giovedì 20 agosto 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/165: dove il tempo tesse i fili del giorno e l’isola mi chiama a voce alta

 

Tiro un filo, poi un altro, sono trasparenti i fili del giorno, li tiro fino in fondo, non parlo, non parlerò, non ora, non oggi.

Li tengo tesi tra le mani, osservo la luce che li trafigge, lascio che il vento me ne strappi uno, forse il primo e guardo il volo breve che finisce sulle onde che si infrangono a riva.

Ora quel filo è verde, l’onda si è smarrita e io sono troppo lontana per andare a recuperarlo.

Il vento mi strappa il secondo filo, lo avvolge sui rami più alti dei pini che stanno dietro di me. L’aroma della resina si diffonde nell’aria come se il filo teso fosse riuscito a spremere dagli alberi la loro essenza.

Offro al vento il terzo filo trafitto dall’arcobaleno e il vento lo indossa come fosse un mantello e se ne va, calma piatta anche sul mare, nessun rumore.

Resto solo io a infrangere il silenzio con il mio respiro umano, così depongo con cura i fili sulla sabbia ed entro in acqua.

La frescura mi ravviva, il sale, la resina, le alghe e non so quale altro profumo mi invadono l’olfatto, così mi lascio andare sotto la superficie dell’acqua e smetto di odorare, di sentire, di vedere.

Tutte le sensazioni si attaccano alla mia pelle, rabbrividisco, nuoto verso il largo, l’isola appare come fa sempre, come un miraggio. Questa volta non smetto di nuotare, arrivo sino alla sua riva, esco senza fatica perché la spiaggia è piatta e sabbiosa.

Mi volto e vedo la mia spiaggia, la pineta, la Casa delle Sorelle, il sentiero, la Casa delle Parole, la Casa delle Stelle, l’Altipiano della Luna e sullo sfondo le Montagne della Nebbia.

Ogni cosa è minuscola e disposta sul profilo dell’orizzonte terrestre come se fosse un presepe ancora senza luci e che qualcuno sta allestendo.

Sulla spiaggia riconosco il misterioso architetto e il sapiente guerriero che mi gridano qualcosa, ma non riesco a sentirli. Ora mi fanno cenno di tornare indietro, ma non posso, il richiamo dell’isola è più forte delle loro voci.

Il giorno ha nuovi fili da offrirmi su questa terra che non conosce i miei passi, grido ai miei coinquilini di non preoccuparsi, che tornerò presto e un gabbiano afferra la mia voce e la porta sino a loro.

Il vento afferra uno dei fili di questo giorno che rispecchia il giorno sull’altra riva. È tutto speculare, c’è una pineta, c’è un sentiero, c’è una casa identica a quella che è dall’altro lato. 

Devo andare a vedere, devo scoprire cosa sta accadendo, saluto gli amici che stanno sull’altra riva, lascio che i fili del giorno si insedino nella sabbia, mi aspetteranno, lo so.

Cammino e cammino e riconosco tutto, ogni angolo del sentiero, ogni mattone della casa. Anche la porta è uguale e non ho timore ad aprirla.

Il vento mi sussurra di aspettare, qualcuno verrà ad aprirmi, qualcuno mi racconterà.

I fili del giorno sono fioriti e cantano come canne al vento e il vento canta come un usignolo che ha sbagliato giardino e non trova più il suo nido.

A volte bisogna smarrirsi per poter ritrovare il nostro giardino, tirare i fili intessuti di eternità e continuare a chiedersi perché, perché le storie iniziano, ma non hanno mai fine.

 

Questa Cronaca 165 nasce nel ventesimo giorno di agosto dell’anno senza Carnevale. È scabra, asciutta e tiene la poesia in sottotraccia, bisognerà andare a cercarla nell’isola misteriosa.

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