sabato 31 dicembre 2016

i venti che soffiarono a ogni tempo e le tempeste di quattro stagioni

Si ricorda di te l’umida terra
di primavera, con tutti i suoi fiori,
le strade polverose, i cardi, e il lento
crescere della tonda luna, e tutte
le gole che cantarono d’estate,
le ali in partenza, i nidi, i rami spogli,
i venti che soffiarono a ogni tempo
e le tempeste di quattro stagioni.
Tu non vai più col tuo passo di gloria
sui sentieri dell’alba e della bruma,
non vegli al vento, non ascolti il palpito
d’invisibili ali alte nell’aria.
Qualcosa in piú che giovane e gentile
eri tu: l’anno intero ti ricorda.

Edna St. Vincent Millay
L’amore non è cieco
a cura di Silvio Raffo
Crocetti Editore 1991, 2001

venerdì 30 dicembre 2016

il silenzio di Parigi...

Improvvisamente ci rendemmo conto che qualcuno, già da un po', ci parlava. Sì, la nonna ci stava raccontando!
«Era l'inverno del 1910 e dovevo avere pressapoco la vostra età. La Senna si era trasformata in un mare: i parigini giravano in barca, le strade assomigliavano a fiumi, le piazze a grandi laghi. E quello che più mi stupiva era il silenzio...»
Anche noi lo sentivamo, sul nostro balcone, quel silenzio sonnacchioso, il silenzio di Parigi inondata. Un leggero sciabordio al passaggio di una barca, una voce attutita in fondo a un viale allagato...
La Francia della nonna, simile a un'Atlantide brumosa, affiorava dai flutti.

Andreï Makine
Il testamento francese
traduzione di Laura Frausin Guarino
Einaudi 2008

giovedì 29 dicembre 2016

Avevo già imparato a non esaurire mai il pozzo della mia scrittura

“Une génération perdue”

Fu facile prendere l’abitudine di fermarsi al 27 di rue de Fleurus il pomeriggio tardi per il caldo e i bei quadri e la conversazione. Spesso Miss Stein non aveva nessun ospite ed era sempre molto cordiale e per un lungo periodo fu anche affettuosa. Le piaceva parlare di gente e paesi e cose e cibo. Quando tornavo
da viaggi che avevo fatto per le varie conferenze politiche o nel vicino oriente o in Germania per conto del giornale canadese e delle agenzie di stampa per cui lavoravo, voleva che le raccontassi tutte le cose divertenti che erano successe. C’erano sempre delle cose buffe e a lei piacevano quelle. E anche ciò che i tedeschi chiamano storielle di umorismo patibolare. Non le piaceva stare a sentire cose davvero brutte o tragiche, ma questo non piace a nessuno. E avendole io viste non ci tenevo a parlarne a meno che non fosse lei a voler sapere come andava il mondo. Lei voleva sapere la parte allegra, di come andava il mondo; mai quella vera, mai quella cattiva.

Io era giovane e non malinconico e c’era sempre cose curiose e comiche che succedevano nei momenti peggiori e a Miss Stein piaceva sentire queste cose. Delle altre cose non parlavo e le scrivevo per conto mio.

Quando non ero tornato da nessun viaggio e mi ero fermato a rue de Fleurus dopo il lavoro, ogni tanto cercavo il modo di portare Miss Stein a parlare di libri. Quando stavo scrivendo, mi era necessario leggere dopo aver scritto, per impedire alla mia mente di andare avanti con la storia su cui stavo lavorando. Se continuavi a pensarci, perdevi la cosa che stavi scrivendo prima di poterla portare avanti il giorno dopo. Era necessario fare del moto, stancarmi fisicamente e andava molto bene fare l'amore con la persona che amavi. Quello era meglio di tutto. Ma dopo, una volta svuotato, era necessario leggere per non pensare e non preoccuparti del tuo lavoro fino a che non potevi riprenderlo. Avevo già imparato a non esaurire mai il pozzo della mia scrittura bensì a fermarmi sempre quando c’era ancora qualcosa nel profondo del pozzo e lasciare che tornasse a riempirsi di notte dalle sorgenti che lo nutrivano.

