sabato 30 novembre 2013

E novembre e dicembre e non è inverno

E novembre e dicembre e non è inverno,
non c’è più una stagione.
Foglie a terra, ma è polvere di scena,
alberi come quinte, un teatrino
con nulla d’imminente.
Gente per via, neon ai pianiterra, uffici,
mattino, pomeriggio, uguali, grigi.
Ma viene sera.
Stendi la mano sul tuo drink serale
e guarda:
il neon blu il barista il banco acciaio
corpi facce e le bocche cosa stanno bevendo,
ascolta quel che dicono, ci sei
e anche loro ci sono e ci saranno.
Felicità. È strano ci sia ancora,
questo riso segreto sotto il cuore,
la voglia d’essere
d’essere in mezzo agli altri,
e che tutto ha senso
e che c’è l’avvenire.

Anna Maria Carpi
L'asso nella neve
Transeuropa Edizioni 2011

venerdì 29 novembre 2013

L'anno ha 16 mesi: novembre...novembre, novembre, novembre, novembre

L'anno ha 16 mesi: novembre
dicembre, gennaio, febbraio, marzo, aprile
maggio, giugno, luglio, agosto, settembre
ottobre, novembre, novembre, novembre, novembre.

Henrik Nordbrandt
Il nostro amore è come Bisanzio

traduzione di Bruno Berni
Donzelli editore 2000

giovedì 28 novembre 2013

Piccolo invito sussurrato

Perfino gli uccelli si aiutano
l'un con l'altro. Vieni
vicino. Più vicino.
Aiutami
          a baciarti.


Even birds help
each other. Come
close. Closer.
Help me
            kiss you.

Tess Gallagher
Spontaneamente
a cura di Riccardo Duranti
Donzelli 1999

mercoledì 27 novembre 2013

Frammento di tempesta

Per Sharon Horvath

Dall'ombra delle cupole nella città delle cupole,
un fiocco di neve, tormenta al singolare, impalpabile,
è entrato in camera tua e s'è fatto strada
fino al bracciolo della poltrona dove tu, alzando lo sguardo
dal libro, lo scorgesti nell'attimo in cui si posava. Tutto
qui. Null'altro che un solenne destarsi
alla brevità, al sollevarsi e cadere dell'attenzione, rapido,
un tempo tra tempi, funerale senza fiori. Null'altro
tranne la sensazione che questo frammento di tempesta,
dissoltosi davanti ai tuoi occhi possa tornare,
che qualcuno negli anni a venire, seduta come adesso sei tu,
                                                                possa dire:
«È ora. L'aria è pronta. C'è uno spiraglio nel cielo»

Mark Strand
L'inizio di una sedia
a cura di Damiano Abeni
Donzelli 1999

martedì 26 novembre 2013

Novembre è sentire lo schianto delle ombre

Quando il sole infine splende a novembre
splende così forte
che persino i ciechi trasalgono
nel sentire lo schianto delle loro ombre.

Henrik Nordbrandt
Il nostro amore è come Bisanzio

traduzione di Bruno Berni
Donzelli editore 2000

lunedì 25 novembre 2013

Quando gli anni saranno rami

a Sofia
19.11.1993

Davvero come adesso, l'ulivo sul balcone
il vento che trasmuta le nubi. Oltre il secolo
nelle sere a venire quando né tu né io ci saremo
quando gli anni saranno rami
per spingere qualcosa senza meta
nelle sere in cui altri
si guarderanno come oggi
nel sonno - nel buio
come calchi di vulcano curvi nella cenere bianca.

Piego il lenzuolo, spengo l'ultima luce.
Lascio che le tue tempie battano piano le coperte
che si genufletta la notte
sul tuo veloce novembre.

