suolo, posso giocare

e fingere che non sia mai accaduto,

posso fingere di essere una nuvola,

proiettare la mia grande ombra a

terra. Poi lasciarmi andare alla

notte che viene, guardare le lucciole

e smettere di avere paura. Invisibile

ai vostri occhi, continuerò a danzare

con lo stesso vento che amoreggia

con il vostro mare, con le stesse

stelle che danzano tutte insieme

nel nostro cielo. Tornerò in un’altra

primavera, sarò nuova, sarò io

e qualcun altro ancora. Mi riconoscerete

per quella screziatura chiara sul

dorso. Io vi riconoscerò perché, in

realtà, nessuno va mai via davvero.

 

 

Settembre mi prende sempre così, dolce e malinconico, mi porta a fare bilanci e condividere riflessioni. Oggi mi sento proprio come questa foglia e gioiosa lascio che il vento mi porti via.

Questa Cronaca 178 nasce il secondo giorno di settembre dell’anno senza Carnevale.

La poesia è inedita, scritta proprio oggi.

venerdì 25 novembre 2016

Voltarsi nell’aria di vetro

Non ho bisogno di voltarmi indietro
né di quella fresca aria di vetro
che scontorna le mie immaginazioni
per vedere l’albero che diventa
il nulla e la strada farsi
vuoto anziché sostegno ai miei
passi. Non ho bisogno di farlo
ancora perché già troppe volte
mi sono girata e adesso ho
imparato che solo la parola
tiene il mio passo e non ho
bisogno, non più, di guardare
dove va perché abito a ogni
ora il regno della mia immaginazione
e trasformo la foglia caduta
in un fiore appena sbocciato,
la pioggia lieve di questo autunno,
nel sole fendente di un’estate
che mai più sarà. Tengo gli
occhi chiusi e solo la tua voce
conosce la strada per varcare

il mio cancello.


Elena Petrassi
Scrivere il vento
prima poesia della sezione
Resistere alla luce
Atì editore 2016

mercoledì 2 novembre 2016

Una foglia e la solitudine

Cade una foglia di paulonia -
perché non vieni
nella mia solitudine?


Matsuo Bashō
in
Haiku
Il fiore della poesia giapponese
da Bashō all'Ottocento
a cura di Elena Dal Pra
Mondadori 1998

martedì 1 novembre 2016

il regno della mia immaginazione

Voltarsi nell’aria di vetro

Non ho bisogno di voltarmi indietro
né di quella fresca aria di vetro
che scontorna le mie immaginazioni
per vedere l’albero che diventa
il nulla e la strada farsi
vuoto anziché sostegno ai miei
passi. Non ho bisogno di farlo
ancora perché già troppe volte
mi sono girata e adesso ho
imparato che solo la parola
tiene il mio passo e non ho
bisogno, non più, di guardare
dove va perché abito a ogni
ora il regno della mia immaginazione
e trasformo la foglia caduta
in un fiore appena sbocciato,
la pioggia lieve di questo autunno,
nel sole fendente di un’estate
che mai più sarà. Tengo gli
occhi chiusi e solo la tua voce
conosce la strada per varcare
il mio cancello.

Elena Petrassi
Scrivere il vento
Ati editore 2016

lunedì 23 maggio 2016

Giungono in volo cieli con nuvole e uccelli

Sogno 

Il mio caduto, il mio tornato polvere,
assunto l'aspetto che ha nella fotografia:
sul viso ombra di foglia, una conchiglia in mano,
si avvia verso il mio sogno.

Cammina attraverso tenebre da mai spente, 
attraverso vuoti aperti verso di sé per sempre,
attraverso sette per sette per sette silenzi.

Appare all'interno delle mie palpebre,
in questo solo, unico mondo a lui accessibile.
Gli batte il cuore trafitto.
Si alza il primo vento dai capelli.

Tra noi comincia a esserci un prato. 
Giungono in volo cieli con nuvole e uccelli.
Montagne esplodono in silenzio all'orizzonte
e un fiume scende giù in cerca del mare.

Si vede già lontano, così lontano
che giorno e notte sono simultanei,
e tutte le stagioni giungono in una volta.

La luna apre a ventaglio dei suoi quattro quarti,
i fiocchi della neve danzano con le farfalle
e cadono i frutti da un albero in fiore.

Ci veniamo incontro. Non so se in lacrime,
non so se sorridendo. Un solo passo ancora
e ascolteremo insieme la tua conchiglia,
quale fruscio di mille orchestre,
quale marcia nuziale, la nostra.

(1962)

Wislawa Szymborska
Taccuino d'amore
a cura di Pietro Marchesani
Libri Scheiwiller 2002

domenica 27 marzo 2016

tutto quello che lascio ogni notte per te

Sei fermo sull'uscio, chiudi 
piano la porta, non accendi 
la luce perché il corridoio 
attraversa ogni notte i tuoi 
sogni e poi svuoti le tasche e 
la mensola accoglie una foglia 
caduta, un libro piegato, il tuo 
taccuino non più intonso, 
un sasso, un refolo di vento 
di un’altra foglia tiene l’ombra
tutto quello che lascio ogni notte  
per te sulla soglia della 
mia casa, su quella della tua
immaginazione, tutti i miei
doni che in sogno tu prendi
e porti con te.


Elena Petrassi

anche questa poesia è un inedito che sarà compreso nel quinto libro che ho iniziato, mentre il quarto è ormai finito e quasi pronto da stampare.

domenica 13 marzo 2016

questi margini della poesia, come una foglia abbandonata dal cielo

III

Se anche avessimo il potere di sollevare
oltre le case e le strade azzurre
questo carico di ombre, di dubbi
che ci consuma come pietra sulla soglia,
e una nuvola potesse portar via d'un tratto
a disperderne il sale sulle acque del mare,
acconsentiremmo noi a gettarvi soltanto
questi margini della poesia, a rimanere
quaggiù, nell'erba viva
come una foglia abbandonata dal cielo?

Guy Goffette
Elogio per una cucina di provincia
traduzione di Chiara de Luca

III

Eloge per une cuisine de province

Si même nous avions pouvoir d’élever
au-dessous des maisons, des routes bleues,
cette charge d’ombres, des doutes
qui nous use comme pierre des seuils
et qu’une nuage puisse tout emporter d’un coup
en disperser le sel sur les eaux de la mer,
consentirions-nous seulement à y jeter
ces marges du poème, à demeurer
ici-bas, dans l’herbe vive
comme une feuille que le ciel a quittée?

lunedì 19 ottobre 2015

il cuore è un'oca selvatica al vento, una foglia selvatica

L'oca selvatica

Ieri era estate, e oggi è già autunno,
il cuore durante la notte è diventato giallo e ora
è una foglia al vento, o meglio, un'oca selvatica,
veramente un'oca selvatica; ieri era estate
e oggi è già autunno, il cuore è un'oca selvatica
al vento, una foglia selvatica


Luko Paljetak
Antologia della poesia croata contemporanea
a cura di Marina Lipovac Gatti
Hefti 1999