Ernest Hemingway
Festa mobile

traduzione di Luigi Lunari
edizione restaurata
Oscar Mondadori giugno 2011

mercoledì 28 dicembre 2016

sapevo anche che dovevo scrivere un romanzo

Sapevo che dovevo scrivere un romanzo. Ma sembrava cosa impossibile da fare quando fin lì avevo cercato con grande difficoltà di scrivere dei paragrafi che fossero il distillato di quello che costituiva un romanzo. Ora diventava necessario scrivere racconti più lunghi, come ti alleneresti per una gara più lunga. Nel romanzo che avevo scritto prima, quello che era andato perso nella borsa rubata alla Gare de Lyon, avevo ancora il facile lirismo dell’adolescenza, che era deperibile e ingannevole quanto lo era la giovinezza. Sapevo che era probabilmente una buona cosa che fosse andato perduto, ma sapevo anche che dovevo scrivere un romanzo. Lo avrei rimandato finché non avessi potuto evitare di farlo. Potessi andare al diavolo se ne avessi scritto uno, perché quella era la cosa che avrei dovuto fare per poter mangiare regolarmente. Quando avessi dovuto scriverlo, allora sarebbe stata l’unica cosa da fare, e non ci sarebbe stata altra scelta. Lasciamo che la pressione aumenti. Nel frattempo avrei scritto un racconto lungo su una qualsiasi cosa che conoscessi meglio delle altre. A quel punto avevo pagato il conto ed ero uscito e avevo girato a destra e attraversato rue de Rennes così che non sarei andato ai Deux-Magots a bere un caffè e stavo risalendo rue Bonaparte nel suo percorso più breve verso casa. 

Che cosa conoscevo meglio che non avessi già scritto e perduto? Che cosa conoscevo davvero e mi stava a cuore più di tutto? Non c’era scelta. C’era solo da scegliere le strade che ti riportassero più in fretta possibile là, là dove lavoravi. Procedetti sulla Bonaparte fino alla Guynemer poi verso rue d'Assas attraverso rue Notre-Dame-des-Champs fino alla Closerie des Lilas.

Mi sedetti in un angolo con la luce del pomeriggio che mi arrivava da dietro le spalle e scrissi sul quaderno. Il cameriere mi porto un café crème e io ne bevvi metà quando si raffreddò e lo lasciai sul tavolo mentre scrivevo.

Ernest Hemingway
Festa mobile

traduzione di Luigi Lunari
edizione restaurata
Oscar Mondadori giugno 2011



martedì 27 dicembre 2016

Cézanne probabilmente era affamato in un altro senso

La fame era un’ottima disciplina

Ti veniva un gran fame quando non mangiavi abbastanza a Parigi, perché tutti i panettieri avevano cose buonissime in vetrina e la gente mangiava fuori ai tavoli sui marciapiedi, così che bevevi il cibo e ne sentivi l’odore. Quando saltavi i pasti nel periodo in cui avevi mollato il giornalismo e non scrivevi niente che in America qualcuno avrebbe comperato, spiegando a casa che andavi a pranzo fuori con qualcuno, il posto migliore per farlo erano i giardini del Luxembourg dove non vedevi e fiutavi niente da mangiare per tutta la strada da place de l’Observatoire fino a rue de Vaugirard. Lì potevi sempre entrare al Museo del Luxembourg e tutti i quadri erano più intensi e più chiari e più belli se eri a pancia vuota con la fame da lupo. Io imparai a capire Cézanne molto meglio e a vedere precisamente come faceva i paesaggi quando avevo fame. Mi domandavo sempre se anche lui non fosse affamato quando dipingeva; ma pensavo che era possibile che si fosse soltanto dimenticato di mangiare.
Era uno di quei pensieri assurdi ma illuminanti che ti vengono quando non hai dormito oppure sei affamato. Più tardi pensai che Cézanne probabilmente era affamato in un altro senso.

