Ogni giorno ci sono cose interessantissime da fare, cose molto più
interessanti della scrittura.
Lo annuncio ogni mattina come se la mia affermazione fosse una scoperta
capitale e in casa annuiscono tutti mentre stanno già scrivendo.
Io no, prima devo passare in rassegna tutto il mondo che ho intorno, esplorare il giardino, scendere fino al mare, fare il bagno, guardare l’isola che emerge dalle acque, contare le onde, salutare i delfini, raccogliere una conchiglia.
La vertigine delle liste mi assale sempre, comincio a elencare tutte le cose belle che vedo, quelle che ho visto ieri. Nessuna lista finisce prima di avere evocato qualcosa di molto simile che ho già visto in passato o che mi è accaduto o che ho incontrato.
Mondo, mondo che mi chiami, non chiamarmi a voce troppo alta che devo scrivere!
Quando mi siedo al mio tavolo da lavoro, sfoglio sempre qualche libro, apro a caso i volumi di poesia, annoto qualche parola. Tanto so che poi i versi arriveranno, che le frasi non tarderanno a comporsi nella mia mente.
È molto difficile osservare se stessi dall’esterno, molto più facile costruire cattedrali con colonne fatte d’aria e un bambino distratto che ci corre intorno e mentre lo fa, capisco che è il tempo che si sta prendendo gioco di me.
Così gli propongo l’ennesimo scambio, so che solo l’apparenza è infantile, che sembra un bambino perché non vuole impaurirci. È come se avesse bevuto alla fonte dell’eterna giovinezza, come se fosse padrone del mondo.
La materia del tempo che non conosco
Il tempo è il signore di un castello
costruito sulle nuvole, intorno
volano le rondini della tua immaginazione,
le fondamenta sono radici che affondano
nel tuo sguardo e io cerco come entrare
perché voglio conoscerti meglio.” Ti darò
la chiave”, mi dici nel sogno e mi porgi
un foglio dove hai scritto una poesia che
poi mi leggi e io mi stupisco, perché
tu mi conosci come il marinaio la barca
che ha costruito, perché conosceva
il legno e prima ancora l’albero.
Il tempo è re del vento, soffia su ogni
creatura vivente e sulle creature di
pietra che accompagnano il viandante.
Mi accomodo nella sua bisaccia e vado
con lui, sono tranquilla. Scoprirò il suo
segreto? Te lo chiedo e tu mi sorridi
mentre apri la porta della tua casa.
Ogni Cronaca che scrivo è una sfida alla durata e alla memoria, al senso
e all’immaginazione.
David annuisce, sa di cosa sto parlando.
Così possiamo continuare la nostra ascesa verso le Montagne della Nebbia.
Quassù si sentono solo i lupi che ululano alla luna e il nostro respiro che il tempo contende alla vita terrestre. Le stelle ci soccorrono, conoscono i suoi trucchi, ci sussurrano all’orecchio cosa è meglio fare. Le ascolteremo? Cosa ne sanno le stelle dall’alto della loro vita celeste di noi creature che neanche sappiamo volare? Ridono ora le stelle, perché sono nate il primo giorno della creazione e già sapevano che ci saremmo incontrati.
Questa Cronaca 171 è stata scritta il 26 agosto dell’anno senza
Carnevale. La poesia è mia, scritta in parte in sogno, in parte in veglia.
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