Cerco indietro nel tempo i primi momenti in cui ho capito
che la forma della materia non era stabile, che potevano intervenire azioni,
umane o naturali, che l’avrebbero cambiata. Forse la prima volta è stato quando
ho visto le onde cancellare le mie impronte sulla sabbia, l’ho visto quando ho
impastato terra e acqua per farne torte di fango per il mercatino in cortile,
l’ho visto quando da una montagnola di farina, acqua e sale, uscivano impasti
morbidi che sarebbero diventati recchitelli,
strascinati e cavatiddi sotto il lavoro sapiente delle mani di mia madre. Allo
stesso modo i tessuti tagliati e cuciti diventavano vestiti, le piantine messe
nei vasi in germoglio diventavano fiori e i capelli lunghi e selvaggi diventavano
disciplinate code e trecce.
Tutta la nostra vita umana è una lotta continua contro la
materia nella sua forma originaria, confrontarci e scontrarci, lasciare le
nostre impronte sulle cose, imparare a usare il fuoco e l’acqua, la legna e
l’aria per dare nuove forme, ma spesso non nuove vite, alle cose intorno. Anche
scrivere è una lotta contro la materia, contro una materia molto particolare
che è il vuoto, la pagina bianca, il silenzio. Incidiamo la carta con
l’inchiostro e la grafite, riempiamo di segni e simboli la carta bianca
virtuale del computer, ci insinuiamo nel silenzio e lo trasformiamo in qualcosa
d’altro.
Madre, materia, mani
Anche se le mani stanno
ferme, è la materia a
chiamare i nostri movimenti,
a chiedere di mutare in forme
che altrimenti le sarebbero
precluse. Forti come farfalle
nell’aria si riposano le mani
e non perdono la loro forma,
mai, se non quando accarezzano
un viso amato, asciugano lacrime
o sfiorano un ricordo addormentato
in un oggetto. Mani e materia iniziano
con la stessa sillaba “ma”, la prima
sillaba anche della parola madre,
la prima parola mamma e anche
l’ultima, per chi ha imparato a
dire l’amore e lo chiama da
un capo all’altro del tempo.
Mi fermo a cercare nella memoria quelle mani, a ricordare
le ultime carezze, a cercare nella loro forma la mia forma, le diverse abilità.
E trovo conforto in quei gesti ripetuti talmente tante volte, che sono ormai
parte di me.
Oggi è mercoledì 26 gennaio del terzo anno senza Carnevale e questa Cronaca 688 impasta acqua e farina per ricordarmi come si fa.
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