Ernest Hemingway
Festa mobile

traduzione di Luigi Lunari
edizione restaurata
Oscar Mondadori giugno 2011

lunedì 26 dicembre 2016

a Parigi la luce invernale nelle strade era bellissima

Miss Stein in cattedra


Quando tornammo a Parigi era limpido e freddo e bellissimo.
La città si era ben organizzata per l’inverno, si vendeva della buona legna nel negozio di legna e carbone dall’altra parte della nostra strada, e molti caffè avevano messo fuori dei bracieri così che potevi stare al caldo anche sui terrazzi. Il nostro appartamento era caldo e allegro. Bruciavamo dei boulets – che erano bricchette di polvere di carbone a forma di uovo – sul fuoco di legna, e nelle strade la luce invernale era bellissima. Ora ci eravamo abituati a vedere gli alberi nudi contro il cielo e andavamo a spasso lungo i sentieri di ghiaia lavati di fresco attraverso i giardini del Luxembourg nel vento limpido e freddo. Gli alberi erano bellissimi senza le foglie una volta che ti riconciliavi con loro e i venti d'inverno soffiavano sulla superficie degli stagni e le fontane zampillavano nella luce chiara. Le distanze erano brevi adesso che eravamo stati in montagna.

Ernest Hemingway
Festa mobile
traduzione di Luigi Lunari
edizione restaurata
Oscar Mondadori giugno 2011

domenica 25 dicembre 2016

arriva l'inverno a Parigi...

Un bel caffè in place St-Michel

E poi c’era il brutto tempo. Arrivava da un giorno all'altro, una volta passato l'autunno. Alla sera dovevi chiudere le finestre per la pioggia, e il vento freddo strappava le foglie degli alberi della place de la Contrescarpe. Le foglie giacevano fradice nella pioggia e il vento sbatteva la pioggia contro il grande autobus verde al capolinea e il Café des Amateurs era pieno di gente e le finestre tutte appannate per il caldo e il fumo di dentro.

Ernest Hemingway
Festa mobile
traduzione di Luigi Lunari
edizione restaurata
Oscar Mondadori giugno 2011

sabato 24 dicembre 2016

Gli innamorati si tengono per mano in romanzi mai aperti

Negozio di libri usati

Gli innamorati si tengono per mano in romanzi mai
                                      aperti.
Manca la pagina con la ricetta per la minestra
                                   di cetrioli.
Un uomo morto racconta che trascorse un'infanzia
                              felice in campagna
e trasvolò in pallone sopra il lago Erie.
All'improvviso un colpo d'aria mi chiude il suo libro
                                         tra le mani,
mentre un filosofo domanda come sia possibile
sostenere la dottrina teologicamente ortodossa
dell'eterna punizione dei dannati.

Vediamo. Potrebbe esserci della sabbia tra le pagine
di una guida dell'Egitto o perfino una pulce morta
la quale una volta morsicò il sedere alla misteriosa
                                            Abigail
che ha scarabocchiato per sfida il suo nome con
                          una matita per gli occhi.

Charles Simic
Club Midnight
traduzione di Nicola Gardini
Adelphi 2005


Used Book Store

Lovers hold hands in never-opened novels.
The page with a recipe for cucumber soup is missing.
A dead man writes of his happy childhood on a
farm,

Of riding in a balloon over Lake Erie.

A sudden draft shuts his book in my hand,
While a philosopher asks how is it possible
To maintain the theologically orthodox doctrine
Of eternal punishment of the damned?

Let's see. There may be sand among the pages
Of a travel guide to Egypt or even a dead flea
That once bit the ass of the mysterious Abigail
Who scribbled her name teasingly with an eye pencil.

venerdì 23 dicembre 2016

Ancora vivo in tutte le mie vecchie case

Ai sogni

Ancora vivo in tutte le mie vecchie case
e porto occhiali neri anche dentro
e divido in segreto il mio letto
con i fantasmi, e vado in cucina

dopo mezzanotte a controllare il rubinetto.
Esco in ritardo e quando arrivo a scuola
nessuno ha l'aria di riconoscermi.
Mi siedo, rinnegato, segregato, appartato.

Solo di notte aprono questi piccoli negozi
in cui faccio i miei acquisti discreti,
questi cinematografi clandestini in quartieri brutti
che ancora proiettano sgranati film della mia vita.

L'eroe sempre pieno di speranza eccessiva
che alla fine perde tutto? - qualunque cosa fosse -
e poi esce al freddo, dove l'incredula luce
aspetta a labbra strette.

Charles Simic
Club Midnight
traduzione di Nicola Gardini
Adelphi 2005


To Dreams

I'm still living at all the old addresses,
Wearing dark glasses even indoors,
On the hush-hush sharing my bed
With phantoms, visiting the kitchen

After midnight to check the faucet.
I'm late for school, and when I get there
No one seems to recognize me.
I sit disowned, sequestered and withdrawn.

