martedì 28 febbraio 2017

la grazia dell’aria nel lume di primavera

Azalee nella pioggia


Maturità scoppiante dei colori,
fu vostra la grazia dell’aria
nel lume di primavera. Ora si turba
lo splendido fervore.
Ma se il lago riaccenna al sereno
tra i canti d’una gita
sul mondo scampato ai temporali

le più bianche s’illudono d’eterno.


Vittorio Sereni
Frontiera
Mondadori 1941

lunedì 27 febbraio 2017

tempo d’acqua che torna

Terre rosse

Il tuono spazia un rumore
di cavalli lanciati sui monti;
sui muri degli orti
tempo d’acqua che torna,
randagio.
Il sonno intorba i pagliai,
il silenzio cresce nel petto.

Dopo lo scroscio la terra è rossa,
nei dorsi di rupe
il sasso si stria.
E il fango è un tramonto

che tutto l’anno ci dura negli occhi.


Vittorio Sereni
Frontiera
Mondadori 1941

domenica 26 febbraio 2017

l’inverno sta per andare di qua

Canzone Lombarda


Sui tavoli le bevande si fanno più chiare
l’inverno sta per andare di qua.

Nell'ampio respiro dell’acqua
ch’è sgorgata col verde delle piazze
vanno ragazze in lucenti vestiti.
Noi dietro vetri in agguato.
Ma quelle su uno svolto strette a sciami
un canto fanno d’angeli
e trascorrono:
                 – Digradante a cerchi
                 in libertà di prati, città,
                 a primavera.

E noi ci si sente lombardi
e noi si pensa
a migrazioni per campi

nell'ombra dei sottopassaggi.


Vittorio Sereni
Frontiera
Mondadori 1941

sabato 25 febbraio 2017

la città è quell’arco di fuoco

Le mani

Queste tue mani a difesa di te:
mi fanno sera sul viso.
Quando lente le schiudi, là davanti
la città è quell’arco di fuoco.
Sul sonno futuro
saranno persiane rigate di sole
e avrò perso per sempre
quel sapore di terra e di vento

quando le riprenderai.


Vittorio Sereni
Frontiera
Mondadori 1941

venerdì 24 febbraio 2017

un vortice d’ombra e di vampe

Incontro

Come un rosaio,
un vortice d’ombra e di vampe
che mi fioriva d’intorno
sulla strada cancellata dal sole
a mezzogiorno.


Vittorio Sereni
Frontiera
Mondadori 1941

giovedì 23 febbraio 2017

a ritmi di gocce il mio tempo s’accorda

Giardino d'inverno

A quest’ora
innaffiano i giardini in tutta Europa.
Tromba di spruzzi roca
raduna bambini guerrieri,
echeggia in suono d’acque
sino a quest’ombra di panca.

Ai bambini in guerra sulle aiole
sventaglia, si fa vortice;
suono sospeso in gocce
istante
ti specchi in verde ombrato;
siluri bianchi e rossi
battono gli asfalti dell’Avus,
filano treni a sud-est
tra campi di rose.

Da quest’ombra di panca
ascolto i ringhi della tromba d’acqua:
a ritmi di gocce
il mio tempo s’accorda.

Ma fischiano treni d’arrivi.

S’è strozzato nel caldo
il concerto della vita che svaria
in estreme girandole d’acqua.


Vittorio Sereni
Frontiera
Mondadori 1941

mercoledì 22 febbraio 2017

le montagne nel ghiaccio s’inazzurrano

Inverno 

. . . . . . . . . . . . . . . . . . .

     ma se ti volgi e guardi

     nubi nel grigio

     esprimono le fonti dietro te,

   
    le montagne nel ghiaccio s’inazzurrano.

     Opaca un’onda mormorò

     chiamandoti: ma ferma – ora

     nel ghiaccio s’increspò

     poi che ti volgi

     e guardi

     la svelata bellezza dell’inverno.

     

     Armoniosi aspetti sorgono

     in fissità, nel gelo: ed hai

     un gesto vago

     come di fronte a chi ti sorridesse
     di sotto un lago di calma,

     mentre ulula il tuo battello lontano

     laggiù, dove s’addensano le nebbie.


