sabato 30 giugno 2012

L'arte secondo Camus

Il fascino un po' incomprensibile della citazione di Camus fatta dalla Frame (vedi post di ieri) mi ha spinto a riprendere in mano l'originale.
« Vivre bien sûr c'est un peu le contraire d'exprimer. Si j'en crois les grands maîtres toscans c'est témoigner trois fois dans le silence, la flamme et l'immobilité. »
Questo è l'incipit originale del saggio Il deserto, dedicato al suo maestro Jean Grenier, che è l'ultimo della raccolta Nozze.
Ecco la mia traduzione: « Vivere di certo è un po' il contrario di esprimere. Se credo ai grandi maestri toscani è testimoniare tre volte nel silenzio, nella fiamma e nell'immobilità". Non mi resta che rileggere tutto questo scritto.
Il saggio è presente nella raccolta


Albert Camus
Opere - Romanzi, racconti, saggi
a cura e con introduzione di Roger Grenier
Classici Bompiani 1988

venerdì 29 giugno 2012

Il silenzio, le fiamme, l'immobilità

Vivere è impercettibilmente il contrario di esprimersi. Se devo credere ai grandi maestri toscani, significa dare una triplice testimonianza, con il silenzio, le fiamme e l'immobilità.


Albert Camus citato da Janet Frame



giovedì 28 giugno 2012

Tutti gli scrittori sono esiliati dovunque vivano

Nella mia decisione (di tornare a vivere in Nuova Zelanda) ero profondamente influenzata dalle parole che, di tanto in tanto, Frank Sargeson mi rivolgeva: "Ricordati che non conoscerai mai nessun altro paese come quello dove hai passato i tuoi primi anni. Non sarai mai in grado di scrivere intimamente di un altro paese". La mia risposta era sempre stata: "E gli scrittori costretti a un esilio politico, che non hanno avuto o non hanno la possibilità di tornare, che vivono e lavorano e portano nuove prospettive nel linguaggio del loro paese di adozione? E coloro che hanno dovuto scendere ancora più profondamente nell'ignoto, cambiando la propria lingua? Conrad, Nabokov... e James Joyce... e Samuel Beckett? Tutti gli scrittori, tutti gli esseri sono in realtà esiliati. L'unica certezza della vita è che si tratta di una successione di espulsioni di qualsiasi cosa porti con sé una forza vitale... Tutti gli scrittori sono esiliati dovunque vivano e il loro lavoro è un diuturno viaggio verso la terra perduta..."


Janet Frame
La città degli specchi
traduzione di Lidia Zazo
Interno giallo editore 1992


mercoledì 27 giugno 2012

Cercare l'autore nei suoi personaggi

Voi desiderate qualche mia nota biografica e io mi trovo assai imbarazzato a fornirvela e questo, mio caro amico, per la semplice ragione che ho dimenticato di vivere, l'ho dimenticato al punto da non saper dire niente, proprio niente, della mia vita. Potrei forse dirvi che non la vivo, ma che la scrivo. Di modo che se voi vorrete sapere qualche cosa di me, potrei rispondervi: aspettate un po', mio caro Crémieux, che mi rivolga ai miei personaggi. Forse saranno in grado di fornirvi qualche informazione su me stesso.


Luigi Pirandello lettera a Benjamin Crémieux, 1933
citato in
Matteo Collura
Il gioco delle parti
Vita straordinaria di Luigi Pirandello
Longanesi 2010

L'isola del presente: incipit

Dalla prima regione di liquida oscurità, nella seconda regione di aria e luce, ho redatto le seguenti note con il loro misto di fatti e di verità e memorie di verità con lo sguardo sempre fisso alla terza regione, dove il punto di partenza è il mito.


Janet Frame
L'isola del presente
traduzione di Lidia Zazo
Interno giallo editore 1991

martedì 26 giugno 2012

L'esplodere di una nuova stagione sotto un sole segreto

Dall'agnizione della grandezza letteraria nasce una particolare libertà, come se si cedesse qualcosa che si desiderava tenere, e cedendola, si liberasse un nuovo spazio per la crescita, l'esplodere di una nuova stagione sotto un sole segreto. Riconoscere qualsiasi grande opera d'arte è come essere innamorati; non si cammina, si vola, ogni decadenza, morte, distruzione sono dentro di noi, non nell'amato; è come innamorarsi dell'immortalità, una liberazione, un volo in paradiso.


