martedì 4 agosto 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/149: sassi levigati dall’acqua, la marea che richiama e spinge, le mie parole

Non passano, non si fermano, non smettono mai, le voci, sono gocce di pioggia contro una finestra chiusa.

Le sento quando sono in mezzo alla gente, allo stesso modo le sento nel silenzio, escono dal tessuto del tempo come gugliate frettolose che annodano i fili.

Tanto sanno che sarò io, paziente, a sbrogliare ogni nuovo nodo, ogni grumo di senso che le avviluppa e le soffoca.

Le parole se ne stanno nascoste nel silenzio, spesso preferirebbero non emergere, lottano contro di noi per poter continuare a stare nel bozzolo oscuro del tempo.

Ma noi filiamo tutto intorno il nostro sentire e le costringiamo a mutare pelle, escono dal silenzio circondato di nulla.

Sono crisalidi di parole e poi d’un tratto sono parole vive, le cui ali risplendono il tempo del nostro respiro. 

Sciamano via tutte insieme con quelle ali d’oro e turchese che hanno strappato alle viscere del tempo.

E del silenzio che è signore di ogni pensiero, di ogni scarto dalla realtà.

Dura poco il volo delle parole che sciamano via, presto non saranno che polvere dorata in fondo alla strada, lapislazzuli inerti sul tuo sentiero.

Quelle che sono fuggite svolazzano intorno al lume notturno, non possono resistere alla luce, non possono resistere all’oscurità.

Come decidi da che parte andare se entrambi gli estremi ti attraggono?

Così non decidi e lasci che sia la lotta millenaria tra il chiaro e il buio a decidere al tuo posto.


Il poeta cieco tacque e sospirò. Era seduto al centro del chiostro con le due giovani sacerdotesse, un maestro, seppur temporaneo, due allieve, vocate al quel ministero, mai disilluse.

- Quando partiremo Héloïse? Chiese l’uomo.

- Manca poco Luis, tra pochi giorni. Prima di arrivare al tuo nuovo rifugio passeremo dalla terra ai piedi delle Montagne della Nebbia. Voglio che tu conosca altri devoti custodi della parola. Poi con alcuni di loro termineremo il viaggio e arriveremo alla Biblioteca di Babele cui si accede da una porta dello scriptorium del convento dove potrai restare, sino a quando non ci saranno nuovi segnali che loro hanno ricominciato a cercarti – rispose la donna.


Dopo tutta la pioggia degli ultimi giorni ecco che un cielo chiaro e un sole tiepido asciugavano l’umidità e i cattivi pensieri. Contribuiva anche un vento fresco che alternava refoli a zaffate. 




L’arco delle tue parole trafigge il cielo

Quando una voce si perde nel
vento, ecco che altre voci 
vengono a portare soccorso.
Spingono col becco da creature
alate, sostengono con
le zampe da lupo che le
fa correre veloci nella
prateria. Ascolta, ora che
il fiato si tende fino in
fondo, è l’arco delle tue 
parole a trafiggere il cielo
non ancora stellato.



Mi piace mescolare la poesia e la prosa, la saggistica e l’aforisma. L’importante è scrivere, scrivere sempre, non cedere mai alla tentazione del foglio bianco. 

Cedere alla tentazione di un foglio bianco è come addormentarsi in spiaggia a mezzogiorno.

Non vedrai il mare che brilla mentre il sole è allo zenith, non potrai decidere di fare il bagno quando la calura essicca anche i pensieri, non potrai girarti a guardare la riva e provare sollievo per il solo fatto di essere in acqua.

- Capisco Luis – disse Roxanne, capisco benissimo. Anche se i miei doveri, filiali e genitoriali, mi hanno spesso tenuta lontana da quei fogli bianchi che mi terrorizzano, ho continuato a scrivere, anche solo poche righe ogni giorno. E quelle poche righe sono diventate un manoscritto e poi un altro e un altro ancora. Te li porterò alla Biblioteca di Babele e tu mi dirai come fare.

- Anche io conosco l’abisso della pagina bianca e non lo rifuggo – disse Héloïse – mi ci abbandono, come un naufrago dopo la tempesta. So che le correnti mi porteranno verso un’isola e che la pagina bianca sarà solo uno dei sassolini levigati dall’acqua, uno di quei sassi che il mare rigetta e richiama con precisione.


Nel silenzio delle loro voci, nel vento quieto, si sentiva solo lo zampillio della fontana al centro del chiostro. 

Dalle Montagne della Nebbia è arrivata la narratrice. Vuole salutare il poeta cieco e le sue amiche custodi della parola. Quando varca il cancello del monastero sull’isola di Saint-Louis, un brivido le scorre lungo braccia e schiena. Riconosce quelle mura anche se non sa di esserci già stata. 

E come potrebbe ricordare una visita fatta in sogno, dove tutti i volti erano nascosti nell’ombra?


Questa Cronaca 149 nasce nel quarto giorno di agosto dell’anno senza Carnevale. Difficile dire come andranno le cose. Per questo continuo a scrivere queste Cronache e le poesie, inclusa quella odierna, che sono come perle ben comode nella conchiglia che un giorno raccoglierete insieme alle poesie non mie che trascrivo, perché i fiori dell’animo umano risplendano in più possibili giardini interiori.

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