These small shops open only at night
Where I make my unobtrusive purchases,
These back-door movie houses in seedy
                        neighborhoods

Still showing grainy films of my life.

The hero always full of extravagant hope
Losing it all in the end? - whatever it was -
Then walking out into the cold, disbelieving light
Waiting close-lipped at the exit.

giovedì 22 dicembre 2016

leggendo uno dei russi sotto le coperte

Autoritratto a letto

Per certi visitatori immaginari avevo una sedia
di vimini trovata nella spazzatura.
Al posto del sedile c'era un buco
e le gambe non reggevano bene
ma aveva ancora un aspetto elegante.

Io non mi ci sono mai seduto,
anche se con un cuscino si può,
con un po' d'attenzione, a ginocchi stretti
come fece lei una volta,
buttata indietro a ridere di quanto fosse scomodo.

La lampada sul comodino
si impegnava a conferire
alla stanza un'aria di mistero.
C'era anche uno specchio che dava
a ogni cosa un tremolio come la boccia dei pesci

se mi voltavo da quella parte,
col naso rosso, pronto a starnutire,
un pesante berretto di lana calcato sulle orecchie,
leggendo uno dei russi sotto le coperte,

preoccupato per la mia anima, questo è certo.


Charles Simic
Club Midnight

traduzione di Nicola Gardini
Adelphi 2005




Self-Portrait in Bed

For imaginary visitors, I had a chair
Made of cane I found in the trash.
There was a hole where its seat was
And its legs were wobbly
But it still gave a dignified appearance.

I myself never sat in it, though
With the help of a pillow one could do that
Carefully, with knees drawn together
The way she did once,
Leaning back to laugh at her discomfort.

The lamp on the night table
Did what it could to bestow
An air of mystery to the room.
There was a mirror, too, that made
Everything waver as in a fishbowl

If I happened to look that way,
Red-nosed, about to sneeze,
With a thick wool cap pulled over my ears,
Reading some Russian in bed,

Worrying about my soul, I'm sure.

mercoledì 21 dicembre 2016

Al sole non piacciono le ambiguità

Esercìzio d'ombre

Questa strada ha bisogno di un po' d'ombra
e lo stesso vale per quel bambino
che gioca da solo al sole,
un'ombra che gli saltasse alle calcagna come
                               un gattino nero.

I suoi genitori siedono in una stanza con le tende
                               abbassate.
Le scale che portano in cantina
non le usa più nessuno
se non qualche scassinatore occasionale.

Come una compagnia di attori girovaghi vestiti per
                                      l'Amleto,

arrivano le ombre della sera.
Passano i loro giorni nascoste tra gli alberi
davanti al vecchio palazzo di giustizia.

Adesso viene il difficile:
che fare delle pietre del cimitero?
Al sole non piacciono le ambiguità,

ma a me sì. Apro la porta e le lascio entrare.

Charles Simic
Club Midnight

traduzione di Nicola Gardini
Adelphi 2005



Shading Exercise

This street could use a bit of shade
And the same goes for that small boy
Playing alone in the sun,
A shadow to dart after him like a black kitten.

His parents sit in a room with shades drawn.
The stairs to the cellar
Are hardly used any more
Except for an occasional prowler.

Like a troop of traveling actors dressed to play
Hamlet,

The evening shadows come.
They spend their days hidden in the trees
Outside the old courthouse.

Now comes the hard part:
What to do with the stones in the graveyard?
The sun doesn't care for ambiguities,

But I do. I open my door and let them in.

martedì 20 dicembre 2016

in vie lustre di pioggia

Descrizione di una cosa perduta

Non ha mai avuto un nome
e neanche ricordo come l'ho trovata.
Me la portavo in tasca
come un bottone perduto
ma non era un bottone.

Film dell'orrore,
tavole calde aperte tutta la notte,
sale da biliardo
e bar bui
in vie lustre di pioggia.

Viveva un'esistenza silenziosa e discreta,
come un'ombra in un sogno,
un angelo su uno spillo
e poi svanì.
Gli anni passavano con il loro susseguirsi

di stazioni anonime,
finché qualcuno mi ha detto ci siamo!
E stupidamente
sono sceso su una banchina deserta,
nessuna città in vista.

