lunedì 31 agosto 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/176: ognuno di noi è un enigma, una solitudine vista in sogno

 


Ecco che all’improvviso, come portata dal vento del nord, Duras è arrivata sino alla Casa delle Parole. Dà l’idea di essere molto sofferente, disorientata e stanca. Ma il suo sguardo è comunque vivo, intenso e inizia subito a raccontare di sé.

Forse tutti gli scrittori hanno in comune soprattutto una memoria esorbitante e feroce che li costringe a ritornare sulle storie, gli avvenimenti, le immaginazioni per raccontarle ancora e ancora, cesellando, molando, raffinando.

Forse un’altra caratteristica degli scrittori è di “non essere mai guariti dall’infanzia”.

La memoria implacabile e l’infanzia inguaribile, sono state due peculiarità di Marguerite Duras, una scrittrice capace di trasformare la vita vissuta e la vita ricordata in materia incandescente della creazione e a scrivere così, alcuni tra i romanzi più intriganti e poetici del Novecento.

La piccola Marguerite/Nené ebbe un’infanzia selvaggia in Indocina, figlia di due insegnanti emigrati nelle colonie, Marie e Henri, alla ricerca di ricchezza e stima sociale. Hanoi, il Mekong, le piantagioni di riso, le strade sterrate, i contadini, una diga sul Pacifico sono tra le figure che popoleranno i futuri libri. Anche la storia d’amore con il ricco e giovane cinese, sarebbe stata immortalata nel romanzo L’amante che consegnò Duras alla fama presso il grande pubblico e alla ricchezza, ma la privò della sua invisibilità perché tutti iniziarono a fermarla per strada. Nené vive giovane per l’eternità in questa narrazione, così come anche il suo amante, ormai anziano, le dice al telefono dopo la pubblicazione della loro storia. Lei si stupì di quella telefonata perché dopo avere scritto, ogni volta, temeva sempre di essersi immaginata ogni cosa. L’infanzia indocinese è irriducibilmente altra, l’Indocina resterà il sogno infranto della Francia, ma Duras continuava a vivere in quel sogno la sua infanzia libera. La tensione tra immaginazione, inconscio e memoria e sempre fortissima in lei. Non diede ascolto, all’inizio della sua carriera letteraria, a chi le suggeriva di entrare in analisi, conobbe Lacan che dedicò uno dei suoi scritti a Lol V. Stein, lesse Freud ma restò folgorata solo da Jung, e quando decise di andare da un analista lo avrebbe fatto in segreto.

La bambina selvaggia diventerà una giovane donna borghese bellissima e inconsapevole al suo ritorno in Francia e poi una combattente della Resistenza, una militante comunista espulsa dal PCF, una scrittrice adorata dai critici, una moglie infedele, una madre ansiosa, un’amante appassionata, una regista d’avanguardia, una rivoluzionaria del maggio ‘68: Nené aveva lasciato il passo a Margot. Se queste molteplici vesti si sovrappongono nel corso di tutta la vita, oltre alla scrittrice, due sono i ruoli che non l’abbandonano mai: l’amica, e tra le sue amicizie famose vanno ricordati almeno l’attrice Jeanne Moreau e lo scrittore Elio Vittorini, ma più ancora la figlia che mai ha sentito su di sé lo sguardo amoroso della madre. Forse ogni libro scritto non è altro che una lunga lettera alla madre che non l’ammirava e che, anzi, si arrabbiava e vergognava di quei libri che riteneva offensivi per la famiglia. Non poteva capire le distorsioni letterarie alle loro vite che rendono le vite materia letteraria Marie Donnadieu. Non poteva capire che la scrittrice sarebbe stata la maschera unificante di una personalità complessa e incandescente. Lo scrittore Raymond Quenau la esortava a scrivere comunque “Scriva! Solo questo deve fare”. E scrivere è entrare nelle ombre e nelle tenebre dell’anima, perché “Non si possono conoscere le tenebre partendo dal giorno”.

Duras conobbe le tenebre della malattia e dell’alcolismo che la portò diverse volte in punto di morte. “A volte l’acqua si dimentica di gelare. Le hanno raccontato di questo fenomeno naturale, l’acqua non gela sempre a zero gradi. Se è perfettamente immobile, se è molto pulita, la temperatura deve scendere sotto lo zero, prima che geli. Come acqua che ha dimenticato di gelare, Marguerite si è dimenticata di soffrire, si è dimenticata di morire. Era stata respinta in fondo all’abisso, a contorcersi inascoltata, a urlare senza far rumore. Non aveva detto tante volte che proprio questo si fa quando si scrive? “Si urla senza produrre suono”. L’eco di queste urla attraversa tutta l’opera di Duras che, a differenza della maggior parte degli scrittori, poté vedere incarnati a teatro e al cinema i suoi personaggi. Il buio del cinema, “è come lo spazio bianco tra le parole” scriveva. Duras fu maestra nell’uso di quel bianco e di quel nero perché la sua scrittura e il suo sguardo hanno ritagliato, cesellato la parola necessaria, l’immagine indispensabile facendo sì che i due colori opposti diventassero una cornice e non il centro della sua espressività.

Chi scrive vive tutti i tempi allo stesso tempo, vive tutte le vite che non vivrà mai nella realtà. Ma cosa è mai la realtà se non un riflesso in un vetro che la scrittura coglie e ordina?

I frammenti vengono ricomposti, ma dietro il vetro, il caos e la passione, i segreti e i misteri restano intatti, intoccati.

Se anche delle nostre vite non “resta che il ricordo di una solitudine vista in sogno” possiamo continuare a credere nella forza della letteratura e dei libri non solo per salvare noi stessi e il mondo dall’oblio, ma per continuare il dialogo silenzioso con i lettori vicini e lontani e con gli scrittori che ci hanno preceduto.

È facile ascoltare Duras, qui alla Casa delle Parole siamo tutti incantati, per chi ha letto i suoi libri perché è bello sentire dalla viva voce di uno scrittore le parole che già si conoscono, chi non li ha letti scappa in casa a cercarne le copie disponibili per iniziare a leggere.

Io me ne sto seduta un po’ in disparte, l’invito agli scrittori e ai poeti parte da me, sanno che dopo essere stati qui potranno andare a Colorno e aggiungere i propri libri alla Biblioteca di Babele fondata da Borges e restare lì con gli altri già chiamati a parlare e scrivere per l’eternità.

Mentre ascolto Duras, si presenta alla soglia della memoria Cees Noteboom un altro poeta che ama Zagajevski e che si appresta a condividere con noi le sue poesie.

Agosto finisce con la rilettura del romanzo magico di Sandra Petrignani che ci porta in dono una vita straordinaria. Romanzo e biografia al contempo, questo libro aggiunge un prezioso tassello al mosaico della sua scrittura.

Stasera rileggerò L’amante e Scrivere e domani scriverò ancora di Duras. Gli amori letterari sono fatti dei molti ritorni che seguono la prima folgorazione. E forse rileggere è ancora più bello che leggere un autore per la prima volta.

 

Questa Cronaca 176 è stata scritta il trentunesimo e ultimo giorno del mese di agosto dell’anno senza Carnevale ed è, in parte, una rielaborazione della mia recensione, uscita sul blog di Poesia della RAI curato da Luigia Sorrentino, al romanzo di Sandra Petrignani Marguerite di Neri Pozza 2014, da cui sono anche tratte le citazioni.


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