Janet Frame
Un paese di fiumi
traduzione di Lidia Zazo
Interno giallo editore 1991
Un angelo alla mia tavola
nuova edizione ma con la stessa traduzione rivista della stessa traduttrice
Neri Pozza editore 2010


(Nella nuova edizione l'agnizione iniziale è diventata un normale riconoscimento, ma è bello sentire e pronunciare parole desuete. Il mistero è il cambio del titolo nella prima edizione, quando Un angelo alla mia tavola non solo è magnifico, non solo perché della Frame è l'unico titolo davvero conosciuto, ma perché l'angelo della creatività è il co-protagonista dell'autobiografia della Frame)

lunedì 25 giugno 2012

Le parole perdute di Amelia Lynd


A Milano in una polverosa strada di periferia, via Icaro al numero 15, si erge un condominio abitato da gente comune. Siamo a cavallo tra il 1972 e il 1973 e in questo piccolo mondo asfittico di affittuari, lottano senza saperlo molteplici diadi di opposti. Tra gli altri troviamo l’aspirazione piccolo borghese di Elvira, custode e mamma, di comprare il bilocale al primo piano, e la vita di fabbrica del papà, diffidente contro i padroni, le banche e i poliziotti. Un altro contrasto profondo è quello tra le lingue,  i dialetti degli affittuari e l’italiano da un lato, e l’italiano nativo di Luca detto Chino, con la lingua inglese che imparerà da Amelia Lynd, la vecchia signora apparsa all’improvviso nella vita del palazzo di periferia e altrettanto repentinamente scomparsa. Non lontano da questo condominio di persone “normali”  c’è il Mater Universa, una struttura dove stanno rinchiuse persone invece profondamente diverse, matti, deformi, sopravvissuti a incidenti terribili. Ma il contrasto più profondo è quello tra le vite ignoranti di tutti gli abitanti della casa e la profonda dimensione intellettuale della Lynd e del figlio Ippolito che arriverà a vivere in via Icaro dopo la madre. Chino vive sul crinale di questi mondi opposti, non è più bambino ma non ancora adolescente, le ragazze non lo attirano, stenta a farsi degli amici perché gli altri ragazzini del cortile sono rozzi e volgari. Ama le parole e gli incontri pomeridiani con l’anziana signora, danno una svolta definitiva alla sua crescita interiore e alla passione per lo studio. Quando Chino aiuta Amelia a svuotare gli scatoloni iniziano le scoperte: “La Maestra mi informava sulla provenienza di un piccolo Lalique, mi raccontava la vita di Flaubert o di Cicerone, mi riassumeva i viaggi di Erodoto, Bouvard et Pécuchet, Middlemarch, Anna Karenina… Che ore meravigliose! Mai passati pomeriggi tanto belli, tanto pieni di sorprese…
Delle varie fotografie che possedeva mi colpì il ritratto di un signore barbuto, molto serio. Le domandai se fosse suo marito.
“Oh, no”, rise, “quello è Sigmund Freud!”… La adoravo. Ogni gesto della Maestra, anche quello di mescolare il latte e le uova e di girare il cucchiaio di legno nel vecchio pentolino ammaccato, aveva qualcosa di ineguagliabile, che trascendeva lo stesso gesto e poneva lei al di sopra di tutte le persone che avevo già conosciuto, fuori da tutte le mappe in cui la mia vita si era svolta fino a quel giorno”.
Amelia non è solo la mentore di Chino, ne diventa in qualche modo anche la Musa. Certo non sarà subito che il ragazzo vedrà i benefici di quegli insegnamenti, ma i semi sono stati gettati. Le lezioni sorprendenti della Maestra riguarderanno non solo le parole, ma la professione del giornalista e il senso stesso della democrazia. Questo bellissimo romanzo di formazione solletica la curiosità del lettore a cercare gli eventuali risvolti autobiografici e  soprattutto ci trasmette una lezione di Nicola Gardini che come la Maestra è un docente straordinario e ama le parole: le parole non sono mai perdute, vivono nell’aria, trascinate dal vento, quando le pronunciamo, vivono annidate nella carta come volpi nella tana, quando le abbiamo scritte. Per ritrovare quelle di Amelia/Nicola sarà sufficiente riaprire questo romanzo bello e vero, che si distacca dai nugoli di non-romanzi pubblicati da non-scrittori che riempiono i talk-show televisivi e i banchi delle librerie. Si fa fatica a credere che Gardini, che è un vero scrittore, oltre che un traduttore raffinato e un poeta riconosciuto, non sia entrato con questo libro in nessuna delle cinquine dei premi letterari più prestigiosi. Anche se la cosa importante è che lui lo abbia scritto. Per i fanatici, come me, delle parole, segue una lunga citazione di Amelia che forse è sua o forse di Nicola…