Charles Simic
Club Midnight
traduzione di Nicola Gardini
Adelphi 2005


Description of a Lost Thing

It never had a name,
Nor do I remember how I found it.
I carried it in my pocket
Like a lost button
Except it wasn't a button.

Horror movies,
All-night cafeterias,
Dark barrooms
And poolhalls,
On rain-slicked streets.

It led a quiet, unremarkable existence
Like a shadow in a dream,
An angel on a pin,
And then it vanished.
The years passed with their row

Of nameless stations,
Till somebody told me this is it!
And fool that I was,
I got off on an empty platform
With no town in sight.

lunedì 19 dicembre 2016

e il vento nemico preme alle porte

Temporale a Salsomaggiore 

Questa notte sei densa e minacciosa. 
Dalla pianura balenano città 
nell’ora finale dei convogli e il vento 
nemico preme alle porte, 
nelle piazze s’ingolfa e appanna i globi 
della strada elegante. 
                             S’oscura 
la tua grazia e la memoria 
dei parasoli brillanti per le vie 
sotto le nubi tiepide, d’oro. 

Né più verrà 
nelle placide ore del sonno 
il raccolto battito dei pozzi 
che misurava le notti. I passanti 
tutti hanno un volto di morte, 
Emilia, nei viali 
dove impazzano le foglie. 
Si spegne il tempo e anche tu sei morta. 

Mi riafferri coll’aria dei giardini. 
Gelsomini stillanti si riaprono 
a lenire la notte, si ripopola 
il paese all’uscita d’un teatro. 
Torna il tuo volto, 
vuoi punire le torve fantasie. 

Nel rombo che s’allontana 
degli ultimi tuoni sorvolanti le case, 
sorrido alla tua gente 
sotto tettoie sonanti, in ascolto.

Vittorio Sereni
Frontiera
1941

domenica 18 dicembre 2016

La metafora regge; è una casa accogliente

Amore, oh amore mio, verrà,
Sicuro! Un temporale
Cova sempre la terra secca tutto il giorno.
Di notte le persiane pulsano nel suo scroscio.

La metafora regge; è una casa accogliente.
Tu sei fuori, perduta chissà dove. Mi trovo
A divorare versi di più strana passione
Ed esilio. Le parole esatte

Alimentano la mia vuota fame di te.

Geoffrey Hill
Giovani poeti inglesi 
traduzione di Renato Oliva
Einaudi 1976



Love, oh my love, it will come
Sure enough! A storm
Broods over the dry earth all day.
At night the shutters throb in its downpour.

The metaphor holds; is a snug house.
You are outside, lost somewhere. I find myself
Devouring verses of stranger passion
And exile. The exact words

Are fed into my blank hunger for you.

sabato 17 dicembre 2016

Il profumo del vuoto

IL FIORE DELL’ASSENZA


Spunta il fiore dell’assenza.
Ha foglie assenti, petali assenti.
Vive nel vaso dell’assenza, nella terra dell’assenza.
Ha i colori dell’assenza. Beve l’acqua dell’assenza.
Se lo guardi non lo vedi. Ha il profumo del vuoto.
Spunta il fiore dell’assenza, e nell'assenza sfiorirà.


Danilo Bramati
Il fiore dell'assenza
Atì editore 2016

venerdì 16 dicembre 2016

La luce ama le carenze, i buchi neri che la attirano nel buio

CIME GRIGIE

A mano a mano che il giorno cala il paesaggio si
semplifica. Cancella alberi, scava ombre elementari, è
una terra più concisa.
La concisione è un grande pregio; ma dire meno,
meno ancora…
Lo spazio chiede silenzio. Tramonta. Guarda le
cime grigie, guarda le nubi che si disfano, gli strappi
scuri nella trama delle nuvole. Guarda la luce come li
riempie, come penetra nei vuoti…
La luce ama le carenze, i buchi neri che la attirano
nel buio.