Vittorio Sereni
Frontiera
Mondadori 1941

martedì 21 febbraio 2017

Leggere come esperienza di di ricchezza, profondità e durata

Dobbiamo difendere la lettura come esperienza che non coltiva l'ideale della rapidità, ma della ricchezza, della profondità, della durata. Una lettura concentrata, amante degli indugi, dei ritorni su di sé, aperta più che alle scorciatoie, ai cambiamenti di andatura che assecondano i ritmi alterni della mente e vi imprimono le emozioni e le acquisizioni.

Giuseppe Pontiggia
citato da 
Corrado Augias
Leggere
perchè i libri ci rendono migliori, più allegri e più liberi
Mondadori 2007

lunedì 20 febbraio 2017

Leggere e rileggere secondo Montaigne

Per ovviare un po’ al tradimento della mia memoria e alla sua deficienza, così estrema che mi è accaduto più di una volta di riprendere in mano come recenti e a me sconosciuti dei libri che avevo letto accuratamente qualche anno prima e scarabocchiato con le mie note, ho preso l’abitudine, da qualche tempo, di aggiungere alla fine di ogni libro (dico di quelli dei quali mi voglio servire una sola volta) la data in cui ho terminato di leggerlo e il giudizio che all'ingrosso ne ho ricavato: affinché questo mi rammenti almeno l’opinione e l’idea generale che mi ero fatta dell’autore leggendolo.

Michel de Montaigne
Saggi
traduzione di Fausta Garavini 
note di André Tournon
Bompiani 2012 

domenica 19 febbraio 2017

Avere fede nella narrativa

Così completa è la mia fede nella narrativa che la vedo come una megadisciplina, una disciplina che incorpora tutte le altre, confonde i generi, mescola realtà e immaginazione, e nel migliore dei casi riafferma il diritto dello spirito individuale e indipendente di rappresentare il mondo. Proprio come faceva nell'antichità, quando la storia era un modo di conoscere, anzi lo strumento principale per organizzare e conservare il sapere: quando la realtà era una funzione della fede visionaria e la gente creava le storie che leggiamo e che ci hanno guidato fino a oggi. Le Scritture, le storie di Dio.

Edgar L. Doctorow
in una conferenza tenuta a Roma nella primavera del 2007
citato da 
Corrado Augias
Leggere
perchè i libri ci rendono migliori, più allegri e più liberi
Mondadori 2007

sabato 18 febbraio 2017

Leggere, scrivere e vivere secondo Leopardi

La lettura per l'arte dello scrivere è come l'esperienza per l'arte di viver nel mondo, e di conoscer gli uomini e le cose. Distendete e applicate questa osservazione, specialmente a quello che è avvenuto a voi stessi nello studio della lingua e dello stile, e vedrete che la lettura ha prodotto in voi lo stesso effetto dell'esperienza rispetto al mondo.

Giacomo Leopardi
Zibaldone 

venerdì 17 febbraio 2017

Scrivere è "pensare su carta", per memorizzare e selezionare le cose più importanti