Nicola Gardini
Le parole perdute di Amelia Lynd
Feltrinelli 2012

Scrittori di significati e scrittori di parole


Ho passato la giovinezza a credere che la conoscenza esatta dei significati potesse aprirmi il senso delle cose. Ho amato le parole difficili, le parole rare, le parole introvabili, le parole straniere. Non le parole inventate, che non sono reali. Avevo un vero e proprio culto dei dizionari. Forse tutti i giovani, anche quando non lo sanno, amano i dizionari. I lessicografi ideali sono addirittura i bambini, che conoscono pochissimo la lingua della comunità, perché ancora pensano che i significati esistano indipendentemente dalle persone. Ci si potrebbe scrivere sopra una fiaba. C’era una volta un significato… And then? Che ne è di questo significato?... Facciamo che si incontri con un bambino. E il bambino lo fraintende, cioè gli crede. A un certo punto, scopre che quel significato significa non solo ciò che dichiara: perché una sera lo vede in compagnia di alcuni adulti e vede che si comporta in a questionable manner, come una mamma che dice di essere solo la tua mamma e invece poi si rivela la mamma di altri bambini. Infatti, quel significato non era proprio un significato, ma una parola. Il significato, da solo, non esiste! La parola è un significato che entra in contatto con la gente e assume aspetti diversi, ognuno ci riconosce un po’ di sé, ognuno capisce quel che può o vuole capire. Beautiful, but…! Una mamma può essere la mamma di molti figli, anche se ciascuno di loro dirà che è la sua mamma. I know, è una favola cattiva. A un certo punto mi sono scoperta protagonista di questa favola. Esistono persone, invece, che credono all’assoluta e perfetta corrispondenza tra parole e significato per tutta la vita. Lucky them! Io non ci sono riuscita, mi dispiace. Alcuni scrittori sono così, che si esprimano in versi o in prosa. In Italia Pascoli, Gadda, Landolfi sono appunto scrittori di significati. La forma della parola serve a indicare un senso preciso, anzi è quello stesso senso, che di per sé è indescrivibile, indefinibile; che se lo vuoi definire lo distruggi come la rosa si Shelley, che non perché la scomponi arriverai alla sede del profumo.
Gli scrittori di parole, sono una razza diversa: loro pensano in frasi; il significato nasce da una somma di parole, dalle relazioni che più parole stabiliscono l’una con l’altra: prese individualmente dicono ben poco, perché hanno bisogno delle altre parole per significare. Per tali scrittori – Woolf, Stendhal, T.E. Lawrence – il significato emerge dalla catena dei rapporti tra le parole, dal discorso. Tali scrittori, a differenza degli altri, pretendono un ascoltatore; si aspettano risposte; mentre per gli altri i significati stessi sono risposte! Ogni parola, per gli scrittori di parole, significa perché si lega a qualcun’altra. Né può legarsi a qualunque altra. Ogni parola ha una sua predisposizione a simpatizzare con questa e non con quella. Ogni parola ha un suo destino, e questo si compie nella frase. Né una parola funziona solo nell’insieme della frase, ma anche in rapporto a certe parole nascoste, che non sono scritte lì, parole invisibili come fantasmi e impalpabili ma presenti come ombre: le parole che qualcuno ha già scritto e che vengono evocate da quelle che noi scriviamo. C sono frasi, catene di parole che si allungano sotto la superficie del foglio e scendono in profondità remote dove la nostra coscienza non è in grado di spingersi neanche nei momenti di massima attenzione. Gli scrittori di parole sono anzitutto lettori. Quelli di significato assomigliano di più agli scienziati, agli anatomisti, ai botanici. Catalogano. Gli altri raccolgono e si dimenticano di classificare, perché quello che trovano preferiscono disseminarlo per casa, anche a costo di smarrire qualcosa. Che libertà invidiabile! If only I…

Nicola Gardini
Le parole perdute di Amelia Lynd
Feltrinelli 2012

L'incantesimo sta nel sentire e nel narrare


A eccezione del pregiudizio, nelle arti non ci sono sentimenti banditi, e non c’è storia che non possa essere raccontata. L’incantesimo sta nel sentire e nel narrare, nient’altro.

