Così mescoliamo le ore e i giorni, solo per il piacere di ascoltare
ancora il poeta Adam, la nostra vita di questo agosto sarà un impasto di quello
che abbiamo letto e ascoltato con quello che lui ha vissuto e scritto.
È questa la magia della scrittura, l’incanto dei libri, noi non saremo mai davvero soltanto noi, saremo molti altri e la memoria ci renderà intatte albe che non abbiamo visto, baci che non abbiamo dato, valzer che non abbiamo danzato, che crediamo di non avere danzato.
Valzer
Sono così sgargianti i giorni, così chiari,
che la polvere bianca della disattenzione
copre persino le rare esili palme.
Le serpi scivolano silenziose nelle vigne,
ma alla sera il mare si fa cupo e i gabbiani
sospesi nell’aria si muovono appena,
punteggiatura di un più alto scritto.
Sulle tue labbra una goccia di vino.
Le montagne calcaree all’orizzonte si dissolvono
lente mentre una stella appare.
La notte, in piazza, un’orchestra di marinai
in uniformi bianche immacolate
suona un valzer di Šostakovič; piangono
i bimbi, come se intuissero
di cosa parla quella musica allegra.
Siamo stati rinchiusi nella scatola del mondo.
L’amore ci renderà liberi, il tempo ci ucciderà.
Anche i libri, come l’amore, ci rendono liberi e quando li rileggiamo non
sentiamo il piacere della scoperta, ma della riscoperta. Ogni rilettura è un
ritorno in un luogo dove siamo già stati, un piacere che si rinnova anche
quando raccontiamo cosa abbiamo letto, il mondo che abbiamo visto, soprattutto
il mondo che abbiamo visto.
Vedere
Mia città muta, città ambrata e d’oro,
sepolta in forre dove i lupi correvano
in silenzio lungo un freddo meridiano;
se ti dovessi raccontare, città
assopita sotto un cumulo di foglie morte,
se dovessi descrivere la pelle dell’oceano
su cui le navi tracciano lunghe scie di versi luminosi
e gli yacht come pavoni ostentano le loro alte vele,
e il Mediterraneo, assorto in un rapimento salino,
e le città dalle torri aguzze che brillano
nel sole intenso del mattino,
e la forza selvaggia degli aerei che forano le nubi,
l’eterno disprezzo dei burocrati per noi, gente comune,
le viuzze dell’Umbria, cisterna
in cui è fermo il vecchio tempo che sa di vino dolce,
e una certa collina dove cresce
l’albero più quieto;
Parigi grigia, attraversata dal fiume del perdono,
Cracovia di domenica, quando persino le foglie dei
castagni
paiono stirate da un ferro invisibile,
i vigneti in cui fanno incursioni l’avido autunno
e le autostrade piene di sgomento;
se dovessi descrivere la solennità della notte
in cui ciò avvenne,
e il fragore del treno che avanzava verso il nulla,
e il barbaglio della lama d’acciaio su una pista
di ghiaccio improvvisata;
scrivo viaggiando - perché volevo vedere,
e non solo sapere - vedere chiaramente
incendi e scorci di quell’unico mondo,
e tu, città immobile, pietrificata,
i miei fratelli nella piatta sabbia; su voi la terra continua a ruotare
e avanzano le legioni romane,
la volpe artica tende l’orecchio al vento
nel deserto bianco dove i suoni svaniscono.
Ogni città visitata diventa una città interiore, Parigi mi si confonde
con quella che ho visto, con quella che ho scritto e con quella che ho letto e
non avrei mai immaginato la Senna come il fiume del perdono perché Celan ci si
è annegato.
Parliamo, parliamo ancora a lungo, il cielo è coperto, l’aria solo un po’ più fresca, da dove arriva tutto il calore delle nostre discussioni?
Dopo la giornata di ieri trascorsa tra me e me stessa, dopo i lunghi mesi di lontananza non è facile ricominciare a stare vicini. Sappiamo che la stagione ha iniziato il suo declino, lasciamo che lo sguardo si impadronisca del mondo intorno e ascoltiamo il poeta che tra pochi giorni partirà per Colorno, là dove si può accedere all’infinita Biblioteca di Babele.
Adam apre il suo libro e legge le ultime parole di questa giornata che chiude in argento e buio e nei nostri pensieri silenziosi.
La fiamma
Signore Iddio, dacci un lungo inverno,
una musica sommessa, labbra pazienti,
e un po’ d’orgoglio - prima
che finisca il nostro tempo.
Dacci la meraviglia
e una fiamma, alta, chiara.
Questa Cronaca 162 nasce nel diciassettesimo giorno del mese di agosto dell'anno
senza Carnevale.
Le poesie di Adam Zagajewski, Dalla
vita degli oggetti, a cura di Krystyna Jaworska, Adelphi 2012.
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