domenica 9 agosto 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/154: ogni nome ripetuto è un nome salvato


Roxanne bussa al portone del convento, una novizia ci apre e ci fa entrare senza chiedere nulla, ci conosce ed eravamo attesi.

Attraversiamo l’ingresso, davanti a noi la chiesa, sulla destra una porta aperta lascia intravedere un chiostro dove una donna anziana, con il capo coperto sta leggendo ad alta voce:

 

 

Ogni nome ripetuto è un nome salvato

 

Dormo sul confine della sera, mai

saluto la prima stella, mai guardo

il blu fondersi col rosso e il carro

alato del sole venirmi incontro,

perché dormo e aspetto che sia

la notte a chiamarmi per nome,

così esco nel buio stellato e cerco

di decifrare almeno uno dei suoi

trentatré nomi e prego, prego

di salvarlo notte dopo notte, perché

ogni nome salvato e ripetuto è

un giorno in più per questo

universo.

 

 

Quando la lettura finisce, la Badessa di Colorno viene ad accogliere la nostra piccola comitiva.

 

- Bene arrivati e benvenuto mastro Borges, sono Teodora, badessa di questo monastero e cofondatrice dell’ordine delle api dell’invisibile. Qui sarai al sicuro, potrai dettare le tue poesie e le tue storie, le consorelle sono brave e bendisposte anche se è la prima volta che accogliamo uno scrittore della tua grandezza. Avrai la tua cella da cui accedere alla Biblioteca di Babele dove potranno entrare solo coloro che avrai invitato. Inoltre, improvvisa e inaspettata è giunta a noi anche un’altra grande voce del vostro Novecento. Scrive in francese e si chiama Marguerite, anche se i due suoi personaggi principali sono due uomini: Adriano l’imperatore e Zenone l’alchimista.

- Grazie madre Teodora – disse Roxanne – per l’ospitalità che offrite al poeta cieco. Vi chiedo accoglienza per me, per la consorella Héloïse, per il poeta David e per la narratrice delle nostre storie Caterina, che racconta di noi da quando il tempo si è spezzato e la pandemia sta mettendo a dura prova la tenuta di questa realtà.

- Potete fermarvi tutto il tempo che volete, dovrete rispettare i tempi del monastero e collaborare ai lavori, ciascuno per ciò che sa fare. Potete anche decidere di copiare i vostri libri laddove ne abbiate scritti perché amiamo conservare le parole di ogni autrice e autore vergate dalla sua stessa mano, questo varrà come collaborazione.

David sorrise e si disse pronto a tale collaborazione. Anche io accettai di buon grado e mi chiesi comunque come poteva Teodora sapere che avevamo portato i nostri libri con noi, con la speranza che il poeta cieco ci chiedesse di donarli alla Biblioteca di Babele.

 

- Teodora vi ringrazio della vostra ospitalità e della protezione che mi offrite. The time is out of joint, questo è certo. Se non potremo salvare questa realtà, potremo almeno salvare i frutti dello spirito di migliaia e migliaia di anni e civiltà. So che avete scelto la mia Biblioteca di Babele come luogo universale e che in un luogo ancora ignoto avete iniziato a conservare dipinti, sculture e manufatti. Non saremo vissuti invano, da altri tempi e altri universi verranno coloro che ameranno, proteggeranno e moltiplicheranno queste opere degli uomini e delle donne che coloro che ci hanno creati hanno messo in questa realtà.

Mentre eravamo intenti a scambiare i saluti e i convenevoli di benvenuto, la scrittrice Marguerite ci raggiunse e consegnò al poeta una pergamena.

 

- Buongiorno a tutti e benvenuti, il mio arrivo non era previsto, me ne stavo nel mio aldilà quieto e silenzioso, immemore del mondo dei vivi e in dialogo con Adriano e Zenone come faccio da anni e anni, da sempre. Condivido l’idea del Paradiso come di una immensa biblioteca e ancora penso che le parole di Adriano vadano nella direzione e nelle intenzioni di questo ordine cui sono stata chiamata io pure dalle innumerevoli letture che Caterina mi ha dedicato. Ogni qual volta lei apriva un mio libro io sono tornata a respirare più vicino al confine di questo mondo e, infine, l’ho superato. Ecco cosa diceva il mio imperatore:

 

“Elevare fortificazioni in fin dei conti equivale a costruire dighe: equivale a trovare la linea sulla quale si può difendere una sponda o un impero, il punto dove sarà contenuto, arrestato, infranto, l'assalto delle onde o quello dei barbari. Costruire un porto, significa fecondare la bellezza d'un golfo. Fondare biblioteche, è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro un inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire.