Siri Hustvedt
L'estate senza uomini
traduzione di Gioia Guerzoni
Einaudi 2012

domenica 24 giugno 2012

La mutevole trama del ricordare e dell'immaginare


Trent’anni è tantissimo tempo, un tempo durante il quale un matrimonio mette radici, diventa quasi incestuoso, con i suoi complesso ritmi di sentimenti, dialoghi, associazioni. Eravamo arrivati al punto in cui ascoltare una storia o un aneddoto a una cena ci faceva formulare lo stesso identico pensiero, ed era solo questione di chi l’avrebbe articolato ad alta voce. Anche i nostri ricordi avevano cominciato a mescolarsi. Boris giurava e spergiurava di essere stato lui a trovare l’airone azzurro maggiore sulla soglia della casa che affittavamo nel Maine, e io ero altrettanto certa di essere stata io a vedere per prima l’enorme volatile. Non c’era risposta a quell’enigma, nessuna documentazione – solo la fragile, mutevole trama del ricordare e dell’immaginare. Uno dei due aveva sentito l’altro raccontare la storia, aveva visto nella propria mente l’incontro con l’airone, e aveva creato un ricordo dalle immagini mentali che avevano accompagnato la narrazione ascoltata.


Siri Hustvedt
L'estate senza uomini
traduzione di Gioia Guerzoni
Einaudi 2012

La percezione non è mai passiva


La percezione non è mai passiva. Non ci limitiamo a ricevere il mondo, lo produciamo anche. C’è un che di allucinatorio in qualsiasi percezione, ed è facile creare illusioni.

Siri Hustvedt
L'estate senza uomini
traduzione di Gioia Guerzoni
Einaudi 2012

Le biblioteche sono fabbriche di sogni erotici


Era cominciato tutto in biblioteca, con Kant. Le biblioteche sono fabbriche di sogni erotici. Li stimola il languore del corpo, che deve trovare una posizione comoda – gambe accavallate, gomito a cui appoggiarsi, schiena allungata – ma non deve andare da nessuna parte. Li stimola anche la lettura e il fatto di alzare lo sguardo da quello che si sta leggendo: la mente lascia il libro e vaga verso un polso o una coscia, reali o immaginari. Li stimola anche l’oscurità degli scaffali, perché dà l’idea di nascondere qualcosa. Li stimola l’odore della carta e delle rilegature, e probabilmente anche quello di colla vecchia. Kant non era difficile: La critica della ragion pratica era molto più della Ragion pura, ma avevo vent’anni, e la Pratica era già abbastanza difficile, e lui si era proteso verso di me per vedere cosa stavo leggendo…

Siri Hustvedt
L'estate senza uomini
traduzione di Gioia Guerzoni
Einaudi 2012

sabato 23 giugno 2012

Il rumore della pioggia d'estate

Quella notte mentre ero a letto, un temporale estivo si scatenò sulla città, con tuoni e lampi fragorosi come detonazioni, che rimbombavano sopra di me con un'eco continua. Subito dopo sentii il rumore della pioggia che cadeva fitta, rapida, e ricordai le raffiche violente della mia infanzia, ricordai di quando mi svegliavo al mattino e vedevo i rami caduti qua e là sulla strada. Ricordai l'immobilità incantata che si percepiva prima della bufera o del tornado, come se la terra stesse trattenendo il respiro, e la sinistra sfumatura verde che tingeva il cielo. Ricordai l'immensità del mondo.


Siri Hustvedt
L'estate senza uomini
traduzione di Gioia Guerzoni
Einaudi 2012

venerdì 22 giugno 2012

Fidarsi della gioia

Il profumo dei gelsomini, un vento leggero, l'aroma del caffè appena fatto, le rondini che sfrecciano nel cielo, il terzo cd di Paolo Fresu della serie Cinquant'anni suonati e la Satira preventiva di Michele Serra con l'Espresso.
Fidarsi della gioia che aleggia nell'aria con questi profumi e la musica che risuona. Una lista di piccoli piaceri, questo accade di prima mattina oggi a Milano.

giovedì 21 giugno 2012

La poesia che sta dietro le parole

Il vescovo Berkeley (che, vi rammento, è stato un profeta della grandezza degli Stati Uniti) ha detto che il sapore della mela non si trova nella mela - che non può gustare se stessa - né nella bocca di colui che la mangia. Ci vuole un contatto fra l'una e l'altra. Lo stesso accade nel caso di un libro o di una raccolta di libri, una biblioteca. Un libro è un oggetto fisico in un mondo di oggetti fisici. E' un insieme di di simboli morti. Poi arriva il buon lettore e le parole - o meglio, la poesia che sta dietro le parole, perché le parole in sé sono semplici simboli - tornano in vita. Ed ecco la resurrezione della parola.