Antonella Anedda
Notti di pace occidentale
Donzelli editore 1999

domenica 24 novembre 2013

Mi alzo radioso come una rosa al mattino

Anteo

Quando dormo sdraiato per terra
Mi alzo radioso come una rosa al mattino,
Nelle lotte cerco sempre di cadere
Per strofinarmi nella sabbia
Che per me è come un elisir.
Non posso essere svezzato
Dal lungo profilo della terra, dalle sue vene di fiumi.
Quaggiù nella mia caverna
Sorretto da rocce e radici
Mi culla il buio che mi tenne in grembo
E in ogni arteria mi nutrì
Come se fossi un piccolo colle.
E venga pure ogni nuovo eroe
In cerca di Atlante e pomi d’oro.
Con me dovrà lottare
Prima di entrare in quel regno di gloria
Tra nati in cielo e reali:
Può ben gettarmi a terra, rinnovando la mia nascita,
Ma che non progetti, alzandomi da terra,
La mia elevazione, la mia caduta.
*
ANTEUS
When I lie on the ground
I rise flushed as a rose in the morning.
In fights I arrange a fall on the ring
To rub myself with sand
That is operative
As an elixir. I cannot be weaned
Off the earth’s long contour, her river-veins.
Down here in my cave
Girdered with root and rock
I am cradled in the dark that wombed me
And nurtured in every artery
Like a small hillock.
Let each new hero come
Seeking the golden apples and Atlas.
He must wrestle with me before he pass
Into that realm of fame
Among sky-born and royal:
He may well throw me and renew my birth
But let him not plan, lifting me off the earth,
My elevation, my fall.

Seamus Heaney
la rivista Nuovi Argomenti ha ricordato 
il poeta ogni sabato di settembre con una sua poesia. 
Anteo (da "North", 1975) è nella traduzione inedita di Franco Buffoni.

sabato 23 novembre 2013

Tu che corredi le cose d'ombra e di mistero

Quel tuo nome che non sappiamo
cantare per intero
tu che spingi le cose fino alla fessura
di questo mondo e le corredi
d’ombra e di mistero.
Niente tu sei. Il più bel
niente in attesa che il respiro
si faccia orma terrestre,
segno, piega, spigolo e lato
e forma. Attesa e segno.

Mariangela Gualtieri
Senza polvere senza peso 
Einaudi 2006

venerdì 22 novembre 2013

Non chiedo nulla alla poesia se non vero sentire

CONCLUDENDO
Vivo sull’acqua,
solo. Senza moglie né figli.
Ho circumnavigato ogni possibilità
per arrivare a questo:
una piccola casa su acqua grigia,
con le finestre sempre spalancante
al mare stantio. Certe cose non le scegliamo noi,
ma siamo quello che abbiamo fatto.
Soffriamo, gli anni passano, lasciamo
tante cose per via, fuorché il bisogno
di fardelli. L’amore è una pietra
che si è posata sul fondo del mare
sotto acqua grigia. Ora, non chiedo nulla
alla poesia, se non vero sentire:
non pietà, non fama, non sollievo. Tacita sposa,
noi possiamo sederci a guardare acqua grigia,
e in una vita che trabocca
di mediocrità e rifiuti
vivere come rocce.
Scorderò di sentire,
scorderò il mio dono. E’ più grande e duro,questo, di ciò che là passa per vita.

Derek Walcott
Mappa del Nuovo Mondo

Traduzione di Barbara Bianchi, Gilberto Forti, Roberto Mussapi
Adelphi 1992

giovedì 21 novembre 2013

Autunno, fuoco piovoso, vecchio fuoco, rogo

     Autunno, fuoco piovoso, vecchio fuoco, rogo. Rottami, legno e nebbie. Ruggine, cenere. Alba di cenere, consumata, festa finita, ornamenti strappati, fradici. Nebbie armate, in cammino su campi e giardini. Il vomere del freddo si avvicina e scintilla. L’ombra in piedi dietro ara.

     ... Eppure ho rivisto i campi, gli alberi, le valli come furono sempre in questa stagione quando una bella giornata s’instaura fra giorni e giorni di pioggia o di vento. Ho ritrovato la debole luce dell’autunno sul tronco delle querce, e quella sorta di ronzio dorato sotto le loro foglie, rette da queste forti braccia o colonne storte nere; così i pioppi gialli e immobili lungo un’acqua invisibile, così le curve della terra che quasi nulla vela; e le lastre di roccia fra gli alberi bassi, i cespugli di spine dove si mescolano il verde tenebra e il rosso; e le terre arate scintillanti; dei piccioni si alzano in volo con un rumore di mani battute o di bucato al vento, e ce ne sono due più bianchi degli altri che inscrivono nell’azzurro del cielo la linea pura del loro volo. Poi il sole è appena velato dalle nuvole dell’orizzonte che tutto diventa quasi buio e il freddo scorre come una falce sull’intero paesaggio. Salgono di quando in quando dei fumi.