Danilo Bramati
Il fiore dell'assenza
Atì editore 2016

giovedì 15 dicembre 2016

Amo le tracce e il mistero dei passaggi

LA VITA FIGURATA

Io colleziono orme nel fango.
Mi incammino lungo i fiumi, sulle rive riarse. Quando
avvisto delle orme scavo i contorni con un cutter, poi
le stacco con cautela e le sistemo in una scatola.
Le conservo giù in cantina: impronte umane e di
animali, artigli, zoccoli, zampe palmate, solchi lievi di
lucertola…
Cerco la vita figurata in un’impronta. Amo le tracce
e il mistero dei passaggi.

Danilo Bramati
Il fiore dell'assenza
Atì editore 2016

mercoledì 14 dicembre 2016

Scrivo, ma tu non leggerai. Così tu e io non ci incontriamo

AVREI VOLUTO

Quante cose oltre i margini del foglio, oltre i bordi
del viale, oltre il tuo sguardo e il mio che non si
incrociano…
Nel prato, fra tiglio e tiglio, c’è un ricordo che si
oscura.
Siedo nell'erba secca. Scrivo, ma tu non leggerai.
Così tu e io non ci incontriamo.
Eppure… eppure avrei voluto…
Avrei voluto che tu fossi qui, che percorressi questo
viale, questi alberi, il respiro, il movimento, avrei
voluto non gettare queste frasi come pietre in uno
stagno.

Danilo Bramati
Il fiore dell'assenza
Atì editore 2016

martedì 13 dicembre 2016

Mi piace che il sapere faccia vivere

Mi piace che il sapere faccia vivere, che sia capace di coltivare; mi piace fame carne e casa; mi piace che aiuti a bere e a mangiare, a camminare lentamente,
ad amare, a morire, talvolta a rinascere; mi piace dormire tra le sue lenzuola, mi piace che non sia esterno a me.

Michel Serres
Les Cinq sens 

citato in esergo da

David Le Breton
Il sapore del mondo
Un'antropologia dei sensi
traduzione di Maria Gregorio
Raffaello Cortina editore 2007

lunedì 12 dicembre 2016

mi feci un’insenatura di calma all'interno della stoffa e mi ritrovai nel confuso labirinto del mio proprio tempo

A vent'anni dalla prima edizione Iperborea pubblica di nuovo un libro meraviglioso che ho amato tantissimo.
Ecco un frammento dalle prime pagine.
E.P.



"La neve mi costringeva a socchiudere gli occhi e mi serrai più stretto il collo del cappotto, mi feci un’insenatura di calma all'interno della stoffa e mi ritrovai nel confuso labirinto del mio proprio tempo, mentre procedevo per quella via in cui, una volta, avevo dato il nome a tante cose. Camminavo con il mio passo da adulto e contemporaneamente, con un’altra parte di me, avevo tre anni. La mano che stringeva la borsa teneva al tempo stesso la mano di mia madre, indicava un cono gelato, si liberava da una mischia in Grecia, seguiva le meraviglie di una partitura. Ogni azione del passato generava mille altre possibilità, scorreva a rivoli verso suoi propri futuri. Ed essi proseguono, sempre più numerosi, nelle terre vergini della coscienza, ombre che t’inseguono e vengono inseguite. Non c’è mai requie".

Göran Tunström
L'oratorio di Natale
traduzione di Fulvio Ferrari
Iperborea 2016




domenica 11 dicembre 2016

sotto forma di silenzio

Persino ora, mi dico, esiste una lingua
alla quale potrei parlare e che
giustamente mi ascolterebbe;
rispondendo con eloquenza; a sua volta,
negoziando il senso senza insulto
dato o danno ricevuto.
Familiare a coloro che già altrove
la conoscono come giustizia,
la si incontra anche sotto forma di silenzio.

Geoffrey Hill
Per chi non è caduto 
traduzione e cura di Marco Fazzini
Luca Sossella Editore 2008


Even now, I tell myself, there is a language
to which I might speak and which
would rightly hear me;
responding with eloquence; in its turn,
negotiating sense without insult
given or injury taken.
Familiar to those who already know it
elsewhere as justice,
it is met also in the form of silence.

sabato 10 dicembre 2016

i minuscoli sbuffi del loro respiro volano via

Povero nord
Fa freddo, la neve è alta,
il vento sbatte nella sua gabbia di piante,
le nuvole paiono stracci sozzi e laceri per l’uso,
e gli storni becchettano il ghiaccio.
È il nord, povero nord. Niente va bene.
Il capofamiglia è andato al lavoro,
vende sedie e sofà in un negozio che sta per fallire.
La moglie sta a casa e fissa dalla finestra le piante,
cerca di ricordare la vita che ha perso, anche se non era un granché.
Fiori bianchi di brina sbocciano sul vetro.
È quasi sera. Anatre e oche canadesi dormono
sulle acque della baia di Saint Margaret.
Marito e moglie passeggiano: guardate come si piegano
controvento; alzano il bavero
e i minuscoli sbuffi del loro respiro volano via.