Jorge Luis Borges
L'invenzione della poesia
Le lezioni americane
traduzione di Vittoria Martinetto e Angelo Morino
Mondadori 2001

mercoledì 20 giugno 2012

Frammenti del tredicesimo mese



Lascerò i muri sgretolarsi, lascerò che i tombini scoppino sotto la furia del temporale. Ciò che si mormora me lo sento nelle pietre: tu non 
ci sei più. Eccoli che arrivano a cercare notizie che non ci sono, li vedo, piangono, ma come darti le mie lacrime io che non ho occhi ma solo finestre? 
Sussultano così gli umani perchè possono lasciare che il dolore li sovrasti e li anneghi, ma io, io che non ho voce come potrò gridare questo scandalo? 
Una folla che tiene lento il passo si avvia verso il luogo definitivo, un uomo rannuvolato la solca come un’onda di ferocia, cercando il proprio volto tra i mille 
tutti uguali persi nelle nuvole, io invidio l’uomo che ti disse: ti ho negli occhi anche quando sei lontana. Dove potrò tenerti se tutti i vetri si sono infranti e mai più ti rispecchieranno quando attraversi la strada? 


Elena Petrassi
Frammenti del tredicesimo mese
Atì editore 2007


Rileggo il penultimo capitolo del mio romanzo, quello che dà il titolo al libro. 
Il tredicesimo mese è quello della narrazione, è il tempo del racconto.
E' il tempo creato da chi scrive ed eternamente scorre nelle pagine. 
E la cosa sorprendente è che non è mai lo stesso, a ogni lettura cambia,
perché dopo ogni lettura è il lettore a essere cambiato.




martedì 19 giugno 2012

La parola di soglia


Anche noi vogliamo essere,
dove il tempo dice la parola di soglia,
il millennio giovane si alza dalla neve,
l’occhio errante
si calma nella propria sorpresa
e capanna e stella
stanno nel blu da vicini di casa,
come se la strada fosse già percorsa.

Paul Celan
Conseguito silenzio
traduzione di Michele Ranchetti e Jutta Leskien
Einaudi 1998

Quando le cose erano intere

- Una nuova lingua?
- Sí. Una lingua che finalmente dica quello che dobbiamo dire. Perché le nostre parole non corrispondono più al mondo. Quando le cose erano intere, credevamo che le nostre parole le sapessero esprimere. Poi a mano a mano quelle cose si sono spezzate, sono andate in schegge franando nel caos. Ma le nostre parole sono rimaste le medesime. Non si sono adattate alla nuova realtà. Pertanto, ogni volta che tentiamo di parlare di ciò che vediamo, parliamo falsamente, distorcendo l’oggetto che vorremo rappresentare. Tutto si fa disordine. Ma le parole, come anche lei comprende, hanno la capacità di cambiare. Il problema è come dimostrarlo. Ecco perché io ora lavoro con i più semplici mezzi possibili… talmente semplici che anche un bambino può capire quel che dico. 

Paul Auster 
Trilogia di New York 
Città di vetro 
Einaudi 1996 
traduzione di Massimo Bocchiola

domenica 17 giugno 2012

La stessa difficoltà dello scrivere

Ti ho parlato della difficoltà di essere ebrei, che è la stessa difficoltà dello scrivere. Perché l'ebraismo e la scrittura non sono altro che la stessa attesa, la stessa speranza, lo stesso logorio.


Edmond Jabès

Citato da Paul Auster 
L'arte della fame 
Incontri, Letture, Scoperte, saggi di poesia e letteratura
Einaudi 2002
traduzione di Massimo Bocchiola

sabato 16 giugno 2012

La poesia non si interessa alla forma del mondo in sè

La poesia non si interessa alla forma del mondo in sé, ma al mondo che questo universo diventerà. La poesia parla solo di presenze - o di assenze.


Yves Bonnefoy


Citato da Paul Auster 
L'arte della fame 
Incontri, Letture, Scoperte, saggi di poesia e letteratura
Einaudi 2002
traduzione di Massimo Bocchiola

venerdì 15 giugno 2012

Tradurre poesia

Tradurre poesia è, nel migliore dei casi, un'arte dell'approssimazione, e non esistono regole fisse per stabilire che cosa funziona e che cosa non funziona affatto. E' in buona parte questione d'istinto, di orecchio e di buon senso. Tra una scelta letterale e una più poetica, non ho mai esitato a preferire la seconda. Mi sembrava più importante dare ai lettori che non conoscono il francese una vera idea di ogni testo come componimento poetico, che affannarmi in favore di un'aderenza parola-per-parola. Una poesia si esperisce non solo per ciascuno dei vocaboli che contiene, ma nelle interazioni fra loro - la musica, i silenzi, le forme - e se al lettore non si fornisce l'occasione di entrare nella totalità di questa esperienza, resterà escluso dallo spirito dell'originale. Ecco perché ritengo che le poesie debbano essere tradotte dai poeti.