C'è il pianoforte nero che suonava ogni giorno: «Glielo regalò il padre dall'Inghilterra due mesi prima di morire». L'edizione Adelphi di Allucinazioni, El hombre que confundió a su mujer con un sombrero e tutti i suoi libri pubblicati all'estero. La locandina del film tratto da Risvegli, appoggiata a terra. Cechov, Faulkner, Auden, che aveva conosciuto in gioventù, una biblioteca sterminata di letteratura e saggistica. La moquette beige, come l'amorfa porta del suo appartamento. Il letto con la coperta azzurra, come lo ha lasciato. E poi l'adorato dizionario di inglese Oxford «che leggeva ogni sera a letto con me prima di addormentarsi». La foto seppia di Muriel Elsie Landau, madre amatissima e uno dei primi chirurghi della storia britannica. Gli scatti di lui nel suo studio, prima di un tuffo nel lago e quello con la t-shirt rossa di Musicofilia. «Questa foto con i lemuri invece è stata scattata durante il nostro ultimo viaggio insieme, nella riserva di Durham, in North Carolina. Era il luglio 2015, un mese prima che se ne andasse. Oliver studiava molto l'evoluzione, dunque i lemuri gli piacevano molto».
Il 30 agosto 2015, a 82 anni, Oliver Sacks è morto in questo appartamento di New York, nell'alternativo quartiere di Chelsea, a pochi passi dal Whitney Museum di Renzo Piano. Ma qui, in queste stanze semplici del secolo breve, c'è ancora una brezza di vita meravigliosa, di tenue immortalità. Il nostro Virgilio è Bill Hayes, unico vero amore di Sacks. Scrittore e fotografo americano di 56 anni che per la prima volta parla a un giornale dopo l'addio del compagno e che domani pubblica per l'editore americano Bloomsbury il meraviglioso Insomniac City. Il libro, che è nato l'anno scorso dopo un breve soggiorno a Roma, è un diario della vita di Hayes a New York, dove si è trasferito nel 2009, ma soprattutto della sua relazione con Oliver Sacks. Fino agli ultimi, drammatici istanti della sua vita.
(...)
Sacks e Hayes si sono conosciuti nel 2009, nella primavera di New York, davanti a un caffè. L'amore è sbocciato pochi mesi dopo, a dicembre, mentre Oliver salutava Bill in partenza verso Washington dove la sua famiglia lo attendeva per Natale: «Fu lui a cercarmi a inizio di quell'anno: gli era piaciuto molto il mio libro
The Anatomist e mi aveva scritto », spiega Hayes. «Così abbiamo cominciato una corrispondenza. Di carta, ovviamente, perché Oliver sino all'ultimo non ha mai avuto un computer, mai uno smartphone. Solo un cellulare minimale per le emergenze. Era di un altro tempo. Come il nostro amore».
Non a caso, Insomniac City, che allude a New York ma anche alle notti insonni dei due, è una collazione di appunti e scritti di Hayes sulla loro passione. «Una delle prime cose che mi disse Oliver fu: "Devi tenere un diario". Scriveva qualsiasi cosa su carta, in ogni momento, era maniacale. Per lui era cruciale "pensare su carta", per memorizzare e selezionare le cose più importanti».

frammento dell'intervista di Antonello GuerreraBill Hayes, compagno di Oliver Sacks

Repubblica lunedì 13 febbraio 2017

giovedì 16 febbraio 2017

La fortuna di trasformare la vita in un racconto

Che rapporto c'è tra memoria e archeologia?
"Strettissimo, anche se la memoria può diventare una deformazione mentale. O meglio qualcosa che serve a giustificare le nostre azioni, quando sappiamo che non sempre possiamo giustificarle. È a quel punto che le narrazioni prendono il sopravvento, le parole volano e si romanzano".

Lei invece non ha mai pensato al romanzo?
"Amo leggerli, non potrei mai scriverli. Non ho fantasia né immaginazione. Scrivo libri su mondi e cose concrete. L'ultimo è dedicato ai mosaici. Ho scritto sui metalli e sulla pittura murale, mi sono occupata della storia del restauro archeologico. Sebbene per lungo tempo abbia sognato a colori, non c'è tra le mie fortune la capacità di trasformare tutto questo in un racconto".

In fondo anche il nostro inconscio può esser visto come uno scavo archeologico.
"È quello che pensava Freud. Ma c'è una differenza. Scavando nell'inconscio non sempre si trova quello che si cerca. Con i nostri strumenti non arriveremo mai fino in fondo alla nostra coscienza. Ci possono casualmente riuscire i poeti".

In che modo?
"Essi riempiono la nostra assenza, la nostra povertà e dimenticanza. Poeti come Celan - che fu per un breve periodo amico di Roman - o come Rimbaud o Dino Campana, testimoniano di sé e del disagio per non aver saputo reggere la vita, le avversità. Quando qualcosa si rompe nella loro esistenza ci accorgiamo che da quelle ferite possono uscire perle di poesia. La cosa strana è che non sempre questi versi si capiscono, ma il loro mistero ci può arricchire egualmente. 


frammenti dell'intervista di Antonio Gnoli Licia Borrelli Vlad
Repubblica 5 febbraio 2017

mercoledì 15 febbraio 2017

Scrittore e Narratore: trova la differenza

Però so che a lei sotto sotto Gadda non piace.
"Sono in minoranza, lo riconosco. Io credo che quando è al meglio Gadda è un grande scrittore, ma non un grande narratore".