     Parlare con questo vuoto al cuore, contro di lui, Germogli di acacia sul bianco quasi blu del cielo. Forse limitarsi solo a questo: a essere colui che brucia foglie morte, che estirpa erbe cattive.
     Questi germogli con le loro ultime foglie pallide, sottili. Inverno incipiente.

Novembre 
(primo frammento)

Que­sta prosa poetica di Phi­lippe Jac­cot­tet, con tra­du­zione di Anto­nella Anedda è tratta dal volume
I Poeti della malin­co­nia
a cura di Bian­ca­ma­ria Frabotta
Don­zelli 2001


mercoledì 20 novembre 2013

Nell'immobilità del nome sta la poesia

La lingua della poesia traduce ogni elemento della natura - pietra o nuvola, foglia o stella - nell'immobilità del nome.

Antonio Prete
Prosodia della natura: Frammenti di una fisica poetica
Feltrinelli 1993

martedì 19 novembre 2013

Ho dovuto essere custode della vostra solitudine

Io non ho mani

Io non ho mani
che mi accarezzino il volto,
(duro è l'ufficio
di queste parole
che non conoscono amori)
non so le dolcezze
dei vostri abbandoni:
ho dovuto essere
custode
della vostra solitudine:
sono
salvatore
di ore perdute. 

David Maria Turoldo

lunedì 18 novembre 2013

Come un incendio nelle tue abitudini

E tu prendimi, portami con te
come un incendio nelle tue abitudini.

Mariangela Gualtieri
Senza polvere senza peso 
Einaudi 2006

domenica 17 novembre 2013

Una poesia per la solitudine

Solitudine

Ecco, quando la prima briciola
cade dalla tavola
pensi che nessuno la senta
mentre tocca terra,
ma già da qualche parte
le formiche mettono
il cappello da quacchero
e si preparano a farti visita.


Charles Simic
Hotel Insonnia
a cura di Andrea Molesini
Adelphi 2002

sabato 16 novembre 2013

Scrivere è avere chiarezza di visione e assoluta mancanza di sentimentalismo

Qual è l'influenza della O'Connor sulla letteratura americana? 

«È un' autrice ammirata e imprescindibile. Non si può dire che abbia formato una nuova generazione di autori cattolici e ripeto che la sua influenza è nella chiarezza della visione e nell'assoluta mancanza di sentimentalismo. In lei si intravede l'inizio del lavoro di Donald Barthelme e di Raymond Carver: una versione originale e cristallina di scrittori che non avevano un rapporto condiscendente o romantico con i propri personaggi»

frammenti dell'intervista di Antonio Monda a Michael Cunnigham su Flannery O' Connor

Repubblica 7 ottobre 2013

venerdì 15 novembre 2013

Volevo scrivere un libro sul tempo

«Volevo scrivere un libro sul tempo». 

Cosa intende? 
«Ho cercato di capire quanto le cose accadute nel passato risuonino ancora nel presente. Non mi riferisco solo ai dolori, ma anche alle gioie. 
Cos'è davvero la memoria? L' intento è chiaro sin dal titolo, See Now Then (Guarda ora allora)». 

Da dove nasce questo romanzo? 
«Da un altro romanzo che non ho mai finito dove raccontavo di coppie che crescendo si allontanano sempre più».