Paul Auster 
L'arte della fame 
Incontri, Letture, Scoperte, saggi di poesia e letteratura
Einaudi 2002
traduzione di Massimo Bocchiola

La settimana Paul Auster

Rileggere i libri che amo è una delle attività che segnano l'arrivo dell'estate. Questa è la settimana di Paul Auster. La prima lettura della Trilogia di New York risale al week-end del 14-16 settembre 1996. Avevo già letto e amato altri suoi libri Leviatano, L'invenzione della solitudine, La musica del caso, ma dopo quei giorni Auster è entrato nel mio Olimpo personale degli scrittori preferiti. Credo che il mio sia ancora più affollato dell'Olimpo originale...

giovedì 14 giugno 2012

Ricopiare brani di libri

Per più di un mese, la sola cosa che feci fu ricopiare brani di libri. Uno di essi, di Spinoza, diceva: "E quando sogna di non volere scrivere, non ha il potere di sognare che vuole scrivere; e quando sogna di volere scrivere, non ha il potere di sognare che non vuole scrivere".


Paul Auster
Trilogia di New York
La stanza chiusa 

Einaudi 1996
traduzione di Massimo Bocchiola

mercoledì 13 giugno 2012

Amare le parole, credere nel potere dei libri

Amare le parole, investire una parte di sé in quello che è scritto, credere nel potere dei libri: tutto ciò sommerge il resto, e al confronto la propria vita individuale diventa insignificante.


Paul Auster  
Trilogia di New York   
La stanza chiusa 
Einaudi 1996
traduzione di Massimo Bocchiola


martedì 12 giugno 2012

Scrivere è un mestiere per solitari

   Prenda Hawtorne, dice Black. Un buon amico di Thoreau, e forse il primo autentico scrittore che l'America abbia avuto. Dopo la laurea ritornò a Salem, nella casa materna; si chiuse nella sua stanza e ci rimase dodici anni.
   E cosa ci faceva là dentro?
   Scriveva storie.
   Tutto qua? Scriveva e basta?
   Scrivere è un mestiere per solitari. Ti prosciuga. In un certo senso, lo scrittore non ha una vita propria. Anche quando lo hai di fronte non c'è veramente.


Paul Auster 
Trilogia di New York 
Fantasmi  
Einaudi 1996 
traduzione di Massimo Bocchiola



lunedì 11 giugno 2012

La luce nell'aria e tutto intorno a me

Ma la cosa più bella è l'aria. Sí. E a poco a poco, ho imparato a vivere dentro di essa. L'aria e la luce, sí, anche quella, la luce che risplende su tutte le cose e le rende visibili ai miei occhi. C'è l'aria e c'è la luce, e questa è la più bella. Mi perdoni. L'aria e la luce. Sí. Quando è bel tempo, mi piace star seduto vicino alla finestra aperta. A volte guardo fuori e osservo le cose sottostanti. La strada e tutte le persone, i cani e le automobili, i mattoni del palazzo di fronte. E poi ci sono le volte in cui semplicemente chiudo gli occhi e rimango seduto, con la brezza che mi soffia sul viso, e la luce nell'aria, tutto intorno a me e appena oltre i miei occhi, e tutto il mondo è rosso, di un bellissimo rosso nei miei occhi, con il sole che splende su di me e sui miei occhi.


Paul Auster
Trilogia di New York
Città di vetro
Einaudi 1996
traduzione di Massimo Bocchiola

domenica 10 giugno 2012

Incipit: ieri

Ieri soffiava un vento conosciuto. Un vento che avevo già incontrato.
Era una primavera precoce. Camminavo nel vento a passi decisi, rapidi, come tutte le mattine. Eppure avevo voglia di ritrovare il mio letto e distendermi, immobile, senza pensieri, senza desideri, e di restare sdraiato fino al momento in cui avrei sentito avvicinarsi quella cosa che non è voce né gusto né odore, solo un ricordo vaghissimo, venuto da oltre i limiti della memoria.



Agota Kristof
Ieri
Einaudi 1997
traduzione di Marco Lodoli

Un istante di felicità inattesa


Ieri ho vissuto un istante di felicità inattesa, immotivata. È venuta verso di me attraverso la pioggia e la nebbia, sorrideva, fluttuava al di sopra degli alberi, mi danzava davanti, mi circondava.
Io l'ho riconosciuta.
Era la felicità d'un tempo remoto, quando il bambino e io eravamo tutt'uno. Io ero lui, avevo solo sei anni e la sera nel giardino sognavo guardando la luna.