Qual è la distinzione?
"Lo scrittore maneggia il linguaggio, il narratore estende il discorso al di là della lingua".

Lei ha più volte manifestato entusiasmo per la prosa d'arte.
"È la pura verità. Sono molto interessato alle arti figurative. Dopo aver scritto un saggio su Longhi, conclusi che la prosa dei critici merita di essere studiata come prosa di invenzione".

Grandi critici, a chi pensa oltre che a Longhi?
"Contini e Debenedetti. Il primo lo considero a tutti gli effetti la persona che ha più influito su di me. Al punto che talvolta scrivendo mi soffermo a pensare: questo l'ha già scritto lui".

E Debenedetti?
"Una sensibilità moderna straordinaria".

Sui narratori del Novecento che giudizio esprime?
"Ci sono stati narratori di grande valore. Tra questi Svevo, Morante, Fenoglio, ovviamente Calvino. Potrei allungare il brodo".

Si concentri su questi nomi, perché sento come una lontana riserva, un dubbio.
"Sono grandi, ma non sono dei giganti. Svevo non regge il confronto con Kafka o Proust, nonostante ciò che ne pensa Debenedetti. Morante non è Thomas Mann. E il resto...".

Il resto?
"È come se i personaggi della narrativa italiana quando parlano debbano esprimere sempre la verità, mai una conversazione brillante, leggera, mai un dialogo persuasivo!".

Ha avuto la tentazione di passare dalla parte dei narratori?
"Non so narrare. La sola cosa che so fare è ricordare".

Cosa intende?
"Saper scrivere ciò che si ricorda. Chi lo ha fatto meravigliosamente è stato Luigi Pintor con Servabo e Carmelo Samonà con Fratelli.
Si tratta però di memorialistica. Narrare è altra cosa. Presuppone l'uscire da sé, dalla propria vita. Occorre possedere talento per trasferire la propria esistenza in un'altra esistenza. Non ho questa capacità di lasciarmi possedere da qualcosa che non sia io".

Ogni grande narratore è in questo senso una specie di Dio.
"È un creatore, le teologie sono successive".


frammenti dell'intervista di Antonio Gnoli a Pier Vincenzo Mengaldo
Repubblica 12 febbraio 2017

martedì 14 febbraio 2017

una nostalgia che sia come un luogo aperto

Mantenere il legame con i luoghi e le persone perdute per sempre, sperimentare una nostalgia che sia come “un luogo aperto”. Il piccolo ebreo Jakob resta per tutta la vita un sopravvissuto ma riesce, nello scambio lento e tenace tra la propria lingua e quella di Athos, nella messa in comune dei ricordi e dei luoghi amati, a concedersi una “seconda storia”: diventando poeta, lascia che la nostalgia sia una fonte creativa, non una prigione.
La nostalgia, che Anne Michaels chiama longing, è mancanza che si fa desiderio, tensione verso l’Altro, sia persona, animale, o pietra: il mondo è un sistema complesso di inter-relazioni, di correnti affettive, di materialità che tramite corrispondenze e attriti sono in continua metamorfosi. Metamorfosi del linguaggio e della materia, comprensione attraverso i corpi per la rigenerazione dei sentimenti.
Per questo, i suoi personaggi ‘capiscono’ con il corpo, e alcuni di loro sanno come restituire sensibilità ai corpi dolenti, come nutrirli di cibo, tatto, bellezza, di memorie perdute. Questi agenti di guarigione sono sia donne che uomini, e la capacità di nutrimento e accudimento, l’ancoraggio vitale a una funzione materna, appartengono ad Athos come a Lucjan, un artista polacco che in La cripta d’inverno riesce a curare la protagonista Jean dal dolore per la perdita di una figlia morta durante la gravidanza. Michaels definisce ‘tenerezza’ quella forma di amore che accoglie il dolore altrui dentro di sé ma poi riesce a separare l’uno dall'altro, il vivo dal morto, ciò che è perso da ciò che può crescere: è un percorso sensuale e spirituale, per rientrare in rapporto con il mondo attraverso gli affetti.