Mark Strand
Il futuro non è più quello di una volta
a cura di Damiano Abeni
Minimum fax 2006

Poor north
It is cold, the snow is deep,
the wind beats around in its cage of trees,
clouds have the look of rags torn and soiled with use,
and starlings peck at the ice.
It is north, poor north. Nothing goes right.
The man of the house has gone to work,
selling chairs and sofas in a failing store.
His wife stays home and stares from the window into the trees,
trying to recall the life she lost, though it wasn’t much
White flowers of frost build up on the glass.
It is late in the day. Brants and Canada geese are asleep
on the waters of St. Magaret’s Bay
The man and his wife are out for a walk; see how they lean
into the wind; they turn up their collars
and the small puffs of their breath are carried away.

venerdì 9 dicembre 2016

come l’odore d’erba dopo una notte di pioggia

Narrativa

Penso alle vite innocenti
delle persone nei romanzi: sanno che morranno
ma non che il romanzo finirà. Come sono diverse
da noi. Qui, la luna osserva istupidita,
tra nubi sparse, la città assopita,
e il vento ammonticchia le foglie cadute,
e qualcuno – vale a dire, io – sprofondato in poltrona,
sfoglia le pagine che mancano, sapendo che non c’è
molto tempo per l’uomo e la donna nella camera a ore,
per la luce rossa sopra la porta, per l’iris
che proietta la propria ombra sul muro; non molto tempo
per i soldati sotto gli alberi lungo il fiume,
per i feriti che vengono trasferiti
in città di retrovia dove resteranno;
la guerra che ha infuriato per anni si concluderà,
come pure ogni altra cosa, tranne una presenza
difficile da definire, una traccia, come l’odore d’erba
dopo una notte di pioggia o quel che resta di una voce
che ci fa sapere senza compitarlo
di non disperare; se la fine è arrivata, anch’essa passerà.
Mark Strand 
L’uomo che cammina un passo avanti al buio
traduzione di Damiano Abeni
Mondadori 2011

I think of the innocent lives
Of people in novels who know they’ll die
But not that the novel will end. How different they are
From us. Here, the moon stares dumbly down,
Through scattered clouds, onto the sleeping town,
And the wind rounds up the fallen leaves,
And somebody – namely me – deep in his chair,
Riffles the pages left, knowing there’s not
Much time for the man and woman in the rented room,
For the red light over the door, for the iris
Tossing its shadow against the wall; not much time
For the soldiers under the trees that line
The river, for the wounded being hauled away
To the cities of the interior where they will stay;
The war that raged for years will come to a close,
And so will everything else, except for a presence
Hard to define, a trace, like the scent of grass
After a night of rain or the remains of a voice
That lets us know without spelling it out
Not to despair; if the end is come, it too will pass.

giovedì 8 dicembre 2016

L'aria è pronta. C'è uno spiraglio nel cielo

Frammento di tempesta

Per Sharon Horvath

Dall'ombra delle cupole nella città delle cupole,
un fiocco di neve, tormenta al singolare, impalpabile,
è entrato in camera tua e s'è fatto strada
fino al bracciolo della poltrona dove tu, alzando lo sguardo
dal libro, lo scorgesti nell'attimo in cui si posava. Tutto
qui. Null'altro che un solenne destarsi
alla brevità, al sollevarsi e cadere dell'attenzione, rapido,
un tempo tra tempi, funerale senza fiori. Null'altro
tranne la sensazione che questo frammento di tempesta,
dissoltosi davanti ai tuoi occhi possa tornare,
che qualcuno negli anni a venire, seduta come adesso sei tu,
                                                                possa dire:
«È ora. L'aria è pronta. C'è uno spiraglio nel cielo»

Mark Strand
L'inizio di una sedia
a cura di Damiano Abeni
Donzelli 1999