Agota Kristof
Ieri
Einaudi 1997
traduzione di Marco Lodoli

sabato 9 giugno 2012

Con i libri, niente convenevoli

Proust una volta paragonò l'amicizia alla lettura, perché tutte e due richiedono di essere in comunione con altri, ma, aggiunse, la lettura aveva in più un vantaggio fondamentale: 
"Nella lettura, invece, l'amicizia è di colpo ricondotta alla sua originaria purezza. Con i libri, niente convenevoli. Trascorriamo la serata con loro, perché ne abbiamo veramente desiderio".


Alain De Botton che cita Marcel Proust in
Come Proust può cambiarvi la vita
Guanda 1998
traduzione di Livia Ferrari

Il mondo dello scrittore di narrativa è colmo di materia


La natura della narrativa è in gran parte determinata dalla natura del nostro apparato percettivo. La conoscenza umana inizia attraverso i sensi, e lo scrittore di narrativa inizia laddove inizia la percezione umana. Agisce attraverso i sensi, e sui sensi non si può agire con delle astrazioni. Ai più riesce molto meglio enunciare un’idea astratta anziché descrivere quindi ricreare un oggetto che hanno davanti agli occhi. Ma il mondo dello scrittore di narrativa è colmo di materia ed è proprio questo che gli scrittori principianti sono così restii a creare. Il loro interesse precipuo va a idee ed emozioni disincarnate.

Flannery O’Connor
Nel territorio del diavolo
Theoria Roma 1993

venerdì 8 giugno 2012

Le luminosissime parole oscure ovvero una singola parola è intessuta di molti enigmi

La molteplicità dei significati (sprigionati da quelle che Bachmann, a proposito di Celan, chiama le "luminosissime parole oscure") mette a dura prova il lavoro di traduzione. Bachmann usa le parole sfogliandone i significati stratificati, sventagliandoli sotto gli occhi del lettore. In un'intervista del 1971, a proposito del linguaggio poetico, citava la frase "Ho fatto un prigioniero che non mi lascia più andare via" per spiegare il rapporto che uno scrittore ha con le parole, e, riferendosi alle "frasi prefabbricate", diceva: "Già una singola parola è intessuta di molti enigmi - più si guarda da vicino, più lontano rimanda; allora uno scrittore non può servirsi del linguaggio che è stato già trovato, cioè delle frasi, ma scrivendo, deve distruggerle" (In cerca di frasi vere, p. 142).
Chi si prova a tradurre è indotto di conseguenza allo stesso lavorio di decostruzione, scoprendo a ogni parola quanto nel passaggio da una lingua all'altra poco si acquista e quanto si perde.

Anita Raja che cita Ingeborg Bachmann che cita Paul Celan
in Ingeborg Bachmann: concepire l'indicibile
Concepire l'infinito a cura di Annarosa Buttarelli
La Tartaruga edizioni 2005

mercoledì 6 giugno 2012

La vita narrante


Quando scrive di getto, siede per ore e ore in poltrona, con un cartone sulle ginocchia che le fa da appoggio, un piccolo calamaio inserito nel cartone, un blocco di carta. È così assorta che i rumori non arrivano fino al suo corpo sprofondato in una vita più vera della vita: la vita narrante. Solo al pomeriggio risalirà alla superficie accomodandosi al tavolo e ricopiando a macchina ciò che ha scritto al mattino. Ma fin quando rimane seduta in poltrona, un guscio l’avvolge. Non vede il cielo che si ravviva o si oscura a causa delle nubi spinte dal vento, non avverte le scrollate di pioggia. Non sente la voce di Leonard che telefona, che parla di manoscritti, che riceve giovani autori. È concentrata sulla psiche, specchio impuro di tutte le convergenze, di tutte le divergenze. “Spesso ora mi tocca dominare l’eccitazione, quasi volessi trapassare uno schermo o qualcosa mi battesse accanto con violenza”. Di nuovo nello spazio astratto della stanza rischia di perdersi. Jacob ha rappresentato un esperimento troppo, troppo ventilato. Adesso occorre erigere un argine che contenga la dilagante materia; occorre adottare un preciso angolo visuale, una unità di misura. Quale? A furia di riflessione e di concentrazione Virginia finirà con l’identificare quest’angolo con l’attimo. L’attimo di pienezza, di pregnanza emotiva, (simile all’epifania joyciana, ma l’epifania ha per Joyce un significato più spirituale che emotivo), mentre l’argine sarà un’occasione limitata nel tempo: un concerto, una passeggiata, una visita, un ricevimento.

