lunedì 9 settembre 2019

fissare l’attimo su cui allunga la sua ombra o la sua luce

Sì, certo, se domani è bel tempo,–disse la signora Ramsay.–Ma dovrai alzarti con le allodole,–aggiunse. A suo figlio quelle parole diedero una gioia immensa, come se la spedizione dovesse senz'altro aver luogo, e l’evento che aveva tanto atteso, per anni e anni gli sembrava, fosse infine, oltre il buio di una notte e la navigazione di un giorno, a portata di mano. Poiché apparteneva, già all'età di sei anni, a quella categoria di persone che non sanno tenere separate le proprie emozioni e lasciano che i progetti futuri, con le loro gioie e dolori, oscurino ciò che invece possiedono, e poiché per questo tipo di persone sin dalla più tenera infanzia ogni scarto nella ruota delle sensazioni ha il potere di cristallizzare e fissare l’attimo su cui allunga la sua ombra o la sua luce, James Ramsay, che era seduto per terra e ritagliava figure dal catalogo illustrato degli Army & Navy Stores, alle parole della madre riversò sulla figura di un frigorifero una celestiale beatitudine.

incipit

Virginia Woolf
Gita al faro
traduzione di Anna Nadotti
Einaudi 2018

venerdì 6 settembre 2019

L'ora più allegra

Passavo per via Margutta, un mattino di primavera, l’anno scorso. Andavo a un piccolo stabilimento di doppiaggio, che ha la sua sede in uno di quegli antichi cortili tra le pendici del Pincio e la via Margutta: improvvisi spazi tranquilli dentro l’agitata complicazione di muri scale ringhiere case e casette. Mezza sole e mezza ombra, via Margutta era nell'ora più allegra della giornata, le undici. Varcato il mezzodì, già la ruota gira. È vero che, quasi per fermarla, i romani ritardano il pasto e prolungano il mezzodì fino alle due e più in là. Ma l’ora più allegra resta sempre le undici. Passavo tra le botteghe degli artigiani, fabbricanti di cornici, falegnami, una piccola officina di riparazioni meccaniche che probabilmente era succeduta a un antico fabbro, una mescita di vino, una stireria. Gli operai lavoravano anche sulla strada, tutta ingombra dei loro attrezzi e di automobili e motociclette al posteggio. E lavoravano, pareva, lietamente, picchiavano con esagerato fracasso su legni e lamiere; si chiamavano l’un l’altro, qualcuno cantava. Camminando, rallentavo come per raccogliere un po’ di più di quella gioia, prima di arrivare allo stabilimento. Là mi attendeva il mio lavoro.

Mario Soldati
Le lettere da Capri
Garzanti 1954

giovedì 5 settembre 2019

Scrivere significa riuscire a sentire le cose con più forza degli altri

"Harry, com'è possibile trasmettere emozioni che non si sono vissute?” “È esattamente il lavoro di ogni scrittore. Scrivere significa riuscire a sentire le cose con più forza degli altri e trasmetterle di conseguenza. Scrivere significa permettere ai propri lettori di vedere ciò che a volte non possono vedere. Se fossero solo gli orfani a raccontare storie di orfani, sarebbe un problema. Significherebbe che non potresti parlare di madri, di padri, di cani o di piloti d’aereo, né della rivoluzione russa, perché non sei né una madre né un padre, né un cane, né un pilota d’aereo, e non hai vissuto la rivoluzione russa. Tu non sei altro che Marcus Goldman. E se ogni scrittore dovesse limitarsi a se stesso, la letteratura sarebbe di una tristezza spaventosa e perderebbe il proprio senso. Noi scrittori abbiamo il diritto di parlare di tutto, Marcus, di tutto ciò che ci tocca. E non c’è nessuno che possa criticarci per questo. Noi siamo scrittori perché facciamo in maniera diversa una cosa che tutti sanno fare: scrivere. In questo sta tutta la sottigliezza.”"