frammenti dell'intervista di Antonio Monda a Jamaica Kincaid 
Repubblica 22 marzo 2013

giovedì 14 novembre 2013

Scrivere è lasciare come traccia una parola non detta fra tante parole inutili

Anna Banti combattè a lungo contro il proprio talento narrativo. Al principio usava strappare le pagine di racconto appena scritte, altro gesto che ne prefigurava il destino: che anticipava la notte dell'agosto 1944 in cui l'esercito nazista in fuga da Firenze fece saltare in aria la casa dove aveva lasciato il manoscritto di Artemisia, tutt'ora la sua opera più nota. Dedicare i tre anni successivi a rifare il romanzo distrutto significò indagare la propria sorte per adempierne il senso invece che subirla. Con Artemisia la Banti rivendicava, per una donna, il "diritto al lavoro congeniale"; congeniale, cioè in "armonia col proprio genio". E pare che una volta Bernard Berenson abbia chiesto al suo collega (Roberto Longhi, marito della Banti) con sedata perfidia, "Che cosa si prova, Longhi, a vivere con un genio?". 
La narrativa non fu per Anna Banti un giocattolo di ripiego dalla critica, abbandonata per impossibilità di tenersi alla pari con Longhi.
La verità è più semplice e però più profonda. Narrare significò intonare per tutta la vita la domanda che pungola ogni scrittore autentico:
"E io chi sono?". 
(...)
Da Lavinia fuggita a La Camicia bruciata, da Noi credevamo ad Artemisia, Anna Banti ha manovrato l'io narrante e il punto di vista con un acume sperimentale che ha pochi paragoni nel Novecento italiano. La sua mente logica, sistematrice, non faceva che ribellarsi a qualsivoglia ordine, primo fra tutti quello cronologico. Benché disponesse di un serbatoio culturale immenso, ricercò «l'essenza più sottile della storia: l'eterna scommessa su quel che non ha lasciato altra traccia che una parola non detta fra tante parole inutili»

frammento della recensione di Domenico Scarpa 
al Meridiano dedicato ad  Anna Banti
Il sole24ore domenica 15 settembre 2013

mercoledì 13 novembre 2013

Dell’irreale intatto dentro il reale devastato

Permanenza

Di che cosa soffri? Come se si svegliasse nella casa senza rumore l’ascendente di un volto che uno specchio agro avesse raggelato. Come se, abbassata su un piatto cieco la lampada e il suo bagliore, la vecchia mensa coi frutti tu sollevassi alla gola serrata. Come se rivivessi le tue fughe nel vapore del mattino incontro alla rivolta tanto amata, lei che meglio di ogni tenerezza ha potuto assisterti e educarti. Come se tu murassi, mentre il tuo amore dorme, il portale sovrano e la via che vi penetra.
Di che cosa soffri?
Dell’irreale intatto dentro il reale devastato. Dei loro meandri avventurosi cerchiati di richiami e di sangue. Di quanto fu scelto e non toccato, dalla sponda del balzo alla proda raggiunta, del presente irriflesso che scompare. 
Di una stella che si è accostata, folle, e sta per morire prima di me.
*
Rémanence. 
De quoi souffres-tu ? Comme si s’éveillait dans la maison sans bruit l’ascendant d’un visage qu’un aigre miroir semblait avoir figé. Comme si la haute lampe et son éclat abaissé sur une assiette aveugle, tu soulevais vers ta gorge serrée la table ancienne avec ses fruits. Comme si tu revivais tes fugues dans la vapeur du matin à la rencontre de la révolte tant chérie, elle qui su, mieux que toute tendresse, te secourir et t’élever. Comme si tu condamnais, tandis que ton amour dort, le portail souverain et le chemin qui y conduit.
De quoi souffres-tu ?
De l’irréel intact dans le réel dévasté. De leurs détours aventurés, cerclés d’appel et de sang. De ce qui fut choisi et ne fut pas touché, de la rive du bon au rivage gagné, du présent irréfléchi qui disparaît. D’une étoile qui s’est, la folle, rapprochée et qui va mourir avant moi.