Ho ricostruito molto: e ricostruire significa collaborare con il tempo nel suo aspetto di «passato», coglierne lo spirito o modificarlo, protenderlo, quasi, verso un più lungo avvenire; significa scoprire sotto le pietre il segreto delle sorgenti. La nostra vita è breve: parliamo continuamente dei secoli che han preceduto il nostro o di quelli che lo seguiranno, come se ci fossero totalmente estranei; li sfioravo, tuttavia, nei miei giochi di pietra: le mura che faccio puntellare sono ancora calde del contatto di corpi scomparsi; mani che non esistono ancora carezzeranno i fusti di queste colonne. Più ho meditato sulla mia morte, e specialmente su quella d'un altro, più ho cercato di aggiungere alle nostre esistenze queste appendici quasi

indistruttibili. A Roma, ho adottato, di preferenza, il mattone eterno, che assai lentamente torna alla terra donde deriva, e il cui cedimento, lo sbriciolamento impercettibile avviene in tal guisa che l'edificio resta una mole, anche quando ha cessato d'essere una fortezza, un circo, una tomba. In Grecia e in Asia, ho adoperato il marmo natio, la bella sostanza che, una volta tagliata, resta fedele alla misura umana, tanto che la pianta del tempio intero resta contenuta in ogni frammento di tamburo spezzato. L'architettura è ricca di possibilità più varie di quel che non farebbero supporre i quattro ordini di Vitruvio; i blocchi, come i toni musicali, sono suscettibili d'infinite variazioni”.

 

 

Recitò a memoria il brano del suo romanzo e poi venne ad abbracciarci e si sedette accanto a Borges e io pensavo di stare sognando, il mattino era luminoso e il cielo pareva di smalto azzurro. Le finestre del parlatorio ci permettevano di scorgere frammenti di questo mondo che si ergeva sul confine tra mondi e realtà differenti.

Mentre cercavo di uscire nel chiostro, Marguerite mi fermò:

 

- Aspetta Caterina, prima di uscire vorrei che tu leggessi i miei “Trentatré Nomi di Dio”, sono ricordi e immagini di viaggio, gli ultimi viaggi fatti con il mio caro amico Jerry.

 

Mi porse una pergamena simile a quella che aveva dato a Borges e io, con la voce più profonda e chiara che sono riuscita a estrarre dall’emozione, ho letto:

 

1. Mare al mattino

2. Rumore della sorgente nelle rocce sulle pareti di pietra

3. Vento di mare a notte, su un’isola

4. Ape

5. Volo triangolare dei cigni

6. Agnello appena nato / bell’ariete / pecora

7. Il tenero muso della vacca / il muso selvaggio del toro

8. Il muso paziente del bue

9. La fiamma rossa nel focolare

10. Il cammello zoppo che attraversò la grande città affollata andando verso la morte

11. L’erba / L’odore dell’erba

12. Un suo disegno: forse stelle o fiocchi di neve,  impronte d’uccello o fili d’erba


13. La buona terra / La sabbia e la cenere

14. L’airone che ha atteso tutta la notte, intirizzito, e che trova di che placare la sua fame all’aurora

15. Il piccolo pesce che agonizza nella gola dell’airone

16. La mano che entra in contatto con le cose

17. La pelle – tutta la superficie del corpo

18. Lo sguardo e quello che guarda

19. Le nove porte della percezione

20. Il torso umano

21. Il suono di una viola o di un flauto indigeno

22. Un sorso di una bevanda fredda o calda

23. Il pane

24. I fiori che spuntano dalla terra a primavera

25. Sonno in un letto

26. Un cieco che canta e un bambino invalido

27. Cavallo che corre libero

28. La donna-dei-cani

29. I cammelli che si abbeverano con i loro piccoli nel difficile wadi

30. Sole nascente sopra un lago ancora mezzo ghiacciato

31. Il lampo silenzioso / Il tuono fragoroso

32. Il silenzio fra due amici

33. La voce che viene da est, entra dall’orecchio destro e insegna un canto.

 

Poi li ho guardati e tutti avevano gli occhi chiusi e vennero a chiamarci per il pasto principale della giornata e io ho pensato che avrei voluto restare lì per sempre, in quella stanza dove luce e ombra giocavano a scacchi e io ero felice.


Questa Cronaca 154 del nono giorno del mese di agosto dell’anno senza Carnevale, nasce dalle letture sovrapposte e incrociate di Borges e Yourcenar, oltre che dal piacere di avere creato l’Ordine delle Api dell’invisibile e questo varcare i confini dei mondi letti, reali e immaginari.

La poesia è mia benché sia qui attribuita a Yourcenar.

I Trentatré Nomi di Dio della Yourcenar sono un testo nato dalla complicità con il suo giovane amico Jerry Wilson compagno di numerosi viaggi, soprattutto in Marocco e in Egitto, cui è dedicato lo scritto composto il 22 marzo 1982 e originariamente pubblicato in francese «Les Trente-trois Noms de Dieu», La Nouvelle Revue Française, n° 401, juin 1986, p. 111-117. Queste informazioni sono tratte dal libro di Achmy Halley Marguerite Yourcenar en poésie. Archéologie d’un silence, Editions Rodopi, 2005.

La traduzione italiana è stata fatta da Fiammetta Biancatelli e contiene anche un ricordo della traduttrice e poetessa Silvia Baron Supervielle, Nottetempo edizioni 2003.

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