Joël Dicker
La verità sul caso Harry Quebert
traduzione di V. Vega
Bompiani 2013 

mercoledì 4 settembre 2019

I libri sono più forti della vita

Perché scrivo? Perché i libri sono più forti della vita. Sono la più bella delle rivincite. Sono i testimoni dell’inviolabile muraglia della nostra mente, dell’inespugnabile fortezza della nostra memoria. E quando non scrivo, una volta l’anno, vado a Baltimore. Mi fermo per qualche momento nel quartiere di Oak Park, poi vado a trovarli nel cimitero di Forrest Lane. Depongo dei sassolini sulle loro lapidi, per continuare a costruire la loro memoria, e mi raccolgo. Rifletto su chi sono, su dove vado e da dove vengo. Mi accovaccio vicino a loro, poggio le mani sui loro nomi incisi e li bacio. Poi chiudo gli occhi e li sento vivere in me. Mio zio Saul, benedetta la sua memoria. Tutto è cancellato. Mia zia Anita, benedetta la sua memoria. Tutto è dimenticato. Mio cugino Hillel, benedetta la sua memoria. Tutto è perdonato. Mio cugino Woody, benedetta la sua memoria. Tutto è riparato. Se ne sono andati, ma io so che sono ancora qui. So che dimoreranno per sempre in questo luogo che si chiama Baltimore, il Paradiso dei Giusti, o forse soltanto nella mia memoria. Non importa. So che mi aspettano da qualche parte.


Joël Dicker 
Il libro dei Baltimore
traduzione di V. Vega
La Nave di Teseo 2018

martedì 3 settembre 2019

Diventare oceano

Dicono che prima di entrare in mare
Il fiume trema di paura.
A guardare indietro
tutto il cammino che ha percorso,
i vertici, le montagne,
il lungo e tortuoso cammino
che ha aperto attraverso giungle e villaggi.
E vede di fronte a sé un oceano così grande
che a entrare in lui può solo
sparire per sempre.
Ma non c’è altro modo.
Il fiume non può tornare indietro.
Nessuno può tornare indietro.
Tornare indietro è impossibile nell'esistenza.
Il fiume deve accettare la sua natura
e entrare nell'oceano.
Solo entrando nell'oceano
la paura diminuirà,
perché solo allora il fiume saprà
che non si tratta di scomparire nell'oceano
ma di diventare oceano.

Khalil Gibran(forse... su Internet è attribuita anche a Ibsen e Osho)

lunedì 2 settembre 2019

La fragilità del passato

Il passato è fragile, fragile come le ossa che diventano deboli con l’età, fragile come i fantasmi visti alle finestre o i sogni che si disfano appena ci svegliamo e si lasciano dietro solo una sensazione di disagio o di angoscia o, più raramente, una specie di inesplicabile appagamento.


Siri Hustvedt
Ricordi del futuro
traduzione di Laura Noulian
Einaudi 2019

domenica 1 settembre 2019

La memoria del mare

Yazid non mi accompagnò. La strada per il tempio era solo mia. Così come le mie passeggiate liguri alle Cinque Terre, dalla punta Mesco alla punta San Pietro. Mi ero lasciato condurre di paesino in paesino: Monterosso, Vernazza, Corniglia, Manarola, Riomaggiore. Evocare quei nomi era già una felicità. In paesini così piccoli non ci si può perdere, eppure è questo il vero piacere, smarrirsi nel labirinto in cui si sovrappongono su più livelli viuzze buie, strette, a volte fatte solo di scale. A un certo punto, si sa, torneremo verso il mare. Per forza. Tutti i paesini costruiti in fondo alle cinque vallate danno risolutamente le spalle alla montagna e stanno di fronte al Mediterraneo. Per molto tempo fu possibile arrivare qui solo in barca. D'altronde, la memoria del mare sembra incisa negli scafi delle barche quando, di ritorno sul greto per una mano di vernice, mostrano, attaccata alla prua, una conchiglia.



Jean-Claude Izzo 
Aglio, menta e basilico
traduzione di Gaia Panfili
e/o 2012