René Char
Il musicante di Saint-Merry
traduzione di Vittorio Sereni
Einaudi 1981

martedì 12 novembre 2013

Se impiego tutto il giorno per scrivere una poesia

.I lampioni spenti
È difficile scrivere una poesia sull'alba,una canzone sul meriggio, o alcuni versi sul crepuscolo senza fermarsi a pensare a che punto ci si trovi nella meridiana di un certo giorno,
ma se non altro è un inizio ed è meglio del solito cieco affrettarsi verso il futuro, che si crede stia oltre la prossima collina, la prima di una serie infinita.
Non ho dubbi nel notare che la luce sulla cima degli alberi è diversa adesso, con l’erba inumidita e fredda, e le corolle dei fiori non ancora aperte,
non ho dubbi nell'occupare una sedia alla finestra o una panchina sul vialetto per un'ora:tempo a sufficienza per guardare qui e là mentre il carro del tempo attraversava la sabbia,
tempo per pensare alla morte e agli amici perduti,ai loro volti nascosti tra le foglie,per riflettere sulla rovina dell'amore, un filo di fumo che si alza da un camino.
E a chi importa se impiego tutto il giorno per scrivere una poesia sull'alba e la finisco al buio, con la notte –a qualcuno  piace di più – che mi avvolge le spalle.

Billy Collins
Balistica
traduzione di Franco Nasi
Fazi Editore 2011

lunedì 11 novembre 2013

La vera letteratura secondo André Aciman


Quali altri scrittori l'hanno influenzata?
«A parte Marcel Proust e Jane Austen, l'autore che ha plasmato la mia scrittura è Dostoevskij. Adoro la sua capacità di penetrare l'animo umano fin dal primo sguardo, come avviene ne L'idiota, dove i personaggi si analizzano costantemente a vicenda. Henry James, che pure amo, non è mai stato capace di arrivare a tanto. Il mio scrittore preferito è però Tucidide
La Guerra del Peloponneso è il libro che prediligo in assoluto, perché al centro dell'opera non vi è soltanto una tragedia storica, ma anche le sue motivazioni umane. Non mi piace invece Tolstoj, perché penso sia superficiale».

Che cosa pensa degli scrittori contemporanei?
«La vera letteratura si è fermata a Max Sebald e al suo Austerlitz, il libro
più autorevole degli ultimi 40 anni. Il resto ? la generazione dei Safran Foer, Jonathan Franzen, Toni Morrison, Jonathan Lethem, persino Orhan Pamuk non è degno di menzione, incluso Philip Roth, con le sue opere futili e dal linguaggio poco ricercato. In questo mi sento in perfetta sintonia col brillante ed esigentissimo Harold Bloom: anch'io non tollero l'idiozia e m'interesso soltanto all'eccellenza». 

Perché un giudizio così severo?
«Oggi non esistono più scrittori, soltanto prosatori incapaci di raggiungere, come si faceva un tempo, il livello aulico della poesia. Le opere contemporanee non insegnano più nulla ai lettori. Sembrano tutte reportage di cronaca, oppure sceneggiature di film. Neppure i cosiddetti grandi si salvano. Penso a Ernest Hemingway: un pessimo scrittore che ha rovinato intere generazioni di giovani autori, convinti che il suo stile fosse da imitare».

Quali autori allora consiglia ai suoi studenti della City University di New York? 
«Stendhal, Dostoevskij e Flaubert: maestri delle lettere che, a differenza dei contemporanei, erano tutti eruditi. Oppure i due grandi della letteratura italiana del XX secolo: Giuseppe Tomasi di Lampedusa e Italo Svevo. 
Il Gattopardo è un capolavoro, anche se all'inizio fu bocciato da Elio Vittorini, un altro scrittore che amo molto. I primi romanzi di Svevo non sono in realtà molto interessanti, a parte Una Vita e Senilità. La coscienza di Zeno è
un bellissimo libro, ma più francese che italiano. E poi Cesare Pavese: preferisco La bella estate a La luna e i falò. Anche Gli indifferenti di Alberto Moravia è uno splendido romanzo, ma lui come scrittore non è abbastanza complesso».

frammenti dell'intervista di Alessandra Farkas a André Aciman
Corriere della Sera 10 agosto 2013

domenica 10 novembre 2013

Una vita di profilo

Visse di profilo, inadatta al rumore delle marce frontali. 
I romanzi e i saggi che scrisse andrebbero raccolti. Sono l' esito di una lunga e penosa battaglia contro i limiti del linguaggio. 
Pensava che chi scrive è ostaggio della "scienza letteraria".

Ingeborg Bachmann secondo Antonio Gnoli
Repubblica 7 ottobre 2013

sabato 9 novembre 2013

Chi sa ascoltarsi vive più vite

Chi sa ascoltarsi vive più vite.