Roberta Mazzanti
I sommersi e i salvati di Anne Michaels
in
Terra e Parole.
Donne / Scrittura / Paesaggi
a cura di Roberta Falcone e Serena Guarracino
Società Italiane delle Letterate 2016

lunedì 13 febbraio 2017

La luce delle cose

La luce delle cose, la ricerca di un punto speciale di osservazione che illumini gli oggetti, la realtà, le sfumature che si intravedono, le nostre percezioni colpite, attraversate, i turbamenti che muovono la ricezione, lasciano un'impronta nell'intimo, suscitano domande, a volte inquietudini. E la luce si lega da subito alla voce, “voce che sale e si ferma perché intuisce la distanza di ciò che è verticale, di quello spazio – un grande, un piccolo abisso – che ci separa dalle cose”.
Tuttavia è la scrittura a cui viene consegnata questa epifanìa notturna, fogli scritti di giorno in giorno, al calare della luce, nei momenti d’ombra della notte che dilatano gli spazi e allenano gli occhi a osservazioni nuove, non tanto perché vengano conservati, ma condivisi. C’è la scelta di una indagine da tenere nelle tracce sotterranee dell’ombra, perché favorevoli alla riflessione, all'approfondimento, e c’è il desiderio di condivisione come limite spaziale e temporale oltre il quale affacciarsi.

Gabriella Musetti
La luce delle cose
Breve indagine sulla poesia di Antonella Anedda
in
Terra e Parole.
Donne / Scrittura / Paesaggi
a cura di Roberta Falcone e Serena Guarracino
Società Italiane delle Letterate 2016


domenica 12 febbraio 2017

la scrittura non è tribolazione

Considerare la scrittura una tribolazione è un'idea che non mi appartiene. Penso che fondamentalmente debba essere qualcosa che sgorga in modo spontaneo.


Murakami Haruki
Il mestiere dello scrittore
traduzione di Antonietta Pastore
Einaudi 2017







sabato 11 febbraio 2017

sono andato a scrivere nel mio capanno tutti i giorni

Ti sei preparato in qualche modo per scriverlo?

L'idea mi ronzava in testa da un bel pezzo. Ora che so di avere un tempo limitato a disposizione è importante provare a farne buon uso. Così sono andato a scrivere nel mio capanno tutti i giorni. Di solito, ho in testa una storia molto precisa prima di iniziare a scrivere. Questa volta sapevo solo genericamente dove stavo andando, e ignoravo moltissimi dettagli. Così mi sono messo a scrivere con l'intenzione di di far crescere il romanzo quotidianamente. Ogni giorno ho aggiunto un breve capitolo. Un'esperienza che non mi era mai capitata prima. Non voglio sembrare troppo sofisticato, ma è come se qualcosa si fosse messo all'opera per aiutarmi a finire il romanzo. Chiamala musa, o guida spirituale, non saprei. So solo che era convinto di riuscire a scrivere ogni giorno, e questa fede mi ha aiutato. L'idea di provare a lasciare una traccia di me era parte di quanto avevo in mente.

La Stampa - TuttoLibri
sabato 11 febbraio 2017

frammento dell'intervista di John Moore a Kent Haruf a proposito del romanzo Le nostre anime di notte
traduzione di Fabio Cremonesi
NN editore 2017

venerdì 10 febbraio 2017

presso la rosa, che non è la rosa

Sono rimasta in un piccolo
vento impigliata, fra un nespolo
un ciliegio un fico. La bellezza
degli alberi è impressionante,
te lo dico ora così. Tornerò a sciogliermi, più tardi
dentro il tempo archimedico, del mondo
presso la rosa, che non è la rosa
che è diventare una rosa.

Cristina Alziati
Come non piangenti
Marcos y Marcos 2011

giovedì 9 febbraio 2017

Io, poeta al sicuro

Tempo fa,
io, l'impaurito, l'ignorante, che vive appena,
coprendomi gli occhi di immagini,
pretendevo di guidare i morenti ed i morti.

Io, poeta al sicuro,
risparmiato, che soffre appena,
spingermi a tracciar strade fin laggiù!

Ora, lampada attonita,
mano più errante, che trema,
adagio ricomincio dentro l’aria.