Virginia Woolf e la sua scrittura raccontata da Grazia Livi
Da una stanza all'altra 
Stanza con poltrona
Garzanti 1984

La forma del caos

Quello che sto dicendo non significa che d'ora in poi nell'arte non ci sarà forma.
Significa soltanto che ci sarà una forma nuova, e quella forma sarà di un genere che ammetta il caos e non tenti di dire che il caos in realtà è qualcos'altro (...)
Trovare una forma che riordina il guazzabuglio: ora è questo il compito dell'artista.


Samuel Beckett, da un'intervista a Tom Driver Beckett at the Madeleine, in "The Columbia University Forum", estate 1961. 
Citato da Paul Auster 
L'arte della fame 
Incontri, Letture, Scoperte, saggi di poesia e letteratura
Einaudi 2002
traduzione di Massimo Bocchiola

lunedì 4 giugno 2012

Come iniziano i libri che amo: incipit

Non solo citazioni dal corpo di ogni libro amato. Ho deciso che copierò anche gli incipit. La prima pagina è la porta della casa sconosciuta che ci apprestiamo a esplorare; è lo strappo nella tela che ci lascia intravedere il paesaggio nascosto. Non so quanto tempo ci vorrà, forse non finirò mai, perché i libri che ho letto sino ad ora sono moltissimi, ma questa disciplina del copista mi appassiona, e quindi ho deciso che lo farò.

Incipit: la donna che aspettava

"Una donna così intensamente destinata alla felicità (fosse anche una felicità puramente fisica, un banale benessere carnale) che sceglie, quasi con leggerezza, la solitudine, la fedeltà verso un assente, il rifiuto di amare..."
Ho scritto questa frase in quel particolare momento in cui la conoscenza dell'altro (di quella donna, di Vera) ci pare acquisita. Prima ci sono la curiosità, la divinazione, la sete di confessioni. La fame dell'altro, l'attrazione per i suoi sotterranei. Decifrato il segreto arrivano le parole, spesso pretenziose e categoriche, che dissezionano, stabiliscono, classificano. Tutto diventa comprensibile e rassicurante. Allora può cominciare la routine di una relazione o di una indifferenza. Il mistero dell'altro è addomesticato. Il suo corpo è ridotto a una meccanica carnale, più o meno desiderabile; il suo cuore a un inventario di reazioni prevedibili.
In realtà questa fase è una specie di assassinio, perché uccidiamo quella creatura infinita e inesauribile che abbiamo incontrato. Preferiamo aver a che fare con una costruzione verbale piuttosto che con un essere vivente...



Andreï Makine
La donna che aspettava

Einaudi 2006
traduzione di Anna Maria Ferrero



domenica 3 giugno 2012

Mostrare attraverso i frammenti

La totalità è un'idea... la si può mostrare solo attraverso frammenti... Per esempio, noi siamo in questa stanza e non possiamo vedere tutta la casa. Però sappiamo di essere in una casa. Lo stesso succede nel libro. Noi sappiamo di essere in qualcosa di immenso, ma in ogni momento vediamo solo quello che ci sta davanti... la totalità è qualcosa che ricostituiamo per noi stessi attraverso tutti i frammenti, perché sono i frammenti a procurare la visibilità. 



Provvidenza 

Edmond Jabès in conversazione con 
Paul Auster
L'arte della fame
Incontri, letture, scoperte
saggi di poesia e letteratura
Einaudi 2002

sabato 2 giugno 2012

L’opera del vento


Dovevo uscire dal gesto usuale
cambiare la foglia con l’acqua
piovana, non cercare presagi
sull’asfalto arroventato. Poco
molto poco, il calice non riempie
la brocca, il miele non addolcisce
l’ape, semmai ne fortifica il pungiglione.
Questo è il mio scrivere, ti confesso
mescolare polline e parole, il resto
è opera del vento.

Elena Petrassi
Sillabario della Luce

venerdì 1 giugno 2012

giugno, notte

Si abbassa il cono della luce.
Presto sarà notte completa.
Guardo i corpi ardenti alle finestre
i gesti delle braccia confusi agli alberi d'estate.
Sarà notte tra poco. Qualcosa già comincia a velarsi 
il tempo di passare a un'altra stanza
appena un po' più angusta
di cui ci fa soffrire solo l'angolo cupo di uno specchio.
Allora non le case o i volti 
ma le ombre dei volti e delle case premeranno sui vetri
tremendi, incerti per annuncio o ricordo.
Diremo amore in un diverso spazio
e sarà sabbia la voce che trasmuta.


Eppure non è notte, amore - ancora non è notte.
E' giugno -
      lento - di buio.



Antonella Anedda
Notti di pace occidentale
Donzelli editore 2001