Guido Morselli citato da Antonio Gnoli
Repubblica 15 luglio 2013

venerdì 8 novembre 2013

E anche allora nelle mie parole

Tutto il whiskey del Paradiso

Non per tutto il whiskey del Paradiso
Non per tutte le mosche del Vermont
Non per tutte le lacrime nel seminterrato
Non per un milione di viaggi su Marte

Nemmeno se mi pagassi in diamanti
Neanche se mi pagassi in perle
Nemmeno per il tuo anello da mignolo
Neanche per i tuoi ricci

Non per tutto il fuoco dell'inferno
Non per tutto l'azzurro del cielo
Non per un impero tutto mio
Nemmeno per la pace della mente

No, mai, non smetterò mai di amarti
Non finché il mio cuore batterà il suo ultimo colpo
E anche allora nelle mie parole e nelle mie canzoni
Ti amerò daccapo

All the Whiskey in Heaven

Not for all the whiskey in heaven
Not for all the flies in Vermont
Not for all the tears in the basement
Not for a million trips to Mars

Not if you paid me in diamonds
Not if you paid me in pearls
Not if you gave me your pinky ring
Not if you gave me your curls

Not for all the fire in hell
Not for all the blue in the sky
Not for an empire of my own
Not even for peace of mind

No, never, I'll never stop loving you
Not till my heart beats its last
And even then in my words and my songs

I will love you all over again

Charles Bernstein

giovedì 7 novembre 2013

Creare è vivere due volte

Oggi è il 100° anniversario della nascita di Albert Camus.

"Creare è vivere due volte"

da Il mito di Sisifo

mercoledì 6 novembre 2013

fra Trieste e l'infinito quel che leggi è ciò che finisci per amare

In ogni scrittore c'è un passato leggendario (buono o cattivo non importa) che, nel sortilegio della memoria, brilla di luce propria. Nel giovane Magris quel passato cinse il vasto perimetro della Mitteleuropa. Nel quale divorò storie, romanzi, avventure. Annusò le piste che partendo dall'incrocio di terre di confine - fra Trieste e l'infinito - lo portarono a scoperte sorprendenti. La letteratura gli parve dotata di organi vitali: occhi, polmoni, gambe. Perfino la più trascurabile unghia poteva, se colta nel punto giusto, graffiargli l'anima. Rammentargli il dolore che una frase può procurarci, come, allo stesso modo, la più immensa delle felicità. Se penso a Claudio Magris letterato lo vedo dentro questa luce di certezza: tutto ciò che egli legge è anche ciò che finisce con amare. 
(...)
Cosa vuol dire amare uno scrittore? 
«È diverso dal giudicarlo. Senza la forza dello stile,è chiaro, un racconto o un romanzo non ti arrivano. Ma amarli è qualcosa in più. Conrad o Tolstoj, per fare degli esempi, non li avrei amati se non mi avessero fatto scoprire qualcosa di me che sapevo di avere ma mi era sconosciuta. Quando lessi i racconti di Singer sentii che fu la mia vita ad esserne coinvolta»

frammenti dell'intervista di Antonio Gnoli a Claudio Magris 
Repubblica di domenica 3 novembre 2013

martedì 5 novembre 2013

Le pietre potevano pensare, e Dio era ovunque

In principio, ogni cosa era viva. I più piccoli oggetti erano dotati di cuori palpitanti, e anche le nuvole avevano un nome. Le forbici potevano camminare, i telefoni e le teiere erano cugini primi, gli occhi e gli occhiali erano fratelli. Il quadrante dell’orologio era un volto umano, ogni pisello nella tua ciotola aveva una diversa personalità, e la griglia del radiatore sul muso della macchina dei tuoi genitori era una bocca piena di denti che ghignava. Le penne erano dirigibili. Le monetine dischi volanti. I rami degli alberi erano braccia. Le pietre potevano pensare, e Dio era ovunque.


In the beginning, everything was alive. The smallest objects were endowed with beating hearts, and even the clouds had names. Scissors could walk, telephones and teapots were first cousins, eyes and eyeglasses were brothers. The face of the clock was a human face, each pea in your bowl had a different personality, and the grille on the front of your parents’ car was a grinning mouth with many teeth. Pens were airships. Coins were flying saucers. The branches of trees were arms. Stones could think, and God was everywhere.

