Torno nella città più che mai silenziosa, mi accade sempre che dopo
giornate affollate di amore, amicizia, conversazioni brillanti, buon cibo,
paesaggi indimenticabili, io debba ritornare nella mia cella monacale a
rimettere insieme il sentimento della solitudine profonda che mi appartiene. Porto
con me solo le poesie di Adam che vado seminando in queste Cronache da qualche
giorno.
I tigli
Quanta dolcezza –
la città è sotto anestesia;
il ragazzo scarno che quasi
non occupa spazio sulla terra, e il cane,
e io, soldato in una guerra invisibile,
e il fiume che amo.
Fioriscono i tigli.
I fiumi della mia città sono interrati, respirano solo due corsi d’acqua che chiamiamo Navigli e il verde fluire delle acque tra due ali di antiche case, ha sempre su di me un effetto ipnotico, soprattutto mi riporta agli anni lontani dell’infanzia dove camminavo mano nella mano con i miei genitori o con mio nonno materno.
Tutta la città d’agosto può essere una cella monacale e il silenzio strattonato
dal vento, un coro di lodi che si alzano verso il cielo.
Continuo la mia conversazione con il poeta Adam, rileggendo le sue poesie
trovo questa:
Storia della solitudine
Si smorzano le voci degli uccelli.
La luna si mette in posa per la foto.
Luccicano le umide guance delle vie.
Il vento porta il profumo di campi verdi.
Lontano, in alto, un piccolo aeroplano
gioca come un delfino.
Allora capisco che la solitudine ha la forma geometrica della mia cella
monacale. Che la tristezza d’acqua mi prende se indugio e cerco di evitare gli
angoli. Che la cella ha la forma perfetta di un cubo dove su ogni lato sono
impresse le immagini di questa poesia:
Una poesia scomposta e ricomposta
uccelli e voci
luna e fotografia
vie e umide guance
vento e campi verdi
alto e aeroplano
cielo, mare e delfino
questa poesia è una
forma geometrica a
tre dimensioni, mentre
il cuore che batte, conosce
solo l’attesa.
Così scopro le risonanze tra la sua e la mia solitudine, quello stesso
bisogno di essere vicini nello stare lontani.
Solitudine, di quale materia ti abbiamo fatto?
Si fa cupo il giorno nella solitudine,
benché sia iniziato nel nitore di
un’alba inaspettata. Quante ore
hai dovuto contare anche prima
che la porta si aprisse e una voce
cara ti chiamasse per nome?
La solitudine ha tessuto l’assenza
con i sogni. Di questa materia
sono fatti i poeti e i bambini, di
silenzio si sono nutriti e parlano,
parlano ancora, da un lato all’altro
del tempo che è stato, di quello
che sarà.
Adesso che sono qui, con il suo libro tra le mani mi chiedo quale sarà il
modo più consono per scegliere di cosa scrivere, leggo di nuovo una sua poesia.
Lettera da un lettore
Troppo sulla morte, sulle ombre.
Scrivi della vita,
di una giornata normale,
del desiderio di armonia.
Il campanello della scuola
può essere modello
di moderazione,
persino di erudizione.
Troppo sulla morte,
un eccesso
di nero incanto.
Guarda,
popoli ammassati
in stadi stretti
cantano inni d’odio.
C’è troppa musica,
troppo poca concordia, pace,
saggezza.
Scrivi degli attimi in cui le passerelle dell’amicizia
paiono più durature
della disperazione.
Scrivi dell’amore,
delle lunghe serate,
delle albe,
degli alberi,
dell’infinita pazienza della luce.
Conosco questa infinita pazienza della luce. È anche la pazienza della
solitudine. È anche la pazienza del silenzio.
La forma di questo silenzio
Le porte e le finestre della mia
cella sono serrate in attesa che
arrivi il nuovo temporale.
Taci – mi dico, e ascolta
le voci del mondo, taci
e non guardarti indietro,
come se avessi scelta,
come se quelle ore di
silenzio e attesa fossero
state la forma di questo
silenzio e delle voci non
mie che mi abitano il cuore.
Ora posso stare qui, seduta alla mia scrivania, la finestra alle spalle,
i libri accanto, un ritorno che mi chiama e nessuna voglia di andare. Ti scelgo,
mia solitudine e ti accompagno in questa pagina dove potrai regnare, ape regina
di ogni invisibile.
Questa Cronaca 161 nasce in un’ombrosa giornata estiva, nel sedicesimo
giorno del mese di agosto dell’anno senza Carnevale.
Le poesie I tigli, Storia
della solitudine e Lettera di un lettore,
sono di Adam Zagajewski, Dalla vita degli
oggetti, a cura di Krystyna Jaworska, Adelphi 2012.
Le poesie Una poesia scomposta e ricomposta, Solitudine, di quale materia ti abbiamo fatto? La forma di questo silenzio, sono miei inediti scritti per questa Cronaca.
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