martedì 25 agosto 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/170: un giorno profumato di basilico e limone

 

Alcuni giorni assomigliano alla seta, sono lucidi, morbidi, leggeri. Questo giorno è proprio così, è iniziato poco dopo l’alba e si è espanso per la casa seguendo la luce del sole. Tutto si è illuminato per il tempo necessario a che io potessi riconoscere oggetto dopo oggetto e dirgli “Buongiorno!”. A metà mattina mi ha cercato mio fratello Alessandro per prendere un caffè insieme, così ho lasciato per qualche ora le terre ai piedi delle Montagne della Nebbia e sono tornata nella città silenziosa. La luce era morbida e setosa come nel mio regno immaginario, era piacevole stare seduti a chiacchierare accarezzati da un vento leggero, lì e altrove nello stesso momento e godere del piacere della reciproca compagnia. Il giorno di seta è proseguito alla ricerca di un nuovo libro da leggere, cioè da aggiungere alla pila di libri in lettura che tengo accanto al letto. Dalle imposte accostate, dopo mezzogiorno, filtrava quella luce che tanto amo e che invita a guardarla danzare sul soffitto dopo che ha attraversato l’aria e le tende. Il bello di un giorno di vacanza è anche questo potersene stare naso all’insù e non avere altro che pensieri morbidi.

Ci sono poi altri giorni che sono di lino, un po’ ruvido, chiaro e fresco. Il lino appartiene all’estate, ai racconti di viaggio, a Hemingway perso tra Parigi e l’Havana, al desiderio di fuga e di vagabondaggio, alla nostalgia di un mondo che era troppo grande per stare tutto in un cuore solo. I giorni di lino non sono lucidi come quelli di seta, ma hanno senso pratico, progetti e ventilatori accesi per poter scrivere senza soccombere al caldo. Sono giorni che iniziano su una spiaggia greca e finiscono in una piazza di Barcellona, sono giorni vagabondi, accompagnati da zaini e bisacce, da una macchina da scrivere portatile. Vestiti di lino non si può stare chiusi in casa, l’unico lino casalingo ammesso è quello della lenzuola che invitano al riposo e all’ozio.

I giorni di cotone sono anch’essi giorni estivi, sono giorni ordinari, delle cose che vanno fatte, del lavoro che aspetta, dei libri da spolverare e non solo sfogliare, della cucina da riordinare, della spesa per rimpinguare un po’ il mio frigorifero, della lunga passeggiata in via Washington per andare e tornare dall’Esselunga ed ecco che tra i palazzi antichi sopravvissuti alla Seconda Guerra Mondiale e gli alberi i cui rami nascondono portoni e finestre, ho sempre l’impressione di stare camminando per Parigi, mi sento spaesata e in attesa, come se a ogni incrocio dovesse accadere qualcosa di imprevisto e speciale. Al ritorno la casa è fresca, profuma di limone e basilico, le tende, anch’esse di cotone, svolazzano con questo venticello e la frenesia del fare si placa nella lettura di qualche rivista.

Mentre il lino è uguale a se stesso, seta e cotone si possono declinare in altri tessuti più leggeri o più pesanti dai nomi che evocano altre epoche e mani febbrili prese dalla tessitura: tulle, georgette, crepe, chiffon, organza, mussola, shantung e taffetà. La mia passione per le liste gongola ogni qual volta riesco a farne una. Ogni nome porta con sé un’esperienza tattile, un ricordo preciso delle prime volte in cui mia madre ha iniziato a insegnarmi a riconoscere le stoffe e il miglior uso che se ne poteva fare.

Così sono i giorni, all’apparenza uguali, ma come non c’è mai una stoffa uguale a un’altra – un rotolo, una pezza – così i giorni si assomigliano ma la loro grana e il colore non sono mai uguali tra loro.

Questo è un giorno di seta che per la sera diventa ancora più leggero e trasparente, con questo abito appena cucito vado a passeggiare in spiaggia, a guardare i delfini che giocano poco lontano dalla riva.

A casa oleandri e rose si disputano il privilegio di diventare puro colore e affondare nel mastello dove una pezza di organza è raggomitolata a pensare cosa diventerà domani.

È un pensiero puro quello rivolto al domani, è fiducia nella vita che, nonostante tutto, si rinnova e respira e noi stiamo nel vento e nel profumo del giardino.

Basta così poco a spezzare il fragile equilibrio dei giorni, l’inaspettato non si nasconde solo agli incroci, ma la gioia lo contrasta e ci dà la forza di continuare.


Questa Cronaca 170, una delle poche non intessute di poesia, è stata scritta nel venticinquesimo giorno di agosto dell’anno senza Carnevale, un giorno di luce morbida e di venticello.


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