Questa è la prima mezza pagina (tradotta da me) del nuovo libro autobiografico così descritto sul risvolto di copertina:
 "Paul Auster now remembers the experience of his development from within, trough the encounters of his interior self with the outer world".

Paul Auster
incipit di Report from the interior
faber and faber 2013

lunedì 4 novembre 2013

Dammi silen­zio. Rendi le foglie pietre.

Orto

Dammi corag­gio pla­tano, posami due foglie sugli occhi
fai che sca­vando con le tue radici trovi l’umido che mi culla.

Guar­dan­doti m’illudo che abbia un senso que­sto cercare
morti in vita, que­sto che fac­cio eter­na­mente chiedendo
per­fino a te: dov’è il viso che il mondo ha scacciato?,
come mai que­sta piog­gia non ha i suoi tratti e l’acqua
scro­scia den­tro la voce che ripete: “L’hanno por­tato via e tu
smetti l’arroganza di capire”.

Dammi silen­zio. Rendi le foglie pietre.

Prega la notte che mi fac­cia legno.

Anto­nella Anedda
Salva con nome
Mon­da­dori 2012

domenica 3 novembre 2013

Le mappe den­tro alle parole

Spazio dell'invecchiare

Solo la nudità alla fine ci raggiunge
esatta come la luna cre­scente nei capelli.
Esi­ste una gioia nella reticenza
e un riparo per­fino in que­sto spazio
che ha un ini­zio e una fine.
Non voglio scri­vere un’elegia alla vecchiaia,
solo dire che spin­gere le brac­cia den­tro il freddo
è una prova che ha il senso di tro­vare il verbo in una frase.

Senti come gua­da­gni la via del corridoio.
Non è scon­tato il passo col respiro.
Conta i mat­toni pen­sando ai ciot­toli di fiume
all’acqua che ti fasciava il piede
ricorda quanta tena­cia c’è voluta a decifrare
le mappe den­tro alle parole.


Anto­nella Anedda
Salva con nome
Mon­da­dori 2012

sabato 2 novembre 2013

Una specie di anticamera di te

Ogni volta
che penso a te
si forma nella testa
uno spa­zio vuoto
una spe­cie di anti­ca­mera di te
dove non c’è nient’altro

Con­stato
alla fine di ogni giorno
che nella testa
dev’essere rima­sto molto più spa­zio vuoto
di quanto non credessi


Erich Fried
È quel che è
Poe­sie d’amore di paura di col­lera
Traduzione di Andrea Casalegno
Einaudi 1988

venerdì 1 novembre 2013

Ogni cosa a suo tempo ha il suo tempo

Ogni cosa a suo tempo ha il suo tempo.
Non fio­ri­scono d’inverno gli albereti
né di primavera
mostrano bri­nate i campi.

Alla notte che entra non appar­tiene, Lidia,
lo stesso ardore che il giorno ci chiedeva.
Amiamo con più calma
la nostra incerta vita.

Accanto al fuoco, stan­chi non dell’opra,
ma per­ché l’ora è ora di stanchezze,
non alziamo la voce
sopra un segreto,

E casuali, siano interrotti
i nostri verbi di reminescenza
(non ad altro ci serve
la nera par­tenza del sole).

A poco a poco il pas­sato ricordiamo,
e le sto­rie nar­rate nel passato,
ora due volte
sto­rie, ci parlino

Dei fiori che nella nostra andata infanzia
con altra coscienza coglievamo
e con un’altra specie
di sguardo dato al mondo.

E così, Lidia, stando al fuoco, come stanno
gli dèi Lari, là nell’eternità
come chi ripone un vestito
ripo­niamo il già stato

In que­sta irre­quie­tezza che la calma
porta alle vite nostre quando pen­siamo solo
a quello che già fummo,
e c’è solo notte, fuori.


Poe­sia tratta dalle Odi di Ricardo Reis

Fer­nando Pes­soa
Una sola mol­ti­tu­dine volume II
a cura di Anto­nio Tabuc­chi
Adel­phi 1984