Philippe Jaccottet
Alla luce d'inverno

Lezioni
traduzione di Fabio Pusterla
Marcos y Marcos 1997



Autrefois,
Moi l’effrayé, l’ignorant, vivant à peine,
Me couvrant d’images les yeux,
J’ai prétendu guider mourant et morts.
    
Moi, poète abrité,
Epargné, souffrant à peine,
Aller tracer des routes jusque-là !
   
A présent, lampe soufflée,
Main plus errante, qui tremble,

Je recommence lentement dans l’air.

mercoledì 8 febbraio 2017

Interrogare le linee, gli angoli

Che rimanga nell'angolo della stanza. Che misuri,
come finora il piombo, le linee che metto insieme
interrogando, ricordando la sua fine. La sua dirittura
eviti alla mia mano d'errare e di deviare, se trema.


Philippe Jaccottet
Alla luce d'inverno

Lezioni
traduzione di Fabio Pusterla
Marcos y Marcos 1997





Qu’il se tienne dans l’angle de la chambre. Qu'il mesure,
comme il a fait jadis le plomb, les lignes que j'assemble
en questionnant, me rappelant sa fine. Que sa droiture
garde ma main d'errer ou dèvier, si elle tremble

martedì 7 febbraio 2017

scrivere rivela il potere di un gesto, di una storia, di una parola

Maria Nadotti: Prima di In fuga avevi pubblicato due raccolte di poesia, The Weight of Oranges e Miner' Pond, non ancora tradotte nella nostra lingua*. Cosa è stato a farti passare dalla scrittura poetica alla narrativa?

Anne Michaels: La verità è che non ho potuto farne a meno. A "costringermi" sono stati Athos, Jakob e Ben, i tre personaggi principali di In fuga, che un giorno, più di quindici anni fa, mi si sono presentati con intensità imperiosa. Per cinque anni ho provato a non dare ascolto alle loro voci. Avevo capito che ci sarebbe voluta un'incredibile resistenza per raccontare con sincerità, correttezza, profondità, la loro storia. Poi mi è stato chiaro che non mi potevo più sottrarre: la loro vicenda andava scritta e non lo si poteva fare attraverso la poesia.

(...)

MN: La vita di un uomo, il tempo, la memoria. SI crede di essere padroni della propria vita e in un istante arriva la piena di un fiume o della Storia e tutto viene portato via. Dove sei andata a cercare le voci da e per raccontare?

AM: Dieci miglia sotto il suolo, dove circolano correnti sotterranee capaci di dare un potere incredibile e significato a un gesto, una storia, una parola.

* le poesie sono state pubblicate da Giunti nel 2000 con il titolo Quel che la luce insegna

frammenti dell'intervista "I frammenti inafferrabili della storia" a Anne Michaels in 


Maria Nadotti
Prove d'ascolto
Incontri con artisti e saggisti del nostro tempo 
edizioni dell'asino 2011


lunedì 6 febbraio 2017

Scrivere per non perdermi, per non disancorarmi da me stessa

È importante dire che, prima di trasferirmi a New York, non avevo mai scritto se non per dovere: temi al liceo, tesi di laurea e di abilitazione, documenti professionali.
La voglia o meglio l'urgenza di racconto è esplosa a New York, per colmare l'assenza delle persone con cui fino ad allora avevo diviso l'esistenza, forse per saturare un vuoto. In quella città che aveva imprevedibilmente spaccato in due la mia vita proiettandomi in un altrove dove mi sarei dovuta reinventare tutto, perfino la lingua della sopravvivenza, le cose che andavo scoprendo in una sorta di non indolore "festa mobile" imponevano di essere raccontate. Non solo perché ne valeva la pena, ma perché se non l'avessi fatto avrei rischiato di perdermi, di disancorarmi da me stessa. Per "stare" a New York avevo bisogno di non rimuovere quel che avevo lasciato, di tenermelo amorosamente accanto in un dialogo ininterrotto. 
La scrittura si è presentata come il solo strumento capace di cancellare la distanza, creando uno spazio di condivisione, facendosi ponte tra due estremi spaziali e temporali. La scrittura, nemica del silenzio.

dall'introduzione dell'autrice

Maria Nadotti
Prove d'ascolto
Incontri con artisti e saggisti del nostro tempo 
edizioni dell'asino 2011

domenica 5 febbraio 2017

i concerti di Brahms e i valzer di Chopin

Il mondo fa paura ma 
in esso nuotano in 
un immenso acquario  
betulle volpi torrenti di 
fiori strade di campagna e 
case di legno e ancora
i concerti di Brahms e 
i valzer di Chopin.

Jarosław Iwaszkiewicz

sabato 4 febbraio 2017

Resteranno di me frammenti di parole

A mia moglie


Spossato dalla bellezza, che ho pescato ogni giorno
Con pupille e orecchie avidamente spalancate
Quando morirò, non piangere. Mi addormenterò sazio di vita
Che è grande, difficile, e burrascosa.
La divinità, che nel fuoco mi percorreva le membra
Volerà in alto o si dissiperà;
Il cuore che batteva così vivo - si irrigidirà
E la voce diverrà una lettera morta.
Allora penserai, che troppo sparsi
Resteranno di me frammenti di parole
Ma sappi che più d'una volta le ore di rapimento
La parola mi soffocarono nel petto troppo stretto
Il mondo era troppo bello, perché solo a te
Donassi i miei versi. O amatissima
Ho guardato nello spazio smisurato
Mi hanno preso sentimenti smisurati
Ma quando qui le persone, lì le stelle nel cielo
Il cuore mi svolsero con un eterno arcolaio
Tu sei rimasta fedele come l'acqua, immutabile
L'unica al mondo che mi abbia amato.

Jaroslaw Iwaszkiewicz

venerdì 3 febbraio 2017

Scrivere in treno

Per le persone che scrivono, per i poeti e i letterati, nulla è come il viaggiare. Non solo le mutazioni dell'ambiente, ma lo stesso dondolio del vagone, il rumore cadenzato delle ruote ferrate sui binari suscitano nel''intelletto un particolare fermento. Le idee si moltiplicano, il ritmo della poesia diviene racconto e così, invece di osservare e stupirsi per tutte le meraviglie della terra straniera, il viaggiatore si immerge nei ricordi e da essi nascono le finzioni che, pur non avendo nulla in comune con la realtà circostante, sorgono grazie ad essa.

Jarosław Iwaszkiewicz
Novelle italiane
traduzione di Dario Prola
21 Editore 2014

giovedì 2 febbraio 2017

c'era un silenzio quella mattina a Milano

Quella mattina a Milano
 
L’estremo viaggio si svolse
come aveva predisposto Verdi:
nessuno a seguire il feretro
niente musica nell’aria.
Ma per le strade la gente assiepata
testa a testa,
e c’era un silenzio,
quella mattina a Milano,
diverso da tutti quelli di prima
e di dopo.

Rainer Malkowski 
traduzione di Carmine Chiellino


il 2 febbraio 1901 Milano salutò il maestro Giuseppe Verdi, sulla storia dei due funerali leggi l'articolo su Rock it.it

mercoledì 1 febbraio 2017

il silenzio non era che una forma speciale del tuo canto

Sul tuo silenzio avrei potuto costruire una città.
Nulla si smuoveva, edificavo a vuoto,
un vuoto scintillante di fulmini ispirati.
Una volta costruii perfino un pianeta
dai monti sericei, a forma di uccelli dormienti,
con tre cascate e in ognuna avevo confitto
sette pesci viola e da qualche parte, ricordo,
avevo sepolto in quel suolo inventato un oggetto
per noi, soltanto nostro,
ch’era l’essenza stessa del pianeta, la sua fonte di uranio. Oh
il tuo silenzio — ma forse ero io a non sentire,
forse in quel mentre tu cantavi o ridevi o urlavi
e il silenzio non era che una forma speciale
del tuo canto, del tuo riso, delle tue urla,
forse il tuo silenzio era in realtà quel pianeta sconosciuto, popoloso,
e io non costruivo in un vuoto scintillante
ma cercavo solo di proteggere qualcosa di esistente,
come si protegge un malato di malaria
con una coperta, con un’altra ancora, con il cappotto,
con quattro cuscini finché non scompare
— ma non ti amo.


Nina Cassian
C'è modo e modo di sparire
Poesie 1945-2007

traduzione di Anita Natascia Bernacchia e Ottavio Fatica
Adelphi 2013